Il Disco Live Dell’Anno? Paul Simon – Live In New York City

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Paul Simon – Live In New York City – Hear Music 2CD/DVD

In realtà per decidere se questo sarà il disco dal vivo dell’anno dovrei aspettare l’uscita di Celebration Day dei Led Zeppelin, ovvero quella che considero la più grande rock band di tutti i tempi (sorry Stones, sorry Fab Four, sorry Who), anche se sono quasi tentato di escluderli dalla tenzone. E’ troppo facile infatti fare un grande concerto nel 2007, pubblicarlo ben cinque anni dopo e pretendere la vittoria: posso concedere ad un disco dal vivo di presentare un’esibizione, al massimo, dell’anno precedente all’uscita, se no non vale, perché se no io che mi chiamo Bruce Springsteen, decido di pubblicare Live at Hallenstadion Zurich 1981 e vi fotto tutti!

Facezie a parte, sono qui per parlare del nuovo doppio CD di Paul Simon, Live In New York City (gioca in casa, gli piace vincere facile), registrato il Giugno dello scorso anno alla Webster Hall della Big Apple: Simon nel corso della sua carriera, da solo e con Art Garfunkel ha pubblicato diversi live tra LP (e poi CD), VHS e DVD, ma devo dire che uno così bello non lo aveva mai prodotto. Certo, il famoso concerto in Central Park con Garfunkel ha il suo perché, ma forse più per una questione emotiva che tecnica: a me, sempre a Central Park, era piaciuto molto il live del solo Paul uscito nel 1991, ma questo secondo me è anche meglio.

Simon ha un songbook incredibile, tra i primi cinque al mondo, ma molto spesso questo non è bastato per fare un bel concerto: io l’ho visto varie volte dal vivo, e non sempre mi sono entusiasmato (qualche anno fa, era la tournèe seguita al mediocre Surprise, mi aveva addirittura deluso), ma lo scorso anno l’ho rivisto in una piovosa serata di fine Luglio all’Arena Civica di Milano e mi era piaciuto parecchio, più partecipe e convinto, forse grazie anche alle buone reazioni ricevute dalla sua ultima fatica in studio, So Beautiful Or So What, non eccezionale ma un deciso passo avanti rispetto a Surprise e You’re The One, forse i due dischi peggiori della carriera di Paul (assenti per fortuna da questo live). Paul non è mai stato uno caldo sul palco, spesso è scostante e non molto simpatico, ma in questo disco ci mette l’anima ed il risultato si sente.

Simon è accompagnato come di consueto da musicisti formidabili, un ensemble di otto elementi che suona a memoria, con un deciso uso delle percussioni e dei fiati, ma anche più chitarristico del solito, con sonorità molto solari e Paul molto ispirato ed ineccepibile anche nel canto: come ciliegina sulla torta, il CD ha un suono spettacolare (non scontato nei dischi dal vivo), decisamente scintillante; non ho ancora visto il DVD ma presumo che anche le immagini non siano da meno. Paul suona solo quattro brani dal nuovo disco (Rewrite e The Afterlife le migliori), e poi è un profluvio di classici, una serie di canzoni incredibili per le quali molti autori ucciderebbero (e ne mancano: ci sono solo due brani del periodo con Garfunkel, e poi anche molti capolavori solisti non ci sono, tra cui Me And Julio Down By The Schoolyard e American Tune), suonate alla perfezione da una band in stato di grazia.

Non è il caso che vi faccia una disamina brano per brano, ma senz’altro vanno citate la coinvolgente The Obvious Child, che apre la serata, la gospel-oriented dai ritmi caraibici Mother And Child Reunion, il cajun irresistibile That Was Your Mother, vari estratti dal capolavoro Graceland (ma manca stranamente la title track), tra i quali una Diamonds On The Soles Of Her Shoes da sballo, le classiche Hearts And Bones e Slip Slidin’ Away, puro Simon-sound.

Ho detto solo due brani di Simon & Garfunkel: ovviamente non può mancare The Sound Of Silence (acustica), un brano capace di dare i brividi anche al millesimo ascolto, ma la vera sorpresa è The Only Living Boy In New York, un brano che in radio non passano mai, ma che a mio parere è tra i cinque-sei più belli mai scritti da Paul (se non sbaglio anche il titolare di questo blog approva), e la versione proposta in questo disco è semplicemente da pelle d’oca.

Il finale è in crescendo, con Kodachrome, Gone At Last (bellissima), Late In The Evening e Still Crazy After All These Years sparate una dopo l’altra, per il godimento del pubblico presente e dell’ascoltatore casalingo. Unica pecca a mio parere (il compito del critico è anche cercare l’ago nel pagliaio) è l’assenza di The Boxer: in questa serata sarebbe stata forse la versione definitiva.

Ma non ci si può lamentare: un disco da non perdere assolutamente, due ore da favola trascorse in un battibaleno. Paul Simon si è finalmente ricordato chi è.

Marco Verdi