Fin Troppo “Primitivo”! Per Quanto…Lonesome Shack – More Primitive

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Lonesome Shack – More Primitive – Alive Natural Sound Records

Chi scrive, genericamente parlando, non solo nel caso specifico, è sua volta un lettore di altri: la curiosità e l’impossibilità di poter ascoltare tutto quello che esce ogni giorno, a livello musicale, sull’orbe terracqueo, ti spinge a leggere avidamente le notizie relative a questo o a quell’artista che ogni giorno vengono pubblicate in rete o sulla carta stampata. Quello che avevo letto sui Lonesome Shack mi aveva già spinto a voler approfondire la conoscenza di questo terzetto di Seattle https://www.youtube.com/watch?v=xcRgBawj4LA  (almeno come loro base attuale, in origine vengono dal New Mexico), dipinti come prosecutori di quella tradizione country-boogie-blues che nasce intorno alle colline del Mississippi, quell’Hill Country Blues, “inventato” da gente come Junior Kimbrough, R.L. Burnside e di cui sono stati vessilliferi in tempi recenti anche la la famiglia Dickinson e i North Mississippi Allstars più “campagnoli”. Allo stesso tempo però, l’etichetta per cui incidono attualmente (hanno già pubblicato degli album in passato https://www.youtube.com/watch?v=Z5LdCQdpmdQ , non sono dei giovanotti all’esordio, ma dei signori avviati alla mezza età), la Alive Natural Sound Records, è specializzata, in senso lato, in un suono più da power trio, Mount Carmel http://discoclub.myblog.it/2014/05/17/nuovo-batterista-vecchio-rock-blues-mount-carmel-get-pure/ , rock, Lee Bains III, John The Conqueror http://discoclub.myblog.it/2014/04/17/rock-blues-bianco-nero-john-the-conqueror-the-good-life/ , Left Lane Cruiser, Hollis Brown e in passato, sono stati la prima casa discografica a mettere sotto contratto i Black Keys con The Big Come Up (prima di approdare alla Fat Possum, etichetta dei bluesmen neri appena citati), quando il duo di Akron, Ohio, proponeva un blues misto a rock, grezzo e deragliante, meno artefatto dell’attuale rock.

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Quindi, letti tutti questi nomi, indicati come punto di riferimento, scatta l’operazione San Tommaso, ossia l’ascolto del CD. Le foto di copertina di More Primitive, con quelle ossa inquietanti e un tipo barbuto che si crogiola in una vecchia vasca da bagno, sarebbero già indicative di cosa ci aspetta ascoltando la musica della band di Ben Todd, chitarrista, cantante, autore del materiale ed eminenza grigia del gruppo, ma poi per avere la conferma basta schiacciare il tasto play e parte una Wrecks, che, già al primo ascolto, conferma molte cose di quanto detto: un boogie-blues ipnotico e ripetitivo, cantato con una voce acuta e “trattata” da Todd https://www.youtube.com/watch?v=T5cfd_FBM2k , che oltre ai nomi ricordati potrebbe rimandare ai blues meno selvaggi e tirati dei primi Canned Heat, quelli dove cantava Alan Wilson, chitarra elettrica suonata in finger picking, scarne note ma ben piazzate, ritmica poco mossa ma ricca di groove, con il basso inesorabile di Luke Bergman e la batteria agile di Kristian Garrard. Alcune riviste e siti americani hanno parlato di musica su cui puoi ballare, ma se proprio vuoi, visti i ritmi è più un dondolio o un ondeggiare che una danza, molto reiterata, come conferma la successiva Head Holes, meno mossa e ritmata della precedente o addirittura Old Dreams, dove Ben Todd si fa tentare da qualche giro di solista più acido ma sempre di brevissima durata, quasi istantaneo, il virtuosismo non parrebbe la loro priorità.

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I ritmi quasi monotoni, in un certo senso, testano la pazienza dell’ascoltatore, anche se dopo alcuni ascolti, magari a volumi “allegri” tendono a entrare in circolo. Nella title-track Todd canta, “I want to live, I want to live more primitive”, su un ossessivo e, indovinato, primitivo e molto scandito giro di basso, la voce sempre filtrata che galleggia sul ritmo boogie dai suoi soci di avventura, mentre la chitarra viene utilizzata sempre in questa modalità che ricorda quella dei vecchi marpioni della Fat Possum. Una musica “ottimista e vivace”, direbbe Tonino Guerra, “primitivo”, ma mai come nell’opera ultima di Neil Young, come conferma la successiva Die Alone, dove però si affaccia una variazione sul tema, quando Ben aggiunge alla tavolozza scarna dei colori sonori una slide minacciosa, per quanto sempre assai rarefatta nei suoi interventi. Medicine, sempre con questa chitarra elettrica suonata in finger picking, ricorda comunque quel country blues arcano che probabilmente scendeva dalle colline e dai juke joints del Mississippi nel secolo scorso. Potrei dirvi i nomi di tutti i brani ma, bene o male ci siamo intesi, sempre da quelle parti si ritorna, qui si accelera, Big Ditch, un boogie più veloce, ma più spesso si rallenta, la minacciosa Evil (con un giro di basso che ricorda Dazed and confused degli Zeppelin, il resto del pezzo no), che conclude il CD o l’unico brano acustico, Trying To Forget, per chitarra e cucchiai. Magari più interessante che eccitante, a parte qualche momento, però dal vivo, come potete verificare nel primo video linkato ci danno dentro: si può sopravvivere anche senza, se però siete in vena di “esperimenti”  oppure, siete fans accaniti degli stili descritti sopra, avrete di che gioire!

Bruno Conti