Nickel Creek – A Dotted Line – Nonesuch Records
A più di venti anni (tanti ne sono passati dall’esordio di Little Cowpoke (93) e a sette dallo scioglimento annunciato con la fine del tour 2007 (per potersi dedicare a vari progetti solisti), tornano i Nickel Creek, una delle più interessanti formazioni nell’ambito della musica acustica di stampo “bluegrass”. Dotati di una tecnica individuale impressionante a livello strumentale, Chris Thile al mandolino, Sean Watkins alle chitarre, e la dolce sorella Sara al violino, hanno raggiunto notevoli risultati in termini di vendite e notorietà, con i successivi Here In There (97), l’omonimo Nickel Creek (00), The Side (02), Why Should The Fire Die? (05), chiudendo il cerchio con la raccolta Reason Why (08), peraltro interessante in quanto conteneva frammenti di una canzone di Bob Dylan (Subterranean Blues), la cover di Jerusalem Ridge di Bill Monroe, e l’occasione per sentire la brava Sara cimentarsi con la musica classica, con una partitura in Mi Maggiore di J.S. Bach.
Così il trio, dopo aver intrapreso strade separate (oltre ai noti dischi solisti, Sara ha prestato il suo violino per anni al gruppo dei Decemberists), si riforma e sotto la produzione del “rockettaro” Eric Valentine (Queens Of The Stone Age, Good Charlotte, Third Eye Blind), sforna (un po’ a sorpresa) questo A Dotted Line ricreando quel suono unico tra folk e bluegrass (che rimane la loro matrice originaria), con belle armonie sonore e preziosi giochi strumentali.
Il secondo viaggio musicale dei Nickel Creek riparte dagli arpeggi di chitarra acustica di Sean in Rest Of My Life (il titolo del brano è sintomatico), dagli impasti vocali di prim’ordine https://www.youtube.com/watch?v=AryNcdOSZs4 , a cui fanno seguito l’incantevole “riff” di Destination https://www.youtube.com/watch?v=jYepLpa8BDE , lo strumentale Elsie, dove si manifesta ancora una volta la bravura del gruppo, e la contemplativa Christmas Eve, con la voce polverosa di Sean a seguire le note di tristezza del violino di Sara. Hayloft è invece la cover di uno splendido motivo dei Mother Mother, rifatta in una miscellanea di hip-hop e punk (suona meglio ad ascoltarlo che a scriverlo) https://www.youtube.com/watch?v=16ZWx9e5vqc , dove è impossibile non muovere il piedino, mentre 21st May è un tradizionale country-folk su una tela di bluegrass https://www.youtube.com/watch?v=e0291wI1J5E , peraltro mai assente, per arrivare alla magnifica Love Of Mine (una canzone d’amore scritta da un bambino) interpretata da Sara, una ballata struggente che colpisce al cuore https://www.youtube.com/watch?v=lM3NGqNCnOc . Si prosegue con il secondo brano strumentale, la dinamica Elephant In The Corn, che esalta il mandolino di Chris, passando per l’aggressiva You Don’t Know What’s Going On, e andando a chiudere con un’altra cover Where Is Love Now di Sam Phillips, dove la voce e il violino di Sara “cinguettano” con il mandolino di Thile. Deliziosa.
C’era molta attesa attorno a questo ritorno dei Nickel Creek, e il risultato è un viaggio, ancora una volta, emozionante e sorprendente nel cuore eclettico della band, dove ciascuna canzone è un colpo di scena, cantata da ogni componente del gruppo, mescolando ballate a brani ritmicamente più mossi, dall’appeal melodico e sicuramente intrigante. A Dotted Line è fondamentalmente imperniato sulla strumentazione del trio, capace, come detto, anche di pregevoli impasti vocali, e sarebbe sbagliato affermare che non c’è nulla di nuovo in questo disco, in quanto la produzione di Valentine garantisce un sound più equilibrato e al passo coi tempi. Per quanto mi riguarda, sono contento che la favola dei Nickel Creek non sia finita.
Tino Montanari