Ma Hanno Bevuto? Stranezze Della Stampa Inglese: Duffy, Annie Lennox & Mark Olson

duffy-2010-press_446.jpgannie-lennox.jpgmark olson.jpg

 

 

 

 

 

 

In questi giorni festivi ho avuto un po’ di tempo per leggere le recensioni di Mojo e Uncut del numero di Gennaio 2011, e fin qua nulla di strano direste voi se non fosse che i numeri di gennaio di entrambe le riviste sono usciti all’inizio di dicembre! In ogni caso, colmato il ritardo (visto che avevo letto soprattutto le classifiche di fine anno) ho guardato un po’ fra le recensioni alla ricerca di qualche nome interessante o qualche spunto e quelli si trovano sempre visto che non è che consideri le due riviste come la Bibbia ma mi interessano i loro giudizi, con una leggera preferenza per Mojo. Vedo che quel leggero astio, quella concorrenza che animava anche il Buscadero e il Mucchio dei tempi e ora il Busca e Jam, non manca mai, per cui bisogna parlare male del disco di cui parla bene “l’altro” oppure, come dico nel titolo, qualcuno è ubriaco ( e nel contempo vi tranquillizzo, non lo siete voi, le foto sono proprio in scala crescente, mi è venuto così)!

Prendiamo come esempio i tre personaggi effigiati e i loro relativi ultimi album. Cominciamo con Duffy Endlessy, Mojo titola Make It Stop e dice che l’album è un’enorme delusione mentre Uncut annuncia che la cantante gallese eccelle con l’aiuto di Albert Hammond e dei Roots. Chi avrà ragione? L’album precedente Rockferry aveva venduto 6 milioni e mezzo di copie in tutto il mondo. Questo, dopo cinque settimane, è precipitato al 56° posto della classifica inglese e in America non si è visto neppure nelle charts. Ok, le vendite non sono direttamente proporzionali alla qualità però un qualche significato per questo flop ci sarà. Anche il sottoscritto al quale il disco precedente non era dispiaciuto ha notato delle preoccupanti similitudini con la musica di Madonna, Kylie Minogue e Blondie era disco. Ovviamente a molti piacerà!

Anche il disco natalizio (e benefico) di Annie Lennox A Christmas Cornucopia ha generato giudizi diametralmente opposti. In questo caso, stranamente, Mojo, ricordando che la Lennox è nata il giorno di Natale (lo sapevate?), parla di un disco dove le undici canzoni tradizionali e il brano composto per l’occasione, sono cantate meravigliosamente bene persino con un senso di brutale e dura estasi (però)! Mentre Uncut parla letteralmente di “Bleak Midwinter Offering”, serve la traduzione? Desolante offerta di mezzo Inverno, aggiungendo che probabilmente la Island ha chiesto alla cantante un disco “festivo” in cambio della possibilità di incidere poi un album “nuovo”. Voto di scambio, quindi? Maliziosi!

E per finire veniamo a Mark Olson (l’ex co-leader dei Jayhawks) il cui nuovo album Many Colored Kite era stato giudicato con meritata benevolenza in questo Blog nel lontano Giugno dello scorso anno sempre-un-piacere-ascoltarlo-matk-olson-many-coloredf-kite.html. Quale è la colpa di questo disco e del suo autore secondo Mojo che lo martella con un giudizio impietoso di una sola stelletta? Quello di essere contento, quindi ha scritto delle canzoni ottimiste, positive smentendo il teorema dell'”Ever tortured artist” e di avere quindi bisogno al suo fianco non di una fidanzata norvegese (che peraltro è una ottima musicista) ma di un gruppo. Al contrario, Uncut, gli dà 4 stellette (quasi troppe) e dice che dopo gli anni difficili seguiti alla divisione dalla precedente moglie Victoria Williams, Olson ha ritrovato una sua serenità che gli permette di riproporre il suo country-folk tranquillo e minimale con rinnovata ispirazione (e mettetevi d’accordo) e con l’aiuto di Jolie Holland, Neal Casal e Vashty Bunyan. Ma allora il “gruppo” c’è, anche se devo ammettere che una bella reunion più sostanziosa dei Jayhawks, magari in occasione delle prossime ristampe, non mi dispiacerebbe.

Per la serie il “mondo è bello perché è vario” ma quando è troppo, è troppo!

Bruno Conti

Averne Così! Tom Petty & The Heartbreakers – Mojo

tom petty mojo.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Tom Petty & The Heartbreakers – Mojo – Reprise/Warner

In effetti il post si sarebbe dovuto chiamare “Insci aveghen” che fa più effetto ma mi rendo conto che dal ponte sul Po a Piacenza a scendere molti non avrebbero compreso.

Perché tutto ciò visto che il disco non è ancora uscito? Sarà nei negozi dal 15 giugno e i lettori di questo Blog ai quali sto rompendo i maroni con questo CD ormai l’hanno imparata a memoria, la data.

Perché stanno uscendo le prime recensioni e, un po’ a sopresa, i miei amici e colleghi del Buscadero gli hanno dato solo tre stellette (ma non sono i soli perchè spulciando Internet qua e là, anche altri non sono rimasti soddisfatti).

Vero è che David Fricke della rivista Rolling Stone, uno dei pochi giornalisti di quella testata che valga la pena di leggere, ha detto che Mojo è uno dei migliori dischi che Tom Petty abbia mai registrato con la sua band. Su Mojo (la rivista), ma qui visto il nome non varrebbe per conflitto di interessi, gli hanno dato quattro stellette e un giudizio più che positivo. Uncut, non so, perchè non è ancora arrivata nelle edicole italiane.

Quindi? Averne così dicevo, secondo me se di solito un disco di Petty è meglio del 90% di quello che trovate in giro e questa volta solo dell’80% bisogna essere proprio incontentabili. OK, il box dal vivo dello scorso anno era megagalattico e ha vinto molte delle Classifiche di fine anno, come miglior Live, miglior Box o Migliore in assoluto e si sa che gli Heartbreakers in concerto sono tra i pochissimi che possono rivaleggiare con la E Street Band di Springsteen. Rincaro la dose: il disco con i Mudcrutch quella specie di picnic della memoria con alcuni suoi vecchi compagni d’infanzia (che per la metà coincidono con l’attuale gruppo) era un notevole esempio del Tom Petty rocker intemerato. Aggiungiamo che Highway Companion il disco solista del 2006 era un buon disco (ma non fantastico, come questo), ma The Last DJ, l’ultimo con gli Heartbreakers di otto anni fa, al di là dei contenuti testuali musicalmente era bruttarello (sempre per Tom Petty ma meglio di un mondo di musica che esce ogni giorno).

Mojo (sempre la rivista!) ha titolato la sua recensione, parafrasando il titolo di un disco di Stevie Wonder, “Songs In The Key Of Life”, in quanto questa volta Petty ha fatto una sorta di disco autobiografico, sulla sua vita: non so, non commento, può essere, non ho letto i testi e quindi mi fido, anch’io per il momento l’ho ascoltato poco ma ai primi ascolti mi sembra buono, non eccelso ma più che buono.

Dall’iniziale Jefferson Jericho Blues, la più bluesata del lotto, con tanto di armonica in evidenza e l’unica, forse, a confermare quella patina Blues che il titolo dell’album farebbe supporre si passa alla lunga First Flash Of Freedom, con un Mike Campbell strepitoso alla chitarra ( e che è un po’ il grande protagonista del disco come spesso succede), un brano che ha echi della musica dei Doors di LA Woman (saranno quelle tastiere alla Riders On The Storm?) ma anche di Crosby, Stills & Nash e dei Grateful Dead, quella cavalcate epiche che ti trasportano in altri mondi, ma il tutto in un’ottica disincantata tipica del miglior Tom Petty, nel finale fa capolino anche il Page più selvaggio, brano bellissimo, una summa del meglio del R&R. Running Man’s Bible, molto lunga anche questa (siamo sui 6 minuti), ha un suono meno epico più secco, quasi alla Steely Dan se avessero proseguito il percorso più rock dei primi dischi, comunque altro gran pezzo.

Pirate’s cove, anche se più lenta nell’andatura, è quasi una gemella del secondo brano, ancora quella chitarra evocativa, le tastiere, questa volta un inconsueto piano elettrico, e la voce di Tom Petty sognante, con un leggero eco che aggiunge profondità al suono, altro grande brano e fanno tre. A questo punto una pausa è quasi fisiologica, Candy è una canzoncina molto sixties che il nostro amico sa scrivere anche mentre dorme, piacevole ma nulla più. No Reason To Cry è una di quelle stupende ballate come solo Petty sa fare ( o lui e pochi altri), si dice sia stata ispirata dalla separazione con la moglie causata dalle lunghe tournée e conseguenti assenze casalinghe del biondo rocker, il brano ha una patina di malinconia e rimpianto quasi struggente, bellissima canzone e fanno quattro! E allora…

Per correttezza devo ammettere che non tutto il resto del disco viaggia su questi livelli ma su sessantacinque minuti di musica fanno un ottimo LP e un discreto EP se fosse un vecchio vinile. I Should Have Known It ha un riff colossale tipicamente Zeppelinano, un brano rock che non ti aspetti ma con Mike Campbell dovresti, dal vivo sarà strepitosa.

U.S. 41, introduzione acustica e sviluppo elettrico con slide, è un discreto brano bluesato un po’ di maniera, come la successiva Takin’ My Time, d’altronde se fai un disco intitolato Mojo il Blues non può mancare.

Let Yourself Go è uno di quei brani tipici degli Heartbreakers, quel suono e quella voce, talmente riconoscibili da essere divenuti quasi un marchio di fabbrica. Anche Don’t Pull Me Over, vagamente reggata, è una variazione del canone sonoro del gruppo, piacevole ma non memorabile, conferma il calo qualitativo nella seconda parte del CD. Lover’s Touch segnala quasi un ritorno al sound di fine anni ’70, il periodo classico, quello di Breakdown, con quella andatura tipicamente indolente ma devi stare sempre in campana perché da un momento all’altro potrebbe scatenarsi qualcosa.

Anche High In The Morning segnala questo ritorno in forma per il finale del disco che culmina con Something Good Coming una ballatona strepitosa che rivaleggia con quelle di Springsteen, melodie ariose, cantate con grande partecipazione, molto bello l’intervento della slide di Campbell. Ma non è finita: l’ultimo brano si chiama Good Enough ed è un’altra fantastica cavalcata folk-rock psichedelica in crescendo (con echi Beatlesiani alla Abbey Road) con la solista di Mike Campbell che sciabola una serie notevole di assoli, con l’organo di Benmont Tench (che non avevo nominato ma è sempre essenziale al suono del gruppo) che lo supporta e Tom Petty che fa il Petty della situazione con grande convinzione.

Qui per altre informazioni http://www.tompetty.com/ e questo è il making of watch?v=FOJeUhUz70E, da oggi in rete si può ascoltare l’intero disco in streaming così potete decidere.

Dando un voto in decimali e togliendo qualche punto per la parte centrale, almeno 7,5, insci aveghen.

Bruno Conti

 

Mojo The Best Of The Rest 2009

alan_ford numero uno gruppo tnt.jpgMojo The Best Of The Rest 2009

Ho riunito anche il resto della giuria per comunicarvi altri risultati dalla rivista Mojo.

Nei prossimi post parleremo anche di Spin, NME, Billboard ecc.ecc. in attesa degli italiani (provo a vedere se qualche rivista italiana, magari anche non di settore ha già pubblicato le sue classifiche di fine anno).

Mojo Reissue Of The Year -The Beatles Remasters in tutte le sue configurazioni. box, dischi singoli, chiavette USB, giochi, voi li nominate li hanno fatti, l’unico settore tranquillo è stato quello dei DVD (vuoi vedere che è stato perché è uscito il concerto di Paul McCartney Good Evening New York City (peraltro bellissimo)? Ma sarò malizioso!

DVD Of The Year – ANVIL The Story of Anvil

Questo merita un piccolo chiarimento. Perché hanno scelto un documentario che racconta la storia di un gruppo heavy metal neanche particolarmente famoso? Francamente non lo so, ma è anche in corsa nelle nominations per gli Oscar.

Newcomer of The Year – Florence and The machine
Best of Americana
1) Phosphorescent – To Willie
Un tributo a Willie Nelson? Yes, e pure molto bello! Sentire, please.

2) Dave Alvin – Dave Alvin and The Guilty Women

Dave Alvin con un gruppo tutto al femminile. Questa che vedete è una delle ultime apparizioni della violinista e cantante Amy Farris, recentemente scomparsa.

3) Son Volt – American Central Dust

4) Charlie Louvin – Sings Murder Ballads and Disaster Songs

5) Drive-by-Truckers – The Fine Print

Best of Blues

1) Ian Siegal – Broadside

Il filmato non è recentissimo ma lui è un grande, nell’ultimo disco alla chitarra c’è anche Matt Schofield.

2) Larry Garner – Here Today Gone Tomorrow
3) Tommy Castro – Hard Believer
Questo per me il numero uno dell’anno (in ambito blues, ovviamente), grandissimo chitarrista e vocalist.

4) Matt Schofield – Heads, Tails & Aces

5) Various – The History of Rhythm & Blues 1942-1952

 

Best Of Folk

1) The Unthanks – Here’s the Tender Coming

Questo è il folk dal passato per il futuro.

2) Jon Boden – Songs From The Floodplain

3) Martin Simpson – True Stories

Alla prossima.

Bruno Conti

The Best Of 2009

alan_ford03.jpg

The Best of 2009

Se mi tocca, mi tocca, ogni promessa è debito, cominciamo con Mojo e Uncut.

Uncut Top Ten

1) Animal Collective – Merriweather Post Pavillion

2) Super Furry Animals – Dark Days/Light Years

3) The Dirty Projectors – Bitte Orca

4) Bob Dylan -Together Through Life

5) Wild Beasts – Two dancers

6) The XX – XX

7) Wilco – Wilco (the album)

8) Grizzly Bear – Veckatimest

9) Yeah Yeah Yeahs – It’s Blitz
10) Phoenix – Wolfgan Amadeus Phoenix
Mojo Top Ten
1) Animal Collective – Merriweather Post Pavillion
2) Bill Callahan – Sometimes I Wish We Were An Eagle

In una classifica non dovrei commentare, ma…grande disco!

3) Richard Hawley – Truelove’s Gutter

Ottimo anche questo, Mojo mi dà sempre delle soddisfazioni!
4) The Horrors – Primary Colours
5) Tinariwen – Imidiwan: Companions
6) Bob Dylan – Together Through Life
7) Florence & The Machine – Lungs

Bel vestitino!
8) Fuck Buttons – Tarot Sport
9) Madness – The Liberty Of Norton Folgate
10) Yeah Yeah Yeahs – It’s Blitz
Con Dylan gli unici presenti nelle due classifiche.
Prossimamente altre poll di fine anno.
Bruno Conti