Un Cofanetto Interessante Ma Non Esente Da Pecche (E Costoso). Black Sabbath – Vol. 4 Super Deluxe

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Black Sabbath – Vol. 4 Super Deluxe – BMG 4CD – 5LP Box Set

Dopo che lo scorso anno i Black Sabbath hanno ristampato il cofanetto quadruplo dedicato al loro secondo album Paranoid per celebrarne i 50 anni, box originariamente uscito nel 2016 (aggiungendo stavolta anche la versione in cinque LP), nel 2021 sarebbe stato lecito aspettarsi un identico trattamento per Master Of Reality, terzo lavoro del quartetto di Birmingham: invece, siccome le case discografiche sono delle simpatiche burlone, l’onore è toccato a Vol. 4 del 1972, lasciando quasi pensare che il gruppo formato da Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward abbia un problema con i suoi dischi dispari, dal momento che anche il loro debutto omonimo del 1970 non ha beneficiato di un’edizione Super Deluxe. Vol. 4 è uno degli album della band hard rock (qualcuno dice heavy metal) più amati dai fans e di maggior successo della loro discografia, ed è chiamato in gergo “il disco della cocaina” dato che durante la sua incisione (ai Record Plant Studios di Los Angeles, primo lavoro dei quattro ad essere registrato fuori dall’Inghilterra ed anche il primo ad essere autoprodotto) venivano recapitati in studio con cadenza quasi giornaliera scatoloni pieni della droga più popolare negli anni settanta, al punto che il titolo dell’album inizialmente doveva essere Snowblind, dove la neve che acceca non era esattamente quella che cade dal cielo.

black sabbath vol.4 super deluxe box

Eppure, nonostante Ozzy e soci fossero perennemente fatti come cavalli, riuscirono miracolosamente a tirare fuori un lavoro di livello più che buono, lucido, potente e coinvolgente come nella loro migliore tradizione, un disco che oggi rinasce a nuova vita grazie ad una rimasterizzazione adeguata in questo bel box che contiene quattro CD ed un libro ricco di foto e dettagli, anche se purtroppo il prezzo oscilla tra gli 80 ed i 90 euro (ed ancora di più per la versione in vinile), un costo già alto di suo ma che è ancora più sbilanciato se rapportato ai contenuti musicali, che se nel secondo e terzo CD si traducono in outtakes di studio inedite come da prassi (che però non aggiungono granché al disco originale), e che come vedremo a breve deludono abbastanza nel quarto dischetto, quello dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=LU99kUnWW3E . Il Vol. 4 originale si apriva giustamente con il pezzo migliore, la potente e riffata Wheels Of Confusion dai tipici e repentini cambi di ritmo e melodia dei Sabbath, fraseggi chitarristici tutti da godere, la sezione ritmica che non perde un colpo ed un finale travolgente. Le sonorità pesanti la fanno ovviamente da padrone, con la vibrante Tomorrow’s Dream, unico singolo estratto all’epoca, la solida e riffatissima Supernaut https://www.youtube.com/watch?v=LU99kUnWW3E , il midtempo elettrico Snowblind https://www.youtube.com/watch?v=y_MAyLcNz3c , la plumbea e decisamente hard Cornucopia, la cadenzata e coinvolgente St. Vitus Dance e la nota Under The Sun.

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Ma il disco non è solo heavy rock, in quanto il pezzo più famoso è la ballatona Changes (incisa in anni più recenti anche dal solo Ozzy in duetto con la figlia Kelly), uno slow romantico in cui la voce del frontman è accompagnata solo da piano e mellotron https://www.youtube.com/watch?v=RGOKgfIOGaA , ed inoltre troviamo anche il delizioso e folkeggiante strumentale acustico Laguna Sunrise, cercando di dimenticare una stranezza come FX, che per fortuna dura poco. Il secondo e terzo CD offrono nel complesso 17 tracce aggiuntive riferite a sei degli undici brani di Vol. 4 tra takes complete e non, false partenze e versioni alternate, il tutto remixato dall’onnipresente Steven Wilson. Abbiamo quindi sei diverse Wheels Of Confusion, tre Supernaut, altrettante Under The Sun (tra cui una eccellente take strumentale), due Snowblind ed una versione alternata ciascuna di The Straightener, Changes e Laguna Sunrise, tutte quante meno rifinite di quelle pubblicate sul disco del 1972 e più che altro destinate a fans e completisti della band britannica.

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Il quarto dischetto è, come ho già accennato, quello più deludente: registrato dal vivo in varie date del tour inglese del 1973, si propone di ricreare per la prima volta la setlist completa dei concerti di quel periodo, ma già questo non è vero perché ciò era già avvenuto nel postumo Live At Last del 1980. Ma la cosa più grave è che l’80% del CD è proprio la riproposizione di Live At Last (certo, con un suono migliore), e solo Tomorrow’s Dream, Sweet Leaf e Snowblind sono versioni inedite, cosa abbastanza inaudita dal momento che a quel prezzo uno vorrebbe perlomeno un intero show mai sentito. Polemiche a parte, le performance sono tutte solide e di buon livello, con i brani di Vol. 4 perfettamente inseriti in scaletta a fianco dei classici del gruppo (anche se mancano stranamente sia Black Sabbath che Iron Man, ma in quel periodo non venivano proprio suonate): tra gli highlights segnalo la nota War Pigs, un medley di 20 minuti che include Wicked World, Orchid, Into The Void, Sometimes I’m Happy e Supernaut (con una prestazione stratosferica di Iommi), ed il gran finale di Children Of The Grave e Paranoid.

Un cofanetto che ha quindi il difetto di rivolgersi principalmente ai fans più accaniti (e danarosi) dei Black Sabbath, con l’aggravante della mezza fregatura del quarto CD: per i neofiti sarà sufficiente accaparrarsi la versione singola di Vol. 4 e, se proprio vorranno, Live At Last.

Marco Verdi

Altro Che Country, Questo E’ Rock’n’Roll Coi Fiocchi E Controfiocchi! Will Hoge – Tiny Little Movies

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Will Hoge – Tiny Little Movies – EDLO/Thirty Tigers CD

Will Hoge, originario del Tennessee ed allenatore di baseball mancato, è un countryman dal pelo duro che ridendo e scherzando ha già superato i vent’anni di carriera, gran parte dei quali trascorsi come artista indipendente (tranne un album del 2003 pubblicato dalla Atlantic ed un periodo di cinque anni in cui ha inciso per la Rykodisc), ma che negli ultimi tempi è distribuito dalla Thirty Tigers, tra le migliori indie labels oggi in America. Il suo nuovo album, che segue di tre anni Anchors https://discoclub.myblog.it/2017/08/22/da-nashville-tennessee-un-bravissimo-rock-troubadour-americano-will-hoge-anchors/ , si intitola Tiny Little Movies, ed è un lavoro particolare e diverso da tutto ciò che il nostro ha pubblicato in precedenza. Se infatti i dischi incisi in passato da Will, pur avendo un sound robusto e molto poco nashvilliano, erano comunque chiaramente di matrice country, con Tiny Little Movies Hoge ha voluto fare un vero e proprio rock’n’roll record. Il nostro infatti ha affittato per quattro giorni una sala prove a East Nashville e si è portato una band ristretta ma tostissima, composta dal chitarrista Thom Donovan e dalla sezione ritmica formata da Christopher Griffiths al basso e dal batterista Allen Jones, ed insieme hanno messo su nastro le undici canzoni che compongono il disco, undici brani di puro rock’n’roll chitarristico suonato in presa diretta e senza troppi fronzoli, dando poi da mixare il tutto a Matt Ross-Spang, noto per aver collaborato con Jason Isbell e Margo Price.

Due chitarre, basso, batteria e null’altro (se non per qualche sovrincisione di piano ed organo), un album rock al 100% in cui il nostro dimentica momentaneamente l’influenza di Buck Owens per palesare il suo amore per Rolling Stones e Bob Seger. Ma solo la grinta ed il suono non basterebbero se non ci fossero anche le canzoni, ed in Tiny Little Movies ce ne sono di notevoli, anche se la cosa non mi stupisce più di tanto perché Hoge è sempre stato un valido songwriter, tuttalpiù non me lo aspettavo così a suo agio nei panni del rocker. L’iniziale Midway Motel è un po’ il manifesto del suono dell’album, una rock’n’roll song bella e limpida, con le chitarre in primo piano, la sezione ritmica che picchia duro e Will che intona con voce arrochita un motivo di quelli che ti prendono subito, concedendosi anche un breve assolo di armonica: gran bella canzone, miglior avvio non ci poteva essere. The Overthrow vede il ritmo pompare di brutto per un pezzo decisamente aggressivo ed elettrico, oserei dire quasi punk, ma con l’approccio da vera rock’n’roll band per un pezzo trascinante e godurioso dal punto di vista chitarristico; Maybe This Is Ok è più tranquilla, con un inizio attendista quasi per sola voce e batteria, poi entrano di soppiatto gli altri strumenti e la temperatura sale di brutto nel refrain con le chitarre che si prendono il centro della scena.

La pessimistica Even The River Runs Out Of This Town abbassa i toni e vede il nostro nelle vesti del songwriter per un brano dallo sviluppo melodico toccante e dal sound in gran parte acustico, anche se non manca il solito intermezzo elettrico; in My Worst spunta un piano wurlitzer a dare un sapore sudista al pezzo, una sontuosa rock ballad dal ritmo cadenzato e splendide chitarre, nobilitata da un coro femminile che ci porta ancora di più all’interno dei Muscle Shoals Studios, almeno idealmente: grande canzone. La potente That’s How You Lose Her è ancora puro rock’n’roll, chitarre al vento ed ennesimo motivo vincente, Con Man Blues è persino più adrenalinica e dura come suono ma meno incisiva dal punto di vista dello script (e qui Will, non sto scherzando, canta che sembra Ozzy Osbourne https://www.youtube.com/watch?v=iWGJMuFyEVY ), ma con Is This All That You Wanted Me For l’album torna dalla parte giusta, con un’altra ballata dal suono caldo e con organo, piano e chitarre a dare un mood tipico da rock band anni settanta. Il CD, una piacevole sorpresa, si chiude con la lenta The Likes Of You, intensa e crepuscolare, la bella The Curse, altra rock song tersa e solare che sembra uscita dalla penna di Tom Petty, e lo slow All The Pretty Horses, un brano ricco di pathos che vede spuntare dal nulla ma abbastanza chiaramente l’influenza di The Band.

Sono tempi difficili, e scariche elettriche come quelle che ci può dare un disco come Tiny Little Movies non saranno utili a risolvere i problemi ma possono indubbiamente contribuire a farci stare un po’ meglio.

Marco Verdi

 

 

Un Addio All’Ennesima Potenza! Black Sabbath – The End

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Black Sabbath – The End – Eagle Rock/Universal 2CD – DVD – BluRay – DVD/CD – BluRay/CD – 3LP – Deluxe 3CD/DVD/BluRay

*NDB Visto che è l’ultimo dell’anno mi sembrava giusto pubblicare per l’occasione un Post su un album che si chiama The End. Buon Anno e ci rivediamo comunque domani.

Il “lungo addio” dei Black Sabbath, storica formazione hard rock britannica (componenti di una ideale triade che comprendeva anche Led Zeppelin e Deep Purple), è iniziato nel 2013 con il loro ottimo album di studio 13, e pare essersi esaurito il 4 Febbraio di quest’anno, allorquando i nostri hanno suonato quello che dovrebbe essere il loro ultimo show a Birmingham, loro città d’origine. Questa volta il congedo sembrerebbe essere definitivo, un po’ per la carta d’identità dei vari membri, un po’ per i problemi di salute di Tony Iommi, affetto da un melanoma che fortunatamente pare sotto controllo (e problemi di salute hanno impedito anche al loro batterista originale, Bill Ward, di partecipare alla reunion, anche se sotto sotto si vocifera di questioni legate ai soldi), ed anche perché il frontman Ozzy Osbourne ha fatto sapere che vuole tornare ad occuparsi della sua carriera da solista (ma Iommi ha già insinuato che potrebbero anche suonare uno show per il loro cinquantenario, che sarà l’anno prossimo, o il 2020 se cominciano a contare dalla data del loro primo album). The End è il resoconto completo della serata conclusiva del tour, un documento che esce in una marea di configurazioni diverse (vi dico subito che l’unica con dentro tutto sia in versione audio che video è il deluxe box, con circa 50 euro ve la cavate), e vede i nostri in forma smagliante, aiutati anche da una qualità di registrazione perfetta: un live che è decisamente migliore di quello uscito a fine 2013, Live…Gathering In Their Masses, in quanto offre una panoramica più ampia del repertorio del gruppo e vede comunque all’opera una band più rodata. I

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n The End i classici della band ci sono praticamente tutti, anche se in questa configurazione vengono da sempre presi in considerazione solo i primi dieci anni (e per la serata finale io un piccolo omaggio almeno al periodo con Ronnie James Dio lo avrei previsto, ma si sa che tra Ozzy ed il piccolo cantante americano non è mai corso buon sangue): i tre, aiutati dal tastierista Adam Wakeman (figlio di Rick, storico membro degli Yes) e dal poderoso batterista Tommy Clufetos, sono in serata di grazia, e suonano in maniera potente e fluida nello stesso tempo, con Iommi che si conferma ancora una volta una formidabile macchina da riff (e pure gli assoli sono da paura), Geezer Butler un bassista tonante ma dal fraseggio mai scontato e banale, quasi come se il suo fosse un altro strumento solista, mentre Ozzy è Ozzy, non cambia: non è mai stato un grande cantante, fa e dice le stesse cose da quasi cinquant’anni, ma ha un carisma indiscutibile e poi è comunque un simpaticone che copre eventuali magagne con la sua esuberanza (e comunque in questa serata è in palla anche lui). Rock duro potentissimo quindi, una colata di lava lunga due CD, ma con la creatività tipica delle band che hanno inventato questo tipo di suono: diciamo che, come già detto per il mancato omaggio a Dio, essendo la serata finale un’ospitata in un paio di pezzi per Ward ci poteva anche stare.

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https://www.youtube.com/watch?v=zY5nYmTUfnQ

Dopo il prevedibile inizio di Black Sabbath, in assoluto la canzone più inquietante del gruppo (ma con una parte finale in cui Tony fa i numeri), abbiamo la roboante Fairies Wear Boots, tutta giocata sulla chitarra di Iommi e sulla batteria granitica di Clufetos, e lo strepitoso medley Under The Sun/Everyday Comes And Goes, con Tony letteralmente scatenato. Durante il concerto vengono presi in esame brani da tutti di dischi con Ozzy alla voce, tranne Never Say Die! e, stranamente, 13: non dà tregua neppure la meno nota After Forever, con Osbourne che come d’abitudine canta seguendo il riff, oppure la potentissima Into The Void, dall’intro strumentale lunghissimo, mentre Snowblind (la neve di cui si parla non è esattamente quella che cade dal cielo) vede uno dei migliori assoli di Iommi. Il primo CD termina con il superclassico War Pigs, un pugno nello stomaco ma non privo di feeling, con la cupa ma fluida Behind The Wall Of Sleep e con un assolo di basso di Butler che sfocia in N.I.B., da sempre una delle mie preferite, granitica ma con un riff tra i più godibili del gruppo (e caspita se suonano) https://www.youtube.com/watch?v=Zxjz6VhUOr8 . Nel secondo dischetto troviamo altre sette brani che danno il colpo di grazia finale all’ascoltatore, con una menzione speciale per un fantastico  medley che comprende la classica Sabbath Bloody Sabbath e le rare Supernaut e Megalomania, l’applauditissima Iron Man https://www.youtube.com/watch?v=7-thChxjcVw , uno dei brani in cui l’arte “riffatoria” di Iommi tocca le vette più alte, ed il gran finale con una incredibile Dirty Women, dove Tony sembra avere dieci mani, la poderosa Children Of The Grave e l’immancabile chiusura con la travolgente Paranoid.

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https://www.youtube.com/watch?v=pTHeY0-P4MY

Qualche giorno dopo questo show, i nostri si sono riuniti agli Angelic Studios di Brackley (una cittadina non lontana da Oxford) per una session in cui hanno inciso in presa diretta altri cinque pezzi del loro repertorio passato, per quella che dovrebbe in teoria essere la loro ultima testimonianza in studio. The Angelic Sessions è il titolo del terzo CD del box (ma è anche la parte audio nel CD incluso nell’edizione DVD – o BluRay – mentre quella con solo 2CD è l’unica a parte il box che contiene il concerto in versione audio, ma omette le Angelic Sessions…se siete confusi non siete i soli) e presenta nell’ordine The Wizard, che sarà anche per l’uso dell’armonica ma ha perfino elementi blues (ok, hard blues), la cadenzata Wicked World che vede chitarra e basso suonati all’unisono, Sweet Leaf che è un filo ripetitiva (ma Iommi comunque non perde un colpo), e si chiude con la solida Tomorrow’s Dream e con Changes, una delle rare ballate dei nostri. La storia del rock è piena zeppa di finti addii, ma questa volta l’epopea dei Black Sabbath sembra davvero arrivata al capolinea, e se sarà così con The End i nostri si saranno congedati, come dicono gli inglesi, “on a high note”.

Marco Verdi

Supplemento Della Domenica: Piaceri Proibiti, Forse “Definitivi” E Pure Rari! Black Sabbath – The End

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Black Sabbath – The End – BS Productions CD

Nella sua magnanimità Bruno ogni tanto mi consente di deviare dal percorso abituale di questo blog e di trattare anche musicisti che potrebbero rientrare nella categoria “piaceri proibiti”: nel mio caso, oltre a Jeff Lynne di cui ho spesso parlato (a mia difesa devo però dire che il musicista inglese ha amicizie importanti), si tratta del classico hard rock anni settanta ed anche ottanta, con qualche puntata nell’heavy meno truce e, perché no, anche un po’ di sano AOR. Nel 2013 mi ero occupato di 13 http://discoclub.myblog.it/2013/06/09/ce-l-hanno-fatta-black-sabbath-13/ , l’attesissimo CD di reunion di ¾ del nucleo storico dei Black Sabbath (Ozzy Osbourne, Tony Iommi e Geezer Butler, dato che il batterista Bill Ward non aveva trovato l’accordo con gli ex compari – o, si dice, con la moglie/manager di Ozzy, Sharon – e fu sostituito da Brad Wilk in studio e da Tommy Clufetos dal vivo), e qualche mese dopo anche del live pubblicato a seguito della tournée, Gathering In Their Masses. Oggi invece colgo l’opportunità di scrivere due righe a proposito di questo particolare CD intitolato The End, pubblicato dal gruppo in concomitanza con quello che dovrebbe davvero essere il loro ultimo tour, e venduto esclusivamente ai concerti (anche se su Ebay si trovano diverse copie a prezzi non proprio popolari, ed altre più economiche ma di manifattura russa e quindi di dubbia legalità): il dischetto in questione, otto brani, include quattro outtakes tratte dalle sessions di 13 (prodotte da Rick Rubin) e mai pubblicate finora neppure nelle varie edizioni deluxe, e quattro pezzi sempre dallo stesso album ma in versione inedita dal vivo nel 2014-2015 (in Australia, Nuova Zelanda e Canada).

I quattro brani in studio sono di buon livello, a testimonianza che la reunion non avvenne solo per motivi pecuniari, in quanto i tre riuscirono a ritrovare almeno in parte la vecchia scintilla, riportando in auge un suono che negli anni settanta fu innovativo, eccome.

The End inizia con Season Of The Dead, che ha un intro tipico e potentissimo, con Iommi che inizia a riffare da par suo, la sezione ritmica è un macigno e Ozzy…fa Ozzy: più di sette minuti di puro Sabbath sound (ma tutti i pezzi in studio sono discretamente lunghi), un brano che non avrebbe sfigurato su 13. Cry All Night, cupa e minacciosa, rimanda al suono del loro famoso esordio del 1970, compresi gli usuali cambi di tempo e melodia, Iommi fa il fenomeno e Ozzy canta nel suo tipico modo, cioè seguendo con la voce i riff del chitarrista; la pressante Take Me Home sembra più un brano solista di Osbourne, ma si sente comunque che c’è Iommi alla sei corde, il suo fraseggio è una goduria (per gli appassionati, s’intende), e c’è anche spazio per un breve assolo di chitarra flamenco. La parte in studio termina con Isolated Man, un altro concentrato di potenza inaudita, ma dal punto di vista dello script poco più di un riempitivo di lusso; poi abbiamo come detto quattro brani dal vivo tratti sempre da 13: i due più conosciuti (God Is Dead? e End Of The Beginning, che ha più di una somiglianza con Black Sabbath, la canzone), la grandiosa Under The Sun, con Tony letteralmente scatenato, e la poderosa Age Of Reason.

Non so se a fine tour The End verrà pubblicato anche su larga scala, certo è che chi ha apprezzato 13 dovrebbe farci un (costoso) pensierino.

Marco Verdi

*NDB. Magari nell’ultima parte del tour, o subito dopo, verrà messo in circolazione di nuovo, per sancire “La Fine”!

L’Obbligatorio Album Dal Vivo (Se Vi Piace Il Genere)! – Black Sabbath – Live…Gathered In Their Masses

black sabbath live gathered

Black Sabbath – Live…Gathered In Their Masses Universal DVD – BluRay – DVD + CD – BluRay + CD – Super Deluxe Box Set 2DVD/BluRay/CD

La notizia della pubblicazione di 13, nuovo album della formazione originale dei Black Sabbath (o quasi, come saprete mancava Bill Ward, ufficialmente per problemi contrattuali, ma in realtà pare che non fosse in grado di suonare con continuità), è stata pubblicizzata come l’evento dell’anno (ed il contemporaneo ritorno di David Bowie deve aver un po’ rotto le uova nel paniere), e quando è stato annunciato che sarebbe seguita una tournée a supporto, chiunque avrebbe scommesso sull’uscita prima o poi di una testimonianza ufficiale di quei concerti.

Quindi questo Live…Gathered In Their Masses non giunge a sorpresa, semmai stupisce il fatto che l’album sia tratto dai concerti australiani di inizio tour, quando la band non era ancora perfettamente rodata: solitamente infatti si scelgono degli show posti in date più avanzate, quando cioè tutti gli ingranaggi sono ormai perfettamente oliati, ma forse la decisione è dovuta all’incertezza che c’era sulle condizioni di salute di Toni Iommi, che aveva appena finito un pesante ciclo di cure in seguito ad un linfoma, e sul dubbio se sarebbe stato in grado o meno di proseguire la tournée. Le cure devono invece (e aggiungerei, fortunatamente) avere sortito un buon effetto, in quanto non solo il tour è proseguito senza problemi, ma ci sono già delle date fissate per il 2014 (tra cui il “recupero” dell’appuntamento italiano, cancellato quest’anno per motivi mai completamente chiariti).

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Quindi ecco tra le nostre mani, giusto giusto per il mercato natalizio, questo Live…Gathered In Their Masseshttp://www.youtube.com/watch?v=jEJ08MGyQyA che esce col solito profluvio di formati diversi (manca però il vinile), privilegiando comunque sempre la parte visiva: il CD audio contiene infatti soltanto dieci brani, scelta poco comprensibile, ma anche le versioni “normali” in DVD o BluRay, che hanno invece quindici canzoni, non contengono il concerto completo (per quello bisogna prendere il box deluxe, che ha all’interno dei bonus esclusivi, sempre solo nella parte video, tra cui tre brani in più…figuriamoci se non trovavano delle combinazioni cervellotiche!) http://www.youtube.com/watch?v=_cjomffUqCg

L’ascolto (o la visione) di questo live conferma quanto di buono 13 aveva mostrato, cioè una band in grande forma e con le giuste motivazioni (oltre a quella del vil denaro), con un Ozzy Osbourne che sembra ringiovanito di vent’anni (anche vocalmente), un Iommi che, da vero leader del gruppo, trascina gli altri con la sua maestria assoluta alla sei corde, e la potentissima sezione ritmica di Geezer Butler e Tommy Clufetos (batterista della band di Ozzy, mentre nel disco in studio c’era Brad Wilk), che riescono a far dimenticare l’assenza di Ward dietro le pelli.

Il repertorio è quello classico del primo periodo dei Sabbath, cioè fino all’album Never Say Die! (dal quale peraltro non viene tratto alcunché) con appena quattro estratti da 13, tra cui le ottime End Of The Beginning e God Is Dead?, che si integrano perfettamente tra gli evergreen assodati del combo di Birmingham.

(NDM: io personalmente questa volta avrei inserito anche almeno un brano del periodo con Ronnie James Dio alla voce, se non altro come omaggio alla sua scomparsa, ma pare che tra Ozzy ed il piccolo cantante italo-americano non corresse buon sangue, e soprattutto tra le loro due mogli/manager).

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Non mancano dunque i pezzi più famosi del gruppo, suonati e cantati con una freschezza che sinceramente non pensavo possibile, e con Iommi che sembra di un altro pianeta e ci inonda con i suoi celebri riff attorno ai quali Ozzy costruisce le sue linee vocali: l’apertura con War Pigs  http://www.youtube.com/watch?v=wFA8plu1uMs, la grande Iron Man, la sinistra N.I.B., l’aggiacciante Black Sabbath, un brano che mette ancora i brividi (non ricordo chi ha detto che l’inizio di questo brano potrebbe essere la musica di sottofondo per l’apertura delle porte dell’inferno, ma è una definizione perfetta).

Pure colate di lava, ma suonate con una grinta ed un feeling che anche il fan più ottimista non si sarebbe immaginato (certo, vi deve piacere il genere, ma questo vale per tutti i dischi, no?). http://www.youtube.com/watch?v=_6BaSe7dANg

black sabbath live

Nella scaletta trovano posto anche brani meno suonati ed alcune chicche, come Electric Funeral, Sympton Of The Universe o le raramente proposte Under The Sun e Dirty Women (queste due però solo nel box deluxe), mentre il finale mischia l’inizio di Sabbath Bloody Sabbath con la loro hit più famosa, quella Paranoid che chiude da sempre ogni loro concerto (e anche quelli di Ozzy solista). http://www.youtube.com/watch?v=pIPfFj8Bol0

Un live granitico, un fiume in piena di sonorità heavy rock per una band in stato di grazia, con un Iommi stratosferico che spesso ruba la scena anche a Ozzy (e non è poco): di gran lunga superiore al doppio CD Reunion del 2007, che vedeva un gruppo (allora anche con Ward) con qualche incertezza e poco convinto di quello che stava facendo.

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Indubbiamente il live definitivo dei Black Sabbath, indipendentemente dal fatto che 13 vi sia piaciuto o meno.

Marco Verdi

Ce L’Hanno Fatta! Black Sabbath – 13 (With Bonus Tracks)

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Black Sabbath – 13 Universal Cd – 2CD Deluxe Edition – LP – 2CD/DVD/LP Super Deluxe Edition

Questo disco è stato da tempo presentato come l’evento musicale del 2013, e forse un po’ di verità c’è: i Black Sabbath, una delle più importanti ed innovative band di sempre (gli inglesi direbbero influential), per molti gli inventori dell’heavy metal, si riformano nella formazione originale (o quasi).

L’album è infatti il prodotto delle lunghe sessions che hanno seguito l’annuncio che Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward fecero l’11 Novembre del 2011, cioè che i Sabbath della prima ora si sarebbero rimessi insieme per un disco di inediti, il primo da Never Say Die! del 1978, con la produzione dello specialista Rick Rubin, e per una tournée mondiale.

Il seguito è noto: Ward si allontanò quasi subito, reclamando divergenze contrattuali, anche se più recentemente Osbourne ha dichiarato che il batterista non era nelle condizioni di poter offrire un valido supporto (e se lo dice uno come Ozzy, allora il povero Bill era proprio messo male), ed i tre Sabbath superstiti chiamarono il drummer dei Race Against The Machine, Brad Wilk, che così garantiva le stesse iniziali e lo stesso numero di lettere fra nome e cognome di Ward (coincidenza?), mossa che però fece storcere la bocca a parecchi fans, che sostenevano, a ragione, che questa reunion non poteva più essere strombazzata come quella del gruppo originale.

Che l’album non nascesse sotto i migliori auspici ci si misero pure le condizioni di salute di Iommi, al quale nel Gennaio 2012 venne riscontrato un tumore allo stato iniziale ai linfonodi: Iommi non si è però perso d’animo, e ha alternato le pesanti cure per il cancro alle registrazioni del disco, che sono inevitabilmente rallentate (per fortuna, l’organismo di Tony sembra aver assorbito bene le cure, ed i quattro si stanno già esibendo con regolarità dal vivo, segno che la malattia è sotto controllo). Con tutte queste disavventure (aggiungiamo che per qualche tempo Ozzy si era anche pericolosamente riavvicinato a quegli stravizi che lo hanno reso celebre, anche se pare che ora sia definitivamente sobrio), il titolo di 13 non sembra il più beneaugurante, dato il potere negativo che la superstizione assegna a questa cifra: accogliamo quindi quasi con un sospiro di sollievo l’uscita di questo album, anche se in realtà la data ufficiale è fra circa una settimana (l’11 giugno), con le abituali differenze tra mercato europeo ed americano.

Come già detto, 13 il primo disco della formazione originale dei Sabbath (beh, diciamo con Ozzy alla voce…) da 35 anni a questa parte (anche se i quattro, con Ward, avevano dato alle stampe nel 1998 il doppio Reunion, che però era un live con appena due brani nuovi in studio) ed il primo con canzoni nuove da Forbidden del 1995, al quale partecipava solo Iommi.

(NDM: in realtà nel 2009 è uscito un disco, The Devil You Know, della formazione dei Sabbath dei primi anni ottanta, cioè con Ronnie James Dio e Vinnie Appice al posto di Osbourne e Ward, ma per motivi di diritti si dovettero ribattezzare Heaven & Hell).

Ebbene, com’è questo tanto atteso 13? Beh, se pensate di trovarvi davanti al disco che cambierà il mondo dell’hard rock avete sbagliato tutto, ma di certo è un ottimo album di puro Sabbath sound, certamente migliore degli ultimi tre album con Ozzy negli anni settanta (Sabotage, Technical Ecstasy e Never Say Die!), e che quindi si propone come l’ideale seguito di Sabbath Bloody Sabbath. Chi temeva di trovarsi di fronte ad un normale disco solista di Ozzy Osbourne può stare tranquillo: 13 è pieno di riff che solo uno come Iommi può far uscire dalla chitarra, ed il basso inquietante e martellante di Butler lo si riconosce subito: qualcuno lo definirà un disco prevedibile, ma alzi la mano chi voleva qualcosa di diverso dai quattro (ehm…tre, scusa Brad, ottimo lavoro comunque dietro i tamburi).

Apre End Of The Beginning, e subito siamo in pieno festival doom, con il ritmo lento tipico della band di Birmingham, la voce particolare di Ozzy e Iommi che macina riff pesantissimi, con Butler che colpisce duro con il suo basso (l’inizio rimanda decisamente a Black Sabbath, la canzone, che apriva il loro primo disco e diede inizio a tutto): all’improvviso il ritmo aumenta e Ozzy inizia a seguire Tony come solo lui riesce a fare, cantando anche meglio del solito, poi arriva l’assolo di Iommi che stende tutti.

Un inizio convincente.

La lunga God Is Dead è anche il primo singolo, ma non aspettatevi nulla di radiofonico, anche se Rubin fa di tutto per rendere il suono pulito: Iommi ricama sullo sfondo, Osbourne canta bene (Ozzy sembra decisamente in palla), e non mancano, per la gioia delle orecchie dei fans, quei cambi di ritmo per il quali i Sabbath vanno giustamente famosi, con Tony che rilascia un assolo molto lirico.

La movimentata Loner è finora la più radio friendly, anche se il suono è Sabbath al 100%, e poi Iommi macina riff che è un piacere; Zeitgeist si apre con una risata satanica di Ozzy e con Tony che suona l’acustica, un inizio quasi etereo e psichedelico, poi entra una percussione leggera e la ballata si snoda fluida e piacevole, quasi rilassata, con un assolo di chitarra elettrica decisamente melodico. Con Age Of Reason torniamo in territori tipici, Butler e Iommi picchiano di brutto, Wilk non si tira indietro, ed Ozzy…fa Ozzy; Live Forever è una rock song dal ritmo sostenuto (ottima la prestazione di Wilk, uno che non fa certo rimpiangere Ward), con il solito Iommi che fa il bello ed il cattivo tempo, ben seguito da un Ozzy convinto come non lo sentivo da anni. Damaged Soul è heavy music come se i nostri fossero ancora negli anni settanta, con Osbourne che segue vocalmente gli sviluppi chitarristici del suo chitarrista mancino: otto minuti di puro rock, con un finale strabiliante da parte di Iommi.

La versione “normale” dell’album si chiude con la potente Dear Father, che mette il sigillo su un ottimo ritorno, da parte di quattro musicisti in forma smagliante: la versione deluxe offre tre canzoni in più (Methademic, Piece Of Mind e Pariah), che non ho ascoltato, canzoni che diventano quattro (Naiveté En Black) nella versione esclusiva in vendita solo nella catena americana Best Buy (ma scommetto che questo brano spunterà come bonus in qualche special tour edition futura).

Iniziate a tremare: i Principi dell’Oscurità sono tornati (e qui ci vorrebbe una bella risata demoniaca di Ozzy).

Marco Verdi

 

Post Scriptum! Black Sabbath – 13 – Bonus Tracks

Come avevo scritto parlando in anteprima del nuovo album dei Black Sabbath, 13, la Deluxe Edition esce con tre brani in più, e siccome ne sono finalmente venuto in possesso, ho ritenuto doveroso aggiungere un breve post scriptum.

Methademic è un brano di sei minuti che parte con delicati arpeggi di chitarra acustica, ma dopo una breve pausa avviene un’esplosione elettrica che fa quasi sobbalzare sulla poltrona, con Ozzy che canta comunque in maniera abbastanza pacata, mentre Iommi, Butler e Wilk scatenano l’inferno.

Piece Of Mind è più breve e diretta, ma anche con meno guizzi, anche se i quattro si difendono con il mestiere, mentre Pariah chiude il lotto delle bonus tracks con la consueta dimostrazione di potenza e tecnica, con Iommi grande protagonista (come tra l’altro nel resto del disco), un cantato incredibilmente pulito e rigoroso di Osbourne ed un ritornello immediato.

Un bel trittico di canzoni, non degli scarti ma, almeno nel primo e terzo caso, di pari valore di quelle dell’album principale (e, come al solito, vorrei proprio sapere chi comprerà la versione “monca”).

Marco Verdi

Giugno 2010. Novità E Anticipazioni. Appendice 2. Herbie Hancock, Ozzy Osbourne, Crowded House, Grace Potter, Derek Trucks Band, Cyndi Lauper, Chris Isaak, Eccetera

Ulteriore elenco di nuove pubblicazioni che riempiranno i nostri cuori e le nostre menti nel contempo svuotando i portafogli. Come al solito vi risparmio, come più volte promesso, quelle liste di tba (to be announced) e tbc (to be confirmed) che sanno tanto di malattie infettive e passo alle uscite “sicure”, anche se di sicuro come si sa c’è solo una cosa, potete toccarvi.

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Andiamo a tre alla volta poi magari alla fine un po’ di titoli in breve, il resto, visto che questo mese escono moltissimi dischi nuovi e ristampe, ad una prossima occasione.

Il 22 giugno esce The Imagine Project di Herbie Hancock, una serie di collaborazioni con Pink e Seal nell’Imagine Intro, India Arie e Jeff Beck in Imagine, Pink e John Legend in Don’t Give Up, Ceu (non conosco) Tempo De Amor, Susan Tedeschi e Derek Trucks in Space Captain, i Chieftains e Lisa Hannigan in The Times, They are A-Changin’, Juanes in La Tierra, K Naan e Los Lobos in Tamitant Tilay/Exodus, Dave Matthews in Tomorrow Never Knows, James Morrison (si sperava in Van) in A Change Is Gonna Come e Chaka Khan, Anoushka Shankar e Wayne Shorter in The Song Goes On. Luci e ombre, tra canzoni e partecipanti, speriamo bene.

Il noto interprete della sit-com The Osbournes, sempre il 22 giugno, pubblica il suo nuovo album, Ozzy Osbourne The Scream dove appare il nuovo chitarrista Gus G. (e chi è costui) nonché alle tastiere Adam Wakeman, che è effettivamente il figlio di Rick.

Il nuovo album della Derek Trucks Band, Roadsongs, un doppio dal vivo, esce, indovinate? Esatto, il 22 giugno, per la Sony Legacy: c’è il meglio dell’ottimo album di studio Already Free più alcune chicche come Key To The Highway e il medley Get Out Of My Life Woman/Who Knows (il vecchio Jimi).

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Esce anche il nuovo disco, omonimo, per Grace Potter and The Nocturnals, un fantastico gruppo guidato da questa bionda cantante che è uno dei segreti meglio custoditi del rock americano. Grande voce, grande presenza scenica, grande musica, Rock’n’Soul’n’Blues’n’Pop. esce l’8 giugno su Hollywood Records negli States, in Italia non so, mi sa di no. Ma un bel disco dal vivo di Chris Isaak ce lo vogliamo fare mancare? (anche se tra CD e DVD di Live ne ha già fatti parecchi), certo che che no, e allora vai con Live At The Fillmore, 17 pezzi registrati nell’ottobre 2008, esce il 15 giugno. Vi chiederete cosa c’entra Cyndi Lauper in questa tripletta? Ebbene sì, dopo l’ultimo orribile e danzereccio Bring Ya To The Brink, ha fatto il disco che non ti aspetteresti: si chiama Memphis Blues e tiene fede al suo nome. Partecipano Charlie Musselwhite, Allen Toussaint, B.B.King, Jonny Lang, Kenny Brown e Ann Peebles. Capperi! Esce il 22 giugno.

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Altro trio. Visto che per il disco nuovo dei Crowded House, Intriguer siamo in “leggerissimo” anticipo, visto che esce il 13 luglio ed è il primo album in studio da quattordici anni a questa parte (visto che non ne abbiamo parlato per nessuno, qui ci sarà una bella Deluxe Edition con DVD di 11 tracce), parliamo del nuovo e secondo album dell’ottimo cantautore irlandese Johnny Flynn, dopo A Larum esce con Been Listening, è già stato mollato dalla major Lost Highway/Universal esce per una etichetta indipendente il 4 giugno. Occhio che c’è una edizione limitata con un secondo CD con 6 brani extra. Nel disco principale c’è un duetto con Laura Marling intitolato The Water. Sono spesso in tour insieme e anche con i Mumford and Sons, la nouvelle vague britannica. Infine, torna Jewel (Kilcher) con il nuovo disco Sweet And Wild che conferma l’ultima svolta country, ma, attenzione, nell’edizione Deluxe, che c’è se no cosa ve lo dicevo a fare, il secondo disco ripropone l’intero album in versione acustica, quindi un ritorno alle origini, nei negozi dall’8 giugno.

Ci sarebbero un tot di altre novità ma rimandiamo ad altra occasione. Una news in breve: sempre il 4 giugno vengono ristampati due degli album migliori (e introvabili) di Neal Casal dalla Fargo Records distribuzione Self, entrambi in versione doppia, Basement Dreams del 1998 ha 10 brani in più, oltre ai 23 originali, Rain, Wind And Speed del 1996, undici in più.

Ci rivediamo alla prossima.

Bruno Conti