Meglio Tardi Che Mai! Steve Earle & The Dukes (& Duchesses) – The Low Highway

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Steve Earle – The Low Highway – New West Records 2013 – Deluxe Edition CD/DVD

Per un disguido con il titolare di questo pregevole blog (Bruno), colpevolmente mi accingo a parlarvi solo ora di questo The Low Highway, quindicesimo lavoro nella ormai quasi trentennale carriera discografica di Steve Earle. Originario della Virginia, ma cresciuto a San Antonio, Texas, Earle è certamente uno dei più importanti nomi della scena country-rock-roots americana. Il suo stile musicale, per i pochi che ancora (spero) non lo conoscono, si collega ai grandi della canzone di Nashville, in special modo al compianto Johnny Cash (alle origini), ma successivamente si “abbevera” da rocker come Fogerty, Mellencamp e naturalmente Springsteen. Il buon Steve aveva cominciato a suonare intorno ai vent’anni (apparendo già nel 1975 nel famoso film Heartworn Highways, a fianco di Townes Van Zandt, Guy Clark e dei giovani, come lui, Rodney Crowell e John Hiatt) e ad esibirsi poi con un proprio gruppo, The Dukes (ancora oggi la sua backing band), e nel lontano ’86 firmava per la famosa MCA, esordendo con Guitar Town (ma prima erano uscite le prime registrazioni come Early Tracks), cui fa seguito uno dei suoi capolavori, Copperhead Road (88) che annovera fra gli ospiti i Pogues dello “sdentato” Shane MacGowan ela brava Maria McKee.

Nel successivo decennio accentua la sua inclinazione per il rock con The Hard Way (90), centrando il bersaglio nuovamente con il magnifico live Shut Up And Die Like An Aviator (91), dove oltre ai suoi classici, rivisita Dead Flowers dei Rolling Stones, She’s About A Mover del Sir Douglas Quintet e Blue Yodel # 9 di Jimmie Rodgers, regalando un “sound” di purissimo rock americano (per merito anche dei fidi Dukes). In seguito incappa in un brutto periodo artistico e personale e viene arrestato per tentata rapina a mano armata (indotta dall’incessante bisogno di denaro per droga e alcol), e passa più di un anno in carcere. Il ritorno discografico avviene con Train A Comin’ (95), un album totalmente acustico, mentre la sua ritrovata vena artistica è confermata anche dal seguente I Feel Alright (96) dove spicca You’re Still Standin’ There in duetto con la grande Lucinda Williams. Con The Mountain (99, realizzato con l’ensemble bluegrass della Del McCoury Band, inizia il decennio folk-rock, che trova l’apice nel seguente Transcedental Blues (2000) e in particolare con Jerusalem (2002) e The Revolution Starts Now (2004) dai forti contenuti politici e saltiamo gli ultimi dieci anni per non farla troppo lunga, ma Townes, il doveroso tributo al suo mentore almeno una citazione la merita!

Questo The Low Highway prodotto dallo stesso Earle con Ray Kennedy, vede il determinante apporto dei nuovi Dukes (Chris Masterson alle chitarre e pedal steel, Will Rigby alla batteria, Kelley Looney al basso) e una nutrita rappresentanza femminile, le cosiddette Duchesses, la moglie Allison Moorer alle tastiere, fisarmonica e voce, Eleanor Whitmore moglie di Chris (ovvero The Mastersons) al violino e mandolino, e Lucia Micarelli e Siobhan Kennedy (moglie del produttore) alle armonie vocali, e il disco ci riconsegna un cantautore ancora in grado di scrivere grandi canzoni, partendo dall’iniziale title track The Low Highway, dal folk blues della conclusiva Remember Me, prima di spaziare con disinvoltura fra il rock di 21st Century Blues, il country di Down The Road Pt II, il blues-rock di Calico County, per poi passare alla fisarmonica zydeco di That All You Got? (in duetto con la moglie) al piano old-style di Pocket Full Of Rain, al trascinante violino irlandese e banjo nel bluegrass di Warren Hellman’s Banjo, e riproponendo Love’s Gonna Blow My Way e After Mardi Gras, brani comparsi nella serie televisiva americana Treme (ambientata nella New Orleans post Katrina), il secondo scritto proprio per Lucia Micarelli, anche ottima violinista classica e presente con lui nel tributo a Dylan per Amnesty, Chimes of Freedom.

Steve Earle (58 anni, sette mogli e tre figli se non ho perso il conto), nonostante una vita vissuta sempre sopra le righe (la dipendenza dalla droga, gli arresti, la detenzione e una difficile e sofferta disintossicazione), di album davvero sbagliati non ne ha mai fatti, e in questo The Low Highway c’è materiale a sufficienza per confermarlo come uno dei personaggi più rappresentativi  della musica “Americana” degli ultimi trent’anni.

Tino Montanari

*NDT: Questa Deluxe Edition, esce, come al solito in una versione ampliata con il DVD che include il “making of” del disco e il video di Invisible.