Ogni Tanto Si Fa Viva: Tra Fionde E Frecce Per Puntare Al Cuore Del Rock. Michelle Malone – Slings & Arrows

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Michelle Malone – Slings & Arrows – SBS Records

A distanza di quasi tre anni dal precedente lavoro in studio Stronger Than You Think, torna una delle mie beniamine (e spero anche del blog) http://discoclub.myblog.it/2016/02/02/sia-pure-ritardo-atlanta-georgia-riceviamo-sempre-buona-musica-michelle-malone-stronger-than-you-think/ , la bravissima Michelle Malone, con il suo solito rock ricco di forti elementi “southern” che sfociano anche in un “roots-rock” venato di blues. Slings & Arrows è stato registrato dal vivo in studio, con la particolarità che i musicisti reclutati sono tutti della Georgia, e con la produttrice e protagonista Michelle Malone alle chitarre, armonica e mandolino, si sono presentati negli studi della sua etichetta personale (la SBS Records), i “georgiani” Robbie Handley al basso, Doug Keys alla chitarra elettrica, Christopher Burrows alla batteria, Trish Land alle percussioni, e come ospiti Peter Stroud (Sheryl Crow, Stevie Nicks) alla chitarra elettrice e acustica, il bravo polistrumentista Joey Huffman (Soul Asylum, Lynyrd Skynyrd, Hank Williams Jr. e altri), e il singer-songwriter di Atlanta Shawn Mullins (uno dei suoi migliori lavori, l’ottimo Lullaby del ’99).

Questo nuovo lavoro Slings & Arrows, è un ulteriore passo riuscito nella recente discografia della Malone, con il brano di apertura Just Getting Started, un potente “boogie” (si viaggia dalle parti dei più ispirati ZZ Top), con un sound dove è impossibile non muovere il piedino, per poi passare al piacevole ritmo funky-rock di Love Yourself, alle atmosfere pop-soul di Sugar On My Tongue, per virare al blues nell’intrigante Beast’s Boogie con dei riff chitarristici che rimandano a John Lee Hooker. Si prosegue con l’unica cover del disco, l’immortale I’ve Been Loving You Too Long di Mastro Otis Redding (al sottoscritto piace molto la versione di Ike & Tina Turner), cantata in coppia da Michelle e Shawn Mullins, in cui entrambi vocalmente danno il meglio nell’interpretare il classico Stax, che viene seguito da un altro rock-boogie classico come Fox And The Hound, con Michelle che svetta con il suo ottimo lavoro alla slide, mentre Civil War è un’altra buona miscela sonora di impianto roots, con il sostegno di una armonica e del mandolino acustico. Ci si avvia alla parte finale con il rock sudista della pimpante Matador, per poi avvicinarsi alle atmosfere di Lucinda Williams nella dolcissima ballata The Flame, e andare a chiudere con il rock-blues poderoso di una grintosa Boxing Gloves.

Questo nuovo disco della Malone Slings & Arrows contiene canzoni che parlano di desiderio e delusione, il tutto con un sound  infuocato percorso spesso dall’energia delle chitarre “slide”, che da sempre fanno parte del suo bagaglio personale: una vetrina per le diverse influenze della Malone, con il suo classico mix di rock blues, rock’n’roll, soul e folk, in questo raccolto in nove brani originali e una cover da “killeraggio” musicale. Pur con una trentennale carriera alle spalle, Michelle Malone rimane praticamente una semi sconosciuta (nonostante i nostri sforzi), e sono lontani i tempi in cui incideva per una major come l’Arista, cosa che l’ha costretta negli anni a fondarsi una propria etichetta indipendente dove ha continuato a sfornare eccellenti lavori, grintosi e variegati, diventando oltre che una rocker di razza una artista di “culto”. Tirando le somme, se siete “fans” di Bonnie Raitt, Susan Tedeschi e Sue Foley, tanto per non fare nomi, questo eccellente Slings & Arrows potrebbe essere un disco da scoprire nelle prossime settimane per conoscere una “nuova” amica. Basta andare sul suo sito e fare acquisti https://www.michellemalone.com/store.

Tino Montanari

Sia Pure Parecchio In Ritardo, Ma Da Atlanta, Georgia Riceviamo Sempre Buona Musica! Michelle Malone – Stronger Than You Think

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Michelle Malone – Stronger Than You Think – SBS Records

Devo riconoscere che questa gagliarda signora, di cui mi sono occupato sin dall’inizio della sua carriera, e ancora qualche tempo fa, quando ero venuto in possesso dei precedenti lavori Day 2 (12) e Acoustic Winter (14) http://discoclub.myblog.it/tag/michelle-malone/ , è uno dei tanti miei “conflitti d’interessi” musicali. Parliamo di Michelle Malone, un eccellente esordio avuto con l’esordio New Experience , che l’aveva segnalata come una delle cantautrici rock più interessanti sul finire degli anni ’80, negli anni a seguire, per continuare a fare la “propria” musica, ha dovuto fondare una sua personale etichetta, la SBS Records (*NDB E come titolare del Blog anch’io mi ero “occupato” di lei discoclub.myblog.it/2010/09/21/una-donna-indipendente-michelle-malone-moanin-in-the-attic), arrivando ora con questo Stronger Than You Think al diciottesimo disco, prodotto come gli ultimi in coppia con Gerry Hansen (Shawn Mullins, Randall Bramblett, Chuck Leavell). Michelle è dotata di una voce grintosa, tagliente e molto personale, suona le chitarre, il mandolino e l’armonica, e come sempre in sala d’incisione si avvale di fior di musicisti, tra i quali lo stesso Hansen alla batteria e percussioni, Michael Steele al basso, Ben Holst alla lap steel, e ospiti come compagni di viaggio  musicali il polistrumentista Kristian Bush, leader del gruppo Sugarland, con cui Michelle è stata in tour in tempi recenti e l’amica Amy Ray delle Indigo Girls (entrambi di Atlanta, e co-autori con la Malone in un paio di brani).

Stronger Than You Think si apre sul lamento di un’armonica blues in Stomping Ground, un brano chitarristico che ricorda il periodo iniziale di Tom Petty e dei suoi Heartbreakers, a cui fa seguito il rockabilly veloce e vivace di Vivian Vegas https://www.youtube.com/watch?v=Wjv6PEtS7Ic , la rabbia rock grintosa di My Favorite T-shirt, per poi passare al lato più dolce della sua musica, con l’acustica e introspettiva I Got An Angel. Niente male anche  il brano firmato con Kristian Bush When I Grow Up, pure questo con le chitarre in spolvero e  sostenuto da una buona base ritmica, mentre Black Swan è il dolce e breve preludio alla splendida Swan White, una ballata sognante e struggente, interpretata come sempre alla grande da Michelle, per poi ritornare al rock blues à la Bonnie Raitt di una sostenuta Keep My Head Up, e ad una bella I Don’t Wanna Know, cantata in coppia con la co-autrice Amy Ray, un brano con il marchio di fabbrica delle Indigo Girls. Con Ashes si viaggia su sonorità Jagger/Richards, mentre Ramona è una ballata straziante sulla vecchiaia, raccontata dal punto di vista di una figlia, chiusa nuovamente da un’armonica lancinante, e cantata in modo sofferto da Michelle (sicuramente la “perla” del disco), seguita dai riff chitarristici di Fish Up A Tree, per poi chiudere con il ritornello gioioso di una scanzonata Birthday Song (I’m So Glad). 

Michelle Malone ha sempre avuto una buona fetta di  fans e sicuramente non li perderà con questo Stronger Than You Think, dove  la ritroviamo al meglio delle sue possibilità canore e anche di autrice, con una scrittura di prim’ordine, da cantautrice coraggiosa, autentica, capace comunque di esporsi in prima persona nel sempre più vasto panorama del rock “indipendente” americano. Inutile dire che per gli estimatori si tratta di un altro disco da non perdere (pur se di difficile reperibilità e uscito già da qualche tempo), e per chi ancora non la conosce un consiglio: mettete con fiducia mano al portafoglio!

Tino Montanari

Una Delle Regine Del Rock Classico Americano, Sempre Più “Indipendente”! Michelle Malone

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Michelle Malone – Acoustic Winter – Sbs Records 2014

Michelle Malone – Day 2 – Sbs Records 2012

Di questa signora aveva già parlato, come al solito con puntualità e dovizie di note sulla sua carriera, il titolare di questo Blog, in occasione dell’uscita dell’ultimo live Moanin’ In The Attic http://discoclub.myblog.it/2010/09/21/una-donna-indipendente-michelle-malone-moanin-in-the-attic/ , ma pur con 25 album tra studio e live (circa, e se non ho sbagliato il conto), dalle nostre parti Michelle Malone è praticamente una sconosciuta. Avviso subito che anche questi due lavori di cui mi accingo a parlarvi sono di difficile reperibilità (vengono venduti direttamente dal suo sito, o su qualche piattaforma online), ma per la qualità e la bravura dell’interprete, la ricerca è consigliata.

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Partiamo dal più recente, Acoustic Winter, una raccolta di canzoni in forma principalmente acustica, dominate soprattutto dalla sua voce e chitarra, in ogni caso la Malone è accompagnata da eccellenti musicisti tra i quali Randall Bramblett al pianoforte, Troy Harris al basso, Ben Holst alla lap-steel e organo, Trish Land e Gerry Hansen alle percussioni, Marty Kearns cura l’arrangiamento degli archi, il tutto è stato registrato negli studi Creekside & Southern Tracks di Atlanta, Georgia, dove Michelle vive, con la produzione del fidato Gerry Hansen https://www.youtube.com/watch?v=VI3w4ZmQATw .

Acoustic Winter si apre con un brano meraviglioso Home (dedicato a un certo Daniel Adamek), dalla atmosfera intima e confortante, soprattutto a causa della voce suadente di Michelle, a cui fanno seguito le morbide note di una chitarra acustica in evidenza in Beyond The Mountain e Burning Star, mentre Where Is The Love ha un suono più bluesy con un impatto vocale sofferto. Mirror Ball si basa su un lavoro di arpeggio importante, ed è seguita dalla pianistica e bellissima Super Ball, una canzone veramente toccante, con la voce della Malone ad accompagnare la melodia, per arrivare ai cori a più voci di Made To Fly.

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Si riparte con un breve ma intenso brano strumentale, A Walk In The Woods, un brano chitarristico intricato, con elementi classici e folk (un omaggio a Bert Jansch?), seguito dalle ariose Counting Stars e Missing, con abbondante uso di lap-steel e archi. Alla fine di un lavoro magnifico, Michelle Malone omaggia i Beatles e gli Stones con due cover d’autore, una intrigante Eleanor Rigby rifatta in versione acoustic-blues, mentre in Wild Horses (una delle più belle canzoni di sempre), solo la chitarra accompagna la Malone in una strepitosa performance vocale https://www.youtube.com/watch?v=LmKxrN7SGfU .

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Day 2 non è recente, essendo uscito già un paio di anni, ma ne parliamo perché rappresenta la vera anima di Michelle, quella più  “guitar-oriented-rock”, con alcune grandi ballads però, comunque attuale e con una penna di prim’ordine. Il disco co-prodotto dal suo amico Shawn Mullins (autore di svariati buoni dischi solisti) e dal solito Gerry Hansen, si avvale dei musicisti di Acoustic Winter, con l’inserimento di Chuck Leavell al pianoforte, Tom Ryan al contrabbasso e lo stesso Mullins che si prodiga ai cori in diversi brani.

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L’album parte con il rock-boogie sparato di Others Girls https://www.youtube.com/watch?v=kACD_JcpW5M , per poi passare subito alle dolci atmosfere della title-track Day 2 https://www.youtube.com/watch?v=XTrZdZeoGNQ  e di Marlboro Man, mentre Immigration Game è un gospel infarcito di blues. Wasted On You è un country-rock classico che viaggia dalle parti di Linda Ronstadt e Karla Bonoff, per poi passare al blues à la Bonnie Raitt di Chicken Lickin’ Boogie https://www.youtube.com/watch?v=2I3yW0LIo6A , e alla triste melodia Saint Peter (una preghiera dedicata alla madre), con Randall Bramblett alle tastiere, mentre la slide e l’armonica danno l’impronta al blues rurale di The Auditor. Chiudono le atmosfere vivaci e gioiose di 100 Paths, e la tenue ballata Shine, solo voce, chitarra e basso https://www.youtube.com/watch?v=zIcTb60Xzf8 , a conferma del talento di questa cantautrice rock , capace come poche di esprimere, attraverso la musica, le sue vere emozioni.

Fate attenzione a questa signora carina e di bella presenza, è da anni uno dei segreti meglio custoditi del rock “indipendente” americano https://www.youtube.com/watch?v=IMo2yNGNM1s . Se vi intriga quanto letto, mettete mano al portafoglio e iniziate la ricerca (anche di quelli vecchi), se già la conoscete, pure!

Tino Montanari

Una Donna “Indipendente” – Michelle Malone – Moanin’ In The Attic

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Michelle Malone Banned – Moanin’ In The Attic – SBS Record

Questa signora è indipendente in tutti i sensi: perché, da anni, si è creata la sua etichetta discografica e perché non fa parte di nessun filone musicale o genere particolare. Nella sua musica confluiscono mille influenze, dal blues al rock classico, al southern rock, agli amati Stones, ma poi viene frullato tutto e il risultato è una delle più eccitanti, e sconosciute, voci femminili in circolazione. Una vera rocker in gonnella che si mangia Sheryl Crow per colazione (e badate bene che a me la Crow, pur con le sue cadute di stile, piace parecchio), compete con Bonnie Raitt e Susan Tedeschi come chitarrista (soprattutto slide ma ha anche una grinta riffaiola degna del miglior Keith Richards) e ha una “gemella virtuale” nella altrettanto poderosa Dana Fuchs che probabilmente (anzi sicuramente) a livello vocale le è superiore ma in quanto a grinta è una bella lotta.

La nostra amica è originaria di Atlanta, Georgia, una delle patrie del southern rock e ha iniziato la sua carriera nel 1988 con l’album New Experience (votato tra i Top 5 dell’anno da, tra tutte le riviste, Playboy), è stata subito “scoperta” da Clive Davis che l’ha messa sotto contratto per la Arista, affidandola alle cure di Lenny Kaye (Patti Smith Band e “inventore” di Nuggetts) che ha prodotto il suo disco con i Drag The River Relentless tra gli osanna della critica e discrete vendite. Risultato: scaricata in un nanosecondo. Da lì ha iniziato il suo pellegrinaggio transitando anche per la Velvel records di Walter Yetnikoff un altro dei grandi della musica “prodotta”.

Per farla breve, come tanti prima e dopo di lei, ha deciso di fondare la propria etichetta e distribuirsi in proprio (croce e delizia degli appassionati, perché i risultati sonori spesso sono decisamente migliori ma trovare i dischi diventa un’impresa): risultato, secondo Wikipedia la sua discografia consta di 14 album, secondo il suo sito http://michellemalone.com/, dove li trovate tutti (meno un paio) sono 12 in studio e 11 dal vivo, mica male per una che gira con una chitarra con la scritta “Indipendent”.

Quindi questo è l’undicesimo dal vivo e, forse, il migliore, registrato l’8 maggio di quest’anno all’Eddie’s Attic di Atlanta (anzi per la precisione a Decatur, ho dato un’occhiata e dalla lista di musicisti che ci hanno suonato mi è venuta voglia di trasferirmi lì!). Particolare non trascurabile quel giorno era il suo compleanno, ma veniamo alle operazioni.

Si parte con un’orgia di slide intitolata Tighten Up The Springs dove la brava Michelle ricorda una sorta di Thorogood in gonnella con un groove boogie scatenato che apre la danze alla grande e poi sfocia nell’eccellente Undertow, uno dei suoi brani migliori, ancora con la slide in evidenza ma anche la chitarra nell’altro canale dello stereo non scherza e comincia a macinare assoli (il sound è molto vintage e ricorda quello dei grandi dischi dal vivo degli anni ’70, Johnny Winter Live, i Vinegar Joe di Elkie Brooks e Robert Palmer per chi li ricorda, una Bonnie Raitt infoiata dagli AC/DC e l’immancabile Janis Joplin).

I musicisti della sua band con tanto di batterista donna (Katie Herron) e con l’eccellente Jonny Daly alla chitarra sanno come costruire un groove ma sono anche capaci di finezze all’interno di un brano, ad esempio Camera un ondeggiante e vagamente funky canzone dove Michelle Malone estrae anche l’armonica d’ordinanza e ci delizia con la sua grinta mista a dolcezza. Flagpole mi ricorda quei brani southern-rock alla Outlaws con un misto di acustico ed elettrico, tra country e rock, con il ritmo che accelera in un crescendo inarrestabile e dove le chitarre prima acustiche e poi elettriche si scatenano ben coadiuvate da un pianino insinuante e tu ti ritrovi con il piedino che segue irretito il tempo sempre più coinvolgente.

Ma la nostra amica è anche balladeer di grande fascino e lo dimostra nel duetto con l’ospite Tim Tucker nella delicata Go easy, un brano di quelli che non si dimenticano, molto bello. Beneath The Devil Moon del 1997 è uno dei dischi migliori della sua discografia (ma ce ne sono di brutti?), quello dove appaiono come ospiti le Indigo Girls e che contiene In The Weeds una bellissima rock ballad qui ripresa in una versione monstre di oltre dieci minuti, dove Michelle Malone e il suo gruppo dimostrano di essere all’altezza della loro fama come uno dei migliori Live Acts in circolazione (un’altra che, soprattutto dal vivo, non scherza un c…o è Grace Potter & The Nocturnals peccato per l’ultimo disco). Il crescendo chitarristico nella parte centrale ti inchioda alla poltrona e se ami il rock puro e duro godi come un riccio.

Miss Mississippi è quasi meglio, introdotto da una Michelle Malone in trip vocale si dipana lentamente come un figlio illegittimo di On The Road Again e di Lagrange degli ZZTop tra sventagliate di chitarra, armoniche impazzite e la sezione ritmica implacabile e la Malone che invoca la presenza di qualche ZZTop tra il pubblico, poi evolve, dopo qualche cazzeggiamento con il pubblico e altre schitarrate in libertà, in una versione micidiale di Roadhouse Blues dei Doors con Tim Tucker che ha aggiunto il suo piano al procedere delle operazioni.

Teen lament se non sapessi che si chiama così perché c’è scritto sulla copertina del disco potrebbe essere una versione al femminile di Honky Tonk Women degli Stones, stesso DNA, probabilmente stessi accordi, ma chi se ne frega, il risultato è fantastico, rock coinvolgente come poche volte capita di sentire e una Malone ormai preda dei suoi istinti di diabolica performer che improvvisa sul nome Tim una improbabile lista di variazioni sul tema, da sentire per credere.

Dopo un altro gagliardo rock che risponde al nome di Yesterday’s Make Up c’è anche tempo per una cavalcata rock-blues vecchio stile che risponde al nome di Restraining Order Blues dove la slide fa la sua riapparizione e per un bis sul tema nell’ottima Rooster 44 prima di concludere le operazioni in una orgia di boogie e rock and roll, Traveling and Unraveling altri dieci minuti di musica ad altissima tensione con i musicisti ancora preda dei fumi del R&R di qualità e chitarre in libertà come nei concerti che si rispettino.

Il brano finale è un sentito omaggio ai più volte citati Rolling Stones, tutti calmi, tranquilli e seduti ad ascoltare una bella versione di Wild Horses.

Per i fans e gli estimatori un disco da non perdere, per chi non conosce un eccellente punto di partenza. Musica Viva e dal vivo.

Bruno Conti