Chitarristi, Questi Sconosciuti! Neal Black & The Healers – Sometimes The Truth

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Neal Black & The Healers – Sometimes The Truth – Dixiefrog/Ird

Mi sono già occupato di Neal Black in passato (nulla di minaccioso, semplicemente ho recensito alcuni suoi dischi). Texano di San Antonio ha registrato sei dischi (tutti per la DixieFrog), questo dovrebbe essere il settimo: i primi due (a inizio anni ’90) furono trattati particolarmente bene da Rolling Stone con resoconti da 4 stellette e la sua candidatura alla poltrona lasciata vacante da Stevie Ray Vaughan, come tanti prima, durante e dopo. La sua musica è un misto di Texas Blues-rock, atmosfere vagamente roots e intrise di swamp rock e voodoo, la voce roca e vissuta, sempre più segnata dalle intemperie della vita e una notevole abilità alla chitarre, acustiche, elettriche e resonator oltre che che a SRV lo avvicina al compianto John Campbell (un musicista poco noto al grande pubblico ma assai considerato dai colleghi musicisti e da noi appassionati).

Questo album, registrato tra New York e la Francia, è un ulteriore capitolo della sua saga musicale: si apre sulle atmosfere minacciose dell’iniziale New York City Blues, appunto un blues elettroacustico e con la partecipazione di Popa Chubby che duetta alla voce con lui e si occupa della chitarra acustica, un altro compagno di etichetta Nico Wayne Toussaint aggiunge il suono della sua armonica mentre Black si destreggia da par suo alla slide. Già da Lie To Be Loved (firmata come tutto l’album dallo stesso Black) il suono si fa più pressante e chitarristico con la solista di Black che disegna notevoli assoli e la ritmica che si destreggia abilmente tra ritmi boogie e passaggi più jazzati, sottolineati anche dalle tastiere di Mike Lattrell.

Nei brani registrati a New York, Black utilizza la sezione ritmica di Popa Chubby, il bassista AJ Pappas e il batterista Steve Holley, mentre lo stesso Popa è anche l’ingegnere del suono (non il produttore). Negli altri brani sono con lui i soliti Healers, Kim Yarbrough al basso e Vincent Daune alla batteria. Gustate la loro abilità nell’ottima Mississippi Doctor un altro di quei brani più vicini al suono voodoo di New Orleans che al suono texano, con la chitarra anche wah-wah di Black che si misura ancora con l’armonica di Nico Wayne Toussaint. Holiday Inn In Heaven sempre tra cimiteri e altre amenità del genere, è un altro brano lento di atmosfera con acustiche e slide sugli scudi mentre Chicken Shack Cognac è uno spiritato strumentale un po’ alla Albert Lee (tra country e rock) con la solista di Neal Black che duetta con un altro compagno di etichetta, l’ottimo Fred Chapellier, epigono del grande Roy Buchanan.

Yesterday’s Promises Tomorrow è il classico slow blues che non può mancare e la successiva Love And Money, il primo di una serie di duetti vocali e strumentali con Popa Chubby (che mi sembra tornato pimpante dopo una serie di dischi appannati e svogliati) che scalda la sua chitarra come ai tempi migliori ben coadiuvando il solismo brillante e variegato di Black. Gringo Bring Me Your Guns, con tanto di accordion è una bella border song ricca di pathos e buoni sentimenti. Buda, Texas Boogie come da titolo è un’altra scatenata sarabanda strumentale di chitarre tra la slide di Black e la solista di Popa Chubby, come viaggiano ragazzi! Left her in Dallas è un’altra bella slow blues ballad ancora con la presenza “massiccia” del buon Popa. Sometimes The Truth inizia come un brano di Tom Waits (anche la voce bassa e “spezzata” di Black contribuisce alla suggestione) e poi si evolve in una nuova e sinuosa visita alle paludi della Lousiana con l’armonica di Toussaint pronta alla bisogna.

Gli ultimi due brani vedono la presenza di un altro compagno di etichetta, Mason Casey che si disimpegna all’armonica e anche alla voce nel classico Goodbye Baby dal repertorio di Elmore James e l’unica cover presente, occasione immancabile per duettare ancora con Chapellier. Si conclude con lo strumentale Justified Suspicion, dove Casey e Popa Chubby hanno ancora ampio spazio a fianco della chitarra slide del titolare e al piano di Lattrell, per un finale raffinato e particolare che conferma la versatilità di questo ottimo musicista!

Bruno Conti