Stanno Per Tornare, E In Buona Compagnia, Concerto A Milano il 3 Dicembre E Nuovo Album. Lowlands And Friends – Play Townes Van Zandt’s Last Set

LOWLANDS locandina tonwes van zandttownes van zandt's last set

Il 3 dicembre del 1996 al Borderline di Londra si teneva quello che sarebbe stato l’ultimo concerto documentato di Townes Van Zandt. Il cantautore texano sarebbe scomparso, da lì a poco, il 1° gennaio del 1997, in quel di Nashville, per una aritmia cardiaca, scatenata dai postumi di una caduta casalinga avvenuta circa una decina di giorni di prima, non curata e causata a sua volta da anni di abusi di sostanze varie ed alcol, in quella che è stata una vita vissuta pericolosamente sempre ai limiti, e spesso oltre, da questo geniale artista che giustamente viene considerato uno degli artisti country più influenti tra coloro che si è soliti definire artisti di culto. Forse non a caso Van Zandt è morto lo stesso giorno, 44 anni dopo, in cui si spegneva la stella di Hank Williams, uno degli artisti da lui più ammirati. Per ricordare quell’evento particolare, parlo del concerto, Edward Abbiati, con i suoi Lowlands, stava lavorando da oltre anno ad un disco–tributo che indirettamente è anche un omaggio alla musica del musicista di Fort Worth, attraverso l’esatta riproposizione della scaletta di quel concerto particolare, quindi non attraverso la scelta dei brani più famosi o più amati di Townes Van Zandt, ma riproponendo pari quello che venne eseguito in quella fatidica serata del 3 dicembre di venti anni fa a Londra.

Essendo Ed quell’artista inventivo e portato alle collaborazioni che è sempre stato, per l’occasione (come era stato anni fa, 2012 per la precisione, per il disco dedicato a commemorare il centenario della nascita di Woody Guthrie, http://discoclub.myblog.it/2012/06/24/proseguono-i-festeggiamenti-better-world-coming-lowlands-fri/, in cui era stato affiancato da amici musicisti della zona pavese) ha scelto di invitare a suonare e cantare con lui questa volta una serie “importante” di amici da tutto il mondo con cui ha condiviso palcoscenici e dischi, fin dall’inizio della sua carriera; per cui in questo nuovo album, che uscirà ufficialmente il 9 dicembre per l’etichetta italiana Route 61 (ma sarà già disponibile anche nella serata di presentazione del disco proprio il prossimo 3 dicembre, allo Spazio Teatro 89 di Milano, come vedete dalla locandina ad inizio Post) troviamo musicisti che arrivano da Stati Uniti, Svezia, Inghilterra, Australia ed Italia. Posso anticiparvi che il disco è molto bello, ma comunque ho intenzione di tornarci con più calma al momento dell’uscita, con una recensione ad hoc, nel frattempo vi riporto la tracklist completa, con gli artisti ospiti, brano per brano:

1.       My Starter Won’t Start – Kevin Russell (Gourds) & the Gnola Blues Band

2.       Loretta – Stiv Cantarelli

3.       Pancho and Lefty  – Lucky Strikes, Michele Gazich & Sid Griffin

4.       Dollar Bill Blues – Cheap wine

5.       Buckskin Stallion – Antonio Gramentieri (Sacri Cuori) & Winston Watson

6.       Katie Belle Blue – Richard Lindgren

7.       Marie  – Will T Massey  

8.       Waiting Around To Die – Chris Cacavas, Antonio Rigo Righetti & Winston Watson

9.       A Song For –  Tim Rogers  (You Am I)

10.   Short Hair Woman Blues – Ragsy

11.   Ballad Of The Three Shrimps with No Good Sisters

12.   Sanitarium Blues  with Will T. Massey, Tim Rogers and Rod Picott

13.   Tecumseh Valley/Dead Flowers (Rolling Stones)  – Rod Picott

14.   Colorado – Plastic Pals, Chris Cacavas  & Jonathan Segel (Camper Van Beethoven)

All’inizio di ogni brano, per aumentarne l’autenticità con una breve presentazione, appare il DJ inglese Barry Marshall Everitt, all’epoca tour manager di Townes Van Zandt, nonché ex gestore del Borderline, il locale in cui si tenne il concerto originale, e anche uno dei primi a passare in radio in Inghilterra i brani dei Lowlands. il gruppo pavese si presenterà alla serata milanese nella classica formazione a cinque: oltre a Ed Abbiati, voce e chitarra, Francesco Bonfiglio, tastiere e fisa, Roberto Diana, chitarre varie, Mattia Martini alla batteria e Manuel Pili, l’ultimo bassista entrato nella line-up. Gli ospiti previsti per il concerto, salvo sorprese, sono Stiv Cantarelli,  Maurizio “Gnola” Glielmo, Chris Cacavas Hawk Soold e Anders Sahlin della band svedese dei Plastic Pals, oltre a Max Paganin alla tromba. Quindi direi di intervenire numerosi alla serata, nel corso della quale verranno eseguiti ovviamente anche molti brani dal repertorio del quintetto pavese: chi già li conosce sa cosa aspettarsi,  ma i brani tratti dal nuovo album saranno una felice sorpresa  anche per i fans più accaniti. Mi ripeto, non anticipo la recensione, ma il disco, sentito in anteprima, è molto valido, e, a differenza di quanto mi aspettavo, cioè un disco intimo e soffuso, molte delle canzoni presenti sono eseguite in versioni full band, grintose ed aggressive quando serve, tenere e ricercate all’occorrenza, tutte con il giusto spirito dell’autore (non solo canzoni di Van Zandt, anche brani blues e Dead Flowers degli Stones posta in coda a Tecumseh Valley). E come chicca la possibilità di ascoltare una rara apparizone su CD di un altro artista di culto come Will T Massey.

Questo brano, che ascoltate qui sopra, venne registrato da Townes Van Zandt il 5 dicembre del 1996 a Austin, Texas, una delle sue ultime registrazioni.

Mi raccomando fatevi un appunto per non mancare al concerto, così volendo potete anche comprarvi l’album in anteprima sull’uscita.

Bruno Conti

Nel Record Store Day Made In Italy Anche Un CD, Mini! Lowlands – “San Diego Serenade” EP – For Nello!

lowlands san diego serenade

Oggi 18 aprile è il giorno del Record Store Day per il 2015. La manifestazione negli ultimi anni è diventata sempre più incentrata sulla pubblicazione di vinili, spesso inediti ed interessanti, e anche spesso assolutamente unici e bramati dai collezionisti, ma sempre, immancabilmente, carissimi! Che si tratti di 45 giri, EP, 10 pollici, LP, doppi vinili, picture disc, dischi colorati, cofanetti più o meno lussuosi e tutti a tiratura limitata, mi sembra che la manifestazione, ogni anno di più, sia diventata un ennesima scusa per il business delle case discografiche, con il meritorio obiettivo di appoggiare i negozi indipendenti, nella loro lotta di sopravvivenza verso un mercato dominato dalla grande distribuzione e dalla vendita in rete tramite i “grandi venditori”, questo cosiddetto momento di purezza, duplicato nel Black Friday americano di fine novembre, che, già dal nome, doveva essere dedicato soprattutto al vinile. Però con questo sistema di distribuzione le date di uscita si fanno ballerine, i dischi escono a capocchia, prima ma anche molto dopo il giorno fissato, sono difficilissimi da trovare e anche, come detto, molto cari: non tutti comunque, perché se tutti fossero molto costosi, uno se ne farebbe una ragione, ma i prezzi hanno un range enorme, dal ragionevole al folle, e qui sorge il dubbio del business marketting (le due t sono volute)!

record store day

Oltre a tutto, come ricordavo prima, gli altri prodotti sembrano banditi dalle pubblicazioni (quest’anno fa eccezione una ripubblicazione da parte della Unversal in musicassetta del primo demotape dei Metallica No Life ‘Til Leather, naturalmente già “sparito” prima dell’uscita), quindi niente più CD o Mini CD o Cofanetti che gli altri anni, in quantità minime ma interessanti caratterizzavano questo giorno particolare. Voi direte, giustamente, che già le case discografiche ci massacrano tutto l’anno con ristampe a getto continuo che se anche per un giorno il formato digitale viene fatto riposare non dovrebbe essere un problema: ma proprio il nulla assoluto mi sembra eccessivo, qualche ristampa o prodotto ex novo, i più interessanti, creato per il Record Store Day potrebbe uscire anche in CD.

E viene proprio a fagiolo questo EP, un Mini CD con 5 pezzi, su etichetta MRM/Appaloosa, distr. IRD, pubblicato dai Lowlands, abituali frequentatori del RSD, http://discoclub.myblog.it/2012/04/21/record-store-day-2012-bis-un-italo/ e http://discoclub.myblog.it/2013/04/17/record-store-day-2013-lowlands-left-of-the-dial-ed-abbiati-s-2/, che hanno colto l’occasione di questo disco, pubblicato come Lowlands And Friends per ricordare Nello Leandri, uno storico proprietario e gestore di negozi di dischi in quel di Pavia, scomparso il giorno di Natale del 2014 e “premiato” in modo postumo con questa cover di San Diego Serenade, il classico di Tom Waits, che sempre veniva richiesta a Ed Abbiati a livello discografico. Il 9 Febbraio del 2015 Ed ha deciso finalmente di accontentarlo e, nella cucina di casa sua, ma a livello assolutamente professionale, è stata infine registrata: tra Lowlands vari, il violino di Michele Gazich, la chitarra di Maurizio “Gnola” Ghielmo, fiati vari ed assortiti, le voci di Betti Verri e Sergio “Tamboo” Tamburelli, la classica ballata di Tom Waits viene ricreata in una bella versione che ne preserva l’immutato fascino. Nel dischetto trovate anche una versione acustica in solitaria di Can’t Face The Distance, un’altra, più acustica ancora dell’originale, presente nell’ultimo album della band pavese http://discoclub.myblog.it/2014/11/21/continua-linvasione-delle-band-pavesi-lowlands-love-etc-disco-concerto/ di Love Etc…, molto bella anche in questa versione ulteriormente più scarna, formato acustico replicato anche in I Wanne Be e portato alle estreme conseguenze nella versone demo, solo Ed e Gnola, di San Diego Serenade. Il tutto costa poco, lo potete acquistare pure in altri giorni, non è obbligatorio farlo oggi, anche perché sarebbe troppo tardi, e in ogni caso buon Record Store Day, mai dimenticare!

Bruno Conti

Continua “L’Invasione” Delle Band Pavesi! Lowlands – Love Etc… Il Nuovo Disco

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Lowlands – Love Etc… – Harbour Song Records/distr. IRD

Questo è il sesto album dei Lowlands, più 3 EP, il disco in collaborazione con Chris Cacavas, alcune partecipazioni a compilation varie, la produzione del disco di Donald MacNeill con la figlia Jen, non male per un cosiddetto “musicista part-time” come Ed Abbiati, diviso tra la passione per la musica e la necessità di sbarcare il lunario. Mi pare che il tratto distintivo della sua musica sia sempre stato quello di cambiare per rimanere sempre uguali a sé stessi. Mi spiego: il genere musicale di fondo si potrebbe definire roots music, d’altronde, nel 2007, hanno preso il nome poprio da un brano dei texani Gourds, degni rappresentanti di questo filone, ma poi hanno fatto dischi dove rock, folk, musica delle radici, si intrecciavano in modo assolutamente fluido, a volte dischi con un suono più “rude” e chitarristico, come Beyond, altre volte alle radici della musica popolare americana, Better World Coming, il progetto dedicato alla musica di Woody Guthrie, o il detour nella musica tradizionale scozzese rivisitata, con i MacNeill, questa volta siamo ad una sorta di neo folk soul con fiati, che al sottoscritto ricorda, con i dovuti distinguo, il sound della Band con i fiati, o il celtic soul del Van Morrison americano, ma anche dei Dexys Midnight Runnners. Mi rendo conto che si tratta di paragoni impegnativi ma questo mi appare,e quindi lo dico. Anche questa storia dell’unplugged, che starebbe per spina staccata, ovvero non ci sono strumenti elettrici, o meglio chitarre elettriche (mi spiace per Roberto), è quantomeno spiazzante: sul palco di Milano ad Aprile ho contato, in certi momenti, almeno sedici elementi sul palco, e nel disco ci sono, se non ho fatto male i conti (ma in qualità di Bruno non credo), addirittura 25 musicisti.

Non male per un album che viene presentato come intimista e rarefatto, probabilmente nei sentimenti, nei testi e nell’atmosfera che viene creata in questo tuffo nell’amore e nelle sue mille sfaccettature. Le 12 canzoni catturano tanti differemti momenti e stati d’animo raccolti da Ed Abbiati nel corso degli anni e ora rilasciati in questo Love Etc… Dato che a chi scrive piace anche essere analitico vediamoli questi contenuti musicali: si parte con la dolce How Many, dove piano, Francesco Bonfiglio e una weepin’ lap steel guitar, Mike Brenner si dividono il mood del brano con i fiati, che aggiungono una sorta di propulsione sonora, ma c’è spazio per alcuni particolari ricercati, un tocco dell’acustica di Roberto Diana qui, il mandolino di Alex Cambise là, il violino e il cello di David Henry a completare il tutto, con il cantato partecipe di Ed Abbiati, che migliora disco dopo disco, a cementare l’insieme. La successiva Love Etc… è anche meglio, un bel valzerone che profuma di soul, con un ritornello che non si può fare a meno di memorizzare, la ritmica che si aggiunge alle procedure, begli inserti di voci di supporto, i fiati che si fanno ancora più protagonisti, lap steel, mandolino ed acustica che non possono fare a meno di rimandare alla Band (in fondo i Gourds sono sempre stati considerati dei discepoli della band di Robbie Robertson e di Levon Helm, andare direttamente alla fonte del suono non è poi male). I wanna be, che ricorda Dylan nel testo, è un’altra piccola delizia elettroacustica, con quel suono americano o se preferite “Americana”, ma con i fiati che sono sempre lì, ai lati del Mississippi, nei pressi di New Orleans, che danno quel tocco vincente in più.

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Sempre per non fare paragoni, quando la Band ha voluto usare i fiati, l’arrangiatore era un certo Allen Toussaint,  quindi dalla Crescent City. You, Me, The Sky And The Sun, una canzone spensierata, che riempie di buoni sentimenti è sempre su quelle coordinate sonore, ma anche il suono della Caledonia Soul Orchestra di un certo Van Morrison ci può stare, 19 musicisti si amalgano, aggiungete armonie vocali stile sixties, battiti di mano, l’immancabile armonica di Richard Hunter, una rarissima apparizione di una chitarra elettrica, Tetsuya Tsubata “Bakki”, il basso elettrico di “Rigo” Righetti a dare il tempo, piano e organo in bella evidenza, ma soprattutto tanti fiati, orchestrati con maestria da Andres Villani, come piovesse. Cambio d’atmosfera per la breve, raccolta, quasi cameristica e malinconica, You And I, un contrabbasso, Simone Fratti, a scandire il suono, cello e violino e il piano ad evidenziare il carattere riflessivo e quasi cupo del brano, comunque molto bello. Dopo la pioggia torna il sereno con Happy Anniversary, che si potrebbe definire “classic Lowlands sound with brass”, Roberto Diana colora il suono con una insinuante slide acustica e i fiati, soprattutto il clarinetto di Claudio Perelli, ci portano ancora dalle parti di New Orleans, deliziose anche le armonie vocali, per la serie anche il particolare ha la sua importanza. Scordatevi pro-tools e sovraincisioni, qui vige la genuinità! Can’t Face The Distance, nel libretto interno con i testi posta in coda, è un’altro brano intimista, quasi per sottrazione sonora, solo la voce di Ed, la sua acustica accarezzata, il cello di David Henry e l’armonica di Richard Hunter. Armonica che rimane per la gioiosa Wave Me Goodbye, con Ed che ci assicura che tutto va bene, ma, nonostante il carattere uptempo della canzone, non ci convince del tutto.

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L’ultimo quartetto di brani si apre con My Baby, solita ventina di musicisti in studio, per un brano che sta tra folk, country e blues, vogliamo chiamarla hootenanny music, preferite swing jazz? Cambise è alla chitarra elettrica, l’ospite Maurizio “Gnola” Ghielmo aggiunge la sua Slide Resophonic e i fiati dixieland nel finale vanno ancora in gita per le strade di New Orleans. Doing Time è una deliziosa ballata mid-tempo attraversata dalla insinuante lap steel di Brenner, dall’organo Hammond di Joey Huffman, e con il basso di Righetti e la batteria di Mattia Martini che tengono il tempo ammirevolmente. Still I Wonder, almeno all’inizio, mi ricorda moltissimo l’incipit di You Can’t Always Get What You Want degli Stones, ma poi lo spirito stonesiano rimane, in un intrecciarsi di chitarre acustiche e lap steel, voci eteree sullo sfondo, organo e piano, molto bella. Un disco dei Lowlands senza fisarmonica non poteva essere, e quindi Francesco Bonfiglio la sfodera per una sorta di ninna nanna finale, intitolata Goodbye Goodnight, che chiude dolcemente un album tra i migliori della discografia dei Lowlands.

Come dico spesso, non sembrano neanche italiani (forse anche perché alcuni di loro, almeno in questo disco, non lo sono), e quindi donano un sapore anglo-americano a questo ottimo Love Etc…, che conferma ancora una volta, se ce n’era bisogno, la bontà del repertorio della band di Ed Abbiati e soci.

Bruno Conti