Ancora Del “Nuovo Blues Inglese”! Bex Marshall – House Of Mercy

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Bex Marshall – House Of Mercy – House Of Mercy Rec. 

La ragazza (signora) in questione, Bex Marshall, è una ruspante musicista inglese, nativa del Devonshire ma con base a Londra, cantante e chitarrista di vaglia, voce rauca e potente, figlia tanto di Janis Joplin quanto di Maggie Bell (per la quota inglese), con una passione per il blues, innervato da rock, soul, country, persino bluegrass e folk, ha uno stile chitarristico incentrato sull’uso di Resonator, Slide e un suo modello “Electric Lady” Guitar, che la avvicinano tanto a Ry Cooder quanto a Bonnie Raitt, sempre per non fare nomi. Questo House Of Mercy è il terzo album della discografia e anche il suo migliore, caratterizzato da un suono rootsy, una bella presenza sonica, ricco nella strumentazione, con un ampio carnet di ospiti e collaboratori. Si scrive tutte le sue canzoni, le canta con grinta, si produce con ottimi risultati e il risultato finale, anche se non entrerà nella Hall Of Fame della storia della musica Blues, è più che rispettabile, con una grande varietà di temi sonori.

Dall’iniziale The House Of Mercy, che parte grintosa e bluesy, con la chitarra e il resonator di Bex che duettano con l’organo di Toby Baker, sottolineata dalle armonie gospel di Shola Adegoraye, di volta in volta introduce il violino di Eileen Healy, l’armonica di Barry Marshall-Everitt, il dobro del veterano BJ Cole, l’accoppiata banjo-mandolino di Don Wayne & Dale Reno degli Hayseed Dixie che ci spediscono in territori country-bluegrass, ma il tutto è ancorato dal basso sinuoso dell’ottimo Barry Payne e dalla batteria di Crispin Taylor e se aggiungiamo le percussioni di Danny Bryan, fanno undici musicisti utilizzati in questo brano, alla faccia della produzione in proprio! E i risultati si sentono, perché il brano ha una qualità superiore che non sempre è facile riprodurre nel resto del disco, ma ci provano. In Love, sempre Blues Gospel di spessore, con doppia voce femminile di supporto e resonator di Bex Marshall in primo piano, il tipo di musica ha qualche punto di convergenza con quella di Dana Fuchs e Beth Hart, altre due “jopliniane “paladine del blues meticciato con soul e rock, se non altro per il tipo di voce da giovani “vecchie”. Ma anche quando va quasi in solitario, come nella coinvolgente Bite Me, solo Mandolino, Resonator e Percussioni, il tutto suonato in autarchia e con un contributo dell’armonica di Steve Lockwood, la tensione sonora non si affloscia. Anche Gone Fishin,’ con in pista tutto il suo armamentario di strumenti a corda , elettrica, slide e resonator, coinvolge l’ascoltatore, sempre con un suono ricco di particolari.

Rent My Room è un brano di stampo “sudista” (non dell’Inghilterra), musica che si nutre di soul (piano e organo), gospel (ancora le ottime armonie di Shola Adegoraye, nome impronunciabile ma bella voce, che ben si appaia con quella roca e vissuta della Marshall) e il lavoro qui più raffinato della solista. Rattlesnake è un blues di quelli ricchi di atmosfera e con slide e resonator ancora ben presenti e anche Tough Times con l’aggiunta del banjo di Don Wayne Reno ai ricchi e corposi suoni della band di Bex Marshall si aggira sempre su quel tipo di sound, carnale e profondo nelle radici. Ma avendo a disposizione i musicisti degli Hayseed Dixie (anche Jake Byers al contrabbasso è della partita) e un virtuoso come BJ Cole al dobro (niente pedal steel in questo disco), una capatina in territori country-bluegrass mi pare quanto meno doverosa, e la resonator acustica della Marshall si intreccia con gli altri suonatori in un vorticoso brano strumentale come l’ottima Big Man. Il Blues richiama subito al dovere in Bourbon Street, altro episodio ricco dei migliori elementi della musica americana delle radici, suonato e cantato con grande passione. Barrys Song (l’apostrofo se lo sono dimenticato nella tastiera) è un brano solo voce, chitarra acustica e armonica, che mi ha ricordato la migliore Melissa Etheridge, sia per il tipo di voce che per il risultato finale, una piccola oasi di pace prima della conclusione a tempo di rock-blues di Guilty che “riporta tutti a casa”. Se amate il genere, un altro nome da appuntarsi!   

Bruno Conti