“Fenomeni”, Nuovo Capitolo. Pinnick Gales Pridgen – PGP 2

pinnick gales pridgen pgp 2

Pinnick Gales Pridgen – PGP 2 – Magna Carta

E’ passato poco più di un anno e mezzo dalla pubblicazione del precedente album http://discoclub.myblog.it/2013/02/21/esagerati-ma-bravi-un-mini-supergruppo-pinnick-gales-pridge/  e Dug Pinnick, Eric Gales e Thomas Pridgen pubblicano un nuovo album, che, secondo la classica formula del rock, dopo un esordio senza nome, vuole che il secondo porti il numero 2 come titolo (e forse potremo andare avanti, chissà?). Ovviamente la formula musicale, fortemente voluta anche dal loro produttore Mike Varney non muta ( e probabilmente era logico aspettarselo), siamo dalle parti di un hard-rock-blues (poco di quest’ultimo) in forma power-trio, un tipo di musica che nei quasi 44 anni che sono passati dalla scomparsa di Jimi Hendrix, raramente (dovrei dire mai) è stato avvicinato per non dire migliorato. Però, gli ammiratori, gli epigoni, del mancino di Seattle non sono mai mancati: qui addirittura siamo quasi nel patologico, con un chitarrista e un bassista, entrambi mancini, ma non dalla nascita, potremmo dire acquisiti, con Pinnick che per dare una sferzata di originalità al suo stile ha montato le corde del suo basso all’inverso, uno strumento per destrorsi con la corda più spessa in alto https://www.youtube.com/watch?v=OB5tDMyKkp4 .

pgp 2 1 pgp 2 2

Al di là di questi tecnicismi, comunque il contenuto di PGP 2 ribadisce quello del suo predecessore: chitarre a manetta ululanti, spesso con il cry baby inserito, nelle mani di Eric Gales, basso pompato e usato quasi come fosse a sua volta uno strumento solista, batteria dal suono poderoso ed avvolgente, tra derive hard rock e tocchi funky, almeno nel brano di apertura Every Step Of The Way, firmato da Pinnick che la canta https://www.youtube.com/watch?v=_GazRcc3BJ4 . Ma non è che le cose cambino molto nella successiva It’s Not My Time To Die, sostituite la voce di Dug con quella di Gales, che è l’autore del brano, ma chitarra, basso e batteria continuano a macinare note inesorabilmente, con grande virtuosismo ma non una eccessiva varietà di temi, forse un’atmosfera più dark, anche per il testo più “buio” e violento della canzone.

eric gales dug pinnick

I tre sono indubbiamente bravi, ma ti danno quella sensazione di oppressione sonora, c’è troppo di tutto, chitarre rutilanti, ritmica megagalattica, voci trattate, come nella esplosiva Psychofunkadelic Blues (bel titolo però), saranno anche i Cream, gli Experience o meglio ancora, la Band Of Gypsys del 21° secolo, però se non amate il vostro rock duro, ma molto duro, si fatica a reggere. Intendiamoci le possibilità ci sono, nella introduzione quasi psichedelica della lunga Watchman, e poi nel corpo della canzone, Gales suona qualcosa che pare un sitar elettrico, ma è probabilmente una chitarra passata attraverso le diavolerie della sua pedaliera, i ritmi rallentano, si fanno meno frenetici, il virtuosismo rimane, visto che la formula è quella, ma si cerca, se non di rinnovarla, perché sarebbe difficile, quantomeno di renderla il più varia ed interessante possibile e in questo brano, a tratti, ci riescono. Interessanti anche le due tracce strumentali, la brevissima Ladonna, solo Eric e le sue chitarre, in modalità, manco a dirlo, hendrixiana, quello più sperimentale comunque, e la conclusiva Jambiance, che come lascia intuire il titolo è una sorta di jam ambient, dalla struttura più melodica e meno frenetica.

eric pridgenpgp live

In mezzo troviamo l’heavy blues di Have Cried, con ricorrenti armonizzazioni vocali di Gales e Pinnick, che lo rendono quantomeno inconsueto, il rock più moderato di Like You Used To Do, non particolarmente memorabile, o il lite metal di The Past Is The Past, ovvio come il titolo del brano, bravissimi ma vi devono piacere parecchio questi suoni e non sto sindacando la loro validità, constato! The Past Is The Past, Ain’t Got No Money e Down To The Bone sono ulteriori variazioni sul tema. Se mi posso permettere: c’erano più idee in una singola canzone di Hendrix o dei Cream che in tutto questo disco, ma forse mi sbaglio. In ogni caso suonato molto bene, come i prodotti di Varney in generale, se la cosa può consolare. Ripristinerei le due stellette e mezzo, non è così brutto da meritare due stellette ma non ne vale neppure tre.

Bruno Conti