Ecco Un Altro Gruppo Che Non Sbaglia Un Disco Neanche Volendo! Marley’s Ghost – Travelin’ Shoes

marley's ghost travelin' shoes

Marley’s Ghost – Travelin’ Shoes – Sage Arts CD

Quando si parla di gruppi che rielaborano la tradizione country, folk e bluegrass in chiave moderna la mente va subito a Old Crow Medicine Show, Avett Brothers e Trampled By Turles, ma spesso ci si dimentica di citare i Marley’s Ghost, sestetto californiano in giro da più di trent’anni. Una band di veterani quindi, ed infatti i capelli dei membri sono ormai irrimediabilmente grigi (quando non del tutto assenti), ma la loro forza nel suonare ed abilità nel produrre grande musica è pari a quella dei gruppi citati sopra. I Marley’s Ghost (Mike Phelan, chitarre, dobro, basso, violino e voce, Ed Littlefield Jr., chitarre, steel, basso e voce, Jon Wilcox, mandolino, chitarre e voce, Dan Wheetman, basso, steel, chitarra e voce, Jerry Fletcher, piano e voce, Bob Nichols, batteria) sono meno rock sia degli Old Crow che dei Fratelli Avett, pur avendo una sezione ritmica ed usando qua e là anche la chitarra elettrica, ma si rifanno più direttamente a sonorità tradizionali di generi come country, bluegrass, folk, gospel e old time music, rilette comunque con grande forza ed eccellente perizia strumentale.

 

Non hanno inciso moltissimo in 32 anni, appena una dozzina di album, ma proprio per questo quando esce una loro pubblicazione si può stare certi che non sarà una delusione. I loro ultimi due lavori, i bellissimi Jubilee e The Woodstock Sessions, erano prodotti da Larry Campbell, uno che con questo tipo di musica va a nozze, ed infatti i nostri lo hanno voluto a bordo anche per questo nuovissimo Travelin’ Shoes, un album davvero splendido, forse ancora più bello dei precedenti, in cui il sestetto rivisita a modo suo una serie di brani della tradizione gospel, con l’aggiunta di appena due brani originali. Il risultato è di altissimo livello, una strepitosa collezione di brani che rivedono il gospel aggiungendo cospicue dosi di ritmo, passando dal country al rock al bluegrass con estrema disinvoltura, e senza un attimo di tregua. Che non ci troviamo di fronte ad un disco qualsiasi lo si capisce fin dalla title track posta in apertura, che inizia per voce e banjo, poi entra il resto del gruppo ed anche la sezione ritmica comincia a farsi sentire: il binomio tra l’accompagnamento grintoso e la melodia tipicamente folk è vincente, in gran parte grazie alla fusione delle varie voci. Hear Jerusalem Moan è un traditional molto noto, ed è eseguito con uno splendido arrangiamento tra gospel e bluegrass, con alternanza tra parti vocali ed assoli strumentali (particolarmente belli quelli di violino e pianoforte);You Can Stand Up Alone, dopo un lungo intro a cappella, è eseguita in maniera cadenzata e con una deliziosa veste doo-wop anni sessanta (e la chitarra è elettrica), rilettura irresistibile, tra le più belle del CD.

Someday è scritta da Campbell, ed è un saltellante country-gospel contraddistinto da una performance in punta di dita ed all’insegna della classe sopraffina di cui i nostri sono provvisti in grande quantità. So Happy I’ll Be è un vecchio pezzo di Flatt & Scruggs, un coinvolgente gospel sullo stile di brani come Will The Circle Be Unbroken e Amazing Grace, superbamente eseguito e cantato alla perfezione; nell’insinuante Shadrack i nostri sembrano degli epigoni di Tennessee Ernie Ford, con quel tipico approccio old style ed un bel botta e risposta tra voce solista e coro, il tutto con un vago sapore jazzato. Run Come See Jerusalem è un capolavoro, sembra uscita di botto da un disco anni settanta di Ry Cooder, dall’intro di chitarra elettrica, all’atmosfera a metà tra Hawaii e Messico (c’è anche una fisarmonica), ed il coro fa la parte che fu di Bobby King e Terry Evans: magnifica. Judgement Day, unico pezzo originale dei nostri (ad opera di Wheetman), è un altro highlight assoluto, una splendida western ballad elettrica che sarebbe piaciuta a Johnny Cash, vibrante e dalla melodia epica, When Trouble’s In My Home richiama ancora Cooder (quello di Boomer’s Story), canzone tra folk, gospel e blues, con slide acustica ed intesa vocale perfetta, mentre Standing By The Bedside Of A Neighbor è uno scintillante e ritmato western swing con il grande Bob Wills come riferimento principale. Chiudono l’album la cristallina A Beautiful Life, puro country con un tocco di gospel, e con Sweet Hour Of Prayer, un toccante slow pianistico e corale che ha quasi il sapore di un brano natalizio.

Con Travelin’ Shoes i Marley’s Ghost hanno aggiunto un altro gioiello ad una collezione già preziosissima: tra i dischi più belli di questa prima parte di 2019, almeno nel genere country e derivati.

Marco Verdi