Forse L’Ultimo “Piccolo” Grande Live Registrato Prima Della Pandemia. US Rails – Last Call At The Red River Saloon

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US Rails – Last Call At The Red River Saloon Live – 2 CD Blue Rose

Lo scorso anno hanno festeggiato il 10° anno di attività, con un concerto tenuto al Red River Saloon di Heilbronn in Germania, il 15 marzo del 2020, quindi già abbondantemente in piena pandemia: poi, come tutti, hanno dovuto interrompere la loro attività dal vivo, che con questo doppio CD, porta a tre i resoconti dei loro tour, divisi a metà tra quelli negli States e quelli in Europa, in Germania in particolare, dove si trova la loro etichetta, l’ottima Blue Rose, da sempre tra gli alfieri del rock, roots e classico, quello che più ci piace. Gli Us Rails hanno iniziato la loro parabola nel 2010, con il disco omonimo che li presentava come una sorta di supergruppo (all’inizio di 5 elementi, quando in formazione c’era ancora Joseph Parsons): al sottoscritto erano parsi, fatto le debite proporzioni, una sorta di C S N & Y, visto che tutti componevano, avevano una carriera solista, erano ottimi cantanti, tanto che le armonie vocali sono da sempre state uno dei loro punti di forza, certo, a livello di fama e anche di importanza siamo su altri livelli, forse il parallelo si può fare con i Moby Grape, altra band dove tutti i componenti si alternavano alla guida, ma anche in quel caso direi che si parla di altra categoria.

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Attualmente a proporre la eccellente miscela di rock, country, elementi soul e sudisti (anche se l’origine è Philadelphia), che ha prodotto sei/sette album di studio, più uno di cover, sono Ben Arnold, il tastierista, quello che più oscilla tra rock e soul, Tom Gillam, chitarrista e mandolinista, il più noto dei quattro, Scott Bricklin, anche lui a chitarre, mandolino, e occasionalmente a tastiere e basso (spesso riprodotto con i pedali dell’organo) e infine Matt Muir, il batterista, che comunque canta in tre brani nel doppio Live. Il risultato è eccellente, come sempre peraltro, con in più la grinta che sanno proporre nelle esibizioni dal vivo: 22 brani in tutto, solo una cover, con Arnold che apre le operazioni con Eagle And Crow, una canzone estratta da Heartbreak Superstar, secondo molti il migliore dei loro dischi, ma secondo me sono belli tutti, incluso l’ultimo https://discoclub.myblog.it/2020/05/15/un-ottimo-modo-per-festeggiare-dieci-anni-on-the-road-us-rails-mile-by-mile/  , una rock song gagliarda e chitarristica, con la voce vissuta e roca di Ben, il più soul del gruppo, a guidare le operazioni, Take You Home è di Bricklin, dall’ultimo album, sempre riffata e ricca di di armonie, in bilico tra Petty e gli Eagles, con la chitarra di Gillam in tiro https://www.youtube.com/watch?v=JyOCUyjL7yE .

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Tom che poi canta He’s Still In Love With You da Ivy, altro fulgido esempio del roots rock espansivo della band, che poi propone la bellissima Hearbreak Superstar di Arnold, una sorta di brano da rock&soul revue, con chitarre e piano che si intrecciano, ed anche Muir offre il suo contributo con Water In The Well, dall’ultimo album, una ballata swamp sospesa , sempre con chitarre molto presenti. A questo punto riprende il giro con Rainwater di Arrnold, tra country e West Coast, tratta dall’esordio, Drag Me Down di Bricklin, per l’occasione al basso, dopo una introduzione attendista, si sviluppa in un vibrante pezzo rock degno dei migliori di Don Henley, con Arnold eccellente al piano, e molto bella anche Colorado di Gillam, puro Americana sound con una melodia sopraffina. Senza elencarle tutte, anche se meritano, vorrei ricordare la potente Declaration di nuovo di Gillam https://www.youtube.com/watch?v=nZiMTmiL5zE , la deliziosa ballata Slow Dance di Arnold, che chiude il primo CD.

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Il vibrante R&R californiano di Follow The Lights dell’accoppiata Muir/Arnold, la festosa Hard Headed Woman, che non è quella di Cat Stevens, tra Byrds, Petty e Springsteen, Don’t Take Me Now di Muir, che sembra un pezzo degli U2 americani, quando facevano ancora buona musica, gli oltre sei minuti di Old Song On The Radio, una di quelle ballate superbe di Gillam che ogni tanto la band sciorina, tratta da Southern Canon, e che potrebbe passare per una canzone della Band, con la B maiuscola, con singalong finale, anche se ci sono quattro gatti al concerto https://www.youtube.com/watch?v=16zCGR602jU . E ancora Fooling Around, ottimo rock, la corale Everywhere I Go, con qualche rimando a Young o ai Blue Rodeo più chitarristici, la galoppante Mile By Mile tagliata in due da una slide tangenziale, l’unica cover è l’elettroacustica Barbed Wire di Artie Traum, che forse solo alcunii lettori più attenti del Blog potrebbero conoscere, molto CSN https://www.youtube.com/watch?v=Mah8UAVBSy4 , e la chiusura di un ottimo Live con la speranzosa Do What You Love https://discoclub.myblog.it/2020/05/15/un-ottimo-modo-per-festeggiare-dieci-anni-on-the-road-us-rails-mile-by-mile/ .

Bruno Conti

Come Si Suol Dire: Bravo, Bella Voce, Ma Basta? Ben Arnold – Lost Keys

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Ben Arnold – Lost Keys – Blue Rose/Ird 

Ben Arnold non è uno nuovo, anzi, da venticinque anni sulle scene, sette album alle spalle, questo Lost Keys sarà l’ottavo, il secondo per la Blue Rose, l’etichetta tedesca che pubblica anche i dischi degli US Rails, il mini supergruppo dove Arnold milita insieme a Tom Gillam, Joseph Parsons, Scott Bricklin, che suona anche il basso in un brano del disco e Matt Muir, che suona la batteria in tutto l’album. Gli US Rails sono nati come una sorta di versione 2.0 di CSN&Y, fatte le dovute proporzioni (ma comunque i dischi sono belli). sia come genere, sia per il fatto che tutti i 5 componenti della band cantano e scrivono le canzoni. Ora che il gruppo si è preso un periodo sabbatico, Arnold ne ha approfittato per pubblicare il suo ennesimo disco da solista e a breve seguiranno anche quelli di Bricklin (addirittura in uscita in contemporanea lo stesso giorno) e Gillam, anche questo già uscito, e probabilmente il migliore del lotto. Il cantautore di Philadelphia (dove in vari studi della zona è stato registrato il CD), continuando il parallelo con Crosby e Co., potrebbe essere lo Stills della situazione: voce roca, sofferta e vissuta, ma a ben guardare, anzi ascoltare, Arnold appartiene più alla categoria blue eyed soul, Memphis rock, perfino blue collar, con reminiscenze vagamente springsteeniane – forse nell’insieme le “chiavi musicali perdute” citate nel titolo del disco? – ma gli artisti a cui è più vicino, sia come tipo di voce che come stile direi che sono Joe Cocker e Randy Newman, e anche qualche tocco alla John Hiatt https://www.youtube.com/watch?v=2plFWM2xvBQ

Soprattutto con il secondo ci sono molti punti di contatto: entrambi suonano il piano, hanno una voce che a tratti suona sardonica e anche quando canta d’amore, come Ben  fa spesso, le sue canzoni sembrano arrivare a sorpresa da una strada laterale. Prendiamo il brano d’apertura Stupid Love https://www.youtube.com/watch?v=4cHdeV9vnHQ , che pare provenire da una session di Little Criminals, Trouble in Paradise o Bad Love, comunque dagli album più “rock” di Newman, però con una forte patina di musica nera, arrangiamenti di archi e fiati, pezzi ricchi di armonie vocali e suggestioni Tamla Motown o Philly sound, vista la città di provenienza di Arnold, con tastiere molto presenti e le chitarre di Matt Kass e Eric Bazilian (esatto, proprio quello degli Hooters) che punteggiano la voce leggermente passata con la carta vetrata del nostro amico. Cannonball potrebbe in effetti essere un brano del Joe Cocker anni ’80, quello di You Can Leave Your Hat On, non a caso scritta da Newman, mentre Don’t Wanna Loose You, con Bricklin al basso, e organo Hammond e un altro chitarrista aggiunti alla band, vira verso un blue eyed soul quasi alla Donald Fagen, magari senza la classe e l’inventiva del leader degli Steely Dan, ma ciò nondimeno molto piacevole ed accattivante, che è un poco la caratteristica di tutto l’album, al quale probabilmente mancano quelle sferzate di genio per alzarne il livello qualitativo.

Nobody Hurtin’ Like Me è una bella ballata, di nuovo con quella aria falsamente svagata delle canzoni di Newman e Detroit People un omaggio alle persone che lavorano nella Motor City, ma anche alle classiche canzoni Motown come avrebbe potuto cantarle Joe Cocker se si fosse cimentato con quello stile. One Heart ha un che di vagamente springsteeniano nel suo andamento, le ballate piano-organo del periodo di The River, al solito arricchita da fiati ed archi, anche se manca quel guizzo che contraddistingue il fuoriclasse, bello l’assolo di chitarra comunque. Forbidden Drive è un’altra languida soul ballad, un filo troppo zuccherosa e Freedom schiaccia ancora di più il pedale verso un moscio sound anni ’80 alla Michael McDonald e l’aggiunta dell’armonica non è sufficiente a salvare il risultato. It’s a jungle out there, con un sax alla Clarence Clemons cerca di nuovo di evocare lo spirito delle canzoni più piacevoli del Boss citato poc’anzi, e questa volta in parte ci riesce. A concludere When Love Fades Away, un brano che come ha evidenziato qualcuno ricorda quel sound alla Hall & Oates, o alla Simply Red, aggiungo io, che forse non è proprio il massimo della vita, anche se ha i suoi estimatori. Quindi, sufficienza globale per l’album, soprattutto per la prima parte, ma poi nel prosieguo, come diceva Arbore, s’ammoscia, s’ammoscia.

Bruno Conti