Un “Arzillo Vecchietto” Di 76 Annni, Ma Che Bravo! Johnnie Bassett – I Can Make That Happen

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Johnnie Bassett – I Can Make That Happen – Sly Dog Records

Johnnie Bassett è un gagliardo settuagenario, 76 anni per la precisione, che fa dell’ottimo Blues tinteggiato di soul e ricco di funky. Questo I Can Make That Happen è solo il 6° album in una carriera iniziata già negli anni ’50,  anche ci sarebbe pure un live del 1994 che inaugura la sua carriera discografica a quasi 60 anni suonati, e forse (ma senza il forse), questo ultimo è il suo miglior album in assoluto. Accompagnato dalla crema di due band locali di Detroit, i Brothers Groove e i Motor City Horns e accompagnandosi alla grande con la sua Gibson, di cui è un maestro, Bassett ci regala uno di quei rari dischi che si godono dall’inizio alla fine, un piccolo capolavoro di equilibri sonori tra blues e soul.

Nativo della Florida ma trapiantato a Detroit Mr. Bassett parte sparato con una funkyssima (si può dire!) Proud To be From Detroit con fiati in overdrive, ritmica in spolvero, la chitarra in primo piano e la voce che è ancora in grado di fare meraviglie. Love Lessons è un mid-tempo più rilassato con piano e organo a tratteggiare il suono del brano e la solita chitarra che cesella brevi e ficcanti assoli. Spike Boy è un’altra piccola meraviglia, Bassett nella presentazione sul sito la definisce una “Henry Mancini meets Blues” e per i suoi florilegi fiatistici che incontrano il suono limpido della chitarra e la voce espressiva del leader ci può stare. La title-track ha qualcosa del BB King degli anni d’oro, chitarra limpida e voce espressiva, fiati di supporto e tutta la band che gira a meraviglia intorno alla voce di Bassett, che anche nella scelta delle cover ha un gusto notevole: Cry To Me di Solomon Burke non è un brano facile da cantare, o vai allo scontro frontale con la voce del “King Of Rock’n’Soul” e rischi la figuraccia o ti inventi un arrangiamento divertente ed efficace alla Willy Deville (non so perché mi è venuto in mente lui!) e fai godere l’ascoltatore, come in questo caso.

Anche quando si passa al soul puro come nella sontuosa Teach Me To Love cantata in duetto con la “Diva” locale Thornetta Davis (che di tutte le etichette possibili nel mondo, è sotto contratto per la Sub Pop) Bassett si conferma cantante espressivo e partecipe come pochi. Dawging Around è uno strumentale swingatissimo con spazio per tutta la band ma fin troppo di maniera. Cha’mon è un altro brano ad alta gradazione funky che ci riporta ai temi musicali del brano iniziale e Bassett tenta anche un paio di urletti non male. Reconsider Baby è uno dei classici del Blues, scritto da Lowell Fulsom, l’hanno suonata e cantata un po’ tutti, da Bobby Bland e Magic Sam, per arrivare fino a Clapton e Bonamassa, ognuno nel proprio stile, la versione di Bassett ovviamente è vicina allo spirito dell’originale.

Altro blues classico ancorché scritto da Chris Codish, che è il tastierista dell’album e autore di molti dei brani, anche Motor City Blues è ancora un buon esempio della classe del vecchio Bluesman, ma nel finale il disco perde un po’ la spinta dei brani della prima parte e anche Let’s Get Hammered ha un bel groove, buoni interventi chitarristici e vigore vocale da parte di Bassett ma manca di quel quid che era presente in altri brani del’album. Dell’annunciata versione di Wind Cries Mary che mi aveva incuriosito non c’è traccia nell’album ma non inficia il giudizio più che positivo di questa prova di Johnnie Bassett.

Bruno Conti