Ma E’ Ancora Vivo! Van Morrison – Duets: Re-Working The Catalogue

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Van Morrison – Duets: Re-Working The Catalogue – Yada/Yasca – RCA/Sony – 24-03-2015

Ormai avevo quasi perso le speranze, le grandi case discografiche le aveva girate tutte (litingando con chiunque) e invece all’appello mancava ancora la Rca del gruppo Sony e quindi, dopo tre anni di silenzio (pensavo di più), torna anche il grande Van Morrison, uno dei miei preferiti in assoluto, con un disco di duetti dove rivisita il vecchio catalogo. Oddio, alcuni dei protagonisti di queste accoppiate non li avrei scelti, a favore di altri, ma se persino Michael Bublé risulta sopportabile, speriamo in bene.

Comunque, questa è la lista completa dei brani e degli artisti coinvolti (vi sorprenderà Clare Teal https://www.youtube.com/watch?v=wKE04wbOcYc):

1. Some Peace Of Mind – Van Morrison & Bobby Womack
2. If I Ever Needed Someone – Van Morrison & Mavis Staples
3. Higher Than The World – Van Morrison & George Benson
4. Wild Honey – Van Morrison & Joss Stone
5. Whatever Happened To P.J. Proby – Van Morrison & P.J. Proby
6. Carrying A Torch – Van Morrison & Clare Teal
7. The Eternal Kansas City – Van Morrison & Gregory Porter
8. Streets Of Arklow – Van Morrison & Mick Hucknall
9. These Are The Days – Van Morrison & Natalie Cole
10. Get On With The Show – Van Morrison & Georgie Fame
11. Rough God Goes Riding – Van Morrison & Shana Morrison
12. Fire In The Belly – Van Morrison & Steve Winwood
13. Born To Sing – Van Morrison & Chris Farlowe
14. Irish Heartbeat – Van Morrison & Mark Knopfler
15. Real Real Gone – Van Morrison & Michael Bublé
16. How Can A Poor Boy? – Van Morrison & Taj Mahal

Sembra in forma il grande Van The Man https://www.youtube.com/watch?v=AjhSr4pqLGo , anche lui compie 70 anni nel 2015 https://www.youtube.com/watch?v=NIIAip9F-ws . Manca solo un mese all’uscita.

Bruno Conti

Sono Sempre Belli! Jeff Healey Band – Live At The Legendary Horseshoe Tavern

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Jeff Healey Band – Live At The Legendary Horseshoe Tavern 1993 – Eagle Rock

Questo dovrebbe essere il decimo album postumo di Healey (contando anche Mess Of Blues, che usciva proprio nei giorni del marzo 2008 in cui moriva il chitarrista canadese), di cui sette dal vivo, compresi cofanetti con più concerti. Ovviamente il repertorio è più o meno simile nelle varie serate riportate su CD e DVD, ma finché questi dischi saranno così belli, rimarrà comunque un piacere (ri)ascoltare quello che la famiglia e la sua casa discografica vorranno farci ascoltare pescando da questi archivi che sembrano inesauribili, pur essendo durata la carriera di Jeff Healey solo una ventina di anni (ma a 45 anni di distanza dalla morte di Hendrix continua ad uscire materiale inedito del mancino di Seattle, la cui carriera durò quattro anni scarsi, per cui mai dire mai). L’Horseshoe Tavern è un piccolo locale di Toronto,  la cui capacità è di circa 350 posti, ma giustifica la sua qualifica di “leggendario” con la longevità del club, aperto dal 1947 e dalla qualità degli artisti che si sono succeduti sul suo palco negli anni: persino gli Stones hanno aperto il loro Bridges To Babylon Tour del 1997, con un concerto mandato in onda da MTV. Quindi proprio il locale ideale per ascoltare musica e questo si percepisce anche da questa serata di Healey nella sua città natale, dove non era infrequente ascoltarlo.

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Siamo al 16 Dicembre del 1993, un anno non coperto, mi pare, dalle precedenti uscite di materiale dal vivo, a circa un anno dall’uscita di Feel This, album del quale vengono eseguiti quattro brani in questo Live At The Legendary Horseshoe Tavern, la band si presenta nella versione allargata a quattro, con Washington Savage aggiunto alle tastiere e Mischke & Toucu come backing vocalist, oltre agli immancabili Joe Rockman al basso e Tom Stephen alla batteria. Jeff Healey non rientra di solito nelle liste dei 100 più grandi chitarristi all-time, compilate da varie riviste, ma in un ambito prettamente rock-blues, per chi scrive, ci sta comodamente: un solista dallo stile particolare, quasi unico, con la chitarra appoggiata in grembo, suonata a mo’ di lap steel, ma nei momenti di furore, quando Jeff si alzava dalla sua posizione seduta, brandita come un’ascia ed in grado di rilasciare scariche di pura potenza chitarristica e anche in questo concerto ce ne sono parecchie prove, visto che siamo ancora in uno dei momenti migliori della carriera di Healey, quindi se rock-blues deve essere, così sia. Si parte con due brani tratti da Feel This, Baby’s Lookin’ Hot, un onesto rock’n’soul con coriste e organo in evidenza e The House That Love Built, un buon pezzo dal repertorio di Tito And Tarantula, sempre con l’Hammond di Savage che supporta la solista di Jeff che comincia a scaldare i motori. Primo classico della serata, la “solita” versione” gagliarda di Blue Jean Blues degli ZZ Top, uno dei cavalli di battaglia di Healey, che comincia a far volare le dita sul fretboard della sua chitarra, sentita decine di volte, ma sempre bellissima https://www.youtube.com/watch?v=PUGoeTePdWE . A seguire una bella versione di I Think I Love You Too Much, brano scritto da Mark Knopfler, ma eseguito per la prima volta dallo stesso Jeff,  e poi un altro brano da Feel This, la poco conosciuta Heart Of An Angel, di nuovo con le coriste in bella evidenza e una solida grinta rock-blues nell’esecuzione, con Healey che gigioneggia alla solista da quel consumato performer che è stato.

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That’s What They Say era sul primo album, una bella ballata, solo voce e chitarra acustica, seguita dall’ultimo brano tratto da Feel This, You’re Comin’ Home, altra romantica canzone d’amore eseguita in versione acustica, con la band. L’immancabile Angel Eyes, l’ultima della parte unplugged del concerto, è il bellissimo brano scritto da John Hiatt, e non manca di emozionare, con Healey che conferma una volta di più le sue doti di cantante https://www.youtube.com/watch?v=5Bp-m5JfxYg . Ma con la chitarra elettrica è una vera potenza, prima una devastante cover del pezzo dei Doors, quella Roadhouse Blues che era nella colonna sonora del film omonimo https://www.youtube.com/watch?v=ybnxD1tJUNA  e poi una lunghissima versione, oltre dieci minuti, del brano più bello scritto da Jeff Healey, See The Light, con un wah-wah hendrixiano devastante e tutta la band in spolvero https://www.youtube.com/watch?v=LqwsDwqbUVw . Negli encores, prima un altro classico come While My Guitar Gently Weeps, che Jeff aveva inciso con la presenza del suo autore, George Harrison, nell’album Hell To pay, a conferma della stima di cui godeva presso i colleghi musicisti. Il secondo bis e chicca della serata è una rara versione di The Thrill Is Gone, il brano più celebre di BB King, con Jeff Healey ispiratissimo alla sua solista in questo must del Blues  https://www.youtube.com/watch?v=QHP-_bEzSvE . Un’altra bella serata per un grande musicista!

Bruno Conti

Prossimi Dischi, Vicini E Lontani Parte I. Mark Knopfler, Gov’t Mule & John Scofield, Bob Dylan, Jorma Kaukonen

Mark-Knopfler-Tracker super deluxe mark knopfler tracker deluxe

Riparte anche la rubrica degli anticipazioni a più lunga gittata. In questo primo riepilogo del 2015 otto titoli in uscita tra fine gennaio e fine marzo, con le info aggiornate al momento in cui scrivo, non sono in ordine cronologico. Partiamo con i primi quattro, a seguire prossimamente altri quattro e poi vedremo…

Mark Knopfler – Tracker – Virgin/Universal CD – 2 CD Deluxe – 2 CD+2LP+DVD+Stampa+6 Stampe Fotografiche 17-03-2015

Come il per precedente Privateering usciranno varie differenti edizioni del nuovo album di Mark Knopfler.

Prodotto da Knopfler e Guy Fletcher, all’ascolto del breve trailer sembra un ritorno alle sonorità rock del passato, ma vedremo. Questa è la tracklist dell’edizione singola:

1. Laughs and Jokes and Drinks and Smokes
2. Basil
3. River Towns
4. Skydiver
5. Mighty Man
6. Broken Bones
7. Long Cool Girl
8. Lights of Taormina
9. Silver Eagle
10. Beryl
11. Wherever I Go (featuring Ruth Moody)

La versione Deluxe doppia ha 4 quattro brani in più (38 Special, My Heart Has Never Changed, Terminal Of Tribute To e Heart Of Oak) mentre la Super Deluxe ne avrà ulteriori due, per un totale di 6 brani nel secondo dischetto, però pagare una ottantina di euro in più per 2 canzoni mi sembra alquanto eccessivo, al di là della bella confezione e dei vinili!

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Gov’t Mule Featuring John Scofield – Sco-Mule – Evil Teen/Provogue-Edel

Questo esce martedì prossimo, 27 gennaio, su Evil Teen negli Stati Uniti e su Mascot/Provogue in Europa. Si tratta di una collaborazione tra la band di Warren Haynes e il chitarrista jazz John Scofield, incisa dal vivo sul finire degli anni ’90, ma mai pubblicata prima. Visto che la band americana sembra lanciata nell’aprire i propri archivi si tratta del secondo album in pochi mesi, speriamo si calmino. Questa la tracklist:

Disc: 1
1. Hottentot (Feat. John Scofield)
2. Tom Thumb (Feat. John Scofield)
3. Doing It To Death (Feat. John Scofield)
4. Birth Of The Mule (Feat. John Scofield)
5. Sco-Mule (Feat. John Scofield)
6. Kind Of Bird (Feat. John Scofield)
Disc: 2
1. Pass The Peas (Feat.John Scofield) [Bonus Track]
2. Devil Likes It Slow (Feat. John Scofield)
3. Hottentot (Feat. John Scofield) [Alternate Version]
4. Kind Of Bird (Feat. John Scofield) [Alternate Version]
5. Afro Blue (Feat. John Scofield)

E questo sopra un breve assaggio.

bob dylan shadows in the night

Bob Dylan – Shadows In The Night – Columbia 03-02-2015

Il nuovo disco di Dylan era stato annunciato già nel corso dello scorso anno, mai poi era uscito il progetto completo dedicato ai Basement Tapes. Probabilmente si trattava di una mossa di marketing della Sony, visto che il centenario della nascita di Frank Sinatra, intorno al cui repertorio è incentrato questo progetto, cade comunque nel 2015.

I brani sono questi, tutti classici standard della canzone americana:

1. I’m A Fool To Want You
2. The Night We Called It A Day
3. Stay With Me
4. Autumn Leaves
5. Why Try To Change Me Now
6. Some Enchanted Evening
7. Full Moon And Empty Arms
8. Where Are You?
9. What’ll I Do
10. That Lucky Old Sun

E sembra che il vecchio Bob improvvisamente abbia ritrovato la voce, alla Dylan naturalmente, anche se il paragone con Ol’ Blue Eyes è ovviamente improponibile.

Jorma Kaukonen – Ain’t In No Hurry – Red House 17-02-2015

Lui non ha fretta, noi neppure, quando vuole regalarci un nuovo disco è sempre bene accetto, questo è il terzo disco solista che esce per la Red House, la piccola etichetta fondata da Greg Brown (per inciso, ma che fine ha fatto uno dei miei preferiti?). Venendo al disco di Jorma Kaukonen, prodotto da Larry Campbell e con la partecipazione del vecchio pard Jack Casady, nonché di Barry Mitterhoff, Larry Campbell, con la moglie Teresa Williams, e la sezione ritmica formata da Myron Hart e Justin Guip. C’è anche un ennesimo brano inedito di Woody Guthrie, tra i testi ritrovati dalla famiglia a cui Kaukonen ha aggiunto della nuova musica, con l’aiuto del produttore Campbell. Qualche pezzo originale e qualche classico del blues e del folk, questa la lista completa delle canzoni:

1. Nobody Knows When You When You’re Down and Out
2. The Other Side of the Mountain
3. Suffer Little Children to Come Unto Me
4. In My Dreams
5. Sweet Fern
6. Ain’t in No Hurry
7. Brother Can You Spare a Dime
8. Where There’s Two There’s Trouble
9. The Terrible Operation
10. Bar Room Crystal Ball
11. Seasons in the Field

Nei prossimi giorni gli altri titoli di prossima uscita.

Bruno Conti

Affinità Musicali. Eric Clapton And Friends – The Breeze An Appreciation Of JJ Cale

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Eric Clapton & Friends – The Breeze An Appreciation Of JJ Cale – Bushbranch/Surfdog/Universal

JJ Cale è morto il 26 luglio del 2013, quindi questo tributo esce a circa un anno dalla sua scomparsa. Voluto da Clapton, che ci ha messo la faccia, la voce e la chitarra, si avvale di alcuni musicisti che, come Clapton, erano vicini alla musica di Cale per una sorta di affinità elettiva, se non musicale. Eric ha più volte dichiarato che JJ Cale era stato una delle figure più importanti nella storia della musica rock, e se lo dice Clapton c’è da credergli: autore e musicista schivo il musicisista dell’Oklahoma ha lasciato una serie di canzoni che sono state riprese in moltissime versioni dai musicisti più disparati, nel corso degli anni. Quel suo stile, per comodità definito “laidback”, ha sempre sfidato le categorizzazioni, con un miscela unica che fondeva blues, rock, country, folk e jazz, ma aveva poi, alla fine, questo risultato unico, dove la voce, quasi sussurata, e la chitarra, mai sopra le righe, ma sempre presente e che caratterizzava il suono senza essere troppo invadente, riconoscibile al primo ascolto.

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Clapton ha avuto due grandissimi successi con i brani di JJ Cale: After Midnight, su suggerimento di Delaney Bramlett (altro grande amico di Cale), appariva nel primo album solista Eric Clapton del 1970, mentre Cocaine, diventata nel corso degli anni una sorta di inno, era apparsa su Slowhand del 1977. Poi, i due insieme, hanno registrato in disco, The Road To Escondido, uscito nel 2006, che era una sorta di quadratura del cerchio, più per Eric che affermò che quel disco era “la realizzazione di quella che poteva essere una delle mie ultime ambizioni, lavorare con un uomo la cui musica mi ha ispirato per così tanto tempo, una costante nella mia vita” https://www.youtube.com/watch?v=s9rj8CeLi0A . Nessuno ha mai saputo esattamente cosa ne pensava Cale, personaggio molto schivo, ma non credo che abbia “subito” semplicemente l’amicizia di Clapton, penso che il sentimento di rispetto funzionasse in entrambi i sensi https://www.youtube.com/watch?v=5WUeOEkl270 .

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Sia come sia, il risultato finale, questo The Breeze, suona proprio come un disco di Cale, dal sound volutamente laconico e stringato, le voci spesso sussurrate, gli strumenti accarezzati con pigra voluttà e la band di Clapton, JIm Keltner, Nathan East, Simon Climie, Walt Richmond  (alle tastiere, bravissimo) e i musicisti ospiti, Derek Trucks, Reggie Young, Albert Lee, David Lindley, Don Preston, Doyle Bramhall II, Greg Leisz Mickey Raphael, che fanno di tutto per ricreare il suono che era il marchio di fabbrica di JJ Cale: per qualcuno questo è un limite del disco, perché tutti i musicisti, salvo rare eccezioni, si sono quasi annullati per assomigliare il più possibile all’originale. Per altri è il pregio dell’operazione, se volevano fare delle versioni molto differenti bastava registrarle nei propri dischi. Questo è un disco di canzoni di JJ Cale, e quindi…

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Call Me The Breeze rimane quella ballata stupenda e cadenzata che è sempre stata, a tramutarla in un gagliardo brano rock ci avevano già pensato ai tempi i Lynyrd Skynyrd, questa versione, cantata da Eric Clapton, oltre che all’originale assomiglia a quella recentemente fatta da John Mayer, anche se, più di altri brani presenti nel CD, è inequivocabilmente Clapton plays Cale, con le due personalità ben stampate sulla canzone e la chitarra che viaggia che è un piacere, perché anche il buon JJ, non dimentichiamolo, era fior di chitarrista https://www.youtube.com/watch?v=zsqF3p8ORDE . Rock And Roll Records era su Okie del 1974, e per tenere fede al titolo la coppia Tom Petty/Clapton la trasforma in un un bel pezzo rock-blues, pur mantenendo la parte vocale molto “rilassata”, che potrebbe essere la traduzione italiana di laid-back. Mark Knopfler è uno di quelli che appone il suo marchio di fabbrica, la voce e la chitarra sono inconfondibili (d’altronde su quei riff ci ha costruito mezza carriera) in Someday, con l’armonica di Mickey Raphael che aggiunge un tocco distintivo https://www.youtube.com/watch?v=rLgR3IRbk4Y . Il groove classico ritorna per la bellissima Lies, dell’accoppiata John Mayer/Eric Clapton. Mentre Don White, conterraneo e amico di Cale, rilascia una versione di Sensitive Kind, molto sentita, ancorché non particolarmente memorabile, per capirci, un pezzo di Clapton con White che canta. Cajun Moon è sempre stata una delle canzoni più belle del musicista americano e la versione del disco, sulle ali di un bel groove ritmico, vive sul duetto organo-chitarra che la caratterizza.

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Magnolia non l’avevo scoperta su un disco di JJ Cale ma su Crazy Eyes dei Poco, dove ce n’è una versione sontuosa https://www.youtube.com/watch?v=zachNKsJDJY , una ballata stupenda che John Mayer, sostenuto da Eric, interpreta con gusto, ma, secondo il mio gusto personale, senza arrivare a quei livelli. I Got The Same Blues ripropone l’accoppiata Petty/Clapton, sempre molto “sdraiati”  voclamente (altra traduzione di laidback) ma con le chitarre che viaggiano. L’altro musicista che interpreta il brano alla sua maniera, è Willie Nelson, Songbird personalizzando con la sua bella voce e la chitarra, quella che era già fior di canzone, il risultato, arricchito ancora dall’armonica di Raphael, è una vera delizia. Since You Said, che in effetti non ricordavo, era su Rewind, il disco di “inediti” uscito nel 2007, questa volta Enrico la interpreta da solo, in versione molto bluesy. I’ll Be There (If You Ever Want Me), con un bel dobro che raddoppia la chitarra, è il brano più country e tra i più mossi di questo tributo, non dico che siamo sul boogie, ma quasi, canta Don White, con Clapton seconda voce. The Old Man And Me, cantata ancora da Tom Petty, con voce sussurrata e quasi irriconoscibile, diciamo che non è una delle migliori del lotto.

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Train To Nowhere, del terzetto Knopfler/White/Clapton, per usare un eufemismo, non è delle più note, in effetti non la ricordavo, ma pure controllando velocemente non l’ho trovata in nessun album di JJ Cale, in ogni caso molto bella a prescindere, mossa e chitarristica e con le voci dei tre che si incastrano alla perfezione, una piccola sorpresa, tra le migliori del tributo. Starbound, altra bella ballata (ma meno di Magnolia) gode del trattamento Willie Nelson, che la fa diventare una sua canzone, dolce e sognante, con la voce che “scivola” con dolcezza sulle note. Le chitarre di Mayer e Clapton ruggiscono in una poderosa Don’t Wait, uno dei pezzi più rock della raccolta, mentre nella conclusiva Crying Eyes Eric è accompagnato da Christine Lakeland, la compagna di una vita di JJ Cale, un altro giusto tributo ad una musicista altrettanto schiva. Bella canzone, anche se il produttore Simon Climie si poteva risparmiare quel piccolo sottofondo elettronico che non c’entra un tubo con il brano. Da domani nei negozi.

Bruno Conti

Solo Per Fans Accaniti…Cofanetto Eric Clapton And Friends – The Breeze An Appreciation Of JJ Cale

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Eric Clapton & Friends An Appreciation of JJ Cale Box Set – Surfdog Records 29-07-2014

Già, giustamente vi chiederete, ma per i fans di chi? Di Eric Clapton o di JJ Cale? Direi più del secondo, visto che si tratta di un cofanetto ordinabile alla modica cifra di 100 dollari sul sito della http://www.surfdog.com/store/product/eric-clapton-friends-breeze-appreciation-jj-cale-deluxe-edition-cd-box-set. Il contenuto lo vedete nella immagine qui sopra, il tutto esce il 29 luglio, lo stesso giorno in cui la Universal pubblica la versione normale. Per ciò che concerne il contenuto musicale, eccolo:

CD 1

Eric Clapton & Friends
The Breeze (An Appreciation of JJ Cale)

Call Me The Breeze
https://www.youtube.com/watch?v=zsqF3p8ORDE

Rock And Roll Records (feat. Tom Petty)
Someday (feat. Mark Knopfler)
Lies (feat. John Mayer)
Sensitive Kind (feat. Don White)
Cajun Moon
Magnolia (feat. John Mayer)
I Got The Same Old Blues (feat. Tom Petty)
Songbird (feat. Willie Nelson)
Since You Said Goodbye
I’ll Be There (If You Ever Want Me) (feat. Don White)
The Old Man And Me (feat. Tom Petty)
Train To Nowhere (feat. Mark Knopfler and Don White)
Starbound (feat. Willie Nelson and Derek Trucks)
Don’t Wait (feat. John Mayer)
Crying Eyes (feat. Christine Lakeland and Derek Trucks)

CD 2

JJ Cale
Originals

Call Me The Breeze
Rock And Roll Records
Someday (Unreleased Demo)
Lies
Sensitive Kind
Cajun Moon
Magnolia
I Got The Same Old Blues
Songbird (Unreleased Demo)
Since You Said Goodbye
I’ll Be There (If You Ever Want Me)
The Old Man And Me
Train To Nowhere (Unreleased Demo)
Starbound
Don’t Wait
Crying Eyes
After Midnight (Original 1966 Version)

Quindi le versioni originali dei brani contenuti nel nuovo CD, più tre demo e la prima versione di After Midnight del 1966.L’etichetta è quella nuova dello stesso Clapton, nel sito, al link sopra, trovate tutte le informazioni (oppure guardate qui https://www.youtube.com/watch?v=fRM_lj6owZc) tra cui quelle sulla versione in quattro vinili (perché c’è anche quella) e magari qualcos’altro di sfizioso!

Bruno Conti

Ricominciamo Pure, Con Un Gruppo Di Irlandesi “Malati” D’America! Bap Kennedy – Let’s Start Again

bap kennedy let's start again

Bap Kennedy – Let’s Start Again – Proper/Ird 2 CD Deluxe Edition

Come sembrerebbe suggerire il titolo, questo Let’s Start Again (sesto album di materiale originale, dicono quelli che parlano bene, ma se ne ha anche fatto uno, Hillbilly Shakespeare, che erano tutte cover di Hank Williams, a casa mia sono sette) potrebbe essere una ennesima ripartenza per la carriera di Bap Kennedy, con tutto che ultimamente, dopo una carriera di alti e bassi, le cose sembrano andare piuttosto bene per il musicista irlandese. L’ultimo album, The Sailor’s Revenge, prodotto da Mark Knopfler e di cui trovate la recensione sul Blog (http://discoclub.myblog.it/2012/02/14/dall-energia-del-frutteto-alla-vendetta-del-marinaio-bap-ken/), insieme alle note biografiche e ad un breve excursus sulla discografia (l’unica cosa che posso aggiungere, ad integrazione, è che il fratello è Brian Kennedy, altro bravo musicista, collaboratore in passato di Van Morrison, ma musicalmente abbastanza lontano dallo stile del nostro), aveva avuto ottime recensioni e un discreto riscontro di vendite, sempre nell’ambito di una piccola label di successo come è la Proper. Per questo nuovo album Bap ha preferito circondarsi dei musicisti della sua band, qualche ospite, ma nessuno dal nome eclatante, bravi però, ovviamente l’immancabile moglie Brenda Boyd Kennedy, che oltre a suonare il basso e occuparsi delle armonie vocali, ha anche realizzato la foto della copertina del CD. Il tutto è stato registrato in Irlanda del Nord, con il co-produttore abituale e vecchio pard, Mudd Wallace (quando non ci sono in ballo amici famosi!) e il risultato è, stranamente, il disco con il suono più americano, o se preferite “Americana”, della carriera di Kennedy, quasi nessuna traccia delle melodie celtiche e irlandesi che apparivano in Sailor’s Revenge , un sound comunque molto rootsy, per una decina di belle canzoni che confermano il talento dell’ex Energy Orchard.

https://www.youtube.com/watch?v=qEfSAYotVdQ

L’ho ascoltato parecchie volte, è un po’ di tempo che ci giro attorno come ascolti, e, parere personale, mi sembra un filo inferiore al suo predecessore, che forse era più malinconico e maestoso (ma secondo altri questo Let’s Start Again è invece migliore dell’album del 2012, punti di vista rispettabili): diciamo che il disco si riavvicina musicalmente agli esordi solisti di Domestic Blues, il disco prodotto da Steve Earle ( il nostro Martin ha sempre avuto delle ottime frequentazioni, anche con Van Morrison, col quale ha firmato un brano in passato, oltre ad essere entrambi di Belfast). Le prime due canzoni hanno un sound che per certi versi mi ha ricordato (rispettabili anche le mie impressioni?), chissà perché, tra i tanti, il Bob Dylan degli anni ’70, soprattutto la seconda, Revelation Blues, che con il suo violino insinuante (John Fitzpatrick), ricorda i ghirigori di Scarlet Rivera in Desire, anche se la voce di Bap è ovviamente diversa da quella di Bob, ma il ritmo incalzante, i tocchi di mandolino e pedal steel, possono ricordare lo Zimmy ai limiti del country tzigano  . E già nell’ottima iniziale Let’s Start Again, questo suono delle radici “americane” è molto marcato, pedal steel a manetta (o a pedale schiacciato a fondo, se preferite), un bell’organo, mandolino, chitarre acustiche, la brava Brenda Boyd che fa la Emmylou Harris della situazione, tutto molto bello e dylaniano.If Things Don’t Change è più Lovettiana, nel senso di Lyle, o comunque texana (aggiungere nomi a piacere), un western swing cantautorale, delicato e divertente, con i vocalisti di supporto che si divertono quasi in modalità doo-wop, la pedal steel che continua ad impazzare ed una levità di fondo deliziosa.

King Of Mexico, fin dal titolo, ci porta sulla mexican border, la linea di confine con il Messico, una fisarmonica sbarazzina, gli strumenti a corda in evidenza, un pianino delicato suonato da John McCullough che raddoppia la fisa canonica, coretti da baffuti messicani, il tutto dalla verde Irlanda, potrebbe essere un brano dei Los Lobos, La Bamba al rallentatore. Song Of Her Desire è una ballata quasi sussurrata, questa volta in punta di dobro, sempre con quel leggero train sonoro incalzante che dà l’impressione di una musica sempre in movimento, in ogni caso altra ottima canzone. Fine prima parte, la migliore!

Nei vecchi dischi ci sarebbe una pausa per cambiare la facciata del vinile, che volendo esiste e passare a Radio Waves, un bel valzerone country dallo spirito upbeat, con gli sha-la-la dei coristi che gli danno quell’aria demodè che andava sulle vecchie onde radio, mandolini, pedal steel e una chitarrona twangy intensificano lo spirito campagnolo del brano e tutto scorre molto piacevolmente, ma forse manca quello spirito malinconico del disco precedente. Che è successo? Sono andato a bere un bicchiere d’acqua, torno e qualcuno mi ha cambiato il CD e mi ha messo Lyle Lovett & His Large Band, scusate controllo. No, in effetti è sempre quello di Bap Kennedy, Heart Trouble il brano, ma l’effetto swing di violini, steel, mi pare anche un vibrafono, l’immancabile piano, coretti ancora doo-wop, ricorda il texano dalla strana pettinatura. Under My Wing introduce ritmi caraibici, direi calypso addirittura, ma suonato in qualche balera sul confine tra Messico e Texas, cantato con quella voce da irlandese triste che è nelle corde del nostro amico Bap, i soliti sha-la-la, un bel mix di generi . Strange Kid è nuovamente un country-swing-rock (si può dire? ma sì!), mandolini, chitarrine, violini, dobro e vocine delicate si sprecano in questa ulteriore piacevole rimpatriata nelle radici del suono americano. Ancora  country caraibico, più Buffett che Lovett per l’occasione, per una disincantata e divertente Fool’s Paradise. Si conclude con Let It Go, che per uno che ha fatto un intero disco di brani di Hank Williams era quasi inevitabile ed immancabile, con la moglie Brenda a fare la seconda voce, come dei novelli Gram e Emmylou, e vai con violino e pedal steel, maestro.

In definitiva un bel dischetto. Potete, anzi dovete, comprare la Deluxe Edition doppia, visto che costa poco di più, anche se poi le chicche sono solo due versioni inedite acustiche di un paio di brani da The Sailor’s Revenge,Jimmy Sanchez e Please Return To Jesus, le altre nove sono una sorta di greatest songs dagli album precedenti. La mia preferenza l’ho già espressa all‘inizio, ribadisco, ma averne comunque di dischi così. Esce ufficialmente domani 4 febbraio.

Bruno Conti

Novità Di Gennaio Parte IIa. Hard Working Americans, Doug Paisley, Damien Jurado, Haden Triplets, David Crosby, Whiskey Myers

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Eccoci a una nuova puntata, divisa in due parti, com’è consuetudine ultimamente, della rubrica dedicata alle uscite discografiche che non trovano uno spazio ad hoc nei Post giornalieri (ma non è detto che alcuni dischi poi non vengano recuperati, anzi è probabile). Questa settimana parliamo di CD pubblicati nelle settimane che vanno dal 21 al 28 gennaio. Di Paul Rodgers che esce domani vi ho già parlato sabato, altri sono in lavorazione, in settimana ci sarà l’anteprima del nuovo Robben Ford A Day In Nashville, in uscita il 4 febbraio, peraltro già pronta e altre chicche, tempo permettendo, perché non è facile scrivere di tutto, manca il tempo di ascoltare tutti i dischi che escono e poi, essendo la cadenza giornaliera e non di un mensile tipo Busca, in alcuni casi è troppo anticipare la pubblicazione di recensioni di dischi che usciranno magari a fine mese prossimo, tipo il box di Johnny Winter, anche questa già pronta . Per cui negli album di questa rubrica mi limito, ove possibile, ad un ascolto velocissimo, per avere un’idea del contenuto, con l’intenzione di ritornarci con calma, anche se non sempre è possibile e qualche volta poi si decide di soprassedere, ma almeno una segnalazione consistente è giusto farla.

Chi sono gli Hard Working Americans http://www.youtube.com/watch?v=vgLAGHfHNf8 ? E’ una specie di nuovo supergruppo formato da Todd Snider, che è la voce solista e il frontman della formazione, Dave Schools, il bassista dei Widespread Panic, Neal Casal, grande cantautore pure lui come Snider, ma anche chitarra solista, prima nei Cardinals di Ryan Adams e ora con Chris Robinson Brotherhood (e eccezionale alla solista in questo disco), Chad Staehly, tastiere dei Great American Taxi e Duane Trucks (della famiglia, fratello di Derek), batteria con Col. Bruce Hampton http://www.youtube.com/watch?v=2IKZ7Tbqyg4 . Il disco è stato registrato ai TRI Studios di San Rafael, California, di proprietà di Bob Weir, co-prodotto da Snider e Schools e vi appaiono come ospiti John Keane e John Popper. Il genere, visti i musicisti coinvolti, è proprio un miscuglio di cantautorato, jam, rock classico, anche southern, con cover tratte dal repertorio di Randy Newman, Lucinda Williams, Kevin Gordon, Hayes Carll, Kevn Kinney (Drivin N Cryin), Gillian Welch & Dave Rawlings, Brian Henneman (The Bottle Rockets), Will Kimbrough eTommy Womack, Kieran Kane, Chuck Mead (BR5-49), Don Herron e Frankie Miller. E non tra le più celebri, per cui si gode anche del piacere della (ri)scoperta e il disco evita anche le lungaggini di certi gruppi troppo dediti alle jam e poco alle canzoni, infatti i brani sono tutti tra i tre e i quattro minuti, con uno solo che supera i cinque http://www.youtube.com/watch?v=e0yWTr2mGUk .

doug paisley

Di Doug Paisley, splendido cantautore canadese, il Blog si è occupato in passato (http://discoclub.myblog.it/2010/11/08/temp-3507313775689154ecbe16f0fb3900d1/). Questo Strong Feelings è il suo terzo album (più un mini, uscito nel 2012), pubblicato come al solito dalla indipendente No Quarter, e quindi di non facile reperibilità. I cenni biografici li trovate nel Post linkato, ma volevo confermarvi, come giustamente evidenziato dalla stampa inglese, Mojo e Uncut unanimi gli danno 4 stellette o 8/10, che si tratta di un altro piccolo gioiellino a due passi dal capolavoro. Poi avrà diritto ad una sua recensione, ma già il fatto che gli ospiti siano Garth Hudson della Band, alle tastiere in tutto il disco, come in passato, e Mary Margaret O’Hara che duetta con Paisley in una splendida e notturna What’s Up Is Down http://www.youtube.com/watch?v=f5rRoOfPHhI , per non dire di Bazil Donovan, il bassista dei Blue Rodeo, mi fa consigliare questo disco a tutti gli amanti della buona musica, anche se la copertina è orrenda, sembra Jack lo Squartatore appena scoperto sulla scena del delitto!

damien jurado brothers and sistershaden triplets

Altro ottimo cantautore è Damien Jurado (http://discoclub.myblog.it/2010/06/07/damien-jurado-saint-bartlett/), questo Brothers And Sisters Of The Eternal Son, se ho fatto bene i compiti, dovrebbe essere l’undicesimo della sua discografia (Vinili, raccolte e limited esclusi) http://www.youtube.com/watch?v=frnWPrDu9CU . Prodotto come il precedente Maraqopa da Richard Swift, con il numero dei collaboratori tenuto al minimo, sempre pubblicato dalla Secretly Canadian, anche Jurado questa volta non ha potuto esimersi dalla Deluxe Edition doppia con otto tracce extra, ma ha risparmiato sui titoli: Silver Timothy, Silver Donna, Silver Malcolm, Silver Katherine, Silver Joy http://www.youtube.com/watch?v=A4sQz6Y5g88 . A parte questo non ha risparmiato sulle emozioni, in un disco che è ancora una volta veramente bello, candidato ad una recensione più completa, appena possibile. Presto, molto presto: ho messo al lavoro i collaboratori http://www.youtube.com/watch?v=NDEc8SVXeS0 .

Le Haden Triplets sono le tre figlie di Charlie Haden, nonché sorelle di Josh, il leader degli Spain, con cui spesso collaborano: Petra, Rachel e Tania http://www.youtube.com/watch?v=lQohy8kafJg . Petra,voce e violino, la più famosa delle tre, ha pubblicato anche alcuni dischi a nome proprio, l’ultimo http://discoclub.myblog.it/2013/01/30/riletture-cinematografiche-petra-haden-goes-to-the-movies/, uscito all’incirca un anno fa. Tanya, che canta e suona il cello, è anche la moglie dell’attore Jack Black (proprio lui, quel Jack Black!), mentre Rachel, voce, basso e batteria, ha fatto parte, con la sorella, dei that dog. Tutte e tre, e il resto della famiglia, avevano partecipato a quella meraviglia di disco che è Rambling Boy, uscito a nome Charlie Haden, Family and Friends, dove suonano una quantità spropositata di grandi musicisti, se non lo avete vi consiglio di cercarlo. In questo eponimo The Haden Triplets, che esce per la Third Man Records (l’etichetta di Jack White, che ha pubblicato anche un raro vinile di Willie Nelson And Friends di cui leggerete sempre sul Blog a giorni, ce n’è per tutti), il brano che ha dato il via alla storia è una rilettura del celebre brano della Carter Family, Single Girl, Married Girl (dal vivo la facevano già da 10 anni e oltre http://www.youtube.com/watch?v=iEwQ-tOA4q4), e da lì tutta una serie di “vecchie” canzoni dai repertori di Louvin Brothers, Stanley Brothers, Phil Monroe. A questo punto è entrato in scena Ry Cooder, che se c’è da preservare un patrimonio non è secondo a nessuno http://www.youtube.com/watch?v=Yhhriutw7h4 , come produttore, musicista e portandosi al seguito il figlio Joachim. Il risultato, manco a dirlo, è delizioso.

david crosby crozwhiskey myers early morning shakes

Altre due uscite interessanti. La prima è il nuovo album solista di David Crosby, Croz, annunciato già da un paio di anni e che esce domani per la Blue Castle Rock, l’etichetta dell’amico Graham Nash. Un unico appunto è per la copertina, dove la R e la O rosse della scritta del titolo cadendo sull’ampia fronte, gli conferiscono un aspetto quasi diabolico. Per il resto siamo di fronte al solito David, che ha firmato nove dei brani contenuti nel CD, alcuni da solo, uno con Shane Fontayne, parecchi con il figlio James Raymond, che ne ha scritti un paio da solo. Gli anni ormai sono 72, ma la voce è al solito, calda, ispirata, dolce e quasi “spaziale”, Wynton Marsalis e Mark Knopfler appaiono come solisti ospiti http://www.youtube.com/watch?v=A2paJl4uEVc (niente Nash), oltre ad una nutrita serie di musicisti tra cui spiccano il già citato Shane Fontayne alle chitarre, Todd Caldwell all’organo Hammond B3, KeviMcCormick e il “mitico” Leland Sklar che si alternano al basso, Steve Tavaglione, fiati e tastiere, e il figlio, che suona praticamente tutto il resto. Il disco è molto piacevole, ma, ad un primo veloce ascolto, non mi sembra un capolavoro http://www.youtube.com/watch?v=TcPWar4xo10 . Viene presentato come il suo primo album solista da venti anni a questa parte, e tecnicamente è vero, ma alcuni degli album usciti a nome CPR, che quello erano, mi sembravano meglio.

Oggi terminiamo con un altro bel dischetto. Altro gruppo di cui vi ho parlato sul Blog (e altrove) http://discoclub.myblog.it/2011/05/15/sudisti-veri-e-di-quelli-ma-molto-bravi-whiskey-myers-firew/. Anche in questo caso le notizie biografiche e le informazioni le trovate al link del disco precedente. Si tratta del terzo disco della band di Cody Cannon, i Whiskey Myers, Early Morning Shakes, precisi, uno ogni tre anni, 2008, 2011, 2014, sempre autogestiti e distribuiti dalla propria etichetta, la Wiggy Thump, e sempre del buon sano, vecchio southern rock, con abbondanti dosi di country di quello molto energico http://www.youtube.com/watch?v=kLz-C8R3uNA . Mi sa che anche di questo disco se ne parlerà diffusamente ancora sul Blog, dove tra i lettori ci sono vari estimatori del genere.

Per oggi è tutto, domani seconda parte. Se ho tempo, nel frattempo, oggi o al massimo domattina, magari vi metto un’altra recensione di un bel dischetto di quelli per Carbonari, che merita assolutamente di essere conosciuto. La ricerca continua, come sempre.

Bruno Conti

Signore E Signori: La Storia Della Musica! Bob Dylan – The Complete Album Collection Vol. One – Seconda Puntata

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*NDB Come promesso ecco la nuova rubrica, per il momento provvisoria, del Blog, “La Domenica Del Disco Club”, questa settimana la seconda puntata sull’opera omnia di Bob Dylan a cura di Marco Verdi, si riparte da Blood On The Tracks, buona lettura!

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Blood On The Tracks (1975): il miglior disco di Dylan degli anni settanta ed uno dei suoi migliori in assoluto, un’opera ispiratissima ed eseguita magistralmente, influenzata dal suo divorzio con la moglie Sara.

Canzoni come Tangled Up In Blue, Idiot Wind, Shelter From The Storm, Simple Twist Of  Fate, If You See Her, Say Hello e Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts sono di un livello inarrivabile per chiunque. E Bob canta pure bene, dimostrando che quando vuole è ancora il numero uno.

 

The Basement Tapes (1975): inciso nel 1967 con The Band nella sua casa di Woodstock, è un doppio album di grande livello ma monco, visto che quelle sessions hanno prodotto una quantità di brani sufficiente a riempire sei o sette dischi: molti sperano che uno dei prossimi Bootleg Series si occupi finalmente di queste incisioni leggendarie.

 

Desire (1976): un altro grande disco, con perle come la celebre (e stupenda) Hurricane, Romance In Durango, Sara, Isis e la malinconica Oh, Sister (oltre alla controversa Joey), con Emmylou Harris alla doppia voce in tutti i brani, il meraviglioso violino gypsy di Scarlet Rivera ed un Dylan che canta bene come non mai.

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Hard Rain (1976): bellissimo live tratto dal tour con la Rolling Thunder Revue, purtroppo solo singolo. Contiene versioni infuocate di Maggie’s Farm, Shelter From The Storm e soprattutto Idiot Wind, che Bob canta con una cattiveria da pelle d’oca (pare che nel pubblico fosse presente Sara). Il video del concerto, purtroppo mai pubblicato ufficialmente (ma proposto varie volte da Rai 3), mostra un Dylan con gli occhi della tigre, che lancia certi sguardi che farebbero paura anche a Hannibal Lecter.

 

Street-Legal (1978): un disco molto amato dai fans (me compreso), inciso con un’ottima band e con capolavori come Senor, Is Your Love In Vain? (che si apre con l’immortale frase “Mi ami o stai soltanto estendendo benevolenza?”, solo un genio può iniziare così una canzone d’amore) e la stratosferica Changing Of The Guards. Purtroppo all’epoca il disco uscì mixato malissimo e con un suono indecente. Nuova rimasterizzazione per questo box, ma quella del 1999 andava già benissimo.

 

Bob Dylan At Budokan (1978): dal vivo in Giappone con la band di Street-Legal, questo doppio offre un vero e proprio greatest hits live di Dylan, anche se alcuni arrangiamenti sono un po’ gonfi e Bob tende ad infilare il reggae un po’ ovunque. Qualcuno lo paragona al periodo Las Vegas di Elvis, anche per gli orrendi costumi che Bob indossa sul palco.

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*NDB. C’è un “intruso”, a livello di copertine, perché Saved è stato ristampato anche con un altra cover art.




Slow Train Coming (1979): il primo disco della famosa (e per alcuni famigerata) trilogia cristiana di Dylan, piombato in crisi mistica. Inciso nei mitici Muscle Shoals Studios in Alabama e prodotto alla grande dai luminari Jerry Wexler e Barry Beckett, con Mark Knopfler alla chitarra solista, contiene splendide cose come Gotta Serve Somebody (che gli frutta il primo Grammy della carriera), Precious Angel, I Believe In You e When He Returns, cantate dal nostro con rinnovata passione.

 

Saved (1980): Dylan entra negli anni ottanta con un disco criticatissimo per la copertina e per le tematiche da predicatore televisivo, ma Saved è in realtà un ottimo album di musica rock-gospel, con brani trascinanti come la title track e Solid Rock, una grande ballata come Covenant Woman ed la potente Pressing On, dal crescendo irresistibile. Un disco da rivalutare, specie in questa nuova versione rimasterizzata.

 

Shot Of Love (1981): più solare del precedente, con le tematiche religiose un po’ più blande, ma anche senza una reale produzione. Every Grain Of Sand, un capolavoro assoluto, vale da sola il prezzo, ma anche Heart Of Mine, Property Of Jesus e Lenny Bruce, tributo al dissacrante comico (noi abbiamo Beppe Grillo…) sono di qualità superiore. Senza dimenticare il trascinante rock-blues The Groom’s Still Waiting At The Altar, pubblicato inizialmente come lato B di un singolo ma incluso nelle successive ristampe. Per contro, due banalità come Watered-Down Love e Trouble non dovevano finire sul disco, data la qualità delle molte outtakes. Incomprensibilmente non rimasterizzato per questo box.

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Infidels (1983): fino a Oh, Mercy, questo è il miglior Dylan degli anni ottanta, con Bob in grande forma ed un suono compatto, merito anche della solida produzione di Mark Knopfler. Otto brani senza cadute di tono, con una menzione per Jokerman, I And I, Man Of Peace e License To Kill. E se Bob non avesse escluso alcune perle (Blind Willie McTell su tutte), poteva essere ancora meglio. Se dovessi votare per l’argomento che vorrei trattato nel prossimo Bootleg Series, sceglierei queste sessions complete.

 

Real Live (1984): ancora un disco dal vivo solo singolo (prodotto con la mano sinistra da Glyn Johns) che documenta il tour europeo di Bob con una band di grandi nomi (tra cui l’ex Stones Mick Taylor e l’ex Faces Ian McLagan, più Carlos Santana ospite in Tombstone Blues) ma non molto affiatata. Molto belle comunque una Highway 61 Revisited mai così rock’n’roll ed una Tangled Up In Blue acustica meglio dell’originale. Un disco finalmente rimasterizzato, ne aveva bisogno.

 

Empire Burlesque (1985): Dylan decide di diventare “cool”, inizia a vestirsi come Don Johnson in Miami Vice e chiama Arthur Baker per dare al suo nuovo disco un sound anni ottanta. Il risultato non è disastroso perché ci sono canzoni valide come Tight Connection To My Heart (nel cui videoclip si tenta di far sembrare Bob un sex symbol), I’ll Remember You, Trust Yourself, Emotionally Yours e l’acustica Dark Eyes, ma sentire Bob in mezzo a sintetizzatori e drum machines non è bello.

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Knocked Out Loaded (1986): un disco raffazzonato e figlio di sessions slegate e con poco costrutto (e la produzione è assente), si salva per l’epica Brownsville Girl, una zampata da vero fuoriclasse. Ma il resto, tra covers e brani scritti svogliatamente, vale poco, con una nota di biasimo speciale per la versione di They Killed Him di Kris Kristofferson, con il suo terribile coro di bambini. Sembra quasi che Bob per scegliere i brani da mettere sul disco abbia estratto a sorte o tirato i dadi.

 

Down In The Groove (1988): il punto più basso della carriera di Bob, un disco concepito come il precedente (cioè male) ma senza un brano di punta come Brownsville Girl: la canzone migliore è Death Is Not The End, che però proviene dalle sessions di Infidels. Il resto è indegno, si salvano solo una discreta cover del traditional Shenandoah e la nuova Silvio. Bob Dylan sembra davvero alla frutta, forse anche al caffè.

 

Dylan & The Dead (1989): album live (ancora singolo!) tratto dai concerti estivi di due anni prima con i Grateful Dead. Solo sette canzoni, con Bob che appare quasi svogliato ed i Dead che non sembrano la sua backing band ideale (in quegli anni Dylan era in tour con Tom Petty & The Heartbrakers, con ben altri risultati). Solo I Want You reca tracce dell’antico smalto (*NDB, Mi intrometto di nuovo, in qualità di Bruno in questo caso: il disco di Dylan con i Dead ricordo di averlo recensito anche io ai tempi per il Buscadero, anche perché era una recensione doppia, e il giudizio era stato tutto sommato buono, ma ai tempi parlare male, o così così, di siffatti artisti era come sparare sulla Croce Rossa! Ora, purtroppo, si possono fare entrambe le cose).

Marco Verdi

segue…

Novità Di Maggio Parte IV. Valerie June, Deerhunter, Sallie Ford, Ruth Moody, Turchi, Amy Speace

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Proseguiamo con le liste delle uscite di maggio (che in una settimana hanno già superato quelle di tutto Aprile) e esaminiamo un bel terzetto di voci femminili.

La prima si chiama Valerie June, viene da Memphis, Tennesse. Non è del tutto nuova alle scene musicali, anzi, ha già pubblicato due album e un EP nel 2010 in collaborazione con gli Old Crow Medicine Show. Già, perché nonostante le apparenze esteriori, non fa jazz, blues, soul o hip-hop, anche se qualche piccolo elemento di questi generi appare. Si potrebbe definire folk-blues-gospel con elementi rock, co-produce, con Kevin Augunas, Dan Auerbach dei Black Keys, che ha firmato anche parecchi dei brani con la stessa Valerie, il disco si chiama Pushin’ Against A Stone (in ricordo delle difficoltà incontrate nella vita e nella carriera), esce per la Sunday Best Recordings in Europa e verrà pubblicato ad agosto dalla Concord negli States (pur essendo lei americana). Il suono e la voce hanno un che di old fashioned ed affascinante mescolato a sonorità più moderne, il tutto sembra assai interessante, una cantante e chitarrista da tenere d’occhio. Tra i musicisti che suonano nell’album si segnala anche la presenza di Booker T. Jones.

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Anche Sallie Ford con i suoi Sound Outside è da tenere d’occhio (e a portata d’orecchio). Il disco si chiama Untamed Beast esce in questi giorni per la Fargo inglese (anche se per la verità era già stato pubblicato a febbraio negli Stati Uniti con copertina differente, dalla Partisan, processo inverso rispetto a quello per Valerie June) si tratta del secondo CD per il gruppo e si vi sono piaciuti gli Alabama Shakes qui c’è trippa per gatti, voce della madonna, rock, blues, anni ’60, soul, surf, R&R senti che roba… poco “originale”, dirà qualcuno a cui non piacciono, pazienza, non salveranno il mondo della musica neppure loro ma ci mettono almeno una grande energia!

Ruth Moody, nata in Australia, ma da anni residente in Canada, è una signora cantautrice, ma è anche un terzo delle Wailin’ Jennys, ha cantato nell’ultimo Privateering di Mark Knopfler, che ora ricambia il favore apparendo in These Wilder Things il nuovo ottimo album solista della Moody, credo il secondo a nome proprio ma ha partecipato a una valanga di progetti musicali. Il CD esce in Canada per la True North e in America per la Red House, entrambe sinonimo di buona musica.

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Nuovo disco per una delle istituzioni dell’indie-rock americano, da Atlanta, Georgia i Deerhunter, che con Monomania, pubblicato in questi giorni dalla 4 AD, toccano il sesto album in una decina di anni di attività.

Mamma li Turchi, questa ve la dovevate aspettare! Lo so non si fa, torno serio, questo Live In Lafayette è già il secondo Cd che pubblicano, etichetta Devil Down Records, quella del giro North Mississippi All-Stars, nel primo disco di studio infatti c’era come ospite anche Luther Dickinson oltre al trio classico con Reed Turchi, solista, slide micidiale e voce, Andrew Hamlet basso e Cameron Weeks batteria. Il sottotitolo del nuovo abum recita “Kudzu Boogie From Swamplandia” e ci sarebbe poco da aggiungere, John Troutman alla pedal steel e Brian Martin completano la formazione per questo disco dal vivo, date una ascoltatina…

Nel primo brano a duettare con Amy Speace appare Mary Gauthier, nel quarto brano The Sea And The Shore il bravo John Fullbright, ma questo How To Sleep In A Stormy Boat pubblicato dalla Thirty Tigers, dopo una Kickstarter Campaign che ha finanziato il disco, è il quinto album pubblicato dalla cantautrice di Baltimora che ha una fan speciale in Judy Collins. Il CD è molto bello, una voce che si colloca a metà tra Lucinda Williams, Mary Chapin Carpente e le cantanti folk-rock classiche (molto della Collins anche), una manciata di belle canzoni, ancora buona musica in definitiva.

Per il momento è tutto, alla prossima settimana per la rubrica (mentre già nel corso di questa vi “toccheranno” un po’ di recensioni sui dischi che non sono rientrati nelle anticipazioni, Savoy Brown Live, Jason Elmore Hoodoo Witch, Cassie Taylor, Johnny Winter Live In Spain, Simon McBride, Johnny Vivino Live, insomma la solita razione mensile di blues e rock), ma anche altro, vado all’ascolto e al lavoro!

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2012: Ultimi Arrivi. Da Pavia, Ed Abbiati Dei Lowlands

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Prima di cedere la parola a Ed, volevo scusarmi con i lettori del Blog, ma ieri e oggi c’è stato un problema tecnico e mentre il sito era visibile in lettura non potevo caricare nuovi Post, ma bando alle ciance e veniamo alle scelte di uno più interessanti musicisti italiani, senza esagerare (caffè pagato?)…

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photo by gabriella ascari

sto componendo….

BEST OF 2012

“Non ho comprato molti dischi quest’anno, purtroppo. Quindi questa lista rappresenta i dischi che ho ascoltato con più piacere…se siano i migliori o meno…nessuna idea. Ma sono questi quelli nuovi che mi hanno tenuto compagnia quest’anno. (Avrei voluto sentire Titus Andronicus, Ian Hunter, Alejandro Escovedo, Neil Young e spero di prenderli presto). Delusione per Gaslight Anthem e Counting Crows su tutti.”

Parto segnalando un disco del 2011 che ho solo sentito quest’anno: Innerstate di Stiv Cantarelli (con i Richmond Fontaine a fare da backing band). Attualmente il mio disco notturno preferito. Sì perchè questo disco va sentito alle 3 di notte. Un disco sussurrato e mai fragile. Prezioso!

1) Wrecking Ball – Bruce Springsteen.  Dopo due album che proprio NON mi sono piaciuti (Magic e Working on a Dream) Bruce fa un bel disco con due vecchi pezzi (ma belli: Wrecking Ball, Land of Hope and Dreams, ) e  almeno 4-5 grandi canzoni ( Death to My Hometown, Shackled and Drawn, Jack of All Trades, We’re Still Alive e Rocky Ground) Bruce ha continuato a scrivere la sua storia. 

2) Tempest – Bob Dylan Questo disco si lascia ascoltare facilmente come non succedeva (almeno per me) da Modern Times. La sua voce mi piace sempre di più. Together Thru Life mi piaceva come sound ma non come brani. Qui c’è sia il sound che i brani. Duquesne Whistle (l’ossessione di Bob per Charlie Chaplin prosegue…).

3) Cheap Wine – Ammiro i Cheap Wine per quello che hanno fatto in questo paese in questi 15 anni. Ho tanto rispetto per come lo hanno fatto, da soli e senza sfruttare alcuna “corrente” e ho tanta  ammirazione per la dignità con la quale hanno trattato la loro musica. In tanti, e noi per primi, camminiamo su strade asfaltate da loro. Giù il cappello. Marco non ha mai cantato cosi bene, L’ingresso di Alessio Raffaelli alle tastiere ha dato una nuova dimensione alla band permettendo a Michele di dipingersi uno spazio nuovo, la ritmica è impeccabile. Questo è il mio disco preferito dei Cheap Wine e spero che sia seguito da altri 15 anni come questi. On the way back home è uno dei pezzi più belli sentiti quest’anno. Waiting on the Door...

4) Privateering – Mark Knopfler. Avevo onestamente perso di vista Knopfler dopo il live del 92 dei Dire Straits. Avendolo visto in apertura di Dylan ad Assago, avevo l’impressione di assistere a un artista che aveva rinunciato a cercare strade nuove. Che giocava dentro la sua “comfort Zone” e basta (mentre Dylan stravolgeva a ribaltava ogni canzone in scaletta con l’entusiasmo di un bimbo dell’asilo!). La orda di recensioni positive mi hanno spinto a comprarlo e devo ammettere che me lo sono goduto moltissimo. Forse trovo il disco doppio eccessivo ma le cose belle sono stupende. Forse c’era un disco singolo perfetto lì dentro. Ma chi sono io per dubitare? E poi… la perfezione annoia. Radio City Serenade suona come un brano di Tom Waits suonato dai Pogues…è stupendo e commovente. Invecchio male…

5) Delayed Reaction – Soul Asylum: dopo anni di silenzio esce un nuovo disco che suona fresco fresco come i loro migliori degli anni 80….subito dopo l’uscita del disco metà band molla (sounds familiar?)…amo questa band e tutte le band che fanno casino cosi (O Marah where art thou?). Dave Pirner gioca con le parole con classe come sempre e la band saltella dietro a Tommy Stinson (ex Replacements) e Michael Bland (ex prince) il mio batterista preferito al mondo. Visto il mio amore per questa band ecco due video: Gravity:

e Take Manhattan (il mio pezzo preferito del disco):watch?v=OLppmbXyaAE

6) Women & Work – Lucero    Dopo due album intoccabili ecco il fratello minore di Overton e Bastards… mi mancano un po’ di chitarre distorte, perse a favore dei fiati. It’s the Memphis Soul! Che dio li tenga in salute, on the road e in studio…we need’em!!  On My Way Downtown:

7) The Sailor’s Revenge – Bap Kennedy  Lo seguo da quando Steve Earle produsse i suoi Energy Orchard.  Qui, prodotto da Mark Knopfler, fa il suo disco più bello da Domestic Blues (sempre Steve di mezzo). Jimmy Sanchez, Shimnavale, Not a Day Goes By. Incredibilmente poetico. Not a day goes by: 

8)Tomorrowland – Ryan Bingham. Stavano dipingendo un bel costume per Ryan…etichettato e tutto il resto, nuovo eroe dell’americana, ma lui non ne voleva sapere nulla e ha fondato la sua etichetta e ha fatto il disco come lo sentiva nel suo cranio. Il disco è coraggiosamente rock e secondo me porterà ai live show a scalette stupende ( e perderà qualche fan tra i critici!). Guess Who’s Knockin:

9)Ani DiFranco -Which Side are you on? Per me il periodo d’oro di Ani è quello che va dal 94 al 2001.  Ma questo è il disco che più mi è piaciuto da quel To The Teeth che salutava il secondo millennio…Ani torna sulle barricate e sputa fuoco.

10) Good Things – Miami & the Groovers  Lorenzo “Miami” è un musicista pieno di passione. Ama la musica, il palco. E’ un rocker. Il suo amore per certa musica è evidente nei suoi concerti e nei suoi dischi. Un giorno sarà sindaco di Rimini e farà suonare Springsteen in Spiaggia ma fino ad allora ci sono loro Beppe, Marco, Alessio, (presente anche nei Cheap Wine), Lorenzo e al terzo disco realizzano per me il loro album più bello. Good Things è un brano talmente bello che pare esistere da sempre:

10bis) L’ultima thule – Francesco Guccini.  Assieme a Bennato e Jannacci, Guccini è il mio “italiano” preferito. Se ne va senza mungere l’attimo. Se ne va senza un finale ma con un disco solido e pieno che invecchierà bene. Grazie. Di tutto.  Questo ultimo disco è pieno di Guccini e di questo sono grato. Ho sempre amato il suo scrivere di umanità, di fragilità e contraddizioni personali. Ho sempre pensato che fosse un vero poeta. Pochi scrivono in italiano con la sua fluidità e profondità L’ultima volta commuove:

Dimenticavo:

Best Live: Pogues Live In Paris

Why? Look here….

 

Last but not least e fuori concorso per conflitto d’interessi (ci canto in italiano su un brano!)

L’umana resistenza del nostro caro amico Alex Cambise (chitarrista e mandolinista extraordinaire). Alex ha realizzato un disco profondo, mai scontato. Fotografie di questo paese che ha ben poco di bello attualmente. Un disco sulla dignità, sulla resistenza e credo anche sul dolore. Cercatelo e ascoltatelo. Io Rimango qua (la mia preferita):

Ed Abbiati.

*NDB. Questi “artisti” mi fanno impazzire, prima per convincerli a scrivere qualcosa, e poi anche Ed come Jimmy Ragazzon mi sparano i Post scritti nei caratteri di stampa più improbabili e il vostro fedele Blogger “taglia e cuce” con pazienza e mi sembra che il risultato sia buono.

P.S. del NDB.

Questo Post è anche l’occasione per parlare di un po’ di musica italiana, quella buona e quindi visto che Ed Abbiati ha già sfiorato il conflitto di interessi mi permetto di aggiungere altri due bei dischi di musica italiana (perché fatta in Italia, ma internazionale nelle intenzioni), e non è una marketta ma sincera ammirazione per la voglia di continuare tra mille problemi sempre con rinnovato entusiasmo!

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Lowlands – Beyond

Lowlands & Friends – Better World Coming 2012Gypsy Child Records entrambi!

 

Pubblicata retroattiva, a ieri, così non saltiamo giorni nella nostra frequentazione giornaliera.

Bruno Conti