Un Ricordo Di Calvin Russell 1948-2011

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Una dozzina di giorni fa giunge su questo Blog un “commento accorato” sulla scomparsa di Calvin Russell da parte di un lettore ma anche “collega” del Buscadero, Marco Verdi, che mi invita incautamente a dedicare un Post di questo Blog alla figura di questo “piccolo grande” loser texano con queste testuali parole “Che dici, glielo dedichiamo un post nel tuo blog?”. Detto fatto l’ho convinto a farlo e quindi inauguriamo la nuova categoria Ospiti con questo sentito ricordo (io mi sono limitato ad inserire qualche foto e video). Ecco qua…

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Eccomi finalmente a stendere un mio personale ricordo di uno dei miei outsiders preferiti (anche se con colpevole ritardo, ma gli impegni sono molti e le giornate corte. Ho provato a scrivere una mail ai “poteri forti” per chiedere l’allungamento della giornata da 24 a 36 ore, ma sto ancora aspettando una risposta…): sto parlando di Calvin Russell, morto lo scorso mese di Aprile nella sua casa di Garfield, Texas, per un cancro al fegato.

Nato Calvert Russell Kosler nel 1948, Calvin esordisce su disco solo nel 1990, alla beata età quindi di 42 anni: il periodo precedente della sua vita potrebbe benissimo fungere come sceneggiatura di un film di Quentin Tarantino o Robert Rodriguez, ed anche il suo aspetto fisico non era da meno (dimostrava ottant’anni già quando ne aveva quaranta, e la sua faccia somigliava tremendamente al posacenere di Keith Richards).

Infatti il nostro Calvino per anni entra ed esce dalle patrie galere del Texas, anche se quasi sempre per piccoli reati (ma si parla anche di una rapina a mano armata!), ed è proprio da dietro le sbarre che a poco a poco matura il suo stile di songwriting.

Uno stile secco ed asciutto, molto influenzato da Townes Van Zandt (un altro che ha avuto una vita meno divertente di quella di un becchino), con testi duri e spigolosi, che riflettono la sua vita di quasi disadattato.

Eppure anche il suo tunnel ad un certo punto finisce: la luce ha le sembianze di Patrick Mathé, produttore francese e proprietario della New Rose Records, che nota Calvin esibirsi in un localaccio di Austin e, colpito dalle sue canzoni, dal suo aspetto fisico carismatico (Russell aveva due occhi verdi magnetici e folgoranti, che contrastavano parecchio con la sua faccia cotta dal sole) e dalla sua voce forte e piena di feeling, lo mette subito sotto contratto.

Il disco d’esordio di Calvin, A Crack In Time (1990), ancorché non perfetto e con una produzione un po’ grezza, si fa notare per lo stile asciutto e diretto del suo autore (la title track è la sua prima grande canzone), che alterna ruvidi rock’n’roll chitarristici e pieni di umori blues a ballate talvolta notturne, talvolta arse dal sole, che ci rivelano un talento sorprendente (il Busca, tanto per cambiare, fu il primo in Italia a notarlo).

L’anno seguente pubblica il meglio riuscito Sounds From The Fourth World, di gran lunga superiore all’esordio, ed uno dei suoi lavori migliori in assoluto: più curato nella produzione, offre una serie di grandi canzoni tra cui la lunga ballata Crossroads (Robert Johnson non c’entra), uno dei suoi capolavori, la roccata One Meatball (proposta in versione elettrica ed acustica) ed il coinvolgente e tagliente (nel testo) r’n’r Rockin’ The Republicans (di cui ricordo un’ottima versione di Rich Minus, altro loser texano che all’epoca realizzò tre bellissimi album per poi sparire, schiavo com’era della bottiglia).

Quella di Calvin è un’escalation, e nel 1992 pubblica quello che per me rimane il suo capolavoro assoluto: Soldier è un perfetto album di songwriting rock texano, un disco di raro equilibrio, con una serie di canzoni formidabili come la title track (forse il suo brano migliore di sempre, una ballata che sa di sole e di polvere, cantata in maniera splendida), la dura Characters, ispirata dai suoi giorni in galera, le bluesate Rats & Roaches e Down In Texas: uno dei migliori dischi del 1992 (e stiamo parlando di una delle annate più feconde degli ultimi vent’anni).

Il problema di Calvin è quello che in Texas non è per nulla conosciuto, mentre comincia ad essere popolare in Europa, in Italia ma soprattutto in Francia, che elegge quasi a sua seconda patria (un po’ come ha fatto prima di lui Elliott Murphy e, in parte, Willy Deville): mi ricordo qualche anno fa, mi trovavo in Francia per lavoro ed una sera ho acceso la TV, e c’era un talk show con Calvin come leader della house band – altro che Demo Morselli!!!).

Ed è proprio in Francia che Calvin incide Le Voyageur, bellissimo album live, uno dei dischi che ancora oggi scelgo come compagno di viaggio in macchina per tragitti superiori all’ora, nel quale Russell rilegge le pagine migliori dei suoi primi tre dischi ed aggiunge un’ottima cover di Play With Fire degli Stones.

Con questo disco si chiude la prima fase della carriera di Calvin, la migliore: continuerà a pubblicare dischi ed a suonare dal vivo (è varie volte anche nel nostro paese), ma la sua vena si farà via via più arida, anche se non scenderà mai sotto il livello di guardia: Dream Of The Dog, molto unidirezionato verso un rock’n’roll chitarristico di presa immediata (con Jon Dee Graham ospite fisso alla sei corde) e l’omonimo Calvin Russell, che tenta di riproporre con buon successo le atmosfere dei primi album, sono ancora tra i suoi lavori migliori, mentre Sam, Rebel Radio e In Spite Of It All, hanno qualche buona canzone ma non reggono il confronto con i primi dischi (in mezzo Calvin fa uscire il bellissimo Crossroad, un live album acustico, suonato e cantato con un feeling da elefante).

Negli ultimi anni Calvin era tornato in parte agli antichi fasti: Unrepentant (2007) e Dawg Eat Dawg sono due album maturi e con diverse buone canzoni (anche se sentire uno come lui che canta brani in francese – pochi per fortuna- fa uno strano effetto), e Contrabendo (2010) il suo album live definitivo, presentato in una versione deluxe (2CD digipak + DVD) insolita per uno che non ha mai badato molto alla forma.

Poi quest’anno, la malattia e la rapida fine, un congedo in punta di piedi da parte di un personaggio con il quale la vita era in debito, un debito che però non verrà mai saldato.

Riposa in pace, Calvin, e salutaci Townes.

Marco Verdi

P.S. Grazie a Marco e se qualcun altro si candida con “idee interessanti” per collaborare al Blog è bene accetto visto che come titolava un libro sugli strafalcioni nella politica non ho il “Dono dell’Obliquità” e il tempo è sempre quello che manca e quindi gli aiuti qualificati sono manna dal cielo per ampliare gli orizzonti!

Chiudo su una nota di speranza in riferimento al rimando a Demo Morselli. Un paio di giorni fa stavo facendo dello zapping sul digitale terrestre (ebbene sì!) e sono capitato sulle frequenze di Espansione TV di Como e ho visto uno “bravo” (anzi due).!

Immaginate la mia sorpresa quando ho scoperto che si trattava di James Maddock che ha fatto un miniset acustico accompagnato da David Immergluck (Counting Crows, Camper Van Beethoven, John Hiatt) e con la presenza di Andrea Parodi che ha annunciato l’imminente uscita a giugno (il 21) di un nuovo album di Maddock Wake Up and Dream.

Bruno Conti