Novità Di Settembre Parte IV – Hors-Série. Don Henley – Cass County

don henley cass county

Continuiamo con la disamina delle uscite del prossimo mese di settembre, questa è una hors-série, fuori serie, di quelle previste per l’ultima settimana, venerdì 25.

Domani concludiamo con gli altri titoli previsti per quel giorno.

Per eventuali ulteriori uscite o titoli sfuggiti (e so già che ce ne sono), saranno aggiunte in una appendice finale, insieme ad eventuali ristampe dell’ultima ora, mentre i soliti Live dei broadcast radiofonici, sempre assai numerosi, avranno dei loro Post ad hoc a parte.

Don Henley, texano di nascita, ma californiano di adozione, sta lavorando, da almeno quattro-cinque anni, su questo album di canzoni sullo stile dei brani classici country di Nashville, dove è stato in parte registrato, il resto viene da Dallas, Texas: canzoni che sono state scritte in undici casi su dodici dallo stesso Henley con Stan Lynch, meno Bramble Rose, quella del duetto di apertura con Miranda Lambert Mick Jagger, che suona anche l’armonica nel pezzo, traccia che è stata scritta dalla bravissima Tift Merritt per il suo omonimo, e bellissimo, disco di esordio del 2002 (E che l’ha presa con molta calma “if you could have only seen me dance when I had the crazy and incredible news that Bramble Rose was to appear on Don Henley’s new album with Miranda Lambert and Mick Jagger singing along”).

A fine settembre Cass County sarà una realtà, pubblicata “naturalmente” in versione normale e Deluxe dalla Capitol del gruppo Universal, con alcune cover previste nelle quattro bonus, tra cui The Brand New Tennessee Waltz di Jesse Winchester When I Stop Dreaming, il duetto con la Parton, vecchio brano di Charles e Ira Louvin, di cui esistono varie versioni, molto belle quella degli Everly Brothers e la mia preferita, quella di Emmylou Harris  che appariva su Luxury Liner ed è comunque anche nella versione standard dell’album.

Questi sono i titoli e gli ospiti previsti nei duetti:

Standard Edition:

1. Bramble Rose (featuring Mick Jagger & Miranda Lambert)
2. The Cost Of Living (featuring Merle Haggard)
3. Take A Picture Of This
4. Waiting Tables
5. No, Thank You
6. Praying For Rain
7. Words Can Break Your Heart
8. That Old Flame (featuring Martina McBride)
9. When I Stop Dreaming (featuring Dolly Parton)
10. A Younger Man
11. Train In The Distance
12. Where I Am Now

Deluxe Edition:

1. Bramble Rose (featuring Mick Jagger & Miranda Lambert)
2. The Cost Of Living (featuring Merle Haggard)
3. No, Thank You
4. Waiting Tables
5. Take A Picture Of This
6. Too Far Gone
7. That Old Flame (featuring Martina McBride)
8. The Brand New Tennessee Waltz
9. Words Can Break Your Heart
10. When I Stop Dreaming (featuring Dolly Parton)
11. Praying For Rain
12. Too Much Pride
13. She Sang Hymns Out Of Tune
14. Train In The Distance
15. A Younger Man
16. Where I Am Now

E almeno a giudicare dalle anticipazioni che circolano in rete sembra avere fatto centro, il sound è quello classico Henley/Eagles style, produzione dello stesso Henley con Stan Lynch, il vecchio batterista degli Heartbreakers, evidentemente tra spiriti affini ci si intende.

Tra gli ospiti, oltre a quelli che duettano con il buon Don nei brani citati, Jamey Johnson, Alison Krauss, Vince Gill, John Sebastian, ma anche Ashley Monroe, Trisha Yearwood Lucinda Williams, ma forse si farebbe prima a dire chi non ci sarà (si parlava anche di Sheryl Crow , non ho la lista definitiva), le informazioni recuperate non sono complete, manca ad esempio la lista dei musicisti che suonano nel disco, però questo è sicuramente l’ultimo brano apparso so YouTube pochi giorni fa.

Per oggi finiamo qui.

Bruno Conti

Due Vispi Giovanotti! Willie Nelson & Merle Haggard – Django And Jimmie

willie nelson merle haggard django and jimmie

Willie Nelson & Merle Haggard – Django And Jimmie – Sony CD

Non è la prima volta che Willie Nelson e Merle Haggard (texano di Abbott il primo, californiano di Bakersfield il secondo, 160 anni in due) fanno un disco in coppia. Il loro “esordio” insieme è datato 1983, con il famoso Pancho & Lefty, seguito quattro anni dopo dal meno riuscito Seashores Of Old Mexico (ma gli anni ottanta sono stati un periodo gramo per entrambi), mentre, in anni più recenti, i due hanno dato alle stampe il discreto Last Of The Breed in trio con Ray Price, seguito a ruota dalla sua controparte dal vivo. Ora ho tra le mani il nuovo lavoro delle due leggende viventi della musica country, intitolato Django And Jimmie (dedicato a Django Reinhardt e Jimmie Rodgers, due delle maggiori influenze rispettivamente di Nelson e Haggard) e, con tutto il rispetto per gli album che ho citato prima, qui siamo su un altro pianeta. Intanto i due sono in forma strepitosa, cosa ancora più incredibile data l’età avanzata, poi ci sono una serie di canzoni che nulla hanno da invidiare a quelle più note dei rispettivi songbook, ed il tutto è prodotto ottimamente dall’esperto Buddy Cannon, cioè uno dei migliori produttori in circolazione in ambito country https://www.youtube.com/watch?v=LFaJL5X7cu8  . Django And Jimmie è un disco di canzoni classiche, come uno ci si può aspettare dai due, ma cantato alla grande, suonato ancora meglio (tra i soliti noti abbiamo Mickey Raphael all’armonica, Dan Dugmore alla steel, Ben Haggard, figlio di Merle, alla chitarra solista, Mike Johnson a slide e dobro, persino Alison Krauss alle backing vocals), e griffato dalla produzione limpida di Cannon, che dà ai brani un suono splendido. Non mi stupisco di Nelson, che negli ultimi anni sembra vivere una seconda giovinezza, ma un Haggard così tirato a lucido non lo sentivo da anni.

La title track apre il CD, ed è una classica ballata dei nostri, suonata in punta di dita e con una melodia profonda e toccante, resa ancora più bella dalle voci vissute dei due https://www.youtube.com/watch?v=BZRrg8rorns . It’s All Going To Pot vede la gradita partecipazione di Jamey Johnson (che è anche co-autore del pezzo), ed è un vivace brano country-rock, dal ritmo alto e con un refrain decisamente trascinante (e Willie inizia a farci sentire la sua Trigger); la lenta Unfair Weather Friend sa toccare le corde giuste, e la voce di Willie, più di quella seppur bella di Merle, regala autentici brividi https://www.youtube.com/watch?v=tsjOiY1pNz8 . Missing Ol’ Johnny Cash è uno dei brani centrali del disco, un sentito omaggio all’Uomo in Nero, con tanto di boom-chicka-boom ed il talkin’ tipico di Johnny, con in più la presenza vocale di Bobby Bare, altra leggenda vivente; Live This Long è invece una ballata fluida, del tipo che i nostri hanno sfornato a centinaia nel corso della carriera, grande classe e suono superbo; Alice In Hualand è un valzerone texano scritto da Willie e Cannon, godibilissimo come d’altronde il resto del disco finora. Don’t Think Twice, It’s All Right, proprio quella di Bob Dylan, è un altro degli highlights: prendete una grande canzone, datela in mano a due fuoriclasse e ad un produttore con tutti i crismi e l’esito non potrà che essere eccellente: la versione dei due è limpida e spedita, con un sapore folk che rimanda all’originale del grande Bob; Family Bible (l’ha fatta anche Cash) è un bellissimo honky-tonk pianistico che più classico non si può e rimanda al periodo in cui Haggard (qui canta solo lui) andava costantemente al numero uno. Splendida e commovente.

It’s Only Money è tra country e rockabilly, gran ritmo e le due voci che si alternano alla perfezione (e la band li segue come un treno) https://www.youtube.com/watch?v=uFT1ZLGU6Lc ; ancora honky-tonk deluxe con Swinging Doors, una vera goduria per le orecchie, cantano e suonano tutti da Dio, mentre l’intensa Where Dreams Come To Die è un tipico slow di Willie (quindi bello). Chiudono l’album la languida Somewhere Between, ancora con una prestazione vocale di Nelson da pelle d’oca, la vivace Driving The Herd, con il solito gran lavoro all’armonica da parte di Raphael, e The Only Man Wilder Than Me, che sembra una outtake del mitico Waylon & Willie, solo con Haggard al posto di Jennings. Uno dei migliori country records del 2015: in giro ci saranno anche tante nuove leve di ottimo livello, ma quando i “vecchietti” si mettono in moto danno ancora dei punti a tutti.

Marco Verdi

Anticipazioni A Breve E Lunga Gittata Estate 2015, Parte I. Willie Nelson & Merle Haggard, Dawes, Sonny Landreth, Amos Lee, Barenaked Ladies, Of Monsters And Men, Bill Wyman, Neil Young

willie nelson merle haggard django and jimmie

Come al solito prima dell’inizio dell’estate (che ufficialmente parte dal 21 giugno, ma già da inizio mese, di solito, porta i suoi benefici effetti) facciamo un giretto su alcune delle prossime uscite che ci delizieranno in questa stagione. Dei due titoli dei Rolling Stones, di Richard Thompson, dei Dawes, che sono nella lista del titolo del Post, ma qui non appaiono, già detto, e ancora di Rickie Lee Jones, Pete Townshend il Quadrophenia orchestrale, Indigo Girls, slittate, almeno in Europa, a metà giugno, e qualcos’altro che al momento mi sfugge,  ci siamo già occupati, per cui, in queste due puntate andremo scegliendo tra alcune delle proposte discografiche più interessanti. Oltre al nuovo Dawes, prodotto da David Rawlings, ad inizio della settimana prossima è in uscita un nuovo, ennesimo, album di Willie Nelson, questa volta in coppia con Merle Haggard. Il CD, intitolato Django And Jimmie, esce per la Sony Legacy, è prodotto da Buddy Cannon, e come riporta il titolo è un omaggio a Django Reinhardt e Jimmie Rodgers, anche se perlopiù si tratta di brani nuovi, scritti per l’occasione, molti dalla coppia Willie & Merle, ma anche dallo stesso Buddy Cannon, dalla figlia Marla, da Jamey Johnson e da altri (c’è anche una cover di Don’t Think Twice, It’s Allright di tale Bob Dylan), un brano che si chiama Missing Ol’ Johnny Cash, dove oltre ai due appare come ospite anche Bobby Bare; 14 canzoni in totale, per due leggende della country music https://www.youtube.com/watch?v=PRv7BVEsk0w

sonny landreth bound by the blues

Nuovo disco anche per Sonny Landreth Bound By Blues, il primo per la nuova etichetta Mascot/Provogue che sta sempre più raccogliendo nei suoi ranghi molti deii migliori chitarristi elettrici di rock-blues attualmente in circolazione (dopo Joe Bonamassa, Robben Ford, Walter Trout, Kenny Wayne Shepherd, Johnny Lang, Robert Cray, i Gov’t Mule di Warren Haynes, Neal Schon, Eric Johnson, Matt Schofield, eccetera) arriva anche il maestro della slide guitar, Landreth: come si intuisce dal titolo è un ritorno alle sue radici blues e contiene covers di Walkin’ Blues https://www.youtube.com/watch?v=Iij0C8bRASA , Dust My Broom (suonata in stile Zydeco), Key To The Highway, ma anche canzoni originali come lo strumentale Firebird Blues, scritta come tributo a Johnny Winter o Bound By The Blues, che cita nel testo Jimi Hendrix, Muddy Waters e Buffy Sainte-Marie, nonchè questa Where They Will https://www.youtube.com/watch?v=hvTTB8npBDY e The High Side https://www.youtube.com/watch?v=jk6Cx1ikMgw Promette bene, almeno ai primi ascolti.

barenaked ladies silverball

Sempre il 2 giugno, per la Vanguard, gruppo Universal, esce Silverball, il nuovo album dei Barenaked Ladies, band canadese in circolazione dai primi anni ’90, questo è il loro 14° disco di studio e anche se dalla popolarità che hanno dalle nostre parti, leggi Italia, non si direbbe, hanno venduto qualcosa come (esatto!) 14 milioni di copie di dischi. Sentito velocemente in streaming l’album non mi sembra male, questa è la title-track https://www.youtube.com/watch?v=hvTTB8npBDY e questa una piacevole Matter Of Time https://www.youtube.com/watch?v=vTGeB1LbtuI. Niente da strapparsi le vesti, ma del buon pop-rock alternative.

amos lee live at red rocks

Saltando di palo in frasca, il 16 giugno un nuovo album per Amos Lee, cantautore americano che al sottoscritto piace moltissimo. Si tratta di un album dal vivo, registrato nell’agosto del 2014 nella famosa location di Red Rocks, che a giudicare dai dischi e DVD in uscita ultimamente è gettonatissima, probabilmente devono fare la fila per registrare lì. Titolo Live At Red Rocks With The The Colorado Symphony, quindi con orchestra sinfonica di supporto, etichetta ATO, questi i titoli:

1. Windows Are Rolled Down
2. Jesus
3. Keep It Loose, Keep it Tight
4. El Camino
5. Violin https://www.youtube.com/watch?v=uFSDBuqMKB4
6. Colors
7. Tricksters, Hucksters, and Scamps
8. Flower
9. Won’t Let Me Go
10. Sweet Pea
11. Street Corner Preacher
12. Game of Thrones Theme
13. Black River
14. Arms of a Woman

Per il momento è solo in CD, però a giudicare da questo estratto video il tutto dovrebbe essere stato filmato.

of monsters and men beneth the skin

Il 9 giugno tornano anche gli islandesi Of Monsters And Men, che dopo la parziale delusione dell’ultimo Mumford And Sons (non ne ho parlato nel Blog, ma non escludo un ripensamento per esprimere il mio parere) rimangono tra gli alfieri di quel tipo di sound, anche se già la band di Nanna Bryndís Hilmarsdóttir aveva un suono più complesso ed elettrico in My Head Is An Animal. Etichetta, come per il precedente, Republic del gruppo Universal, non può mancare l’edizione Deluxe (ovvero come spillare soldi agli acquirenti con un disco sempre singolo, che costa un tot di più, per due brani extra e due remix) anche per Beneath The Skin; il produttore è Rich Costey, noto per il suo lavoro con i Muse, quindi ci dobbiamo aspettare un suono, per usare un eufemismo, molto più “lavorato”? A occhio (e anche a orecchio) parrebbe di sì, anche se non mi sembra poi male e tanto diverso dal disco precedente https://www.youtube.com/watch?v=tlCkafSYNJI e https://www.youtube.com/watch?v=_-PgPZ3F9P4

Le chitarre acustiche non sono sparite del tutto, almeno per loro, vedremo, anzi sentiremo!

bill wyman solo boxbill wyman back to basics

Doppia uscita per Bill Wyman. Il 16 giugno verra pubblicato dalla Edsel un cofanetto quintuplo, White Lightnin’ The Solo Box, che raccoglie i suoi dischi solisti (quindi niente album con i Rhythm Kings). Ecco il contenuto, ricco di bonus tracks, ben 24, di cui quattro inedite, un album Stuff, uscito solo in Giappone nel 1992 e un DVD con moltissime chicche e rarità. Il tutto ad un prezzo interessante, facendo la tara per la super Sterlina:

DISC ONE

MONKEY GRIP

  • 1. I Wanna Get Me A Gun
  • 2. Crazy Woman
  • 3. Pussy
  • 4. Mighty Fine Time
  • 5. Monkey Grip Glue
  • 6. What A Blow
  • 7. White Lightnin’
  • 8. I’ll Pull You Thro’
  • 9. It’s A Wonder

BONUS TRACKS

  • 10. Wine And Wimmen [early version]
  • 11. It’s Just A Matter Of Time
  • 12. If You Got The Feelin’
  • 13. Five Card Stud
  • 14. Monkey Grip Glue [single edit]
  • 15. What A Blow [single edit]
  • 16. White Lightnin’ [single mix]
  • 17. Pussy [single mix]

DISC TWO

STONE ALONE

  • 1. A Quarter To Three
  • 2. Gimme Just
  • One Chance
  • 3. Soul Satisfying
  • 4. Apache Woman
  • 5. Every Sixty Seconds
  • 6. Get It On
  • 7. Feet
  • 8. Peanut Butter Time
  • 9. Wine And Wimmen
  • 10. If You Wanna Be Happy
  • 11. What’s The Point
  • 12. No More Foolin’

BONUS TRACKS

  • 13. High Flying Bird
  • 14. Back To School Again
  • 15. Can’t Put Your Picture Down
  • 16. Love Is Such A Wonderful Thing
  • 17. A Quarter To Three [single mix]
  • 18. Apache Woman [single mix]

DISC THREE

BILL WYMAN

  • 1. Ride On Baby
  • 2. A New Fashion
  • 3. Nuclear Reactions
  • 4. Visions
  • 5. Jump Up
  • 6. Come Back Suzanne
  • 7. Rio De Janeiro
  • 8. Girls
  • 9. Seventeen
  • 10. (Si, Si) Je Suis Un Rock Star

BONUS TRACKS

  • 11. Rio De Janeiro [single edit]
  • 12. Come Back Suzanne [single edit]
  • 13. Visions [single edit]
  • 14. (Si, Si) Je Suis Un Rock Star [single edit]
  • 15. Come Back Suzanne [demo]
  • 16. (Si Si) Je Suis Un Rock Star [demo]

DISC FOUR

STUFF

  • 1. If I Was A Doo Doo Doo
  • 2. Like A Knife
  • 3. Stuff
  • (Can’t Get Enough)
  • 4. Leave Your Hat On
  • 5. This Strange Effect
  • 6. Mama Rap
  • 7. She Danced
  • 8. Fear Of Flying
  • 9. Affected By The Towns
  • 10. Blue Murder (lies)

BONUS TRACKS

  • 11. Like a Knife [12” single mix]
  • 12. Stuff (Can’t Get Enough) [12” single mix]
  • 13. She Danced [12” mix]
  • 14. Stuff (Can’t Get Enough) [alternate 12” mix]

DVD

FEATURE INTERVIEW

Bill Wyman talks to David Hepworth about the making of the albums

PROMO VIDEOS

  • 1. I Wanna Get Me A Gun
  • 2. Monkey Grip Glue
  • 3. What A Blow
  • 4. (Si, Si) Je Suis Un Rock Star
  • 5. A New Fashion
  • 6. Come Back Suzanne
  • 7. Stuff (Can’t Get Enough)

BBC TV CLIPS

  • 1. Old Grey Whistle Test (featuring White Lightnin’ promo video)
  • 2. Parkinson
  • 3. Kenny Everett Television Show
  • 4. Bonus clips from Newsnight

Il 23 giugno, la settimana dopo quindi, la Proper pubblicherà questo Back To Basics, un album solista che dicono si ispiri alle sue influenze musicali (Tom Waits, Leonard Cohen, JJ Cale, non sapevo, avrei detto più blues, R&B e R&R). Co-prodotto da Andy Wright (che ha lavorato con Jeff Beck, Eurythmics, Simply Red, quindi un bel mah) e con la partecipazione di Terry Taylor, Guy Fletcher (Mark Knopfler), Graham Broad e Robbie McIntosh. Cosa dobbiamo aspettarci? Boh, a parte i Rhythm Kings non ho mai seguito la carriera dell’ex bassista degli Stones e cito i due album in questo spazio, proprio per i seguaci della band. Erano 33 anni che non faceva dischi da solista (titolo giapponese escluso) e non so dirvi se ne sentivamo la mancanza. Questo è un piccolo assaggio…

neil young monsanto years

A proposito di assaggi, circa un mese fa vi avevo anticipato l’uscita di un nuovo album di Neil Young The Monsanto Years. Ora è stata confermata la data di pubblicazione, il 30 giugno, l’etichetta, la Reprise e il fatto che sarà accompagnato dalla band Promise Of The Real, ovvero i figli di Willie Nelson (per chiudere il cerchio con la prima uscita segnalata nel Post): i formati saranno CD+DVD (temo solo audio), vinile Deluxe e download dalla piattaforma Pono Music del vecchio Neil. Questa la tracklist annunciata (sono gli stessi pezzi nel CD e nel DVD, ma in una diversa sequenza, mistero):

01. A New Day For Love
02. Wolf Moon
03. People Want To Hear About Love
04. Big Box
05. A Rock Star Bucks A Coffee Shop
06. Workin’ Man
07. Rules Of Change
08. Monsanto Years
09. If I Don’t Know

The Monsanto Years DVD Tracklist:
01. Big Box
02. A Rock Star Bucks A Coffee Shop
03. Rules Of Change
04. Workin’ Man
05. Monsanto Years
06. A New Day For Love
07. Wolf Moon
08. People Want To Hear About Love
09. If I Don’t Know

C’è già il video nuovo, sempre più incazzoso nel testo, e non sembra per niente male, quindi attendiamo fiduciosi.

Domani il seguito delle uscite future, un paio di luglio e agosto, molto interessanti.

Bruno Conti

Girando Per La California…! Cracker – Berkeley To Bakersfield

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Cracker – Berkeley To Bakersfield – 429 Records – 2 CD

I Cracker, nati dalle ceneri dei Camper Van Beethoven (gruppo cult della scena underground americana anni ’80) troppo normali non sono mai stati, e nel tempo ci hanno abituato a dischi spiazzanti, diversi uno dall’altro e non riconducibili ad una sola matrice musicale. All’inizio la formazione guidata da Johnny Hickman e David Lowery, entrambi cantanti e chitarristi, sembrava una delle tante copie di un altro gruppo di culto come i Replacements, come risultava evidente fin dal disco d’esordio l’omonimo Cracker (92), poi con l’ottimo Kerosene Hat (93) ne allargava la visione musicale verso un country-rock del tutto personale, con ballate di buon effetto come Take Me Down To The Infirmary e una cover dei Grateful Dead Loser. Pur non ottenendo mai un grande successo commerciale, i Cracker diventano una band di culto nell’ambiente musicale alternative, e il successivo Golden Age (96) rimescola ancora le carte con un “sound” diviso tra il rock nervoso dei Gin Blossoms e le melodie pop dei Counting Crows, mentre il successivo Gentleman’s Blues (98) offriva canzoni di buon livello allineate al tipico rock americano.

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A ben vedere forse la migliore sintesi del gruppo viene offerta da Garage D’Or (00.) un rappresentativo greatest hits, con un bonus CD comprendente rarità, brani live e alcune cover, tra cui una superba versione di You Ain’ Going Nowhere di Bob Dylan, e sulla stessa sintonia si pone Forever (02), mentre a mischiare ancora le carte arriva Countrysides (03) un ottimo album passato purtroppo in silenzio, con la rivisitazione di una serie di autori country come Merle Haggard, Ray Wylie Hubbard, Dwight Yoakam, Terry Allen e una singolare rilettura di Sinaloa Cowboys di Springsteen. Le ottime impressioni vengono confermate  da un live Hello Cleveland (03) e dai successivi lavori in studio Greenland (06) e Sunrise In The Land Of Milk And Honey (09), che portano il gruppo del geniale David Lowery  a ritagliarsi un posto a sé nel variegato panorama del rock americano.

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A distanza di alcuni anni i Cracker ritornano con il loro decimo album, un doppio CD che unisce Berkeley (la Bay Area) con Bakersfield (la parte più country della California), per un esperimento interessante, con una prima parte più rock, e la seconda più country, a dimostrazione ancora una volta della duttilità della band guidata dall’imprevedibile Lowery https://www.youtube.com/watch?v=w-1neiBtFsU . Lungo il primo viaggio (Berkeley), si riforma la formazione classica di Kerosene Hat con il bassista Davey Faragher (ora con Elvis Costello) e il batterista Michael Urbano a comporre la sezione ritmica, più l’attuale line-up con il leader David Lowery  e il suo compare di sempre Johnny Hickman alle chitarre e voce, i tastieristi Thayer Sarrano e Mark Golde, e Marc Gilley al sassofono, e prende il via con la cantilena acustica di Torches And Pitchforks, il rock sempre vigoroso di March Of The Billionaires, passando per il garage-punk del singolo Beautiful, alla tensione elettrica di brani come El Comandante e El Cerrito https://www.youtube.com/watch?v=BJBBLDU-xgA , recuperando il pop rock di Reaction, l’energia dei primi lavori con You Got Yourself Into This e Life In The Big City, e il giro di chitarre e cori in Waited My Whole Life https://www.youtube.com/watch?v=V4xJYgY7Zpc .

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Il secondo viaggio verso Bakersfield (la città natale di Buck Owens e Merle Haggard), vede la band accompagnata da una mezza dozzina di sessionmen del giro country-music, che rispondono al nome di Bryan Howard e Sal Maida al basso, Jeremy Wheatley alla batteria, Luke Moeller al violino e alla pedal steel Matt “Pistol” Stoessel, per un “sound” prettamente country, che parte con le divertenti California Country Boy e Almond Grove, i classici accordi della pedal steel di King Of Bakersfield https://www.youtube.com/watch?v=w-1neiBtFsU , passando per la suadente e bellissima Tonight I Cross The Border, un brano (sentire per credere) “rollingstoniano” come Get On Down The Road, per poi tornare alle atmosfere country di I’m Sorry Baby e l’honky tonky di The San Bernardino Boy, andando a chiudere il viaggio con due ballate,  la “campagnola” When You Come Down, e la “loureediana” Where Have Those Days Gone con piano e lap-steel ad accompagnare la melodia.

I Cracker hanno sempre suonato un classico rock americano, a tratti anche roots, e dopo vent’anni di carriera David Lowery e Johnny Hickman sono ancora i padroni della nave e questo Berkeley To Bakersfield è un disco fatto da “filibustieri” di navigata esperienza, capaci ancora di salpare il mare e relative tempeste con la forza della loro musica, confermando l’impressione che siano stati per molti versi sottostimati https://www.youtube.com/watch?v=ElExzxJblF0 . Perdersi questo nuovo ultimo lavoro è un vero delitto, credetemi.!

Tino Montanari  

Non Il Solito Disco Natalizio! Blue Rodeo – A Merrie Christmas To You

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Blue Rodeo – A Merrie Christmas To You – Warner Music Canada

In questo periodo dell’anno si rinnova quella simpatica usanza del disco Natalizio, anzi per le abitudini (nord)americane siamo addirittura in ritardo, spesso i cosiddetti “album stagionali” escono quando l’estate è ancora in corso, o come dicevano i Righeira (citazione colta) sta finendo. Diciamo che, mentre l’album natalizio classico è quasi sempre una raccolta di brani celebri, anche pescati dalla tradizione religiosa, quello stagionale si rivolge più a canzoni, magari originali, scritte per l’occasione, che trattano di argomenti relativi al periodo invernale e non solo alle feste, ma è un sottile distinguo. Il CD di cui stiamo per parlare, questo A Merrie Christmas To You dei Blue Rodeo, direi che, nonostante il titolo, si colloca più nel filone dei dischi stagionali: sono dieci brani, due originali, scritti dalla inossidabile coppia Jim Cuddy/Greg Keelor, un traditional come O Come All Ye The Faithful, un super classico come Have Yourself A Merry Little Christmas, e sei cover di brani intonati al periodo, ma che sono anche l’occasione per la band canadese di rivisitare il songbook di alcuni grandi autori, Alex Chilton, Merle Haggard, Joni Mitchell, Paul Simon, Gordon Lightfoot e Robbie Robertson.

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E anche se io sono di parte, perché considero il gruppo canadese uno dei migliori gruppi sulla faccia del pianeta terra http://discoclub.myblog.it/2013/11/14/festeggiano-25-anni-e-spiccioli-di-carriera-con-un-grande-di/ , mi sembra che la missione di fare un bel disco di Natale per il 2014 (e per gli anni a venire) sia perfettamente riuscita. I Blue Rodeo, per chi scrive, sono sempre stati il vero anello mancante, tra i Buffalo Springfield, la West Coast e il country-rock, e il cosiddetto insurgent o alt-country di Uncle Tupelo, poi dei primi Wilco e Son Volt, i Jayhawks, e altri gruppi che nell’ultima decade del secolo scorso hanno tenuto alta la bandiera di questo movimento. Cuddy, Keelor e soci, sono venuti prima, unendo quel meraviglioso gusto della melodia mista al rock del connazionale Neil Young, e degli americani Stephen Stills e Richie Furay, poi anche nei Poco, con la grande tradizione della Band, per l’uso delle tastiere, e gli intrecci vocali mozzafiato presi sia dal country, quanto dalla West Coast music, come dai dischi dei Beatles, soprattutto lato McCartney. Tutti elementi che sono presenti anche in A Merrie Christmas To You, magari l’uso dei cori è meno accentuato,ma sempre presente, soprattutto nelle prime canzoni, dove le voci di Jim Cuddy e Greg Keelor operano più da cantanti solisti, ma è un piccolo appunto che poi si appiana nella seconda parte del CD.

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L’apertura è affidata alla bellissima canzone di Alex Chilton,Jesus Christ was born today, Jesus Christ was born”, con chitarre tintinnanti e cristalline e la voce di Keelor in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=ZmBSFBLebiE , che lascia posto a quella di Cuddy per una deliziosa rilettura, nel solco della più pura tradizione natalizia di Have Yourself A Merry Little Christmas, con pedal steel e tastiere in bella evidenza https://www.youtube.com/watch?v=NzbGCAYrn0k e il nostro Jim che la propone quasi fosse un devoto del Paul McCartney più melodico (quale credo sia) con tanto di classici wooo wooo beatlesiani, molto piacevoli. Ancora pedal steel e organo sugli studi, ma in ritmi di puro country per una bellissima versione di If We Make It Through December, dal repertorio di Merle Haggard, cantata in solitario da Greg Keelor. Poi è il turno di una delle canzoni più belle di tutti i tempi che parlano del periodo di Natale (e non solo), River di Joni Mitchell, cantata stupendamente da Jim Cuddy, con piano, organo, pedal steel e le chitarre che si amalgano alla perfezione in un tutt’uno veramente emozionante, grande versione, con alcuni falsetti da brivido. O Come All Ye The Faithful, il brano tradizionale, è fatto come se fosse una canzone dei Fairport Convention, con l’organo al posto del violino, ma la stessa grinta del miglior folk-rock della band britannica https://www.youtube.com/watch?v=Kf312WUMCrs .

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Getting Ready For Christmas Day non la ricordavo tra i brani di Paul Simon, ma in effetti si trova sull’ultimo So beautiful or so what, versione molto à la Graceland, pimpante e ritmata, con un piano elettrico a menare le danze (l’ottimo Michael Boguski, peraltro grande protagonista in tutto al disco alle tastiere) che ricorda molto anche il sound di Get Back https://www.youtube.com/watch?v=1BCkg5z2QPg , ben supportato da, chitarra elettrica organo e mandolino (Bob Egan, nel resto dell’album alla pedal steel) a seguire i due brani nuovi, Glad To Be Alive e Home To You This Christmas, https://www.youtube.com/watch?v=IVVo0YlvftA  classici esempi di Blue Rodeo sound, melodie avvolgenti, grandi armonie vocali, chitarre spiegate, le immancabili tastiere, bellissime entrambe, come pure la cover, molto raccolta, di un pezzo del grande Gordon Lightfoot, Song For A Winter’s Night e la conclusione, per chiudere il cerchio, con la trascinante Christmas Must Be Tonight, scritta da Robbie Robertson per Islands, l’ultimo album della Band Mark I, ed eseguito dai Blue Rodeo, che in Canada ne vengono considerati gli eredi, in modo eccellente https://www.youtube.com/watch?v=O3TBdry3btQ . Come tutto l’album d’altronde, non solo un bel album natalizio, ma anche, volendo!

Bruno Conti

P.s Il CD è solo di import canadese, quindi non si trova facilmente!

Tre Piccoli Grandi Cantautori “Sconosciuti” Cantano D’Altri! Suzy Boguss, Luka Bloom, Carlene Carter

suzy bogguss lucky

Cosa unisce questi tre album, oltre al fatto che si tratta di tre cantautori, molto bravi, ma poco conosciuti dal grande pubblico? E anche tra gli appassionati non sono nomi celeberrimi! Nell’occasione tutti e tre si cimentano con il repertorio di altri autori, anche se in modo diverso, vediamo come.

Il CD di Suzy Bogguss – Lucky – Proper Music distribuzione, è uscito all’inizio del mese di febbraio, ma, purtroppo, non se ne sono accorti in molti. La cantante di Aledo, Illinois è stata negli anni ’80 e ’90, quelli del boom del country di Nashville, una delle autrici ed interpreti di maggior successo, con una serie di album pubblicati dalla Liberty/Capitol fino alla fine del secolo con successo decrescente. Ma la qualità della sua musica ( e della voce) è sempre stata nettamente superiore alla media di quello che usciva dalla Music City, tornando poi negli anni successivi, quelli delle pubblicazioni indipendenti, verso un sound più roots, con uso di una strumentazione più acustica e arrangiamenti meno “pompati”. Questo nuovo Lucky è un omaggio alla musica di Merle Haggard, uno dei totem della musica americana, e non a caso il primo successo radiofonico di Suzy era stato proprio una cover di un brano di Haggard, Somewhere Between, pubblicato nel 1987. Dopo oltre 25 anni e tramite il sistema del crowd funding, via Kickstarter campaign, la Bogguss torna sul luogo del delitto, pubblicando un intero album di brani scritti dal grande countryman (lasciando da parte, per una volta, le sue virtù anche di autrice): prodotta come di consueto dal marito Doug Crider e con l’aiuto di colleghe e amiche di talento come Matraca Berg, Beth Nielsen Chapman e Gretchen Peters, più “l’ometto” Joe Diffie e con l’ottimo Chris Scruggs (nipote del grande Earl e figlio di Gail Davies) alle chitarre, steel compresa, la Bogguss, con ottimi risultati, si cimenta con classici come Today I Started Loving You Again https://www.youtube.com/watch?v=h424z0RAtVU , Silver Wings, The Bottle Let Me Down, I Think I Just Stay Here And Drink, Sing Me Back Home https://www.youtube.com/watch?v=jtYUXc8SA-k  e altre sette canzoni che sono la storia della musica country di qualità. Il disco è molto gradevole, se amate il genere e le belle voci, questo disco si pone quasi alla pari dei migliori album di Emmylou Harris degli anni ’70, decisamente consigliato!

luka bloom head and heart

Anche Luka Bloom (come ormai quasi tutti sanno, nome d’arte di Barry Moore, fratello di Christy) pubblica un nuovo album Head And Heart, Skip/V2/Compass/Ird (uscito da qualche giorno, nel mese di marzo), probabilmente il 20° della sua sua carriera, ma tra live ed antologie, anche con il vecchio nome, non è facile districarsi nella sua discografia. La recensione completa la leggerete sul prossimo numero del Buscadero (e poi sul Blog), ma mi premeva segnalarvi questo ennesimo bel disco del cantautore irlandese (il primo composto quasi esclusivamente da brani di altri autori, comunque ci sono pure un paio di pezzi a sua firma, molto belli), il seguito dell’ottimo http://discoclub.myblog.it/2013/01/05/una-certa-aria-di-famiglia-luka-bloom-this-new-morning/, uscito circa un anno e mezzo fa. Registrato nello studio casalingo di Bloom, con l’aiuto del trio Phil Ware piano, Dave Redmond contrabbasso e Kevin Brady, batteria, nel disco vengono rivisitati alcuni classici e brani minori della canzone anglo-americana, popolare e celtica: scorrono Head And Heart di John Martyn https://www.youtube.com/watch?v=aEStVgQttBM , Banks Of The Lee, un vecchio traditional poi ripreso da Sandy Denny come Banks Of The Nile, Every Grain Of Sand di Bob Dylan, The First Time I Ever Saw Your Face e The Joy Of Living di Ewan MacColl, Gentle On My Mind di John Hartford via Glenn Campbell, My Wild Irish Rose, un brano scritto a fine ‘800 https://www.youtube.com/watch?v=VZ7g-oxClkE , e sempre tra i traditionals irlandesi Danny Boy, oltre a And I Love You So di Don McLean, resa celebre da Perry Como https://www.youtube.com/watch?v=CoKhIBfMkm4 e i due brani nuovi scritti da Luka Bloom, Give Me Wings, sul disastro nella galleria svizzera che costò la vita a 22 bambini belgi nel 2012, https://www.youtube.com/watch?v=SvoW6Vqv7PU  e Liffeyside, il tutto condito dalle magiche voce e chitarra acustica del nostro amico Barry, consigliato!

carlene carter carter girl

Altra cantante che si avvale di una grandissima tradizione familiare è Carlene Carter, figlia di June Carter Cash (primo matrimonio con Carl Smith, altra icona della country music) e discendente della grande tradizione della Carter Family, quella di A.P. e Maybelle Carter, al cui repertorio Carlene ha attinto a piene mani per confezionare questo Carter Girl, che esce domani per la Rounder Records/Universal negli States https://www.youtube.com/watch?v=NxF9gAlAtgA , qualche giorno dopo in Europa. Il disco è il più “tradizionale”, come suoni, della carriera della Carter, che ha fatto anche rock, ad inizio carriera, in Inghilterra, quando si accompagnava al marito Nick Lowe, a Dave Edmunds https://www.youtube.com/watch?v=uytQbhzCsOs , ai Rumour di Graham Parker, che appariva nei suoi dischi, così come Billy Bremer e Terry Williams, per completare la presenza dei Rockpile, John Ciambotti e John McFee che con Alex Call erano il nucleo dei Call, grande band americana “minore” che furono gli accompagnatori di Costello nel suo primo disco My Aim Is True, prima di divenire lo spunto da cui sarebbero nati Huey Lewis and The News. Come si vede frequentazioni eccellenti per la “figliastra” (brutta parola, ma in italiano è così) di Johnny Cash, che ha avuto una lunghissima pausa, per problemi vari, da metà anni ’90 https://www.youtube.com/watch?v=Xtm4P4ASdqw  fino al ritorno nel 2008 con l’ottimo Stronger ed ora con questo Carter Girl, che si avvale della produzione di Don Was e di una serie di musicisti ed ospiti che, per una volta, non è reato definire stellare: Sam Bush al mandolino, Rami Jaffee alle tastiere, Jim Keltner alla batteria, Greg Leisz, Blake Mills  e Val McCallum (quello di Lucinda Williams) alle chitarre, Mickey Raphael all’armonica e lo stesso Was al basso. La presenza di Raphael fa presupporre la presenza di Willie Nelson, che infatti c’è, accanto a Kris Kristofferson, Vince Gill, Elizabeth Cook, tutti impegnati a duettare con Carlene, in brani celeberrimi che portano il nome di Lonesome Valley, un brano di A.P. Carter (che era un classico di Johnny and June), adattato dalla stessa Carlene, insieme a Al Anderson degli NRBQ, Me And The Wildwood Rose, Troublesome Waters, il brano con Willie Nelson https://www.youtube.com/watch?v=8Rr6M4Y4foQ , Black Jack David, quello con Kristofferson, Little Black Train  https://www.youtube.com/watch?v=tbdrFYYgn3k Ain’t Gonna Work Tomorrow, dove appaiono le voci di Anita e Helen Carter insieme a Johnny Cash e June Carter, Blackie’s Gunman con Elizabeth Cook e molte altre. Gran bel disco, si dice spesso, ma è più vero di altre volte in questo caso, se trovo il tempo ci ritorniamo, se no, con l’anticipazione di qualche giorno fa, consideratelo una recensione completa, e se amate la musica roots, ma quella solida e musicalmente molto elaborata, e Rosanne Cash, di cui è assolutamente alla pari, compratelo con fiducia.

Bruno Conti

Chissà Cosa Ne Pensa Dave Grohl? Chris Shiflett & The Dead Peasants – All Hat And No Cattle

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Chris Shiflett & The Dead Peasants – All Hat And No Cattle – SideOneDummy CD

Chris Shiflett, noto ai più per essere il chitarrista dei Foo Fighters, ci aveva stupito tre anni orsono quando pubblicò l’omonimo Chris Shiflett & The Dead Peasants, un riuscito disco di rockin’ country che aveva spiazzato un po’ tutti. Evidentemente Chris ci ha preso gusto, in quanto ora fa uscire il seguito di quel disco, All Hat And No Cattle, facendoci capire che il suo non era un esercizio estemporaneo (tra l’altro, oltre ai Foo Fighters, suona anche nella cover band punk Me First And The Gimme Gimmies), ma una vera e propria carriera parallela.

La cosa bella è però il fatto che Chris sa il fatto suo, ha grinta e feeling da vendere, ed il gruppo alle sue spalle (Luke Tierney, Derek Silverman, Mitch Marine, Marty Rifkin e Jeff Gross) lo segue come un treno: in parole povere, sembra un gruppo texano con già diversi dischi alle spalle, e non una band creata quasi per divertimento. Se il primo disco ci aveva fatto drizzare le orecchie, All Hat And No Cattle è anche meglio, in primis perché Chris ha deciso di fare un disco di covers di classici country (e quindi le canzoni ci sono, eccome), ma soprattutto perché i ragazzi hanno preso ancora più confidenza con la materia. Gran ritmo, chitarre sempre in primo piano, una discreta voce (non molto carismatica, forse questo è l’unico anello debole) ed una serie di belle canzoni a cui viene data nuova linfa, grazie anche alla produzione dello stesso Shiflett, decisamente rock.

L’iniziale Guitar Pickin’ Man (di Don Rich) è sintomatica: ritmo altissimo, chitarre in prima fila e pianoforte che non si tira indietro, puro rock’n’roll with a country touch. Good Time Charlie’s è un brano di Danny O’Keefe (ma l’hanno fatta un po’ tutti, da Waylon a Willie, passando per Yoakam fino ad Elvis e Jerry Lee), ed è un vivace honky-tonk, anch’esso pieno di ritmo (avete presente Dale Watson?), con la band che dimostra di sapere il fatto suo. Pop A Top (un successo minore per Jim Ed Brown ma soprattutto per Alan Jackson) è resa con grande aderenza all’originale, Chris canta bene ed i suoi lo seguono senza perdere un colpo: un altro paragone calzante potrebbe essere con i BR5-49.

Happy Part Of Town (Wynn Stewart), introdotta da un chitarrone alla Duane Eddy, ha un deciso sapore anni sessanta, anche se la purezza del suono è indiscutibilmente made in 2013. Skid Row (Merle Haggard) è puro country, ritmato, solare, coinvolgente, quasi da square dance, Live Fast, Love Hard, Die Young non è certo da meno, e non sfigura di certo di fronte all’originale di Faron Young (e non è poco). Playboy (Buck Owens), ancora honky-tonk, ha l’energia di Yoakam (ma non la voce), King Of Fools (ancora Owens) avrebbe fatto invidia a George Jones, mentre A Woman Like You, unico brano originale della raccolta, dimostra che Chris è in grado di tenere alto il livello anche con le sue canzoni: rock’n’roll allo stato puro, state fermi se ci riuscite.

Chiude Are You Sure Hank Done It This Way?, una delle signature songs di Waylon Jennings, resa in maniera superba, forte, tesa e grintosa, una delle migliori del lotto, anche se vocalmente Waylon stava su un altro pianeta.Se il primo disco di Chris Shiflett con i suoi Dead Peasants poteva essere considerato una sorpresa, adesso dobbiamo parlare di assoluta realtà del panorama country-rock: non nascondo che mi piacerebbe un bel disco dal vivo.

Marco Verdi

I Nuovi Outlaws. Brandon Rhyder That’s Just Me

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Brandon Rhyder – That’s Just Me – Brandon Rhyder.com Self-released

Qual è la differenza tra la Red Dirt Music che viene dall’Alabama e quella che viene dal Texas? Mai capita. Forse gli interpreti di Red Dirt potrebbero essere i nuovi Outlaws (nel senso di Waylon’n’Willie)? Qui mi sentirei di rispondere affermativamente. Tra il country Red Dirt e quello di Nashville (e non solo), oggi c’è la stessa differenza che c’era un tempo tra il country commerciale che veniva dalla capitale del Tennessee (non tutto ovviamente) e l’outlaw country, quello di Bakersfield (mi viene sempre da scrivere Baskerville, ma quello era il mastino di Sherlock Holmes) o la musica di gente come Merle Haggard che da lì veniva. Poi i limiti che dividono un genere dall’altro sono molto labili, c’è sicuramente del country-rock, perfino del pop, ma di qualità, southern rock, perché molti vengono dal Texas, una giusta dose di bluegrass e country acustico et voilà, i giochi sono fatti.

Brandon Rhyder, attraverso sette album (due live), pubblicati in una dozzina di anni di carriera, ha dimostrato di conoscere questa arte di fondere gustosamente tutte queste influenze, unite ad una indubbia capacità di scrivere belle canzoni, e con questo nuovo That’s Just Me si dimostra ancora cantante ed autore affidabile, magari non farà mai il capolavoro, mai i suoi dischi sono solidi e godibili. Nel precedente Head Above Water si era fatto aiutare alla produzione da Walt Wilkins, questa volta si affida a Matt Powell, autore anche di un paio di brani del CD, e già chitarrista nel precedente ottimo Live At Billy Bob’s Texas. Tra i co-autori di Rhyder ci sono anche Wade Bowen e Josh Abbott (leader della band omonima), che di Red Dirt, Southern e country se ne intendono.

Il risultato è un buon album, le canoniche dodici canzoni, equamente divise tra rockers, ballate e mid-tempo, con l’apertura affidata a Haggard, un brano dall’andatura ondeggiante che oscilla tra gli Yippie-Yi-Ya del country tradizionale e un violino insinuante suonato da Marian Brackney, che ci rimanda alle atmosfere di Desire di Dylan, quando Scarlet Rivera ci deliziava con i suoi interventi strumentali, ottimo il lavoro di Powell alla solista e godibilissimo il cantato di Rhyder, in possesso di una voce calda e insinuante. La title-track That’s Just Me replica la formula, ancora con il violino sugli scudi, mentre il banjo e la solista di Powell sono un piacere per le orecchie e le armonie vocali di Andrea Whaley aggiungono fascino a questa bella canzone country, perché di questo si tratta, e diciamolo! Se la country music è fatta bene si ascolta con piacere e anche Leave, che aggiunge una pedal steel alla formula musicale, mantenendo le armonie vocali femminili, il violino che cambia mano e passa a Tahmineh Guarany e gli interventi puliti e concisi della solista di Matt Powell, lo conferma. Love Red è un gradevole mid-tempo dalle melodie semplici mentre Pray The Night scritta con il “collega” Wade Bowen è un ballatone mosso da classifiche country (dove l’album nonostante la distribuzione indipendente è regolarmente entrato), con qualche aggancio con il sound country-rock californiano, vagamente alla Jackson Browne.

Scat Kitty è più vicina agli stilemi della bluegrass song, energica e con retrogusti elettrici, ma con violino, banjo e mandolino in primo piano. Richest Poor People ha un’aria alla Mr.Bojangles, dolce e scanzonata, Don’t Rob Me Blin, viceversa, ha la slide di Powell, che è l’autore del brano, come strumento guida e un suono che vira verso un country-southern più grintoso. Undercover Lover, una collaborazione tra i due, dal ritmo scandito e bluesy è un altro buon esempio di country meticciato con il rock, quasi tendente al pop di buona fattura. Some People è un altro mid-tempo con violino e chitarra in evidenza, cantato con la consueta perizia, se vi piacciono i vari Bleu Edmonson, Pat Green, Cory Morrow, Randy Rogers e soci, qui c’è pane per i vostri denti. Hell’s Gate scritta in coppia con l’ottimo southern rocker Josh Abbott è un ulteriore energico tassello in questo affresco di buon country-rock. Ad inizio di recensione vi avevo parlato di ballate, in effetti se l’è tenuta per ultima, un bel duetto con l’autrice Marcia Ramirez, Let Him è una classica slow ballad texana di quelle perfette e conclude su una nota positiva un album che conferma Brandon Rhyder tra i nomi da tenere d’occhio, se amate il genere.

Bruno Conti  

Qui Si Va Sul Sicuro! Jackson Taylor & The Sinners – Crazy Again

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Jackson Taylor & The Sinners – Crazy Again – Sinner Music/Smith Entertainment CD

Jackson Taylor, texano di Austin, è uno che non sbaglia mai un colpo.

Cresciuto a pane e outlaws (soprattutto Waylon Jennings e Billy Joe Shaver), si è fatto notare sin dal suo disco di esordio nel 2001, Humboldt County, come uno dei migliori countrymen del Lone Star State: in dodici anni ha pubblicato una decina di album (compreso un live), ed il risultato è sempre oscillato tra il buono ed il molto buono. Jackson non è, né sarà mai, uno che cambierà il suo sound causando nei suoi fans mal di pancia e boati di disapprovazione, è uno da cui sai esattamente cosa aspettarti, e proprio per questo non farà mai il disco che cambierà il corso della storia, ma neppure ciofeche inenarrabili: il suo rockin’ country chitarristico, molto elettrico e grintoso, è ormai il suo marchio di fabbrica, anche se Jackson è uno che sa scrivere canzoni degne di nota ed anche scegliere con gusto le cover da interpretare. Quindi non è un country rocker un tanto al chilo, ha ritmo e feeling, oltre che una buona voce ed una forza interpretativa non comune: personalmente non mi sono mai lasciato scappare un suo disco, ed anche questa nuova fatica, Crazy Again, non mancherà di soddisfare i cultori del vero country made in Texas.

Taylor non cambia di una virgola: un country decisamente vigoroso, strettamente imparentato con il rock, una serie di brani che parlano di donne e bevute in compagnia ed una band, composta dai soli Brandon Burke alla batteria e Rance Cox alla chitarra solista (Jackson in questo disco si esibisce stranamente al basso, come da copertina e questa è una novità), che lo segue come un treno in corsa; giusto per dare un po’ più di colore alle canzoni, troviamo tre o quattro amici (Dan Johnson, Haydn Vitera, Omar Vallejo ed Earl Hinton) che aggiungono qua e là un violino, una steel e qualche chitarra acustica.

L’album si apre con una delle tre covers del lavoro: è Makeup And Faded Blue Jeans di Merle Haggard, un honky-tonk elettrico con la sezione ritmica che picchia, chitarra in tiro e la steel che stempera appena. Se e quando il vecchio Hag l’ascolterà, darà senza dubbio la sua approvazione. Rain è puro rock’n’roll texano, ritmo pulsante e Jackson subito padrone della situazione; Jack’s Drunk Again è uno di quei brani che potete sentire in un qualsiasi honky-tonk bar di Austin, ma la grinta di Taylor e la chitarra di Cox fanno la differenza. La tersa No Place To Go è più countreggiante, con un refrain molto orecchiabile, mentre She’s Not Your Girlfriend è un rockin’ country dal ritmo e melodia irresistibili, quasi un brano da square dance.

Crazy Again è la cover roccata e potente di un brano scritto da Bob McDill (ma portato al successo da Bobby Bare), la limpida e solare Letting Go allenta un po’ i toni, anche se non è propriamente una ballata, Whiskey Drinking Song è tutto un programma fin dal titolo (e con un finale pirotecnico), What A Way To Go è la pimpante versione di un oscuro brano degli anni settanta da parte di un oscuro countryman, tale Bobby Borchers (ma rifatta nel 1991 anche da Ray Kennedy), mentre This Ain’t Goodbye chiude l’album in tono più intimo: il cowboy è stanco e torna a casa.; Ancora un buon disco per Jackson Taylor ed i suoi peccatori: come ho già detto, lui è uno che non delude mai.

Marco Verdi

Il Figlio Illegittimo Di Waylon? Sturgill Simpson – High Top Mountain

 

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Sturgill Simpson – High Top Mountain – Thirthy Tigers CD

Non credo di esagerare se dico che questo è uno dei migliori debutti in ambito country degli ultimi anni. Sturgill Simpson, nativo del Kentucky ma trapiantato a Nashville, è un esordiente assoluto, ma, all’ascolto di questo High Top Mountain (dalla copertina atipica, sembra più un disco pop alla Sufjan Stevens), devo dire che sembra un veterano alle prese con il disco della maturità. Simpson è certamente un seguace del country classico, per l’esattezza quello di fine anni sessanta e primi anni settenta, ma qui, più che dalle parti di Gram Parsons (influenza che comunque non manca) siamo in piena zona outlaw/honky tonk. Sicuramente Sturgill (bel nome, a proposito) è cresciuto a pane e Waylon Jennings, tanto in alcuni momenti il suo stile si avvicina a quello dello scomparso fuorilegge (per non parlare della voce), ma anche Willie Nelson e Merle Haggard sono influenze ben presenti.

Ma il nostro riesce comunque a non essere derivativo (beh, in un paio di momenti forse un po’ sì…) e, grazie ad un feeling in dosi massicce, ad una capacità di songwriting non comune (dieci brani su dodici sono suoi) ed all’aiuto di una super band (tra i musicisti troviamo il mitico Hargus “Pig” Robbins al piano, Bobby Emmett all’organo e Robby Turner incontenibile alla steel guitar) porta a termine un debut album veramente coi fiocchi.

Il tono del disco lo dà la canzone d’apertura, dal sintetico titolo di Life Ain’t Fair And The World Is Mean: un puro outlaw country figlio di Waylon (ma del Waylon più ispirato), ritmo alto, gran voce e begli interventi di steel. Un inizio col botto. Railroad Of Sin non abbassa la guardia, anzi: ritmo forsennato, è una via di mezzo tra uno swing ed un bluegrass elettrico, con gli strumenti suonati a velocità supersonica. Water In A Well ha i connotati di una classica country ballad, con Sturgill che canta bene e si circonda di pochi strumenti, arrangiando il brano con gusto e semplicità. Sitting Here Without You è ancora outlaw music, sembra una outtake di Waylon dei primi anni settanta (l’arrangiamento della voce è sintomatico): country che più classico non si può, ed un vero piacere per le orecchie. The Storm è una ballata saltellante, eseguita con grinta ed una bella produzione (Dave Cobb, sulla scia di un maestro come Chips Moman), mentre You Can Have The Crown è un irresistibile country’n’roll, uno dei più trascinanti da me ascoltati negli ultimi tempi.

Molto bella anche la tersa e limpida Time After All (qui siamo dalle parti di Haggard); la lenta ed epica Hero sembra di nuovo provenire da un disco di quarant’anni fa, mentre la cadenzata Some Days fa un po’ troppo il verso a Waylon: comunque godibile. Old King Coal è una perfetta cowboy ballad, Poor Rambler (di Ralph Stanley) riporta in alto il tasso ritmico del disco, mentre l’intensa I’d Have To Be Crazy (scritta da Steven Fromholz) chiude il disco in maniera crepuscolare. Senza dubbio il miglior disco di outlaw country di quest’anno, insieme all’ultimo di Shooter Jennings.
Marco Verdi