Erano Proprio Un Gran Bel “Complessino”! Rolling Stones – From The Vault: The Marquee Live In 1971

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Il terzo capitolo della serie From The Vault,  registrato nel 1971, l’annata in cui esce Sticky Fingers, ma anche il periodo in cui il gruppo è “costretto” per motivi fiscali a lasciare l’Inghilterra. Prima di andarsene, e per salutare i fans, gli Stones organizzano un Farewell Tour, che si svolge tra il 4 e il 14 marzo, in locali decisamente più piccoli delle Arene e dei Palazzi dello sport della tournée precedente: un paio di date sono state immortalate nella recentissima edizione Super Deluxe di Sticky Fingers https://www.youtube.com/watch?v=hj04ed1uWUs e https://www.youtube.com/watch?v=Ih2EzG-uiIg . Ma il 26 marzo, come appendice al breve tour, viene registrato uno special televisivo per la BBC, che servirà anche da promozione per l’imminente uscita proprio di Sticky Fingers, prevista per il 23 aprile. Il tutto viene ripreso allo storico Marquee di Londra, un locale piccolissimo (ormai non esiste più, ma chi c’è stato sa di cosa stiamo parlando) dove hanno suonato tutti i grandi della musica rock, con il pubblico a pochi centimetri dai musicisti, il classico club dove si poteva gustare la presenza degli artisti in tutta la propria dirompente carica. Per l’occasione non c’è Nicky Hopkins al piano, che aveva partecipato alle altre dati ufficiali, ma Ian “Stu” Stewart, mentre sono presenti, in alcuni brani, Bobby Keys al sax e Jim Price alla tromba. Lo spettacolo, che andò in onda su Lion TV venne chiamato Ladies And Gentlemen, The Rolling Stones (ma niente paura, nulla in comune con il DVD dallo stesso titolo pubblicato nel 2010), che era l’annuncio ufficiale in apertura dei concerti degli Stones, e la registrazione proviene da quelle che vengono definite dress-rehersals, le prove, senza presenza di pubblico, il cui rumore verrà poi aggiunto in fase di mixaggio. Non è un concerto molto lungo, meno di quaranta minuti, più 4 versioni alternative, due di I Got The Blues e due di Bitch, ma la qualità sia sonora, audio e video, che dell’esecuzione, sono elevatissime: come dico nel titolo i Rolling Stones in quell’epoca era proprio un gran bel “complessino”!

Mick Taylor e Keith Richards alle chitarre, Bill Wyman al basso, Charlie Watts alla batteria, Mick Jagger, gran cerimoniere, alla voce e all’armonica (più gli ospiti citati) erano un gran bel sentire all’epoca, la miglior incarnazione di sempre del gruppo e “The Greatest Rock’n’Roll Band In The World” (anche se gli Who e i Led Zeppelin contendevano loro lo scettro): un suono nudo e crudo, puro R&R, ma con ampie spruzzate di blues e qualche dose di country, scoperto dopo la frequentazione con Gram Parsons. Il risultato che otteniamo in questo Live At The Marquee è eccitante e straordinario, i Rolling Stones al loro apogeo, l’unico appunto è la durata, ma allora i concerti, con l’eccezione di poche bands, non erano ancora le maratone rock che sarebbero diventate con lo scorrere del tempo. Si parte con Live With Me, uno dei classici “minori” degli Stones, apparso in origine su Let It Bleed, con Bobby Keys che replica l’assolo di sax dell’originale, le chitarre di Taylor e Richard subito indaffaratissime, il pianino di Stu ad alzare la quota R&R e Mick Jagger in gran voce. Mick che, già slacciato il bolerino glitterino molto sobrio che indossa, ci regala una versione bellissima di Dead Flowers, con le armonie vocali, in questo caso, di un leggermente barbuto Keith Richards, mentre Mick Taylor pennella una serie di assoli brevi e concisi che rendono alla perfezione il tono country di questa canzone, che sarebbe apparsa solo un mese dopo su Sticky Fingers, mentre I Got The Blues, anche questa all’epoca nuova, è una stupenda ballata blues, come forse solo gli Stones dell’epoca sapevano fare , con fiati e piano, valore aggiunto, ad intrecciarsi alle perfezione con le chitarre taglienti e un Jagger sempre in grande serata.

Let It Rock sarebbe stato il lato B di Brown Sugar nella versione inglese del singolo (mentre per gli Stati Uniti era Bitch) ed è un omaggio ad uno dei maestri assoluti dei Rolling, quel Chuck Berry di cui Keith Richards credo tenga ancora il santino vicino al letto, la perfezione del R&R di Berry unita alla potenza di tiro degli Stones dell’epoca, due minuti e mezzo di pura goduria https://www.youtube.com/watch?v=tqjoW5eC3YU . A questo punto del concerto, più corto del solito, è già tempo di Midnight Rambler, Mick Jagger estrae l’armonica e l’altro Mick, Taylor, affila la sua chitarra, per uno dei momenti clou della serata, e di tutta la carriera degli Stones, reinserita di prepotenza nel repertorio live della band di recente (con il ritorno proprio di Taylor) ma già allora occasione per il biondo chitarrista, e il gruppo tutto, di mettere in luce tutta la loro maestria di “geni” del rock and roll, nonché una delle punte assolute di tutti i concerti. I pochi presenti alla serata riconoscono subito il riff di una (I Can’t Get No) Satisfaction, per quanto “mascherata” in una versione più consona al suono dell’epoca del gruppo, più sanguigno e fiatistico, non mancano ovviamente le rullate di Watts e i riff di Keith. Segue Bitch, altro brano nuovo e altro esempio del R&R perfetto che gli Stones avevano creato in quel momento magico, potenza e classe, ribadite poi in Brown Sugar, uno dei riff più conosciuti della storia del Rock, qui in versione già perfettamente formata, con tutta la banda che rocca e rolla come se la loro vita dipendesse da questo, ma che ve lo dico a fare, già lo sapete tutti, fine del concerto.

In coda sono aggiunte un’altra versione di I Got The Blues, sempre con la classica presentazione di Jagger “for you, you, you” e forse più bella di quella definitiva, poca differenza ma significativa, seguita dalla seconda versione alternata, senza presentazione e accorciata nel finale, quindi leggermente più breve, ma sono differenze minime, magari non fondamentali per chi non è un fan sfegatato. Stesso discorso per le due versioni extra (molto simili tra loro, quasi identiche) di Bitch, sempre con il classico suono potenziato dai fiati, tipico degli Stones di Sticky Fingers, quindi tra le migliori edizioni di sempre. Per concludere, disco (o CD, Blu-Ray, DVD, come preferite) forse non imperdibile, ma indispensabile questo sì, da mettere lì, tra Get Yer Ya-Ya’s Out e Some Girls: Live In Texas ’78 (oltre ai due box quadupli in DVD degli anni 2000 e al ricordato Ladies And Gentlemen, sempre in DVD) tra i migliori live in concerto dei Rolling. I giapponesi, che sono furbi, nella confezione Deluxe, uscita solo per il loro mercato, hanno aggiunto anche i due CD del Brussels Affair (Live 1973), uno dei più belli di sempre, diversamente disponibile solo per il download. Naturalmente il box giapponese costa un botto e supera di parecchio i cento euro a cui dovete aggiungere tasse e spese doganali.

Bruno Conti

Jack Bruce 1943-2014. Una Vita Nelle Sette Note, Per Il Più Grande Bassista Nella Storia Della Musica Rock!

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John Symon Asher “Jack” Bruce 14 May 1943, Bishopbriggs – 25 October 2014, Suffolk

Quello che non vorresti scrivere mai: un ricordo di quello che è stato sicuramente (non certo per il mio giudizio, ma lo hanno detto tutti dal Sunday Times al collega Roger Waters, e io mi accodo) il più grande bassista della storia del rock, virtuoso prodigioso ma anche musicista, cantante ed autore di grandissima qualità, un camaleonte della musica che ha saputo suonare qualsiasi genere, dal jazz al Blues, al rock (inventando il power trio e l’arte della improvvisazione, con i Cream, il primo supergruppo), e poi ripercorrendoli tutti in una carriera, durata oltre cinquanta anni, dove ha saputo dare tantissime emozioni agli amanti della musica di buona qualità, quella libera dagli schemi e dalle imposizioni del mercato. Non avevo pronto, come le redazioni di giornali e quotidiani, quello che si chiama un “coccodrillo”, e per non dire le stesse cose che diranno molti altri (anche se le ho appena dette poche righe fa) ho deciso di fare una sorta di storia in immagini, copertine di dischi e video della vita di Jack Bruce, bruscamente conclusa ieri 25 ottobre nella sua casa nel Suffolk, in Inghilterra, circondato dalla seconda moglie Margrit, dai quattro figli e da una nipote, probabilmente stroncato da quegli stessi problemi al fegato che già nel 2003, a causa di un tumore al fegato (frutto di anni di stravizi e dipendenze) che lo costrinse ad un trapianto di organo, che evidentemente non è stata la soluzione definitiva ai suoi problemi di salute, ma gli ha consentito altri dieci anni di musica, compresa la reunion dei Cream del 2005, ma andiamo con ordine.

Gli anni ’60

Nel 1962, al contrabbasso, è già in una delle band più influenti dell’epoca, i Blues Incorporated di Alexis Korner, con Graham Bond all’organo, Dick Heckstall-Smith al sax e Ginger Baker alla batteria. Gli stessi musicisti, nel 1964, con John McLaughlin, chitarra, al posto di Heckstall-Smith, formano il Graham Bond Quartet, che diventerà la Graham Bond Organization, con Jack Bruce che passa al basso elettrico e McLaughlin che esce di formazione (ma le loro strade si incroceranno di nuovo).

Di questo periodo, a livello discografico, esiste questo bellissimo cofanetto quadruplo pubblicato dalla Repertoire

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con il meglio della loro produzione, e una valanga di inediti e rarità. Nell’agosto del 1965 Jack se ne va e per un breve periodo raggiunge i Bluesbreakers di John Mayall, dove non apparirà nell’album omonimo, ma abbondanti tracce della sua presenza sono presenti nella versione Deluxe del CD

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Sempre alla fine del ’65 per un brevissimo periodo entra nei Manfred Mann, è il periodo di Pretty Flamingo e dell’album Mann Made Hits, con Paul Jones alla voce solista

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Nello stesso periodo incontra musicalmente per la prima volta Eric Clapton, nei tre brani incisi per la compilation della Elektra What’s Shakin, come Powerhouse e con la presenza di Steve Winwood, sotto lo pseudonimo di Steve Anglo. Pochi mesi e nascono i Cream, il primo grande Power Trio della storia del rock, in lizza con gli Experience di Jimi Hendrix per la palma del più grande, perché se il mancino di Seattle alla chitarra è stato insuperabile, la somma di Ginger Baker, Jack Bruce (che non si potevano sopportare già dai tempi di Graham Bond) e Eric Clapton, equivaeva alla potenza di una centrale termonucleare.

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Questi i quattro album ufficiali. con alcuni brani indimenticabili come White Room e Sunshine Of Your Love, firmati insieme a Pete Brown, poi collaboratore di lunga data di Jack Bruce.

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Escludendo le BBC Sessions, i due Live postumi li potete trovare in quel bellissimo cofanetto quadruplo Those Were The Days che contiene l’opera omnia dei Cream

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Alla fine di novembre, già previsto, ma sempre prezioso per gli amanti del vinile, uscirà un cofanetto con gli album originali in vinile

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Nel maggio del 2005 la band si riunisce per una serie di concerti preservati per i posteri in un doppio CD o in un doppio DVD. C’erano già state altre saltuarie riunioni, tipo quella per la Rock and Roll Hall Of Fame, ma in questa serie di concerti a Londra il trio è in forma stupenda, forse addirittura superiori alla macchina da guerra che erano alla fine degli anni ’60, con la classe e l’esperienza a sostituire la forza della gioventù. Quindi da avere, magari il video

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Questi sono i primi due album solisti a nome Jack Bruce, la sequenza cronologica è quella indicata nelle copertine, ma Things We Like, un album tutto strumentale di jazz, venne registrato prima, nell’agosto del ’68, quando Bruce in teoria era ancora nei Cream: con lui i vecchi amici John McLaughlin e Dick Heckstall-Smith, più un altro grande batterista, nella persona di Jon Hiseman, futuro Colosseum. Bellissimo Harmony Row, un disco bellissimo dove Jack suona spesso il basso e che contiene un’altra delle più belle canzoni scritta dalla coppia Bruce/Brown, quella Theme From An Imaginary Western, celebre nella versione dei Mountain, ma anche da tanti altri interpreti.

Gli Anni ’70

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La decade successiva inizia con la partecipazione al secondo album dei Tony Williams Lifetime (nel primo non c’era il basso), ancora con McLaughlin, Larry Young all’organo e il batterista di Miles Davis, Tony Williams, in una delle primissime formazioni di jazz-rock.

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Harmony Row, il disco del 1971 non ebbe lo stesso successo commerciale del primo album solista, ma per alcuni è forse il più bel disco solista di Bruce, ricco di ballate pianistiche dai toni morbidi ed autunnali, un album raffinatissimo da cantautore puro. E poi, per cambiare di nuovo, una ennesima avventura con un super Power Trio, West, Bruce & Laing, in compagnia dei due Mountain, vengono registrati tre dischi di onesto hard-rock, il migliore il primo Why Don’t Cha

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Finita l’avventura con il trio, nel 1974 Jack Bruce pubblica il suo quarto album da solista Out Of The Storm, molto bello, con Jim Gordon e Jim Keltner che si alternano alla batteria e Steve Hunter della band di Rock and Roll Animal di Lou Reed, alla chitarra. Proprio in Berlin di Lou Reed, Bruce aveva suonato quasi tutte la parti di basso, così come nella title-track del disco di maggior successo di Frank Zappa, Apostrophe, l’unico ad entrare nei Top Ten della classifiche americane nel 1974.

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Nel 1975 il nostro decide di supportare il disco Out Of The Storm con un tour dove con lui sono Mick Taylor alla chitarra e Carla Bley, alle tastiere, la nota jazzista con la quale aveva registrato la mitica jazz opera d’avanguardia Escalator Over The Hill. Da quella tournée uscirà un doppio CD dal vivo, Live ’75, ma solo postumo negli anni 2000.

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L’ultimo disco da solista degli anni ’70, con Tony Hymas alle tastiere e Simon Phillips alla batteria, esce nel 1977, mentre il seguito Jet Set Jewel viene rifiutato dalla sua etichetta dell’epoca, la RSO, e uscirà, sempre postumo, quando negli anni 2000 i suoi album vennero ripubblicati in CD, rimasterizzati e con bonus.

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Dagli Anni ’80 A Oggi, Una Selezione di Opere

Per concludere gli anni ’70 partecipa ad un tour con alcuni ex componenti della Mahavishnu Orchestra, il vecchio amico John McLaughlin e per la prima volta Billy Cobham, alla batteria. Di quella decade è uscito anche un bellissimo CD triplo che raccoglie le registrazioni con la BBC del periodo, con il titolo Spirit.

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L’opera prima degli anni ’80, a nome Jack Bruce And Friends, lo vede affiancato da Billy Cobham, il vecchio tastierista della E Street Band David Sancious e dal chitarrista Clem Clempson, ex Humble Pie e Colosseum

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Altro super trio rock (un formato che ricorre spesso) con i BLT, Bruce, Lordan e l’ex Procol Harum Robin Trower

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Nel 1983 iniziano le collaborazioni con il musicista latino-americano Kip Hanrahan, e alla fine della decade, dove c’erano state anche occasionali collaborazioni con Clapton, nel 1989 registra A Question Of Time con Ginger Baker, un ottimo disco, ristampato di recente in CD, dove appaiono anche Tony Williams e molti chitarristi, Allan Holdsworth, Vernon Reid, Albert Collins e Bernie Worrell alle tastiere.

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Nel 1993 collabora in una serie di concerti con il chitarrista irlandese Gary Moore e con Ginger Baker, viene registrato un doppio dal vivo Cities Of The Heart, che uscirà anni dopo e un ennesimo disco in trio BBM, Around The Next Dream, con i due musicisti citati.

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Nel 2001 esce un disco Shadows In The Air, piuttosto buono, dove suona con Bernie Worrell, Vernon Reid dei Living Colour, il trio di Kip Hanrahan, che produce anche l’album, che ha la caratteristica di contenere una nuova versione di Sunshine Of Your Love, con l’amico/nemico Eric Clapton, come per Baker, un rapporto difficile che però nel corso degli anni si è stabilizzato, come dimostrerà la reunion dei Cream, citata prima. Sempre per la produzione di Hanrahan in quegli anni esce un altro buon disco come More Jack Than God, dove oltre ai soliti Worrell e Reid, c’è anche Cozy Powell alla batteria.

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E quelli erano gli anni dei terribili problemi di salute che non gli impedivano di fare musica. Ricordiamo ancora l’ottima antologia in 6 CD Can You Follow, ricca di rarità ed inediti, uscita per la Esoteric nel 2008, per festeggiare il 65° compleanno di Jack Bruce.

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E per finire, giusto quest’anno, dopo undici anni di silenzio a livello discografico, ma non di musica, come abbiamo visto, esce Silver Reid, sempre per la Esoteric, con Cindy Blackman, Phil Manzanera, Uli John Roth, John Medeski, Bernie Marsden e Robin Trower, con cui aveva collaborato nel 2008 e 2009, in Seven Moons e Seven Moons Live

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Purtroppo la storia finisce qui, Riposa In Pace, Mister Jack Bruce, “il più grande bassista”, ma non solo, della storia del rock!

Bruno Conti

P.S. Scusate il ritardo, ma questo meritato “tributo” ha richiesto il suo giusto tempo, per essere redatto

Cantautore O Produttore? Joe Henry – Invisible Hour

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Joe Henry – Invisible Hour – Work Song/ Ear Music/Edel Records

Lo ammetto, sono un “fan” di lunga data di Joe Henry (cognato di Madonna, ha sposato la sorella Michelle, ma non è una colpa), dai tempi dell’esordio con Talk Of Heaven (86), e l’ho seguito negli anni, mentre uscivano Murder Of Crows (con Mick Taylor e Chuck Leavell) (89), lo splendido ma poco considerato Shuffletown (90) (andatevi a risentire la traccia iniziale Helena By The Avenue https://www.youtube.com/watch?v=l2nDnE4LQS8 ),  e poi ancora Short Man’s Room (92) accompagnato dai Jayhwaks, e Kindness Of The World (93), i due lavori più influenzati dal suono americana, la trilogia Trampoline (96), Fuse (99) e Scar (01); poi Joe ha firmato per la Anti Records e le cose sono cambiate, con un disco dal suono molto personale come il geniale Tiny Voices (03), e le raffinate incisioni dell’ultimo periodo con Civilians (07) con Bill Frisell e  Van Dyke Parks, Blood From The Stars (09), e infine le sfumature blues di Reverie (11). Nel contempo Joseph Lee Henry (il suo vero nome) ha imparato a fare il produttore iniziando con Bruce Cockburn (insieme a T-Bone Burnett), Teddy Thompson (figlio di Richard & Linda) , proseguendo con Solomon Burke (con cui ha vinto un grammy nel 2003), Ani DiFranco, Bonnie Raitt, Bettye Lavette, il suo amico Loudon Wainwright III e ultimamente, con uno dei miei gruppi preferiti, gli Over The Rhine, e  mille altri (anche Lisa Hannigan, che troviamo sotto, tra i collaboratori di questo album)…

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Mi viene da pensare che l’occasione di stare a contatto con musicisti di diverso genere ed estrazione musicale gli ha fatto certamente bene, lo ha stimolato ad apprendere tutte le mille sfumature che la musica offre, e ora tutto quello che ha appreso si certifica in questo nuovo Invisible Hour (che esce in questi giorni) uno dei suoi dischi migliori in assoluto, un lavoro intenso e maturo, musicalmente ineccepibile, curato sia negli arrangiamenti che nella stesura delle canzoni.  Registrato in una settimana nel suo studio di Pasadena, Joe come sempre si avvale di musicisti di grande qualità, tra i quali ricordiamo Greg Leisz e John Smith alle chitarre, David Piltch o Jennifer Condos al basso, Jay Bellerose alla batteria, il figlio Levon ai fiati, e tra gli ospiti la brava Lisa Hannigan (cantante e musicista irlandese, a sua volta, già collaboratrice di Damien Rice) e i Milk Carton Kids alle armonie vocali, e direi anche non trascurabile l’apporto del noto romanziere Colum McCann per la stesura dei testi.

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Pur non essendo un “concept album”, le canzoni di Invisible Hour girano attorno al concetto del matrimonio, come ha ricordato in alcune interviste lo stesso Henry, a partire dal trittico iniziale, con la magnifica Sparrow https://www.youtube.com/watch?v=f5nAIX1aM6w , Grave Angels https://www.youtube.com/watch?v=XSneRuPlN3I  e i nove minuti di una Sign dove è la voce di Joe a farla da padrona (tra Van Morrison e il miglior Dirk Hamilton), dialogando con il suono minimale degli strumenti https://www.youtube.com/watch?v=cRp1w8Zqr4g . Un tocco dolce di chitarra introduce la title track, Invisible Hour, composizione intensa e struggente https://www.youtube.com/watch?v=MTl25EQ9Zls , per poi passare alle trame più ricche e complesse di Swayed  e ai suoni quasi gospel di Plainspeak, con largo uso del sax da parte del figlio Levon, mentre nell’ottima Lead Me On troviamo Lisa Hannigan al controcanto.

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Lo spirito di Tom Waits aleggia nell’acustica Alice, mentre il ritmo si innalza con Every Sorrow, la canzone più “roots” dell’album, andando poi a chiudere con Water Between Us, una solida ballata melodica, introdotta dalle note del piano e accompagnata nello sviluppo da sax e clarinetto (ha tutte le qualità per entrare nel novero delle sue canzoni più belle), e nella conclusiva, lunga e intensa Slide, una di quelle composizioni che rimangono impresse nella memoria per lungo tempo.

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Anche se il suo “status” attuale di produttore supera quello dell’autore e cantante (ma non per chi scrive), Henry non rinuncia a pubblicare dischi, e dopo una lunga e importante carriera quasi trentennale https://www.youtube.com/watch?v=567GTsSgNtw , esce con questo lavoro raffinato e delicato, percorso da avvolgenti trame, acustiche e non, supportate dalla sua abituale voce calda e sinuosa, rendendo l’ascolto un esercizio di gusto e delicatezza. Per i pochi che ancora non lo conoscono, Joe Henry è un amante della musica, di quella vera, e Invisible Hour conferma la sua bravura di musicista e produttore, e quindi di essere ampiamente in grado di portare avanti entrambe le professioni. Tra i dischi dell’anno!

Tino Montanari

Signore E Signori: La Storia Della Musica! Bob Dylan – The Complete Album Collection Vol. One – Seconda Puntata

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*NDB Come promesso ecco la nuova rubrica, per il momento provvisoria, del Blog, “La Domenica Del Disco Club”, questa settimana la seconda puntata sull’opera omnia di Bob Dylan a cura di Marco Verdi, si riparte da Blood On The Tracks, buona lettura!

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Blood On The Tracks (1975): il miglior disco di Dylan degli anni settanta ed uno dei suoi migliori in assoluto, un’opera ispiratissima ed eseguita magistralmente, influenzata dal suo divorzio con la moglie Sara.

Canzoni come Tangled Up In Blue, Idiot Wind, Shelter From The Storm, Simple Twist Of  Fate, If You See Her, Say Hello e Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts sono di un livello inarrivabile per chiunque. E Bob canta pure bene, dimostrando che quando vuole è ancora il numero uno.

 

The Basement Tapes (1975): inciso nel 1967 con The Band nella sua casa di Woodstock, è un doppio album di grande livello ma monco, visto che quelle sessions hanno prodotto una quantità di brani sufficiente a riempire sei o sette dischi: molti sperano che uno dei prossimi Bootleg Series si occupi finalmente di queste incisioni leggendarie.

 

Desire (1976): un altro grande disco, con perle come la celebre (e stupenda) Hurricane, Romance In Durango, Sara, Isis e la malinconica Oh, Sister (oltre alla controversa Joey), con Emmylou Harris alla doppia voce in tutti i brani, il meraviglioso violino gypsy di Scarlet Rivera ed un Dylan che canta bene come non mai.

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Hard Rain (1976): bellissimo live tratto dal tour con la Rolling Thunder Revue, purtroppo solo singolo. Contiene versioni infuocate di Maggie’s Farm, Shelter From The Storm e soprattutto Idiot Wind, che Bob canta con una cattiveria da pelle d’oca (pare che nel pubblico fosse presente Sara). Il video del concerto, purtroppo mai pubblicato ufficialmente (ma proposto varie volte da Rai 3), mostra un Dylan con gli occhi della tigre, che lancia certi sguardi che farebbero paura anche a Hannibal Lecter.

 

Street-Legal (1978): un disco molto amato dai fans (me compreso), inciso con un’ottima band e con capolavori come Senor, Is Your Love In Vain? (che si apre con l’immortale frase “Mi ami o stai soltanto estendendo benevolenza?”, solo un genio può iniziare così una canzone d’amore) e la stratosferica Changing Of The Guards. Purtroppo all’epoca il disco uscì mixato malissimo e con un suono indecente. Nuova rimasterizzazione per questo box, ma quella del 1999 andava già benissimo.

 

Bob Dylan At Budokan (1978): dal vivo in Giappone con la band di Street-Legal, questo doppio offre un vero e proprio greatest hits live di Dylan, anche se alcuni arrangiamenti sono un po’ gonfi e Bob tende ad infilare il reggae un po’ ovunque. Qualcuno lo paragona al periodo Las Vegas di Elvis, anche per gli orrendi costumi che Bob indossa sul palco.

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*NDB. C’è un “intruso”, a livello di copertine, perché Saved è stato ristampato anche con un altra cover art.




Slow Train Coming (1979): il primo disco della famosa (e per alcuni famigerata) trilogia cristiana di Dylan, piombato in crisi mistica. Inciso nei mitici Muscle Shoals Studios in Alabama e prodotto alla grande dai luminari Jerry Wexler e Barry Beckett, con Mark Knopfler alla chitarra solista, contiene splendide cose come Gotta Serve Somebody (che gli frutta il primo Grammy della carriera), Precious Angel, I Believe In You e When He Returns, cantate dal nostro con rinnovata passione.

 

Saved (1980): Dylan entra negli anni ottanta con un disco criticatissimo per la copertina e per le tematiche da predicatore televisivo, ma Saved è in realtà un ottimo album di musica rock-gospel, con brani trascinanti come la title track e Solid Rock, una grande ballata come Covenant Woman ed la potente Pressing On, dal crescendo irresistibile. Un disco da rivalutare, specie in questa nuova versione rimasterizzata.

 

Shot Of Love (1981): più solare del precedente, con le tematiche religiose un po’ più blande, ma anche senza una reale produzione. Every Grain Of Sand, un capolavoro assoluto, vale da sola il prezzo, ma anche Heart Of Mine, Property Of Jesus e Lenny Bruce, tributo al dissacrante comico (noi abbiamo Beppe Grillo…) sono di qualità superiore. Senza dimenticare il trascinante rock-blues The Groom’s Still Waiting At The Altar, pubblicato inizialmente come lato B di un singolo ma incluso nelle successive ristampe. Per contro, due banalità come Watered-Down Love e Trouble non dovevano finire sul disco, data la qualità delle molte outtakes. Incomprensibilmente non rimasterizzato per questo box.

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Infidels (1983): fino a Oh, Mercy, questo è il miglior Dylan degli anni ottanta, con Bob in grande forma ed un suono compatto, merito anche della solida produzione di Mark Knopfler. Otto brani senza cadute di tono, con una menzione per Jokerman, I And I, Man Of Peace e License To Kill. E se Bob non avesse escluso alcune perle (Blind Willie McTell su tutte), poteva essere ancora meglio. Se dovessi votare per l’argomento che vorrei trattato nel prossimo Bootleg Series, sceglierei queste sessions complete.

 

Real Live (1984): ancora un disco dal vivo solo singolo (prodotto con la mano sinistra da Glyn Johns) che documenta il tour europeo di Bob con una band di grandi nomi (tra cui l’ex Stones Mick Taylor e l’ex Faces Ian McLagan, più Carlos Santana ospite in Tombstone Blues) ma non molto affiatata. Molto belle comunque una Highway 61 Revisited mai così rock’n’roll ed una Tangled Up In Blue acustica meglio dell’originale. Un disco finalmente rimasterizzato, ne aveva bisogno.

 

Empire Burlesque (1985): Dylan decide di diventare “cool”, inizia a vestirsi come Don Johnson in Miami Vice e chiama Arthur Baker per dare al suo nuovo disco un sound anni ottanta. Il risultato non è disastroso perché ci sono canzoni valide come Tight Connection To My Heart (nel cui videoclip si tenta di far sembrare Bob un sex symbol), I’ll Remember You, Trust Yourself, Emotionally Yours e l’acustica Dark Eyes, ma sentire Bob in mezzo a sintetizzatori e drum machines non è bello.

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Knocked Out Loaded (1986): un disco raffazzonato e figlio di sessions slegate e con poco costrutto (e la produzione è assente), si salva per l’epica Brownsville Girl, una zampata da vero fuoriclasse. Ma il resto, tra covers e brani scritti svogliatamente, vale poco, con una nota di biasimo speciale per la versione di They Killed Him di Kris Kristofferson, con il suo terribile coro di bambini. Sembra quasi che Bob per scegliere i brani da mettere sul disco abbia estratto a sorte o tirato i dadi.

 

Down In The Groove (1988): il punto più basso della carriera di Bob, un disco concepito come il precedente (cioè male) ma senza un brano di punta come Brownsville Girl: la canzone migliore è Death Is Not The End, che però proviene dalle sessions di Infidels. Il resto è indegno, si salvano solo una discreta cover del traditional Shenandoah e la nuova Silvio. Bob Dylan sembra davvero alla frutta, forse anche al caffè.

 

Dylan & The Dead (1989): album live (ancora singolo!) tratto dai concerti estivi di due anni prima con i Grateful Dead. Solo sette canzoni, con Bob che appare quasi svogliato ed i Dead che non sembrano la sua backing band ideale (in quegli anni Dylan era in tour con Tom Petty & The Heartbrakers, con ben altri risultati). Solo I Want You reca tracce dell’antico smalto (*NDB, Mi intrometto di nuovo, in qualità di Bruno in questo caso: il disco di Dylan con i Dead ricordo di averlo recensito anche io ai tempi per il Buscadero, anche perché era una recensione doppia, e il giudizio era stato tutto sommato buono, ma ai tempi parlare male, o così così, di siffatti artisti era come sparare sulla Croce Rossa! Ora, purtroppo, si possono fare entrambe le cose).

Marco Verdi

segue…

Praticamente L’Ennesimo Greatest Hits!The Rolling Stones – Sweet Summer Sun: Hyde Park Live

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The Rolling Stones – Sweet Summer Sun: Hyde Park Live

– Eagle Vision DVD – 2CD + DVD – Blu Ray – 3LP + DVD – Deluxe 2CD + DVD + BluRay

Questa non è una recensione anticipata del nuovo live dei Rolling Stones, che uscirà a metà Novembre…o forse sì, dato che, visto il contenuto, siamo davanti ad uno di quei classici casi in cui si sa esattamente cosa aspettarsi.

Ma andiamo con ordine: lo scorso Agosto era già stata messa a disposizione su ITunes, per un periodo limitato, la registrazione del meglio dei due concerti che le Pietre Rotolanti hanno tenuto a Luglio a Londra, nell’immensa cornice di Hyde Park, 44 anni dopo la storica prima volta, nella quale celebrarono la figura di Brian Jones, scomparso appena due giorni prima, ed introdussero il nuovo chitarrista Mick Taylor. Quindi la notizia che per il periodo natalizio questo live verrà pubblicato anche nel formato “fisico” non mi ha stupito più di tanto, e come vedete sopra anche questa volta si sono sbizzarriti con i formati (è previsto anche un nuovo download), ma sono comunque riusciti a farla grossa con la tracklist, come potete vedere qua sotto (la versione in triplo LP contiene gli stessi brani del CD):

DVD & Blu-ray

1) Start Me Up   2) It’s Only Rock ‘n’ Roll    3) Street Fighting Man   4) Ruby Tuesday   5) Doom And Gloom   6) Honky Tonk Women   7) You Got The Silver   8) Happy   9) Miss You   10) Midnight Rambler   11) Gimme Shelter   12) Jumpin’ Jack Flash   13) Sympathy For The Devil   14) Brown Sugar   15) You Can’t Always Get What You Want   16) (I Can’t Get No) Satisfaction

CD

Disc One: 1) Start Me Up   2) It’s Only Rock ‘n’ Roll    3) Tumbling Dice   4) Emotional Rescue   5) Street Fighting Man   6) Ruby Tuesday   7) Doom And Gloom   8) Paint It Black   9) Honky Tonk Women   10) You Got The Silver   11) Before They Make Me Run

Disc Two: 1) Miss You   2) Midnight Rambler   3) Gimme Shelter   4) Jumpin’ Jack Flash   5) Sympathy For The Devil   6) Brown Sugar   7) You Can’t Always Get What You Want   8) (I Can’t Get No) Satisfaction

Quindi, con tutto lo spazio a disposizione sui supporti visivi (DVD e Blu Ray), quei geni della casa discografica, o gli Stones stessi (o tutti e due insieme) hanno avuto la bella pensata di metterci sopra solo 16 canzoni, e tre in più sul doppio CD, che però non verrà venduto da solo ma soltanto accoppiato con il DVD (ma non con il Blu Ray, per quello dovrete prendere la versione deluxe, dove troverete anche il DVD ed un libro di 60 pagine). A questo punto, considerando che il prezzo di tutti i supporti dovrebbe essere abbastanza contenuto (miracolo!), vorrei proprio conoscere chi si prenderà il supporto visivo da solo, senza il CD abbinato…

Ma poi, guardando con attenzione, vedrete che sul DVD c’è Happy, non presente sul CD! Che…burloni (mi sono auto-censurato).

Ed infine, per ricollegarmi al titolo del post, vorrei fare un commento sulla tracklist: sicuramente gli Stones sapevano in anticipo che questi concerti sarebbero stati registrati per essere pubblicati, e quindi non si poteva rischiare un po’ di più con la scelta delle canzoni. Quello che avremo tra le mani fra un mese e mezzo circa sarà infatti l’ennesima collezione di successi, anche se dal vivo, mentre nelle precedenti serate del tour (chiamiamolo tour, anche se i ritmi non erano proprio massacranti) i nostri avevano proposto diverse chicche.

Invece qui gli unici motivi di interesse sono la raramente suonata Ruby Tuesday, la nuova Doom And Gloom (avevano fatto anche One More Shot, ma qui non c’è, magari si sforzavano) e la Midnight Rambler con Taylor ospite alla solista…e ho sorvolato sulla presenza di Emotional Rescue, che considero uno spreco di spazio (sul CD e DVD) e tempo (per chi ascolta). Inoltre, chi ha ascoltato l’anteprima su ITunes, parla di un gruppo non proprio al massimo della forma, il che mi fa pensare che  questo live se lo accaparreranno solo i fans (ai quali, sigh, appartengo).

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Agli altri, se proprio devo consigliare un live degli Stones, a parte lo storico Get Yer Ya Ya’s Out!, direi senz’altro di buttarsi su Shine A Light, sia il doppio CD che il DVD con il film-concerto di Martin Scorsese.

Marco Verdi

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*NDB. Oppure lanciarsi sui due bellissimi cofanetti di quattro DVD ciascuno, Four Flicks e The Biggest Bang, ma anche su Ladies And Gentlemen e Some Girls: Live In Texas che sono stati raccolti in un unico boxettino.

Per L’Occasione, Meglio In Compagnia Che Sola! Carla Olson – Have Harmony Will Travel Vol.1

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Carla Olson – Have Harmony Will Travel Vol. 1 – Continental Coast/CRS/Ird 2013

Chi, come colui che vi scrive, ha amato i Textones, band degli anni ’80 nata dalla scena musicale di Los Angeles, non  può non provare piacere per il ritorno alla ribalta di Carla Olson, un personaggio quasi carismatico del rock californiano degli ultimi quarant’anni. La produzione di questa leggendaria “rockeuse” si è sempre mantenuta ad alti livelli qualitativi. Se l’apice della sua carriera l’ha toccato come “front woman” dei suddetti Textones (Phil Seymour, David Provost, Kathy Valentine, George Callins), con lo splendido album Midnight Mission (84), bissato da Cedar Creek (87) e da una raccolta Through The Canyon (89), la sua attività non ha poi conosciuto cedimenti, diventando una “musicista di culto”, ma lontana dal raggiungere lo “status” di rockstar. Non posso dimenticare il sodalizio con l’ex Byrds Gene Clark (che poteva far rinverdire in chiave più rock i fasti del duo Emmylou Harris-Gram Parsons) e che ha prodotto album come So Rebellious A Lover (87), e non posso neppure scordare la lunga collaborazione, iniziata alla fine degli anni ’90, con l’ex Bluesbreakers e Stones Mick Taylor, concretizzata in un eccellente live Too Hot For Snakes (91). Dopo l’esordio solistico Carla Olson (88), la buona armonia tra i due è continuata con Within An Ace (93) e proseguita anche in Reap The Whirlwind (94), mentre The Ring Of Truth (2001) e Dark Horses (una compilation del 2008)sono i lavori dell’ultima decade, oltre al live inedito del 2008 con i Textones, Detroit ’85: Live And Unreleased.  

Questi deliziosi duetti di Have Harmony Will Travel prodotti e curati dalla stessa Olson, vedono il supporto strumentale di ottimi musicisti come Clem Burke, Cindy Cashdollar, Tom Fillman, Rick Hemmert, Tom Morgan Jr., Pat Robinson, Greg Sutton suoi amici da sempre, e vengono eseguiti con artisti del calibro di Peter Case, Richie Furay (Poco), Scott Kempner, John York (Byrds), Rob Waller (I See Hawks in L.A.), James Intveld, Gary Myrick e la cantante country Juice Newton. L’iniziale You Can Come Crying To Me esce dalla penna di Radney Foster, un brano in mid-tempo ritmato in duetto con Juice Newton, seguito dal vocione di Rob Waller in Look What You’ve Done con Carla al controcanto, mentre Love’s Made A Fool Of You di Buddy Holly, viene eseguita in perfetto stile Roy Orbison da James Intveld. La nota Keep Searchin’ (We’ll Follow The Sun) di Del Shannon, vede un inaspettato Peter Case in una versione “beatlesiana” anni ’60, cui fa seguito una ballata di Chris Jagger (il fratello meno noto di Mick), Still Waters cantata e suonata dalla Olson con Gary Myrick, mentre She Don’t Care About Time del suo vecchio “pard” Gene Clark trova le antiche armonie dei Poco nella voce di Richie Furay.

Il sax di Tom Morgan Jr. introduce All I Needed Was You di Little Steven, e pare di vedere salire sul palco la mitica E-Street Band con la voce di Scott Kempner (dei grandi Del Lords), cui fa seguito la dolce The First In Line, scritta ai tempi da Paul Kennerley per la reunion degli Everly Brothers ed eseguita in duetto con John York, nei Byrds nel ’68-’69. Con il blues di Stringin’ Me On del songwriter e chitarrista James Intveld, Carla ritorna ai suoi antichi amori musicali, in coppia con Juice Newton, mentre Upon A Painted Ocean, viene ripescata dal vasto repertorio di PF Sloan (vi dice niente Eve Of Destruction di Barry McGuire? E’ stato anche uno dei pochi ai quali un collega illustre come Jimmy Webb ha dedicato un brano, P.F. Sloan appunto) sempre in duetto con York, seguita da 8:05 dei Moby Grape ed eseguita da Peter Case, molto sixties. Chiude la versione di un brano di Don Williams Till The Rivers All Run Dry, dal ritmo trascinante, eseguita alla perfezione da Rob Waller,

Per Carla Olson gli anni non sembrano passare, stessa grinta e classe degli importanti esordi con i Textones, una voce di grande personalità (per il sottoscritto tra Chrissie Hynde e Patti Smith), certificata da questo lavoro Have Harmony Will Travel, dove si mette anche al servizio degli altri e  che non solo conferma la classe e la continuità di questa cantante, autrice e chitarrista in grado come poche di nobilitare la figura del rock al femminile, ma che testimonia, una volta di più, la caratura di questa bionda e affascinante signora texana.

L’uscita ufficiale del disco è il 16 aprile, ma in Italia già circola.

Tino Montanari

Come Avrebbe Detto Un Tempo Teo Teocoli: Ladies And Chesterfield The Rolling Stones

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Rolling Stones – Ladies And Gentlemen – DVD Eagle Vision/Edel

In quegli anni l’inglese era più bofonchiato ed improvvisato che parlato quindi il titolo dell’articolo inquadra un modo di dire che Teocoli usava  nei suoi spettacoli ma è anche specchio di quei tempi. Ovviamente stiamo parlando di Ladies And Gentlemen il DVD degli Stones che è uscito in questi giorni e sembrerebbe concludere questo anno trionfale di ristampe dei Rolling Stones nell’anno di Exile On Main Street.

Ma cos’è quell’oscura presenza che si materializza a fianco della versione “normale” del DVD? Vuoi dire che l’hanno fatto (o stanno per farlo) ancora? Purtroppo (o per fortuna, a seconda dei punti di vista) ve lo stanno per mettere in quel posto per l’ennesima volta! Dico Voi perché io me ne tiro fuori, ho preso la versione singola e mi accontento, ma il 9 novembre worldwide (in Italia al momento non si sa) uscirà una versione tripla dicasi tripla del DVD di Ladies and Gentlemen, ovvero con il seguente contenuto:

DVD originale, quello che vedete qui sopra.

DVD di Stones In Exile (ma non l’avevamo già preso?).

Un terzo DVD, come recita il comunicato stampa in inglese: “Rare And Never Before Seen Footage From Their Dick Cavett Show Appearance, Assorted Interviews and Footage From The Australian Exile On Main Street Tour”. Tradotto: qualche intervista, il pezzettino al Dick Cavett Show e degli spezzoni dal tour Australiano.

Una sciarpetta esclusiva degli Stones.

La riproduzione del Poster originale del film

2 Fotogrammi della pellicola

Un Libro di 60 pagine con foto mai viste?

Il tutto in un Box numerato individualmente. Prezzo? Pare un centinaio di dollari o euro. Alla faccia degli Stones!

Per chi non è, nell’ordine, ricco o fans degli Stones, oppure avendo già preso il Dvd di Stones In Exile direi che si può benissimo accontentare di questo DVD. Ma accontentare è una brutta parola perché questi sono i ROLLING STONES ai loro massimi splendori reduci da un uno-due con Sticky Fingers e Exile On Main Street ( e tre e quattro con Get Yer Ya-Ya’s Out e Let It Bleed e cinque con Beggars banquet), ovvero la più grande Rock’n’Roll Band di quell’anno 1972 (in quel tour perfino Mick Jagger ammette in una delle varie interviste che suonavano veramente alla grande e candidamente ammette anche che prima non aveva mai visto il film di quei concerti).

Uscito nei cinema brevemente nel 1974 era poi scomparso nella notte dei tempi ma ora riappare in tutto il suo splendore: 81 minuti di grande rock registrato in quattro serate in Texas più una decina di minuti di prove (tre brani Shake Your Hips, Tumbling Dice e Blueberry Jam) registrati negli studi di Beat Club di Radio Brema con gli Stones super rilassati e concentrati al tempo stesso. La vecchia intervista dell’Old Grey Whistle Test e una nuova del 2010, entrambe con Jagger.

Il concerto è fantastico: Jagger con occhio bistrato, Richards con capello mechato, Mick Taylor magro e tirato ai massimi del suo splendore chitarristico, Charlie Watts divertito e, sembra, compiaciuto dei suoi pards, Bill Wyman imperturbabile come ogni bassista di rango che si rispetti più la solita sezione fiati dei tempi d’oro e pure Nicky Hopkins al piano. In poche parole Ladies And Gentlemen The Rolling Stones.

Il DVD parte in un modo strano ma non è il vostro lettore che non funziona, ci sono un paio di minuti di “nero” ma è la telecamera che riprende il palco buio in attesa che arrivino i protagonisti poi esplode una micidiale Brown Sugar con Mick Taylor e Keith Richards subito a duettare mentre Jagger appare in ottima serata(e). Segue una sparatissima Bitch ad alta tensione e poi è subito tempo di uno dei pezzi forti dei concerti di quel periodo, una ottima Gimme Shelter ancora ad evidenziare la bravura di Taylor. Non c’è la voce femminile di Merry Clayton (o chi per lei) e quindi qualcosa del fascino del brano si perde ma l’energia è evidente. Segue il primo brano “country” della serata, una stranamente accelerata Dead Flowers con la premiata ditta Jagger-Richards a duettare nel ritornello. Poi parte la sequenza di brani tratti da Exile on main street che era il disco da promuovere in quel tour e quindi Happy, Tumbling Dice…e poi se volete sapere il resto ve lo comprate perché ne vale la pena oppure aspettate la versione Deluxe e vi fate pelare (in questo caso neppure da una major discografica).

Da non mancare! Solito assaggino…dimenticavo, qualità più che buona.

Bruno Conti