Recuperi Di Fine Anno Parte 3: Mavis Staples – One True Vine

mavis staples one true vine

Mavis Staples – One True Vine – Anti- CD

Confesso di non essere mai stato un grandissimo fans dei Wilco: riconosco la bravura come songwriter di Jeff Tweedy e quella della band dal vivo (il loro live Kicking Television era senza dubbio un discone della Madonna), ma personalmente sono comunque più legato ai loro primi due album, A.M. e Being There, il suono dei quali era ancora influenzato (più il primo del secondo) dalla passata esperienza “roots” come co-leader insieme a Jay Farrar negli Uncle Tupelo, rispetto ai lavori successivi, nei quali alcune incursioni nel pop e nello sperimentalismo non mi hanno mai convinto fino in fondo. Sono pronto però a riconoscere una cosa: quando un musicista passa dall’altra parte della consolle (in parole povere, alla produzione) e lo fa anche bene, vuol dire che ha i numeri e che li sa usare per salire di livello: è successo in anni meno recenti con Joe Henry, ormai tra i produttori più affermati (senza scomodare T-Bone Burnett, che ormai produce e basta e di dischi in proprio non ne fa più) e sta succedendo anche con Tweedy, che da due album a questa parte si è preso cura della grande (in termini artistici, non equivocate) Mavis Staples. La coppia è solo apparentemente strana: Tweedy è sempre stato un fan degli Staple Singers , ed il fatto di abitare nella stessa città di Mavis (Chicago) ha indubbiamente favorito l’incontro. Il buon Jeff aveva già prodotto nel 2010 il bellissimo You Are Not Alone della figlia del grande Roebuck “Pops” Staples http://discoclub.myblog.it/2010/09/17/musica-dell-anima-mavis-staples-you-are-not-alone/ , ed era riuscito persino a fare meglio di un certo Ry Cooder, che si era occupato, benissimo peraltro, del precedente We’ll Never Turn Back, che era comunque uno dei dischi del 2007.

Mavis deve essere stata soddisfatta del lavoro fatto da Jeff con You Are Not Alone se lo ha richiamato per questo One True Vine, e devo dire che Mr. Wilco si è superato, operando una scelta secondo me vincente, cioè dando ampio spazio alla straordinaria voce della Staples, mettendola al centro delle canzoni, e rivestendola del minimo indispensabile di strumentazione. I musicisti presenti in studio si contano infatti sulle dita di una mano: Jeff suona quasi tutto tranne la batteria, che è nelle mani del figlio Spencer, mentre troviamo in aggiunta un piano qua, una chitarra là, qualche backing vocalist e nulla più. Ed i brani, già validi in partenza (fra poco li vedremo nel dettaglio), assumono ancora più spessore: Mavis è una che darebbe profondità ed anima anche alle canzoni dello Zecchino d’Oro, ma quando, come in questo disco, ha per le mani materiale di prima qualità ed è messa nelle condizioni di valorizzare la sua voce con arrangiamenti semplici, il risultato non può che essere uno degli album più belli di questo 2013.

L’album si compone di tre brani scritti da Tweedy (di cui due appositamente per questo CD), qualche traditional, una canzone “di famiglia” ed alcune sorprese. Apre Holy Ghost (un brano poco noto dei Low, una band del Minnesota), dove, oltre alla voce, troviamo solo chitarra acustica, basso e qualche nota di piano elettrico (ad opera di Mark Greenberg), eppure la sensazione è che anche soltanto uno strumento in più sarebbe fuori posto. Every Step, di Tweedy, è già un mezzo capolavoro, un blues elettrico (c’è anche la batteria) con una leggera distorsione chitarristica da parte di Jeff: ma il centro della canzone è la performance vocale di Mavis, davvero strepitosa, ma con una leggerezza e naturalezza disarmanti. Come se cantasse mentre prepara il sugo per la pasta. Can You Get To That è un brano dei Funkadelic, che nelle mani di Jeff e Mavis diventa un gustoso gospel tinto di rock, con un botta e risposta da applausi tra la Staples ed il coro. Un arrangiamento geniale. Splendida anche Jesus Wept (ancora di Jeff), una vibrante soul ballad con un feeling formato elefante, una melodia profonda ed un perfetto dosaggio della strumentazione. Far Celestial Shore è invece un brano di Nick Lowe, con una melodia tipica del suo autore, ma in cui l’elemento pop e sostituito da un mood gospel vivace e ritmato: la voce di Mavis come al solito è in primissimo piano e tutto il resto cucito addosso con sapienza. Complimenti per la scelta!

What Are They Doing In Heaven Today? e Sow Good Seeds sono due traditionals: la prima è un intenso gospel, arrangiato in maniera classica (ma che voce), mentre la seconda è un bluesaccio con tanto di slide, un brano che probabilmente Mavis canta da quando era bambina. I Like The Things About Me è invece un pezzo scritto dal padre Roebuck http://www.youtube.com/watch?v=bqc1I9oSGiE , nel quale Tweedy si lascia andare a qualche distorsione, ma la resa del brano non ne risente affatto; Woke Up This Morning è ancora una canzone di dominio pubblico, l’ennesimo bellissimo gospel, decisamente trascinante: ditemi voi se non vi viene voglia di battere le mani a tempo. L’assolo di chitarra di Jeff è la ciliegina sulla torta. Chiude la title track, una outtake di un album dei Wilco (Sky Blue Sky), scarna nell’accompagnamento ma piena di anima.

Un gran disco: ormai Mavis Staples non deve dimostrare più nulla, ma a settant’anni suonati ha trovato in Jeff Tweedy il suo partner artistico ideale.

Marco Verdi

Divertimento Assicurato! Paul Burch – Fevers

paul burch fevers

Paul Burch -Fevers – Plowboy CD

Paul Burch, musicista nativo di Washington ma trapiantato a Nashville, è in giro da quasi vent’anni, ma è uno dei segreti meglio custoditi del panorama musicale Americano.

Ha esordito nel 1996 con l’album Pan-American Flash, e da allora ha pubblicato una decina di album, sempre ottimamente bilanciati tra musica country (la sua base di partenza), folk, rock’n’roll e qualche puntata nel blues. Vera American music quindi: Paul non ha mai conosciuto il successo, non è mai andato oltre uno status di cult artist, ma ha sempre fatto quello che voleva, come voleva e quando voleva. Lo scorso anno ci aveva piacevolmente stupito con l’ottimo Great Chicago Fire, uscito per la Bloodshot http://www.youtube.com/watch?v=OVPG-TOv_UI e nel quale Burch si faceva accompagnare dai Waco Brothers, che come sappiamo è una delle migliori e più longeve band di alternative country, un disco che alternava mirabilmente un country molto vigoroso ad episodi decisamente rock, con l’influenza dei Rolling Stones ben presente.

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Con questo nuovo album, intitolato Fevers, Paul cambia le carte in tavola, richiama la sua band WPA Ballclub (il cui leader, il noto polistrumentista Fats Kaplin, è anche co-produttore del disco), e ci regala un godibilissimo lavoro di pura Americana, con deliziosi arrangiamenti vintage che fanno lo fanno sembrare un vecchio LP di qualche oscuro musicista degli anni 50/60. C’è di tutto in Fevers (country, folk, blues, rock’n’roll, pop, swing), http://www.youtube.com/watch?v=3b2OQHs2b2A ma l’insieme non suona assolutamente dispersivo, ma anzi dimostra che Burch è un musicista di grande talento che non ha mai avuto l’attenzione che avrebbe meritato. I suoni sono semplici, diretti, nulla a che vedere con le produzioni cromate di Nashville, ma da questi solchi viene fuori l’amore del nostro per le tradizioni (anche se dieci canzoni su tredici sono opera sua), e la varietà di stili non è un segnale di dispersività, ma ,al contrario, di compattezza.

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L’iniziale Cluck Old Hen è un traditional folk, e Paul lo ripropone proprio come se fosse uscito dall’Anthology Of Folk Music: voce, violino, mandolino e poco altro. Couldn’t Get A Witness è un rockabilly d’altri tempi, diretto, godibile ed essenziale nei suoni: violino, basso e batteria, con una chitarra mixata talmente bassa che quasi non si sente http://www.youtube.com/watch?v=1gDQ7AaaLsk . Ma il brano funziona lo stesso. La splendida Straight Tears, No Chaser è uno scintillante honky-tonk suonato alla maniera classica, con la doppia voce di Kristi Rose ad impreziosire una gemma già lucente di suo: la steel di Kaplin ed il pianoforte della brava Jen Gunderman (in passato anche con i  Jayhawks al momento nei Last Train Home) fanno il resto.

Two Trains Pullin’ è una classica pop ballad, gradevolissima e molto anni ’50 (mi ricorda certe cose di Nick Lowe), mentre Ocean Of Tears (cover di un classico del grande Tennesse Ernie Ford) http://www.youtube.com/watch?v=CkigmANGaco è uno slow jazzato, sempre a due voci (stavolta con Kelly Hogan), quasi un brano afterhours, di gran classe: sentire per credere. Con Luck Ran Out si cambia decisamente genere: un pezzo con sonorità quasi low-fi, un bluesaccio sudista con accenni swamp, alla Tony Joe White, mentre con il pop-rock Breaking In A Brand New Heartache torniamo decisamente dalle parti di Lowe, anzi quasi mi stupisco di non trovare nei credits del brano il nome del geniale musicista inglese.

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Con la deliziosa (I Love) A Melancholy Baby torniamo negli anni a cavallo tra i cinquanta ed i sessanta, ed anche l’arrangiamento vintage fa la sua parte; Give It Away è invece un rock’n’roll venato di country e dominato dal piano (chi ha detto Jerry Lee?). Sac Au Lait ci porta in territori cajun, non c’è la batteria ma il piedino si muove lo stesso, mentre Sagrada è un pezzo che mi ricorda certe cose dei Los Lobos, non quelli folk tradizionali ma quelli contaminati con il rock un po’ obliquo, come se ci fosse Mitchell Froom dietro alla consolle (è chiaro che qui la produzione è moooolto più artigianale!).

Chiudono un album fresco e stimolante una bella cover di Going To Memphis (un classico di Johnny Cash, era sul mitico Ride This Train), con ospite Richard Bennett al mandolino e Paul che prova a tenere il passo del Man in Black (ma non ne ha la voce, chiaramente), e Saturday Night Jamboree, un gustoso western swing ancora molto vintage.

Date una chance a Paul Burch, non vi deluderà, e probabilmente vi divertirà pure.

Marco Verdi

Non Tutto E’ Perduto, Anzi! The Strypes – Snapshot

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The Strypes – Snapshot – Virgin/Universal 10-9-2013 UK – 24-9-2013 ITA

Ma quindi non tutto è perduto, esistono delle boy band, perché qui l’età media è tra i 15 e i 17 anni, che fanno musica di qualità! Sento rumoreggiare, lo so che il termine boy band e qualità sembrano incompatibili tra loro, ma nel caso di questi quattro baldi giovanotti provenienti dall’Irlanda, si possono fare coincidere. Di solito non mi faccio incantare dall’hype che arriva dal Regno Unito (anche se loro sono della vicina Irlanda), ma persino Mojo ha assegnato al disco d’esordio degli Strypes, Snapshot le canoniche 4 stellette che di solito si danno ai buoni dischi, magari non capolavori, ma album solidi.

Le pettinature sono quelle dell’epoca degli Yardbirds, degli Small Faces, dei Them, il genere musicale pure, un misto di beat, R&B e blues, un pizzico di Nuggets, con l’esuberanza dei primi dischi dei Jam e le capigliature di due di loro che si rifanno anche al giovane Jimmy Page (il chitarrista naturalmente) e all’afro di Jimi. Dico questo con cognizione di causa perchè ho provveduto ad ascoltare in streaming il loro disco di esordio, che uscirà martedì 10 nella perfida terra d’Albione e un paio di settimane dopo, il 24 settembre anche sul suolo italico. Noi avremo solo la versione normale, ma in Inghilterra ne esce anche una versione singola Deluxe, quella col nome del gruppo in rosso e il titolo del disco in bianco, con quattri tracce extra, due dal vivo, tra cui una versione grintosa di CC Rider, e pure il vinile.

Ma anche nella versione basica, oltre ad una serie di brani firmati Farrelly/McClorey, ci sono gustose cover di Heart Of The City di Nick Lowe, Rollin’ And Tumblin’ e You Can’t Judge A Book By The Cover di Bo Diddley, che avrebbero dato del filo da torcere anche ai Dr.Feelgood e ai primi Stones. Jeff Beck, Paul Weller, Roger Daltrey e Noel Gallagher (ma questo era scontato) hanno espresso la loro ammirazione per il quartetto di Cavan, in attività dal 2008, quando andavano alle elementari penso. L’esibizione del gruppo a Glastonbury è stata notevole, e la potete vedere qui sotto.

Dal sound del gruppo non si direbbe, ma giuro che oggi è il 7 settembre 2013 e non 1966. Non dei “ffenomeni” ma dei bravi “gggiovani”! Potrebbero farsi (non in quel senso, ho dei lettori maliziosi)! Da aggiungere a Jake Bugg tra i giovani delle isole britanniche per i quali qualche euro si può anche sborsare.

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte I. Steve Forbert, Woven Hand, Patterson Hood, Ben Folds Five, Skunk Anansie, Jon Spencer Blues Explosion, Roy Storm & The Hurricanes, Coal Porters, Tributes To Nick Lowe & Jesse Winchester

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Questo mese la rubrica sulla novità discografiche ha latitato fino ad oggi, considerando che nei mesi scorsi mi ero portato abbondantemente avanti con le uscite discografiche e molte sono state recensite direttamente, ma qualcosa sfugge sempre, per cui oggi recuperiamo con gli altri dischi interessanti pubblicati in questi primi venti giorni di settembre.

Iniziamo con Steve Forbert che ritorna con un nuovo album, Over With You, circa tre anni e mezzo dopo The Place and the Time e a 34 anni dal bellissimo Alive On Arrival, il cantante di Meridian, Mississippi non ha perso un briciolo del suo fascino. La voce è un filino più vissuta, ma le canzoni sono sempre affascinanti: questa volta si parla di una relazione finita e a dargli una mano a livello musicale ci sono anche due Ben, Sollee al cello e Harper alla chitarra. Etichetta Blue Corn Music, è uscito in questi giorni sul mercato americano, se ne parla più diffusamente nei prossimi giorni.

I Woven Hand avevano pubblicato da pochissimo tempo un ottimo CD+DVD in concerto, Live at Roepan, edito dalla Glittehouse ed accolto da unanimi critiche favorevoli. A distanza di cinque mesi dal disco dal vivo esce, sempre per la Glitterhouse, questo nuovo lavoro di studio, The Laughing Stalk: David Eugene Edwards, ex leader dei non dimenticati 16 Horsepower, aggiunge un tastierista e un secondo chitarrista e il suono del disco assume una patina più rock ma sempre con le solite volute dark e gotiche.

Nuovo album solista anche per Patterson Hood, che periodicamente si prende delle vacanze dai Drive-by-Truckers per pubblicare i suoi dischi da cantautore. Questo nuovo si chiama Heat Lightning Rumbles In The Distance, è uscito per la PIAS, Play It Again Sam, e ancora una volta ci ricorda che Hood scrive delle belle canzoni anche quando le chitarre non ruggiscono a tutto spiano.

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Un altro paio di novità di gruppi incentrati intorno al nome di un leader, band che era qualche annetto che non si facevano sentire. Per i Ben Folds Five, il cui nuovo disco si chiama The Sound Of The Life Of The Mind ed esce per la Sony Music, di anni ne sono passati 13 dal precedente The Unauthorized Biography Of Reinhold Messner (i titoli sono sempre spettacolari), anche se Ben Folds nel frattempo aveva pubblicato vari CD a nome proprio.

La Jon Spencer Blues Explosion invece, era solo otto anni che non pubblicava un disco nuovo in studio, anche se nel frattempo, tra una collaborazione e l’altra, è stato ristampato tutto il catalogo del gruppo in versione riveduta e potenziata. Per questo nuovo Meat And Bone, su etichetta Bronze Rat Records (!?!), Jon Spencer, Russell Simins e Judah Bauer si sono ritrovati a registrare in quelli che furono i leggendari studios di Sly Stone.

Gli Skunk Anansie da quando si sono rimessi insieme nel 2009 hanno ripreso a pubblicare dischi con cadenza regolare, questo Black Traffic, che esce in questi giorni per la loro etichetta 100% Records, nell’immancabile formato CD+DVDè il terzo dopo la reunion.

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Se il tipo seduto dietro alla batteria con un poderoso ciuffo vi dice qualcosa, non vi state sbagliando. E’ proprio Ringo Starr, nella formazione di Rory Storm & The Hurricanes prima di entrare nei Beatles, Ringo Starr ha fatto parte di questa band della preistoria musicale di Liverpool. In questo periodo è stato ritrovato un nastro inedito che documenta una performance del gruppo, Live At The Jive Hive, registrato appunto in quel di Liverpool, il 5 marzo del 1960 e viene pubblicato dalla Rockstar Records. Non vi so dire la qualità delle registrazioni (ma dal video si intuisce, pensavo peggio, precursori del beat inglese), in ogni caso questa è lista dei brani:

1. Introduction
2. “Brand New Cadillac”
3. “(You’re So Square) Baby I Don’t Care”
4. “Make Me Know You’re Mine”
5. “Bye Bye Love”
6. “Jet Black”
7. “Down The Line”
8. “C’mon Everybody”
9. “Don’t Bug Me Baby”
10. “Rip It Up”
11. “Somethin’ Else”
12. “Train To Nowhere”
13. “Since You Broke My Heart”
14. “Honey Don’t”
15. “All American Boy”
16. “Willie & The Hand Jive”
17. Closing Announcement
18. “Milk Cow Blues” (home recording)
19. “What ‘d I Say” (home recording)
20. “Cathy’s Clown” (home recording)
21. “Now Is The Hour” (home recording)

Beatlesiani, occhio alla penna!

Altra vecchia gloria del rock britannico, a Nick Lowe viene dedicata questa compilation-tributo, Lowe Country, edita dalla Fiesta Red Records. Il sottotitolo è The Songs Of Nick Lowe e in questo caso gli ho già dato una ascoltata e devo dire che è proprio bello e gli artisti partecipanti sono tutti di ottimo spessore artistico:

1. Lately I’Ve Let Things Slide – Caitlin Rose
2. Don’T Lose Your Grip On Love – The Parson Red Heads
3. All Men Are Liars – Robert Ellis
4. I Love The Sound Of Breaking Glass – Amanda Shires
5. Marie Provost – Jeff The Brotherhood
6. (I’M Gonna Start) Living Again If It Kills Me – Hayes Carll
7. Lover Don’T Go – Erin Enderlin
8. When I Write The Book – The Unsinkable Boxer
9. You Make Me – Colin Gilmore
10. Heart Of The City – Chatham County Line
11. What’S Shakin’ On The Hill – Lori Mckenna
12. Cracking Up – Griffin House
13. Where’S My Everything? – Ron Sexsmith

Sid Griffin è stato per anni il leader dei Long Ryders, oltre che scrittore e giornalista musicale per varie testate britannica. Ma già da alcuni anni il suo gruppo sono i Coal Porters con i quali ha pubblicato una decina di album, che escono per la propria etichetta, la Prima Records. Anche questo Find The One prosegue nella tradizione: in questo nuovo disco, anche se lo stile è il solito gustoso mix di folk e bluegrass, ci sono alcune novità. Una cover di Heroes di Bowie in puro stile folk-bluegrass, bellissima, la partecipazione di Richard Thompson in un brano e un’altra cover d’autore, una Paint It Black con tanto di sitar vero, non la chitarra “trattata” della versione originale degli Stones, ovviamente la battaglia a tempo di bluegrass tra violino e sitar è quantomeno inconsueta. Produce John Wood, quello dei dischi di Nick Drake e Fairport Convention, e l’ingegnere del suono è Ed Stasium (Ramones, dice qualcosa). Bella anche l’alternanza tra la voce di Sid Griffin e quella della violinista Carly Frey. Tra l’altro vedo dal dischetto che è anche un CD Enhanced e contiene un documentario di sei minuti sulla band.

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Il tributo a Jesse Winchester Quiet About It, viene pubblicato questa settimana negli Stati Uniti e la settimana prossima in Europa dalla Mailboat Records, che è l’etichetta di Jimmy Buffett. I fondi raccolti sarebbero dovuti servire per le cure inerenti al tumore all’esofago che lo aveva colpito lo scorso anno. Poi, nel frattempo, sembra che la malattia sia regredita dopo varie cure ed interventi, e la cosa ci fa piacere, ma il disco era pronto ,per cui viene pubblicato ugualmente e Jesse Winchester che è già tornato a fare concerti nel frattempo, lo considererà un omaggio da parte di alcuni suoi colleghi illustri che interpretano i suoi bellissimi brani:

1. Payday (James Taylor)
2. Biloxi (Rosanne Cash)
3. Gentleman of Leisure (Jimmy Buffett)
4. I Wave Bye Bye (Allen Toussaint)
5. Talk Memphis (Vince Gill)
6. Defying Gravity (Mac McAnally)
7. Brand New Tennessee Waltz (Lyle Lovett)
8. Mississippi You’re On My Mind (Lucinda Williams)
9. Dangerous Fun (Rodney Crowell, feat. Emmylou Harris and Vince Gill)
10. Rhumba Man (Little Feat)
11. Quiet About It (Elvis Costello)

Non si sa ancora nulla di preciso su formato e contenuti, anche se pare probabile un doppio CD più doppio DVD ma nel frattempo la reunion dei Led Zeppelin alla O2 Arena di Londra, ha un titolo Celebration Day e una copertina, che è quella che vedete sopra. Prima uscirà nei cinema e poi il 19-20 novembre dovrebbe essre nei negozi, questo è il trailer:

Alla prossima.

Bruno Conti

I “Pupilli” Di Dan Auerbach! Hacienda – Shakedown

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Hacienda – Shakedown – Collective Sounds

Ad un primo ascolto non ero rimasto particolarmente impressionato da questo Shakedown, opera terza degli Hacienda, quartetto di San Antonio, Texas che, come in molti casi della musica, è un affare di famiglia: sono i tre fratelli Villanueva, anche a livello somatico di origini latine. e il cugino, il chitarrista e cantante, Dante Schwebel, ma in effetti cantano anche gli altri tre. “Scoperti” da Dan Auerbach dei Black Keys che ha prodotto anche i due dischi precedenti e li ha utilizzati come backing band nel tour promozionale per l’album solista Keep It Hid, è evidente che ci siano molte analogie con il duo di Akron, Ohio. Se aggiungiamo che in questo disco Auerbach non si è limitato a produrre l’album ma ha firmato con il gruppo anche tutti i dieci brani le analogie si fanno vieppiù evidenti, ma…

Mentre nei Black Keys, almeno agli inizi, il sound era influenzato anche da un blues diciamo “futurista”, mi sembra che negli Hacienda il punto di riferimento sia più la musica pop degli anni ’60 vista attraverso un’ottica wave e rock anni ’80 e poi portata ai giorni nostri. Cerco di spiegarmi con un esempio: il brano di apertura, Veronica, con le sue scansioni quasi dance, mischia un organo Farfisa alla Sir Douglas e coretti pop, con una ritmica marcata alla Black Keys, per un singolo che vuole cercare di imporsi anche alle radio, con un basso molto in evidenza, anche se nell’insieme comunque il brano non brilla per grandi qualità. Let me go, sempre con coretti sixties sullo sfondo, si rifà a certe soluzioni sonore che erano care ai primi Talking Heads, un cantato vagamente schizzato ispirato a Byrne e sempre molto pop sul piatto della bilancia. I pezzi sono tutti abbastanza brevi (l’album dura complessivamente poco meno di 34 minuti) ma cercano di inserire citazioni e riferimenti a molti tipi di musica, per esempio Don’t Turn Out The Light, con la sua chitarrina ficcante e un basso nuovamente molto marcato, può ricordare i Feelies dei primi dischi con Nick Lowe alla voce, quindi quello strano incrocio di musica pop proveniente dalle ultime decadi pari del Novecento. Savage ha, a sua volta, un suono “moderno”, vagamente sintetico, molto simile agli ultimi Black Keys, magari meno rock e più orecchiabili. ma con l’influenza di Auerbach ovviamente stampata sul risultato finale.

You Just Don’t Know sempre con il basso protagonista del lato ritmico del brano, sembra, allo stesso tempo, più e meno derivativa, ovvero meno dai Keys e più da quella scuola pop anni ’80 dove si trovano suoni alla Bowie dell’epoca, gli Human Switchboard (ricordate?), qualcosa dei Blondie, i primi B-52’s. Se trasportate il riff di You Really Got Me ai giorni nostri, lo rallentate appena e ci aggiungete quell’organetto Farfisa tipico degli Hacienda probabilmente otterrete questa Don’t Keep Me Waiting. Sempre per continuare il gioco delle citazioni (che è ovviamente personale, ognuno ci vede o ci sente quello che vuole), se prendete le chitarre “circolari” dei Television, ma meno cerebrali e le mescolate con il riff iniziale di With A Girl Like You dei Troggs, una delle migliori e più convinte prestazioni vocali dei Villanueva (o sarà Schwebel?), otteniamo questo patchwork sonoro che si chiama Natural Life, uno dei brani peraltro migliori del CD.

Anche Doomsday, nuovamente con il solito basso grintoso che, come già ho ricordato, è spesso lo strumento guida del suono del gruppo, ha sapori più rock, con la chitarra che si fa “sentire” a momenti. E pure nella successiva Don’t You Ever, il riff di chitarra viene di filato dagli anni ’60, sembra estratto a viva forza da And Your Bird Can Sing dei Beatles, evidentemente i nostri amici hanno una bella collezione di dischi da dove gli spunti, secondo me, non vengono cercati volutamente, ma “aleggiano” nell’aria, sono frammenti sonori che ricadono casualmente nelle canzoni. Per esempio la conclusiva Pilot In The Sky, una delle tracce migliori di questo Shakedown, ha ancora mille rimandi a soluzioni sonore del passato, questa volta viste in un’ottica leggermente psichedelica, per un frullato sonoro che ha mille influenze ma nessun padre certo e alla fine risulta molto piacevole, senza essere particolarmente geniale. Che è un po’ il leitmotiv di tutto l’album, se vi piacciono i Black Keys più pop trascorrerete una mezzoretta piacevole anche se magari non memorabile, come è capitato al sottoscritto!

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte II.Waterboys, June Tabor & Oyster Band, Pearl Jam, Nick Lowe, JJ Grey & Mofro, Reckless Kelly, Tony Bennett, Grateful Dead, Eccetera

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 In questi giorni mi sono dedicato alle recensioni per cui ho accumulato una mole di uscite impressionanti per la rubrica delle anticipazioni (ed alcune, essendo nel frattempo uscite, non lo sono più) per cui vai con il recupero, diviso in due o tre post, perché c’é veramente molto materiale, scelto, ovviamente tra quello che reputo più interessante e le uscite più importanti.

Dopo l’album di demo e di materiale d’archivio i Waterboys di Mike Scott pubblicano un nuovo CD finalmente degno della loro fama. Si chiama An Appointment With Mr. Yeats, esce domani martedì 20 settembre per la Proper e si tratta, come dice il titolo, dell’adattamento di liriche di WB Yeats messe in musica solo oggi, perché recentemente sono scaduti i diritti d’autore e prosaicamente quel risparmio è importante per dischi che non hanno budgets stratosferici. Mike Scott aveva già musicato due poemi di Yeats, uno The Stolen Child per Fisherman’s Blues (e quello è l’album più musicalmente vicino a questo, quindi buone nuove) e l’altro Love and death che appariva in Dream harder. Altri fattori positivi? C’è di nuovo Steve Wickham al violino, c’è Kate St.John, una vocalist irlandese che si chiama Katie Kim, altri due fiatisti oltre alla St.John e una manciata di belle canzoni.

A proposito di musica celtica e dintorni questo è il secondo disco di June Tabor nel 2011 e si annuncia come un evento. Oltre a sancire una nuova collaborazione con la Oyster Band a distanza di 21 anni dal precedente Freedom and Rain, questo Ragged Kingdom edito come di consueto dalla Topic Records ha ricevuto una recensione da 5 stellette sulla rivista Mojo (ma anche il Guardian) che si riserva solo ai capolavori. Inoltre nel disco ci sono alcune cover da antologia: dalla ripresa di The Bonny Bunch Of Roses passando per una bellissima versione di That Was My Veil di P.J.Harvey per arrivare ad una rivisitazione acustica di Love Will Tear Us Apart dei Joy Division. Nuovi e vecchi “classici”, anche American Civil War di Shel Silverstein e molte altre chicche. Appena ce l’ho recensione.

I Pearl Jam proseguono nella loro “infinita” serie di pubblicazione di materiale inedito e raro, in studio e dal vivo. Questo doppio Pearl Jam Twenty in uscita sempre il 20 settembre per la Columbia raccoglie nel primo CD materiale dal vivo e nel secondo un misto di live, demo e strumentali ed è la colonna sonora del film che Cameron Crowe ha curato per festeggiare i 20 anni della band, per fare prima questa è lista dei contenuti:

Disc 1

  1. Release (Arena di Verona – Verona, Italy 9/16/2006)
  2. Alive (Mookie Blaylock – The Moore Theatre – Seattle, WA 12/22/1990)
  3. Garden (Albani Bar of Music – Winterthur, Zurich, Switzerland 2/19/1992)
  4. Why Go (Markthalle – Hamburg, Germany 3/10/1992)
  5. Black (Kaufman Astoria Studios – MTV Unplugged – New York, NY 3/16/1992)
  6. Blood (Mt Smart Stadium – Auckland, New Zealand 3/25/1995)
  7. Last Exit (Taipei International Convention Center – Taipei, Taiwan 2/24/1995)
  8. Not For You (Folk Arts Theater – Manila, Philippines 2/26/1995)
  9. Do The Evolution (Monkeywrench Radio – Seattle, WA 1/31/1998)
  10. Thumbing My Way (Chop Suey, Seattle, WA 9/6/2002)
  11. Crown of Thorns (10th Anniversary Show – MGM Grand – Las Vegas, NV 10/22/2000)
  12. Let Me Sleep (It’s Christmas Time) (Arena di Verona steps – Verona, Italy 9/16/2006)
  13. Walk With Me (Bridge School – Shoreline Amphitheatre – Mountain View, CA 10/23/2010)
  14. Just Breathe (30 Rock, Studio 8H – Saturday Night Live – New York, NY 3/13/2010)

Disc 2

  1. Say Hello 2 Heaven (Temple of the Dog demo 1990)
  2. Times of Trouble (demo 1990)
  3. Acoustic #1 (demo 1991)
  4. It Ain’t Like That (demo 1990)
  5. Need To Know (Matt Cameron demo 2007)
  6. Be Like Wind (Mike McCready score 2010)
  7. Given To Fly (Mike McCready acoustic instrumental 7/29/2010)
  8. Nothing As It Seems (Jeff Ament Montana demo 1999)
  9. Nothing As It Seems (Key Arena, Seattle, WA 10/22/2001)
  10. Indifference (PalaMalaguti – Bologna, Italy 9/14/2006)
  11. Of The Girl (Instrumental 2000)
  12. Faithfull (Duomo Square – Pistoia, Italy – soundcheck 9/20/2006)
  13. Bu$hleaguer (Nassau Coliseum – Uniondale, NY 4/30/2003)
  14. Better Man (Madison Square Garden – New York, NY 5/21/2010)
  15. Rearviewmirror (Gibson Amphitheatre, Universal City, CA 10/01/2009)            

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Nick Lowe, (the old) Codger, “il vecchio strambo”, come lo chiamano in Inghilterra, pubblica questo The Old Magic per la Proper, che dovrebbe essere se non ho fatto male i conti il suo tredicesimo da solista senza contare Brinsley Schwarz, Rockpile e collaborazioni varie oltre ad antologie e live. E’ sempre “Pure Pop For Now People” anche se più maturo e meditativo del solito (a 61 anni) ma con i soliti sprazzi di classe e un brano, Poisoned Love, scritto dal vecchio pard Elvis Costello. In questo caso, Mojo a parte, una pioggia di 4 stellette. Questo è già uscito la scorsa settimana.

E anche il nuovo, terzo album, di St. Vincent, Strange Mercy è già stato pubblicato dalla 4AD il 13 settembre. La nuova prova di Annie Clark, nome all’anagrafe di St.Vincent la conferma come una della cantautrici più interessanti ed originali in circolazione, tra chitarre, tastiere ed una voce che galleggia sognante e l’occasionale brano pop con relativo video.

JJ Grey & Mofro incidono per la Alligator Records e quindi il genere si può immaginare, anche se questa confezione CD+DVD di materiale dal vivo, Brighter Days, mette in evidenza le consuete contaminazioni con funky, soul, southern rock e belle canzoni degli album di studio. Una sorta di Little Feat per i nostri tempi. Anche questo è uscito il 13 settembre e dovrebbe costare poco di più di un singolo album.

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Tony Bennett ormai veleggia verso i 100 anni (meno? Mi dicono 85!) e ormai siamo oltre i 70 album pubblicati, questo è il secondo disco di duetti, Duets II, lo dice anche il titolo e contiene il famoso brano cantato con Amy Winehouse. Esce domani, 20 settembre, per la Columbia e poteva mancare la versione Deluxe con il DVD con il making of dell’album? Certo che no. In iTunes è disponibile dal 2 agosto e la grande catena americana Target ne pubblica una versione con 19 brani. Per tutti gli altri questo è il contenuto.

  1. The Lady Is A Tramp (with Lady Gaga)
  2. One For My Baby (And One More For The Road) (with John Mayer)
  3. Body And Soul (with Amy Winehouse)
  4. Don’t Get Around Much Anymore (with Michael Bublé)
  5. Blue Velvet (with k.d. lang)
  6. How Do You Keep The Music Playing (with Aretha Franklin)
  7. The Girl I Love (with Sheryl Crow)
  8. On The Sunny Side of the Street (Willie Nelson)
  9. Who Can I Turn To (When Nobody Needs Me) (with Queen Latifah)
  10. Speak Low (with Norah Jones)
  11. This Is All I Ask (with Josh Groban)
  12. Watch What Happens (with Natalie Cole)
  13. Stranger In Paradise (with Andrea Bocelli)
  14. The Way You Look Tonight (with Faith Hill)
  15. Yesterday I Heard The Rain (with Alejandro Sanz)
  16. It Had To Be You (with Carrie Underwood)
  17. When Do The Bells Ring For Me (with Mariah Carey)

Se non avevate i 450 dollari per la edizione da 72 CD (che comunque è esaurita da illo tempore) la Rhino/Warner pubblica domani questo Grateful Dead Europe ’72 Volume 2, doppio a prezzo speciale con altri 19 pezzi registrati in quel mitico tour. Dicono che la qualità sonora sia spettacolare in HDCD.

Solo 19 brani? Sì, ma The Other One dura 30 minuti e Dark Star quasi 20. Listina…

  1. Bertha – Tivolis Koncertsal, Copenhagen (4/14/72)
  2. Me And My Uncle – Wembley Empire Pool, Wembley (4/7/72)
  3. Chinatown Shuffle – Tivolis Koncertsal, Copenhagen (4/14/72)
  4. Sugaree – Olympia Theatre, Paris (5/3/72)
  5. Beat It On Down The Line – Theatre Hall, Luxembourg (5/16/72)
  6. Loser – Tivolis Koncertsal, Copenhagen (4/14/72)
  7. Next Time You See Me – Olympia Theatre, Paris (5/4/72)
  8. Black-Throated Wind – Tivolis Koncertsal, Copenhagen (4/14/72)
  9. Dire Wolf – Jahrhundert Halle, Frankfurt (4/26/72)
  10. Greatest Story Ever Told – Olympia Theatre, Paris (5/3/72)
  11. Deal – Olympia Theatre, Paris (5/4/72)
  12. Good Lovin’ – Jahrhundert Halle, Frankfurt (4/26/72)
  13. Playing In The Band – Strand Lyceum, London (5/24/72)

Disc 2

  1. Dark Star- Bickershaw Festival, Wigan (5/7/72)
  2. Drums – Bickershaw Festival, Wigan (5/7/72)
  3. The Other One -Bickershaw Festival, Wigan (5/7/72)
  4. Sing Me Back Home – Strand Lyceum, London (5/26/72)
  5. Not Fade Away – Wembley Empire Pool, Wembley (4/7/72)
  6. Goin’ Down The Road Feeling Bad – Wembley Empire Pool, Wembley (4/7/72)
  7. Not Fade Away – Wembley Empire Pool, Wembley (4/7/72)

Per oggi (ma ce ne sono ancora una valanga usciti e in uscita per i prossimi giorni) finiamo con il nuovo album dei Reckless Kelly Good Luck And True Love disponibile dal 13 settembre su etichetta No Big Deal. “Solito” ottimo country-rock e roots music per il quintetto texano, uno dei migliori del genere.

A domani!

Bruno Conti

Novità Di Marzo Parte III. Van Der Graaf Generator, Unthanks, Soundgarden, Green Day, Strokes, Nick Lowe Eccetera

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Mi sono distratto un attimo, ho saltato una settimana e le novità si sono accumulate. Intanto partiamo con alcune conferme: per la serie “meglio tardi che mai” la Warner italiana si decide a pubblicare l’ottimo album della cantante inglese Rumer già uscito ovunque da novembre dello scorso anno perfect-pop-rumer-seasons-of-my-soul.html e la Emi pubblica l’eccellente disco di Amos Lee di cui vi ho parlato ai primi di febbraio. Entrambi in uscita il 22 marzo marzo. Lo stesso giorno è confermata l’uscita delle varie edizioni di Derek & The Dominos Layla e del doppio Live Forever il disco dal vivo postumo di Bob Marley novita-di-febbraio-parte-i-north-mississippi-allstars-bob-ma.html.

Per i fans disposti a sborsare esce una ennesima “nuova” versione del The Wall Live di Roger Waters che unisce in una unica confezione il doppio CD e il DVD.

Già questa settimana, il 15 marzo per la precisione, sono usciti tre interessanti album: il nuovo album dei Van Der Graaf Generator A Grounding In Numbers che prosegue nella loro seconda (o terza) giovinezza con la formazione a trio con Peter Hammill, Hugh Banton e Guy Evans e che potrebbe stupirvi per la sua freschezza e originalità. Nonostante l’etichetta Esoteric non si tratta di una ristampa e il produttore è il mitico Hugh Padgham quindi aspettatevi un sound prog e potente.

Le Unthanks sono attualmente il miglior gruppo del filone folk della scena britannica, ma non solo. In questo Last il suono si espande verso nuove sonorità e le cover di Starless dei King Crimson e No One Know I’m Gone di Tom Waits sono dei piccoli gioiellini. In Inghilterra per la title-track Last hanno addirittura citato i Pink Floyd più pastorali. Ma come al solito sono le voci delle sorelle Rachel & Becky Unthank il centro dell’attenzione! Etichetta Rabble Rouser (in Italia Self).

La Proper ripubblica in versione Expanded (ma solo una misera Bonus?) il bellissimo album di Nick Lowe Labour Of Love. In America, non senza motivo, il precedente Jesus of Cool si chiamava Pure Pop For Now People. Sentitevi Cruel To Be Kind in questo Labour Of Love e capirete il perché. Distribuzione Ird in Italia.

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Per la serie anche il “dovere” vuole la sua parte ovvero non ci piace ma ci tocca: per la Polydor/Universal esce il nuovo album dell’ex Boyzone Ronan Keating When Ronan Met Burt registrato in coppia con Burt Bacharach che produce e ri-arrangia i suoi classici. Mi dicono che sia meglio di quello che sembra?!? Mah!

Tornano i Duran Duran con un ennesimo album All You Need Is Now già disponibile per il download digitale da parecchi mesi e ora, ampliato, disponibile in due versioni normale e Deluxe per Edel.

Nuovo album anche per gli Strokes Angles, è il quarto per la band di Julian Casablancas, etichetta Sony/Bmg in Italia e Rough Trade in Inghilterra. Tutti e tre disponibili dal 22 marzo.

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CD+DVD Dal Vivo per i Green Day Awesome as F**k, etichetta Warner come di consueto. Registrato a Saitama in Giappone nel tour 2009/2010 è il quarto album dal vivo del gruppo.

Sempre dal vivo ma registrato nel lontano 1996 il nuovo CD dei Soundgarden Live on I-5 esce per la Universal e raccoglie materiale registrato lungo la famosa Interstate 5 che corre lungo la West Coast.

Ristampa Deluxe Collectors’ Edition per Teaser di Tommy Bolin (che dice tutto e niente, parrebbe extra tracks, una, alternate takes e nuovo mix 2011): comunque visto che ha circolato pochissimo in ogni caso interessante per i fans del chitarrista della James Gang, Deep Purple e, soprattutto nell’eccezionale Spectrum di Billy Cobham dove ha dato il meglio di sé. Eichetta Samson Records, quindi import.

E’ tutto! Alla prossima.

Grande Voce, Grande Disco! Janiva Magness – The Devil Is An Angel Too

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Janiva Magness – The Devil Is An Angel Too – Alligator Records

Se questa signora non è una donna forte non saprei di chi si possa dirlo! Se la storia della vita di Mary Gauthier, mirabilmente raccontata nell’album The Foundling vi ha sorpreso e commosso, quella di Janiva Magness, per certi versi, è ancora più straordinaria. Nata in una famiglia working-class giusto nei sobborghi di Detroit, ha avuto una infanzia che definire tosta è riduttivo, con entrambi i genitori che erano degli alcolisti, la mamma soffriva anche di depressione e la piccola Janiva a sei anni ha subito anche delle molestie sessuali. Poco dopo il suo tredicesimo compleanno la madre si è suicidata e a qualche mese di distanza la ragazzina è scappata di casa per andare a Berkeley in California dove ha vissuto come una senzatetto e ha sviluppato una dipendenza da droghe. A quattordici anni ha tentato il suicidio un paio di volte, è stata tre volte in un ospedale psichiatrico e in 12 diversi “istituti di recupero” compreso uno per ragazze con problemi mentali. A 16 anni il padre si è, a sua volta, suicidato e lei ha avuto un bambino che ha poi dato in adozione. A 17 anni, a dimostrazione che non tutte queste storie hanno un finale tragico è stata adottata da una madre single di cinque bambini e da lì è nata la sua rinascita.

Ovviamente, come in tutte le storie che si rispettano, la musica ha svolto un ruolo fondamentale nella vita di Janiva Magness, fino a farla diventare una delle più brave e rispettate cantanti blues e soul americane, vincitrice di moltissimi premi e rispettata dalla critica di tutto il mondo. Mi è capitato più volte di recensire positivamente i suoi dischi per il Buscadero ma non quest’ultimo The Devil Is An Angel Too, che è forse il più bello dei nove che ha fatto, quindi due parole le merita. Dimenticavo…per chiudere la storia: dopo sedici anni di separazione la nostra amica ha stretto di nuovo i rapporti con la figlia data in adozione, musicista a sua volta, che l’ha resa nonna.

Ma veniamo a questo disco, il secondo per la gloriosa Alligator: al suo fianco c’è l’immancabile Jeff Turmes, chitarrista, bassista e all’occorrenza sassofonista nonchè marito che cura la parte musicale ma non la produzione del disco in questo caso, non ci sono nomi noti o musicisti di culto ma una serie di ottimi professionisti che contribusicono alla riuscita di questo album e, soprattutto, una serie di ottimi brani scelti o composti per l’occasione, con grande cura.

Si parte con la notevole title-track, The Devil Is An Angel Too, dove una eccellente tessittura chitarristica, con una slide deragliante e la sezione ritmica molto variata regalano un’atmosfera unica e bluesy a questa ottima composizione di Julie Miller.

I’m Gonna Tear Your Playhouse è uno stratosferico brano, un classico della soul music, che molti ricordano nella trascinante versione del grande Graham Parker, in una devastante versione accelerata, ma era anche uno dei cavalli di battaglia della grandissima Ann Peebles, una delle “divine” del soul, ebbene la versione di Janiva Magness non sfigura affatto davanti a simili predecessori, anzi la voce sale verso vette notevoli e le chitarre e i cori emozionano; per completezza ricordo anche una bella versione di Paul Young, ebbene sì! Rimanendo in questo versante soul-blues anche Slipped, Tripped And Fell In Love (sempre dal repertorio della Peebles, ma l’ha scritta George Jackson) fa la sua notevole figura, con Jeff Turmes che si divide tra chitarra e sax baritono con grande versatilità e la Magness che dà libero sfogo alle sue notevoli capacità vocali.

In I’m Feelin’ Good dall’inizio accapella per sola voce si cimenta addirittura con uno dei classici di Nina Simone, ancora una volta con ottimi risultati, molto bello l’arrangiamento con piano, organo farfisa e una chitarra acustica spagnoleggiante in evidenza. Weeds Like Us è un delta blues atmosferico molto raccolto scritto dal marito Jeff Turmes, mentre Walkin’ In The Sun è una solare (come da titolo) soul ballad resa famosa nei tempi che furono da Percy Sledge, molto ritmata ti stimola il movimento del piedino con il suo walkin’ bass (esatto sempre l’ottimo Turmes che lascia l’incombenza della chitarra all’altrettanto bravo Dave Darling).

Se End Of Our Road vi risveglia ricordi di tematiche Motown non vi sbagliate, l’hanno scritta Strong & Whitfield quelli dei successi dei Temptations e la cantavano Gladys Knight & The Pips, mentre Save Me è una ballatona quasi country scritta da Sherrill & Nicholson quelli che scrivono molti dei brani di Delbert McClinton. I Want To Do Everything For You è un trascinante errebì scritto da Joe Tex con un notevole assolo di chitarra di Jeff Turmes. Your Love Made A U-turn è un altro brano molto ritmato, uscito dalla penna dell’appena citato McClinton, ancora con Turmes sugli scudi, la coppia funziona alla grande. Cosa manca? Homewrecker, scritta da Nick Lowe, uno degli episodi più cupi, dall’arrangiamento quasi gospel che gli regala una intensità incredibile e lo rende tra i migliori di questo album. Per concludere, l’altro brano originale firmato da Turmes, Turn Your Heart In My Direction, una ballata romantica con gli archi, molto bella anche questa e fanno dodici brani ottimi su dodici. Come si usa dire con espressione forse infelice e un po’ prosaica, ma molto efficace, come del maiale non si butta via nulla anche qui non c’è nulla da scartare.

Bruno Conti