Tra Chitarre E Rock’n’Roll, Un Disco A Tratti Irresistibile! The National Reserve – Motel La Grange

national reserve motel la grange

The National Reserve – Motel La Grange – Ramseur CD

Se dovessi partecipare ad un ipotetico gioco nel quale si associano luoghi a generi musicali, parlando di Brooklyn tenderei sicuramente a pensare a rap o hip-hop. Eppure anche nel noto quartiere di New York ci sono le eccezioni, e ad una di esse appartengono certamente The National Reserve, un quintetto di giovani musicisti che, sia nell’aspetto fisico che nel tipo di proposta sonora, sembrano in tutto e per tutto una rock band del Sud. Guidati dal cantante, chitarrista ed autore principale Sean Walsh (gli altri membri sono Jon Ladeau alle chitarre, Matthew Stoulil al basso, Steve Okonski alle tastiere e Brian Geltner alla batteria), i NR hanno una bella gavetta alle spalle, essendosi formati nel 2009 ed avendo maturato una lunga esperienza on the road in tutti questi anni, nei quali hanno dato alle stampe appena un paio di EP ed un album, Homesick, autodistribuito ed impossibile da trovare. Motel La Grange si può dunque considerare a tutti gli effetti il vero debutto per Walsh e compagni, e devo dire che il suo ascolto è stato per me una piacevolissima sorpresa, in quanto mi sono trovato davanti ad un gran bel dischetto di puro rock’n’roll senza fronzoli, come si usava fare negli anni settanta, una miscela decisamente accattivante di rock, country e southern music, con tante chitarre, ritmo spesso elevato ed un songwriting di ottimo livello. Non sembra neanche un lavoro di un gruppo praticamente al debutto, e questo è merito sicuramente degli anni passati sui palchi di mezza America: i NR hanno pazientemente aspettato il loro momento, e con questo Motel La Grange si può dire che finalmente l’attesa è finita.

Nel disco ci sono diversi altri musicisti che appaiono come ospiti, praticamente tutti degli illustri sconosciuti, ma la loro presenza fa sì che il suono delle dieci canzoni presenti sia ancora più corposo, profondo ed interessante, ed il risultato finale è uno degli album di puro rock più riusciti da me ascoltati ultimamente. L’inizio è molto promettente: No More è una rock song elettrica e potente, quasi viscerale, dal gran tiro chitarristico (ma c’è anche un organo che si insinua nelle pieghe del suono) ed un motivo molto diretto e piacevole. Ricorda, ma solo in parte, certe cavalcate di Neil Young con i Crazy Horse. Big Bright Light, sempre caratterizzata da un ritmo sostenuto, è più tersa e quasi country-oriented, ma il suono è ancora rock e la melodia immediata, e c’è anche una splendida steel a fungere da strumento solista; Found Me A Woman cambia registro, ed è un gustoso rock-blues con spruzzate di funky, un suono “grasso” ed uno stile a metà tra Little Feat e certa musica sudista, il tutto impreziosito da un coro femminile e da una mini sezione fiati (due sax ed un trombone), oltre ad apprezzabili interventi di piano, armonica e chitarra solista: grande musica.

La fluida e distesa Don’t Be Unkind è una deliziosa rock ballad che irrompe in territori cari a The Band, basti sentire il tipo di melodia e l’uso della fisarmonica (mentre la slide è suonata alla maniera di George Harrison), la solida Other Side Of Love, ancora cadenzata e dagli umori sudisti, ha il ritmo guidato dal piano ed un bell’intervento centrale di organo, mentre la vibrante Standing On The Corner è puro e semplice rock, con chitarre un po’ ovunque (e tutte dal suono ruspante) ed il solito motivo diretto e vincente. Splendida New Love, coinvolgente rock’n’roll dal sapore country ed il piano suonato come se fosse un organo farfisa: i ragazzi riescono a fare dell’ottimo rock, piacevole e suonato davvero bene, e brani come questo ne sono la conferma. Motel La Grange è un lentaccio in puro stile southern soul, dal suono classico basato su chitarre ed organo, ed il ricordo dei grandi gruppi dei seventies; il CD si chiude con la squisita I’ll Go Blind, una delle più riuscite ed orecchiabili, che reca tracce del miglior Doug Sahm, e con la lenta ed elettroacustica Roll On Babe, finale quasi crepuscolare ma di grande pathos, ed un suono che sembra uscito dai Fame Studios di Muscle Shoals. Un dischetto bello e sorprendente, per chi ama il vero rock’n’roll.

Marco Verdi