Solo Del Sano Vecchio Blues(Rock). The Nighthawks – Tryin’ To Get To You

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The Nighthawks – Tryin’ To Get To You – Eller Soul Records

Ogni tanto Mark Wenner chiama a raccolta i suoi Falchi Della Notte: da qualche tempo, una decina di anni, il risultato di questi incontri viene pubblicato dalla Eller Soul, piccola ma attiva etichetta della Virginia, uno degli stati degli Usa più antichi, a due passi da Washington, D.C. la base della band. L’etichetta di Richmond ha un roster di artisti che gravitano tra il blues e la roots music, i più famosi sono probabilmente i Nighthawks, ma incidono per loro anche Little Charlie, Mike Henderson, Jason Ricci e altri meno noti, poi sulla reperibilità dei CD non ci metterei la mano sul fuoco. Il nuovo album Tryin’ To Get To You, esce più di 45 anni dopo il fulminante debutto con Rock And Roll del 1976, ma allora c’era ancora Jimmy Thackery alla solista: quello del ruolo del chitarrista è sempre stata la croce e delizia per i fans della band, dal 1986 anno dell’abbandono di Thackery sono passati nella line-up anche Jimmy Nalls e Warren Haynes, da qualche anno sembravano avere trovato la quadra con Paul Bell, alla 6 corde nel precedente All You Gotta Do, uno dei migliori della loro discografia da lunga pezza https://discoclub.myblog.it/2017/10/04/questa-volta-non-si-scherza-bentornati-a-bordo-the-nighthawks-all-you-gotta-do/ .

Ma ecco che nel nuovo album a fianco di Wenner e Mark Stutso alla batteria, arrivano un nuovo bassista Paul Pisciotta e un nuovo chitarrista e cantante Dan Hovey. Il disco è sempre di buona fattura, ma mi sembra che forse manchi quel piccolo quid che aveva aggiunto Bell: nel suono convergono comunque blues, tanto, e tracce di rock, R&B, honky-tonk, country, doo-wop, roots music, gospel, rockabilly, e l’esperienza di 30 album circa (questo dovrebbe essere il n°31) alle loro spalle non è vana, ma ogni tanto, a fronte di grinta, divertimento e passione, ci sono dischi più riusciti ed altri un filo meno, poi ognuno ascolta e si fa il proprio giudizio. Il groove è quello classico, come testimonia subito la cover di Come Love di Jimmy Reed, ritmo ciondolante, begli intrecci vocali, l’armonica in primo piano, il vocione vissuto di Wenner, la divertente e swingata I Know Your Wig Is Gone di T-Bone Walker illustra il loro lato più ludico, con la voce e la solista pulita di Hovey in evidenza, Tell Me What I Did Wrong di James Brown, cantata da Stutso, ricorda i Fabulous Thunderbirds più pimpanti, sempre con le armonie vocali a 4 parti della band ben usate e il soffio pulsante dell’armonica di Wenner mai spento.

La title-track, cantata da Wenner, è un vecchio brano simil country che faceva parte del repertorio di Elvis Presley, dove la band si lancia anche in spericolati cori doo-wop, mentre il leader è sempre impegnato alla mouth harp, Baby It’s You è uno dei brani firmati dal chitarrista Hovey, un sinuoso boogie blues ancorato da un giro di basso di Pisciotta e sempre con Wenner in evidenza, mentre I Hate A Nickel è un solido errebì cantato dal batterista Stutso, che l’ha scritta con Norman Nardini. Rain Down Tears è un vecchio brano del repertorio di Hank Ballard, un bel blues scandito cantato da Hovey che rilascia anche un limpido assolo di chitarra, Somethin’s Cookin’ sempre scritta e cantata da Stutso, quello con la voce più “nera” della band, è un pimpante swing-blues corale, prima di lasciare il microfono a Wenner per un vecchio brano R&B dei Manhattans , Searchin’ For My Baby, una piccola delizia soul dove il gruppo mette a frutto ancora una volta le armonie vocali che sono uno dei loro punti di forza.

Ma il brano migliore del disco è una gagliarda cover di Don’t Worry Baby dei Los Lobos, cantata nuovamente da Hovey e con i Nighthawks che tornano al blues-rock delle origini, con Wenner e Hovey che ci danno dentro di brutto. Luscious, cantata da Mark è uno di quei divertenti siparietti che piacciono al gruppo (e a chi ascolta), pensate a un Louis Prima a cui piaceva il blues, 12 battute in puro Chicago Style che irrompono nella intensa Chairman Of The Board, in origine un pezzo soul ma qui suonata come se accompagnassero Muddy Waters, prima di congedarsi con The Cheap Stuff, un rigoroso blues acustico, scritto e cantato da Hovey. Quindi alla fine missione compiuta, anche questa volta “ci hanno raggiunto”!

Bruno Conti

Dai Falchi Ai Guerrieri, Ma Sempre Quello L’Argomento E’. Mark Wenner’s Blues Warriors

mark wenner's blues warriors

Mark Wenner’s Blues Warriors – Mark Wenner’s Blues Warriors – Eller Soul 

All’incirca a metà 2017 era uscito l’ultimo album dei Nighthawks All You Gotta Do, uno dei migliori della loro discografia recente https://discoclub.myblog.it/2017/10/04/questa-volta-non-si-scherza-bentornati-a-bordo-the-nighthawks-all-you-gotta-do/ , ma ora un po’ a sorpresa (e ne parliamo con ritardo, visto che è già uscito da alcuni mesi, ma ormai le produzioni indipendenti americane, con rare eccezioni, si faticano a trovare e sono piuttosto costose, almeno per noi europei) esce un album solista di Mark Wenner, il leader maximo dei “Falchi della Notte”, il quinto che pubblica fuori dalla band,: due ancora negli anni ’80, nell’era del vinile, e due nella prima decade dei 2000. Il moniker scelto è Mark Wenner’s Blues Warriors, e dalla sua formazione storica si porta dietro il fedele batterista Mark Stutso, aggiungendo due chitarristi, Zach Sweeney, un solista emergente con trascorsi nel country, visto che suonava con Wayne Hancock, e Clarence ‘The Bluesman’ Turner, un musicista nero dell’area di Washington, D.C., con un album solista nel suo CV; a completare la formazione il contrabbassista Steve Wolf, un veterano che ha militato anche nella band di Danny Gatton, e un annetto abbondante fa ha rilasciato un album acustico in coppia con Tom Principato, The Long Way Home, di cui abbiamo parlato su queste pagine https://discoclub.myblog.it/2017/11/01/un-disco-anomalo-acustico-per-il-chitarrista-di-washington-d-c-tom-principato-steve-wolf-the-long-way-home/ .

Per l’occasione Mark Wenner e soci hanno deciso di realizzare un album tutto incentrato su pezzi classici del blues, con un paio di deviazioni nel R&R e un solo brano originale di Wenner, dedicato a Jimmy Reed. Niente per cui stracciarsi le vesti, ma un disco solido e ben suonato e cantato, a partire da un ”oscuro” brano di Muddy Waters, Diamonds At Your Feet, che era il lato B di un vecchio 45 del 1956, con Clarence Turner alla voce, che si rivela vocalist e chitarrista di buona attitudine e tocco molto classico, come pure Sweeney, mentre Wenner soffia nella sua cromatica, di seguito troviamo una divertente (Let Me Be Your) Teddy Bear, proprio il famoso brano di Elvis, che viene leggermente rallentato a tempo di blues, per essere vicini alla versione di Big Joe Turner, con il contrabbasso di Wolf che pompa il ritmo di gusto, mentre Mark canta e soffia nella sua armonica, alternandosi alla chitarra. Rock A While è sempre di Turner, un altro shuffle swingante, mentre Checkin’ Up On My Baby è Chicago Blues della più bell’acqua, sempre con il dualismo armonica-chitarra, Sweeeney per l’occasione, per questo brano che facevano benissimo Buddy Guy e Junior Wells; Just To Be With You era un altro brano di Muddy Waters, il classico slow blues cadenzato, con Turner di nuovo al proscenio, mentre il contrabbasso di Wolf marca il tempo con voluttà.

Altro pezzo da 90 è King Bee di Slim Harpo, con Wenner che interpreta i doppi sensi del brano, senza dimenticare di soffiare nell’armonica, come peraltro in tutti i pezzi di questo album; non manca l’omaggio a B.B. King con una sontuosa It’s My Own Fault, cantata da Stutso, che l’aveva già intonata con classe e potenza nei Drivers di Jimmy Thackery, e pure il R&R divertito di una frenetica Hello Josephine del grande Fats Domino, con armonica e chitarra a sostituire il piano. Un altro Sonny Boy Williamson con la intensa Trust My Baby, e poi il picking quasi country nello strumentale swing The Hucklebuck ad opera di Zach Sweeney, con assoli di tutta la band; Just Like Jimmy è un altro strumentale, come ricordato all’inizio, l’unico pezzo firmato da Wenner e dedicato a Jimmy Reed, e per chiudere un altro blues di quelli duri e puri come Dust My Broom, Robert Johnson via Elmore James per uno dei capolavori assoluti delle 12 battute, ovviamente con molta più armonica rispetto alle versioni abituali, di nuovo comunque con Robert Turner e Zach Sweeney co-protagonisti insieme a Mark Wenner.

Bruno Conti