Combat-Folk Dalla Val Camonica. I Luf – Pihini: Tornando Al Monte

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I Luf – Pihini: Tornando Al Monte – PSP Music

Per chi ancora non li conoscesse, I Luf sono in pista da una ventina di anni, hanno realizzato una dozzina di album, e hanno all’attivo una intensa e regolare attiva live con concerti sempre più affollati. Nel loro percorso musicale mischiano con intelligenza il combat-folk dei Modena City Ramblers (s’intende i primi MCR), con gli arrangiamenti “contrabbandieri” dei Van De Sfross, con la musica e i testi della terra da cui provengono ed il risultato sono sempre dei lavori freschi e vitali, che negli anni sono costantemente migliorati. Ieri come oggi Dario Canossi (ex collaboratore di Davide Van De Sfross) è il geniale cantante, autore e leader della formazione, che nell’attuale line-up si avvale di Sergio Pontoriero al mandolino, banjo e voce, Cesare Comito chitarra acustica e voce, Samuele Redaelli alla batteria, Alessandro Rigamonti al basso e contrabbasso, Lorenzo Marra alla fisarmonica e voce, Alberto Freddi al violino e voce, e Pier Zuin alle cornamuse e flauti, per una sorta di “concept album,” che si avvale nella stesura dei testi della collaborazione di scrittori italiani come i noti Mauro Corona, Paolo Cagnetti, Max Solinas, Nives Meroi e Erri De Luca, ed è composto da 11 canzoni inedite, più una rilettura della solita e un po’ stancante Bella Ciao,  il tutto registrato presso lo Studio Alari Park di Cernusco Sul Naviglio, e prodotto dal capobanda Dario.

Il brano di apertura L’Aiva La Grigna fa capire dove si orienta la musica del gruppo, in cui il banjo, la fisarmonica e le chitarre sono subito in evidenza, a cui fa seguito la ballata Dove Sarai Sarò con una melodia coinvolgente cantata benissimo da Dario in stile “gucciniano”, mentre Pihini il brano che dà il titolo al disco, è una folk-song da osteria che rimanda ai tempi gloriosi dei Pogues dello sdentato Shane MacGowan, mentre la delicata Non Ti Farò Aspettare su un tema di Nives Meroi si sviluppa grazie ad un bel “riff” coinvolgente dove emergono le chitarre e il violino. Si riparte da una versione cadenzata di Bella Ciao (o partigiano), che come detto potevano anche risparmiarsi in quanto nulla toglie e nulla aggiunge al disco, ascoltariamo poi il primo testo letterario, a cura di Paolo Cagnetti, con Il Ragazzo Selvatico, cantato su una melodia dall’andamento country, mentre viene estratto poi dal libro di Mauro Corona Il Canto Delle Manere, un magnifico testo sostenuto da una bella melodia, e si prosegue musicalmente con uno stile da festa di paese con la scanzonata Le Quater Meraviglie Del Mont, cantata in dialetto camuno. Con La Leggerezza Della Crisalide, da uno scritto di Erri De Luca tratto dal Peso Della Farfalla, si raggiunge il punto più alto del disco, una meravigliosa ballata cantata con pathos da Canossi, che viene accompagnata nel suo percorso dal magnifico suono della band, per poi passare poi all’intrigante etno-folk di Il Lupo E L’Equilibrista da un idea di Max Solinas, mentre la bella Tra Vino E Cenere ammorbidisce i toni, in cui nel finale la fisarmonica e il violino sviluppano un “sound” coinvolgente, per poi andare a concludere il CD in bellezza con la ballabile e trascinante Tornando Al Monte, ancora con il “contagioso” violino di Freddi in primo piano ( altro brano dove è proprio impossibile non muovere i piedini).

Sono passati quasi vent’anni da quando questo Collettivo Folk Rock (come si autodefiniscono), si è presentato con l’album d’esordio Ocio Ai Luf (03,) sino ad arrivare, dopo un percorso di una dozzina di dischi a questo ultimo lavoro Pihini, e la cosa più sorprendente è che il gruppo di volta in volta è riuscito al alzare la famosa “asticella”, mantenendo invariata la vivacità del suono della band che fa largo uso di fisarmonica, chitarre, violino e cornamuse, per canzoni che parlano di storie vere, che nascono dai racconti di chi la storia l’ha vissuta in prima linea, canzoni che ti entrano dentro e non se ne vanno facilmente, e la “colpa” è anche del capobanda Dario Canossi, cantante e indiscusso leader dei “lupi”, profondo conoscitore delle proprie radici e della tradizione culturale della canzone d’autore italiana. Nel fiorire del movimento “Folk” in Italia (soprattutto nel sottobosco musicale), per chi scrive I Luf sono quanto di meglio ci sia oggi in circolazione, un “branco” di musicisti che arrivano da esperienze diverse e che insieme riescono a creare un forte impatto sonoro “folk-rock”, divertente e vitale, che trascina e coinvolge. Altamente consigliato.!

NDT*: Se siete interessati al genere, vi consiglio anche un gruppo Aostano L’Orage, di cui sul finire dello scorso anno è uscito il terzo lavoro Medioevo Digitale, dopo il bel debutto con L’Età Dell’Oro (13) e Macchina Del Tempo (15). Alla prossima.!

Tino Montanari

Sempre Da Genova E Dintorni, Con Passione! La Rosa Tatuata – Scarpe

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La Rosa Tatuata – Scarpe – Club De Musique/IRD

Continuiamo questo excursus su alcune uscite discografiche di musicisti italiani rock “indipendenti”, in tutti i sensi, ma soprattutto dal mainstream della musica leggera italiana. Di solito nel Blog, come avrete notato, non appaiono, per usare un eufemismo, molti dischi cantati in italiano,  artisti del Bel Paese, soprattutto ultimamente, alcuni ne passano, anche perché fa piacere spargere ll verbo della buona musica e di alcuni di questi album mi hanno chiesto di parlarne, quindi, se mi piacciono, provvedo più che volentieri, se no non ne sentireste neppure parlare, le recensioni negative non mi piacciono, piuttosto lascio perdere. Giusto ieri, sul Blog, avete visto la recensione del disco di Paolo Bonfanti e Martino Coppo, ebbene tutti e due sono presenti anche in questo Scarpe della band genovese La Rosa Tatuata, il secondo ospite al mandolino in un brano, Tutto quello che arriverà, il primo come co-produttore storico del gruppo, ma anche come musicista e cantante aggiunto nel nuovo disco. E’ una collaborazione che risale a molti anni indietro, quando nel gruppo militava ancora il membro fondatore della band, Max Parodi, scomparso nel 2008 per un infarto, a soli 38 anni https://www.youtube.com/watch?v=aTlkAPyicY4 . Bonfanti, genovese pure lui, ha prodotto i tre precedenti lavori della band, Al Centro Del Temporale del 1998, Bandiera genovese del 2001 e Caino del 2006. Ma il gruppo esisteva già dal 1992, e nel 1993, tra una collaborazione e l’altra con Bonfanti e Massimo Bubola, aveva già pubblicato un primo mini-album, Prigionieri del rock & roll, dove, almeno nel titolo, ma non solo, si respirava aria di Bruce.

la rosa tatuata

Proprio il rock classico americano, la scuola dei cantautori genovesi, ma anche veronesi (Bubola viene da lì), il combat folk-rock di gente come Modena City Ramblers e Gang (con cui hanno collaborato in passato) sono tra le influenze vestite con orgoglio dalla band, che nel corso degli anni ha avuto vari cambi di organico, alcuni forzati ed immagino abbia dovuto fare anche i conti con la difficile situazione del mercato discografico, sempre più deteriorata con il passare del tempo, otto anni tra un disco e l’altro non sono uno scherzo, comunque ce l’hanno fatta e questo nuovo Scarpe è un buon esempio di rock che è sì in italiano, ma allo stesso tempo di chiara matrice anglosassone https://www.youtube.com/watch?v=Y-m-K7bBmZk . Terre Di Confine, con Bonfanti ai cori, Bongianino alla fisarmonica, Claudio De Angeli dei Birkin Tree alla chitarra acustica, ha un sound che mescola folk, la canzone d’autore di Bubola, De Andrè, Guccini con il classico rock di Pogues, Steve Earle, i Men They Couldn’t Hang e certe cose più rock dei Modena City Ramblers. Ogni Notte D’estate, è un brano decisamente più rock, suono tra Mellencamp e Springsteen, sempre con in evidenza la bella voce di Giorgio Ravera, che oltre ad essere l’autore di testi e musiche, suona l’elettrica ed è il leader del gruppo, ben spalleggiato da Massimo Oliviero, l’altro chitarrista, qui anche al mandolino, che ingentilisce il sound della canzone, con un bel groove del basso di Nicola Bruno e della batteria di Massimiliano Di Fraia, a completare e a fare da collante anche l’organo di Andrea Manuelli. Ancora rock arrembante in Bei tempi andati, l’unico brano che porta la firma di Bonfanti, che la canta con Ravera e Filippo Sarti, forse siamo dalle parti del primo Ligabue e la musica del Boss, ma anche del Bubola più rockeggiante: ovviamente queste sono solo suggestioni e indicazioni suggerite al sottoscrito dall’ascolto, per una musica che ha comunque una sua dignità e un suo valore personale, simpatici i campionamenti di quella che sembra una tuba e il suono delle campane.

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Ancora rock incalzante per In Piena Luce, un bel testo poetico che parla di amori, viaggi marinari (sono pur sempre genovesi) e con un bel tappeto di chitarre elettriche ed acustiche ed un ritmo che può ricordare i primi Dire Straits di Mark Knopfler, sempre per dare dei punti di riferimento, non prendeteli per oro colato, solo come impressioni assolutamente personali di chi scrive. Molto bella Aprimi Le Ali, forse il brano migliore del disco, una ballata lirica, energica e ad ampio respiro, con la pedal steel di John Egenes (che ricordo in quasi tutti i dischi di Eliza Gilkyson ma anche con Jono Manson) e il sax di Sarti, che galleggiano sull’organo di Manuelli, mentre Ravera fornisce una delle più convincenti prove vocali dell’album https://www.youtube.com/watch?v=zM9yHLqdh9Q . Poi arriva il rock molto riffato e quasi sudista di In Fondo Allo Specchio, con Ravera e Bonfanti che si sfidano a colpi di solista e con l’armonica che fa capolino qui e là. Ancora rock italiano d’autore in una Tutto Quello Che Arriverà, arricchita dai mandolini di Coppo che aggiungono un’aria quasi country alle procedure, potremmo quasi definirla roots music italo-americana, per quella frammistione tra melodie nostrane e la tessitura musicale di tipico stampo rock. A Non C’è Più Fame partecipano David Frew,  vecchia chitarra solista degli irlandesi An Emotional Fish, band storica di inizio anni ’90 (quelli di Celebrate, la ricordate? Per i fans di Vasco, Gli Spari Sopra) e Trevor, cantante della band death metal genovese dei Sadist (?!), per un brano rock dalle ambientazioni sonore invece particolarmente raffinate.

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Danzando con i tuoi demoni, con il suono di varie chitarre stratificate che lo caratterizza, è una sorta di ballata mid-tempo, qualcosa che ricorda il giro soul di People Get Ready che poi si espande in un bel pezzo rock dalle melodie insinuanti, mentre Il Giardino Delle Rose Giganti, il brano dal testo più raffinato, ricercato e poetico, è anche una delle canzoni più ricche a livello sonoro, con un bell’intreccio di organo, pedal steel e chitarre varie. Scarpe è una specie di boogie R&R all’italiana, con tanto di pianino da saloon, a cura di Enrico Carpaneto,  mosso e divertito nella sua semplicità di fondo. Tutti cercano, di nuovo con in primo piano la fisarmonica di Bongianino, è una sorta di quadretto acustico e poetico alla Fabrizio De André, dolce e sognante, per concludere degnamente un piacevole disco, ricco di passione e impegno, probabilmente non salverà le sorti della discografia mondiale, ma mi sento di consigliarlo in quanto è in grado di garantire agli ascoltatori trequarti d’ora di onesto intrattenimento e nel desolante panorama italico attuale già non è poco!

Bruno Conti