Tornano Gli Anni ’70! Ma Quali? John Grant – Queen Of Denmark

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John Grant – Queen of Denmark – Bella Union

In inghilterra gli hanno decretato accoglienze trionfali, cinque stellette su Mojo, quattro su Uncut, anche se il nostro amico è in fondo uno sconosciuto di genio. Ex leader degli Czars band originaria di Denver che ha lasciato tre album di buona qualità all’inzio della scorsa decade e poi è scomparso dalla scena musicale torna con questo sforzo congiunto registrato in coppia con i Midlake. Per la serie l’unione fa la forza, il risultato finale, senza essere il capolavoro assoluto che lascia presagire la stampa inglese, è un disco di tutto rispetto che vi farà rivivere la musica degli anni ’70 che “non é giusto sentire” quella politicamente non corretta.

Dalle atmosfere “dorate” e morbide dell’iniziale Tc and Honeybar, che ripercorre percorsi musicali cari ai Caravan meno sperimentali o ai Moody Blues, tra flauti, tastiere, chitarre acustiche, sintetizzatori vintage, una voce da soprano onirica che accompagna il bel baritono di Grant in una apertura di qualità. Si passa poi al singolo “futuribile” I Wanna Go To Marz con pianoforti, chitarre e archi sintetici che ripercorrono territori melodici cari a quell’epoca dorata, i King Crimson di I talk to the wind il primo nome che mi viene in mente. La lunga Where Dreams Go To Die parte tutta raffinata, solo voce e pianoforte poi diventa una sorta di risposta sonora alla mitica di Gaye di Clifford T Ward (vedo delle manine alzarsi?), melodica e antemica, la musica che era “giusto odiare” in quegli anni ma di nascosto si ascoltava tra un Led Zeppelin e un Pink Floyd, un King Crimson e un Allman Brothers. Sigourney Weaver, tra omaggio e plagio riprende pari pari il riff di Freebird dei Lynyrd Skynyrd poi al momento delle chitarre ruggenti ti regala un assolo di synth alla Supertramp o Rick Wakeman(era sia negli Strawbs che con il David Bowie spaziale prima di entrare negli Yes). Chicken Bones con il suo piano elettrico, atmosfere saltellanti e coretti melliflui è ancora molto Supertramp, anche se l’assolo di ondioline, un synth analogico, non lo sentivo dai tempi di Al Kooper, mentre Silver Platter Club entra addirittura in territori cari al Nilsson più “carico” ma al sottoscritto ricorda in modo impressionante Alone Again Naturally di Gilbert O’Sullivan, mi sbaglierò!

It’s Easier è una bella ballata pianistica tutta farina di John Grant e dei soci Midlake ma almeno nelle “intenzioni” ricorda il miglior Elton John “più ricercato”, era Madman Across the Water-Honky Chateau. Outer Space si situa tra i Klaatu “spaziali” di Calling Occupant of Interplanetary Craft (quindi anche Carpenters) e il Bowie di Space Oddity (quello appunto con Wakeman) mentre JC Hates Faggotts, dal testo virulento, non gli attirerà certo le simpatie del Cardinale Bertone, ma John Grant non ha paura di esplicare le sue tendenze sessuali. Caramel è un bellissimo brano dove la vocalità di Grant si muove tra il falsetto di Antony e quello di Jeff Buckley, in un mare magnum di pianoforti e sintetizzatori, mentre Leopard and Lamb rievoca ancora atmosfere a cavallo tra Japan/Blue Nile anni ’80 e i classici Supertramp di Crime of the Century (gran disco). La conclusione è affidata alla title-track che rievoca i timbri e la musicalità di un altro “grande” degli anni ’70, il Billy Joel più cantautorale e raffinato (mancava all’appello).

Forse non il capolavoro evocato dalla stampa inglese, ma un gran bel disco, non solo per nostalgici degli anni ’70.

Bruno Conti