E Questi Da Dove Sono Sbucati Fuori? Una Buona Occasione Per Conoscerli! Sundy Best – It’s So Good Live

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Sundy Best – It’s So Good Live – E-One 2CD

Confesso che non avevo mai sentito parlare dei Sundy Best, un duo proveniente dal Kentucky (formato da Nick Jamerson e Kris Bentley) già titolare di tre album pubblicati tra il 2012 ed il 2014. La coppia di musicisti è considerata come un country duo, anche se i loro orizzonti ed influenze sono più ampi: il country c’è, ma non è di stampo nashvilliano, anzi piuttosto in alcuni brani si sente la lezione degli Outlaws texani (Willie Nelson soprattutto), ma nel loro suono, un gradevole impasto di sonorità acustiche ed elettriche, si trovano tracce anche di rock californiano anni settanta, un po’ di folk ed anche, nei pezzi più elettrici, l’ombra di Tom Petty. I due ragazzi hanno anche dalla loro una buona scrittura, solida e classica e, anche se prediligono le ballate, sanno far cantare le chitarre quando serve: i loro dischi finora hanno avuto un moderato successo (il miglior risultato lo ha avuto il secondo album, Bring Up The Sun, che ha sfiorato l’ingresso nella Top Ten country), ma sono riusciti a crearsi uno zoccolo duro di fans che hanno già imparato a menadito le loro canzoni, come è evidente in questo nuovissimo live album, It’s So Good Live, registrato lo scorso Ottobre a Louisville (quindi giocando in casa) https://www.youtube.com/watch?v=etvd3ZLCBOQ .

Il disco è piacevole, ben fatto, cantato e suonato con buon feeling e senza grandi cali di tensione (grazie anche ad una band non molto numerosa ma solida e sicura), anche se forse un live doppio della durata di due ore dopo soli tre album è un tantino troppo, forse anche un singolo di una settantina di minuti avrebbe raggiunto lo scopo (ci sono comunque cinque brani inediti). Il concerto inizia con Count On Me, che parte con un lungo fraseggio chitarristico, poi il ritmo cresce, entra la voce ed il brano si dipana fluido e scorrevole, mentre Shotgun Lady e decisamente più elettrica e mostra anche elementi southern. Ancora meglio Lotta Love (Neil Young non c’entra), un quasi rockabilly con un motivo corale e diretto, giusto a metà tra country e rock (ed il pubblico inizia a farsi sentire); Smoking Gun è invece una bella ballata elettroacustica, molto classica nell’arrangiamento e con una costruzione melodica efficace https://www.youtube.com/watch?v=Ns-b6G_kWfw , mentre It’s So Good ha punti in contatto con un certo pop-rock californiano che aveva nei Fleetwood Mac i suoi esponenti più autorevoli. Ma nel primo dischetto ci sono altri pezzi degni di nota, come la coinvolgente Southern Boy, dal refrain scintillante, l’evocativo strumentale NOYA, dove brilla la chitarra di Jamerson, la tosta e roccata Jimmy Crider, l’ottima Rock’n’Roll Baby, con l’influenza pettyana ben presente, ed il rockin’ country Drunk Right, che infiamma i presenti.

Il secondo CD si apre con l’unica cover dell’album: Mary Jane’s Last Dance è una delle grandi canzoni proprio di Tom Petty, e la versione dei Sundy Best è più acustica e leggermente più veloce nel ritmo, chiaramente non ci sono gli Heartbreakers (e si sente); meglio quando i due si cimentano con materiale loro, come l’intensa ballad Uneven Trade, oppure Lily, che il pubblico mostra di conoscere a memoria. Anche qui non è il caso di citarle tutte, il concerto prosegue in maniera fluida e senza grosse sbavature, con punte di merito come l’ottima Hindman, uno slow di stampo classico, dalla melodia vibrante, o la quasi texana Piece Of Work, o ancora la spedita Swarpin’, che inizia quasi come un brano dei Grateful Dead e poi diventa un roots-rock dal sapore sudista. La roccata Until I Met You ha ancora lo spirito di Petty nel suono, e risulta una delle più riuscite, mentre Four Door ha una melodia profondamente evocativa ed emozionante, sul genere ballatone classiche dei Lynyrd Skynyrd; il concerto termina con il valzerone acustico Thunder, la bella I Wanna Go Home, con gran lavoro di pianoforte, e la meno significativa This Country. Per chi non conoscesse ancora i Sundy Best questo doppio CD può essere un ottimo showcase, anche se, ripeto, andava benissimo anche singolo.

Marco Verdi