Ci Ha Lasciato Anche Keith Emerson, Il Re Delle Tastiere Prog, Aveva 71 Anni.

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Il giorno 10 marzo del 2016 (ma la notizia è giunta solo oggi) ci ha lasciato anche Keith Emerson, morto suicida nella sua casa di Los Angeles, per un probabile colpo di pistola sparato alla testa. Aveva solo 71 anni, ma da qualche tempo era malato, una forma di degenerazione dei nervi del braccio destro che gli aveva impedito l’uso di due dita e quindi poteva suonare le sue amate tastiere solo con otto dita. Probabilmente questo fatto, unito anche alle notizie delle morti di due vecchi colleghi come Lemmy e David Bowie (che forse non a caso erano gli ultimi due Post pubblicati sul suo sito ufficiale) lo avevano gettato in una profonda depressione che sembrerebbe tra le cause del suo gesto. In effetti negli ultimi anni la sua attività concertistica e discografica era rallentata, ma come ha ricordato il suo collega Carl Palmer “Keith era un’anima gentile, il cui amore per la musica e la passione per le sue esibizioni come tastierista, lo renderanno insuperabile per molti anni a venire”. Il musicista inglese, nato a Todmorden, un piccolo paesino dello Yorkshire inglese, aveva cominciato a farsi conoscere, quando verso la metà degli anni ’60, sulla scia delle esibizioni  di Jack McDuff, un grande musicista jazz, si era innamorato del suono dell’organo Hammond, che grazie anche a Jimmy Smith, iniziava a furoreggiare nella musica di allora. Ai tempi c’erano anche molti tastieristi impegnati nel soul, Booker T Jones in America per esempio, e sulla stessa lunghezza d’onda soul-pop, in Inghilterra anche Ian McLagan degli Small Faces, Stevie Winwood, Matthew Fisher dei Procol Harum. Lo stesso Emerson iniziò la sua carriera nei Nice come gruppo di accompagnamento di P.P. Arnold, una grande cantante di soul-pop di stanza in Inghilterra https://www.youtube.com/watch?v=DydIhsjS5SI.

Ma in quegli anni forse non c’era ancora il grande tastierista, c’erano gli organisti citati e moltissimi pianisti, ovviamente di jazz, ma anche di R&R e soul, tanto per fare due nomi, Jerry Lee Lewis Ray Charles (oltre a mille altri), ma non c’era ancora il grande nome che univa i due strumenti nella stessa persona. O meglio, forse i primi due furono proprio Keith Emerson e Brian Auger, il suo grande rivale nel campo, leader dei Trinity: tra l’altro entrambi, oltre che per il classico, il jazz e il soul, erano uniti da una grande passione per Bob Dylan. Forse non è molto noto che praticamente in tutti i primi album dei Nice c’era una rivisitazione di un brano di Dylan, She Belongs To Me, Country Pie My Back Pages, per Emerson, This Wheel’s On Fire, cantata da Julie Driscoll per Auger https://www.youtube.com/watch?v=FkCBVZHrstE . Poi da lì a poco sarebbero arrivati gli organisti (e pianisti) rock, Jon Lord, Rick Wakeman, Rod Argent, Dave Greenslade, Ken Hensley, Rick Wright e tanti altri, Ma sicuramente Emerson, se forse non il primo fu uno dei precursori dell’uso delle tastiere nella musica rock: prima nei citati Nice, che hanno lasciato un pugno di ottimi album, in studio e dal vivo, e poi con la formazione di uno dei primi super gruppi della storia, con gli Emerson, Lake & Palmer, E L &P per tutti, in attività soprattutto negli anni ’70, ma anche con una reunion negli anni ’90 e poi nel 2010.

L’immagine di Emerson è comunque legata quasi inscindibilmente con l’uso del moog, strumento scoperto ascoltando un disco di Walter Carlos, e poi già utilizzato nelle ultime fasi dei Nice e perfezionato negli EL&P, soprattutto nei primi album, i migliori, anche se l’uso massiccio delle tastiere elettroniche è forse più evidente in un disco come Brain Salad Surgery https://www.youtube.com/watch?v=pmtWExgQYs4  o nel triplo dal vivo Welcome My Back, My Friends… L’immagine di Keith Emerson come lo showman che pugnalava il suo organo con un coltello o si spostava con la tastiera a spasso sul palco era già presente nei Nice, ma poi sarebbe diventata più evidente in spettacoli pantagruelici come la rivisitazione di Picture At An Exhibition di Mussorgsky o le battaglie con l’armadillo corazzato di Tarkus https://www.youtube.com/watch?v=WKNOlDtZluU , che avrebbero portato poi agli eccessi successivi. Però dischi come il primo omonimo, dove la presenza di Greg Lake (arrivato dai King Crimson) ammorbidiva e variava con la sua vena melodica, la tendenza all’istrionismo esagerato di Emerson, che non per nulla vinceva tutte le classifiche di settore come miglior tastierista: brani come Take A Pebble Lucky Man  https://www.youtube.com/watch?v=89g1P_J40JA  , bilanciavano le sarabande classicheggianti di The Barbarian Knife-Edge nel primo disco, e in Trilogy, uno splendido brano pop come From The Beginning  https://www.youtube.com/watch?v=89g1P_J40JA  , si trovava a fianco di Abaddon’s Bolero.

Poi negli anni a venire Keith Emerson avrebbe avuto successo anche con le numerose colonne sonore e, soprattutto in Italia, con la divertente rivisitazione di un vecchio boogie-woogie come Honky Tonk Train Blues, che grazie al fatto di essere stato per un paio di anni la sigla della trasmissione RAI Odeon, lo rese popolarissimo nel nostro paese  https://www.youtube.com/watch?v=1kSZWkYe09g (per la gioa imperitura del Mollicone nazionale)! Però stavano per arrivare il punk e la new-wave, gli arcinemici del prog rock, e soprattutto una serie di boiate a livello discografico, qualcuno ha detto Love Beach?, per interrompere la carriera del trio. Da allora Emerson si è barcamenato, tra improbabili riunioni della band, con e senza Carl Palmer (sostituito da Cozy Powell, così l’acronimo non cambiava) e una serie di album di studio, senza infamia e senza lode, ma più tendenti alla prima. Negli ultimi anni avventure anche nell’hard rock con tale Marc Bonilla, su cui non vorrei spendere parole, e se comunque dal vivo la vecchia classe e la tecnica mostruosa ogni tanto facevano capolino, i fasti del passato erano ormai alle spalle. Si può amare od odiare Keith Emerson (per molti non ci sono vie di mezzo) ma il periodo con i Nice, tra il 1967 e il marzo del 1970, e quello con Emerson, Lake And Palmer, fino al 1973, gli hanno sicuramente assicurato un posto come miglior tastierista prog-rock (e non solo) di quell’epoca, oltre ad alcuni album che risentiti ancora oggi, ovviamente se non siete solo amanti di roots-rock, blues e folk, hanno mantenuto un loro fascino, magari “perverso” se volete! Così che riposi in pace anche lui, in questo inizio di 2016, ricco di morti eccellenti.

Bruno Conti