Ferragosto Con Paul. Good Rockin’ Tonight: Le Ristampe Live Di McCartney.

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Paul McCartney & Wings – Wings Over America – Capitol 2CD – 3LP

Paul McCartney – CHOBA B CCCP – Capitol CD – LP

Paul McCartney – Paul Is Live – Capitol CD – 2LP

Paul McCartney – Amoeba Gig – Capitol CD – 2LP

Lo scorso 12 Luglio la Capitol ha ristampato quattro live albums della discografia di Paul McCartney, in CD digipak ed in vinile, sia nero che colorato per i collezionisti più avidi. La scelta è stata fatta optando per un album da ogni decade (esclusa la presente, anche perché negli anni dal 2010 ad oggi il buon Paul dal vivo non ha pubblicato alcunché), ed è quindi corretto presumere che i dischi in questione non beneficeranno in futuro delle edizioni super deluxe dedicate al catalogo dell’ex Beatle. In realtà la prima di queste ristampe, Wings Over America, era già uscita in formato cofanetto, e quindi questa nuova riedizione senza bonus tracks è di scarsissimo interesse e quindi riterrei opportuno bypassarla prendendo in esame le altre tre (probabilmente l’hanno scelta in quanto unico live ufficiale di Macca negli anni settanta, e non hanno voluto fare i “bastardi” mettendo fuori il Wings Over Europe disponibile solo nel mega-box dello scorso Dicembre con Wild Life e Red Rose Speedway).

CHOBA B CCCP è il famoso “album russo” che Paul pubblicò nel 1988 solo per il mercato sovietico, in piena Perestrojka: un lavoro composto unicamente da classici del rock’n’roll che Paul incise nell’87 con l’ausilio di una band essenziale, chitarra-piano-basso-batteria (con gente come Henry Spinetti, Chris Whitten, Nick Garvey dei Motors e Mike Gallagher dei Blockheads di Ian Dury): la ragione per cui lo troviamo inserito in un gruppo di album dal vivo è dovuto al fatto che gli undici brani presenti sono stati registrati in presa diretta e senza sovraincisioni, buona la prima e via. (NDM: questo album a grande richiesta fu poi pubblicato anche nel resto del mondo nel 1991 e con tre brani in più, ma questa è la versione originale con tanto di note di copertina in cirillico). Ed il disco è un piacere anche a distanza di anni, con un Paul in forma vocale strepitosa accompagnato da una band solida e senza fronzoli, un album che si ascolta tutto d’un fiato e che vede il nostro sciorinare eccellenti performance di classici del rock’n’roll come Kansas City (già incisa dai Beatles) ed una scatenata Lucille entrambe dal repertorio di Little Richard, un doppio Elvis (That’s Alright Mama e Just Because), due ottime rese di evergreen rispettivamente di Eddie Cochran e Lloyd Price (Twenty Flight Rock e Lawdy, Miss Clawdy), una vibrante Crackin’ Up di Bo Diddley e perfino Duke Ellington (Don’t Get Around Much Anymore). A mio parere però gli highlights sono una rilettura di gran classe di Bring It On Home To Me di Sam Cooke, una formidabile Ain’t That A Shame di Fats Domino ed una versione del traditional Midnight Special godibilissima e leggermente country. Spontaneo e diretto, uno dei dischi più piacevoli di Macca.

Paul Is Live, il prescelto per gli anni novanta, è invece un album del 1993 registrato in varie locations in giro per il mondo durante il tour di Off The Ground, scelta che mi fa pensare che il bellissimo Tripping The Live Fantastic del 1990 ed il delizioso Unplugged del 1991 potranno beneficiare in futuro del trattamento deluxe. Paul Is Live (il titolo e la divertente copertina erano una parodia sia della celebre immagine di Abbey Road che della leggenda metropolitana del “Paul è morto”) vedeva il nostro accompagnato dalla stessa band del tour precedente, in seguito del celebrato Flowers In The Dirt, con Robbie McIntosh e Hamish Stuart (ex Average White Band) alle chitarre, Paul Wickens e la moglie di Paul, Linda McCartney, alle tastiere e Blair Cunningham alla batteria. Paul Is Live è un buon disco, che però ha il difetto di venire solo tre anni dopo il trionfale Tripping The Live Fantastic, che era pieno zeppo di classici dei Beatles e di Paul solista, oltre che dei brani migliori di Flowers In The Dirt che era un album decisamente migliore rispetto a Off The Ground: qui la scelta è stata di non ripetere le canzoni presenti su Tripping (a parte Live And Let Die), con la conseguenza di avere una maggioranza di brani “minori”. Anche se per definire minori pezzi del calibro di Drive My Car, Let Me Roll It, All My Loving, We Can Work It Out, Michelle, Here, There And Everywhere, Lady Madonna, Paperback Writer e Penny Lane ci vuole una certa dose di coraggio. Da Off The Ground sono ripresi cinque brani ma mancano i due migliori (la title track ed il rock’n’roll Get Out Of My Way), anche se Hope Of Deliverance è una piacevole pop song tipica del nostro; c’è una buona versione della classica My Love, due vitali rock’n’roll come Good Rockin’ Tonight (acustica ma coinvolgente) e Kansas City ed un paio di improvvisazioni registrate durante il soundcheck (Hotel In Benidorm, A Fine Day). Ripeto, un buon live che ha l’unico “difetto” di venire dopo lo splendido Tripping The Live Fantastic ed un gioiellino come Unplugged.

E veniamo al pezzo forte di questo gruppo di ristampe, cioè Amoeba Gig, che documenta uno show del 2007 molto particolare, registrato all’interno dell’immenso negozio di dischi Amoeba di Hollywood (io sono stato in quello di San Francisco, in zona Haight-Asbury, ed è un vero paradiso per gli appassionati) con la band dell’epoca (Rusty Anderson, Brian Ray, David Arch ed Abe Laboriel Jr., forse il gruppo migliore che Paul abbia mai avuto, Wings compresi, e quello con il suono più rock) per promuovere il nuovo album Memory Almost Full. All’epoca era uscito un EP di appena quattro brani intitolato Amoeba’s Secret, mentre nel 2010 il settimanale britannico Mail On Sunday aveva allegato ad una delle sue uscite una limitatissima versione con 12 pezzi chiamata Live In Los Angeles. Ora finalmente con Amoeba Gig possiamo godere dell’esibizione completa di 21 brani (nella versione in vinile c’è anche una Coming Up proveniente dal soundcheck), un live album in pratica nuovo che presenta un Paul in forma smagliante e più disinvolto che mai, autore di una prova decisamente energica e con una scaletta decisamente sbilanciata verso pezzi dall’approccio rock. Memory Almost Full è solo un pretesto, in quanto Macca ne suona solo cinque pezzi (tra cui i due più riusciti, la bella e potente Only Mama Knows e la piacevole e coinvolgente pop song Dance Tonight); il passato solista di Paul è riassunto nella deliziosa C Moon, la tenue Calico Skies ed il toccante omaggio a John Lennon di Here Today (c’è anche una breve ripresa di Baby Face, cover di un brano popolare degli anni venti che il nostro aveva già eseguito nei seventies durante uno special televisivo). Il resto è tutto Beatles, con un paio di pezzi acustici (I’ll Follow The Sun dal ritmo accelerato e quasi country e Blackbird), tre ballate (un’intensa The Long And Winding Road e le straordinarie Hey Jude e Let It Be), ma soprattutto tantissimo rock’n’roll, con titoli come Drive My Car, Back In The USSR, I’ve Got A Feeling (strepitosa), Matchbox (di Carl Perkins, nei Fab Four la cantava Ringo), Get Back ed un finale travolgente con Lady Madonna e I Saw Her Standing There.

Quindi due ristampe interessanti visto il suono rimasterizzato (CHOBA B CCCP e Paul Is Live), una inutile (Wings Over America) ed Amoeba Gig, imperdibile sia per il fatto di essere praticamente un live nuovo di zecca che per la qualità della performance.

Marco Verdi

Correva L’Anno 1968 1. The Beatles – White Album 50th Anniversary Edition, Parte I

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The Beatles – “The Beatles” AKA The White Album 50th Anniversary Edition – Apple/Universal – 6CD/Blu-ray Audio – 3 CD – 4 LP

In questo periodo dell’anno stanno uscendo (e usciranno) varie edizioni speciali commemorative di alcuni album epocali della storia del rock, penso a More Blood More Tracks di Bob Dylan, che non festeggia il suo 50° Anniversario ma è comunque uno dei dischi che spesso entrano nelle liste All Time degli album più importanti e che hanno influenzato la musica dello scorso secolo (Blood On The Tracks nell’ultima classifica di Rolling Stone del 2003 era al 16° posto), mentre il White Album, di cui andiamo a parlare diffusamente tra un attimo, era al 10°. E, stranamente un disco come Electric Ladyland di Jimi Hendrix, che sarà oggetto di un post nei prossimo giorni, sempre per la riedizione del cinquantenario, si trova “solo” al 54°, e anche Cheap Thrills di Big Brother And The Holding Co. (Janis Joplin), uscito in origine pure lui nel 1968 (e oggetto di una edizione potenziata che verrà pubblicata il prossimo 30 novembre), addirittura al 334° posto(!?!). E’ ovvio che queste “ristampe” per gli anniversari importanti di dischi storici non sono di per sé un sigillo di garanzia della qualità, perché in caso contrario non si capirebbe perché non sono state realizzate per esempio per Revolver Rubber Soul dei Beatles o per Are You Experienced? di Jimi Hendrix, ma si sa che le vie della discografia sono misteriose.

Comunque questo “The Beatles”, o “White Album”, Album Bianco, come è più frequentemente chiamato, ha avuto diritto ad una ristampa Deluxe davvero notevole (e anche la versione tripla, più “povera”, non è affatto male). Non starò a tediarvi con lunghi trattati storico-sociologici e musicali sull’importanza del doppio album originale, ma almeno nella lista dei dischi doppi il White Album se la batte con Blonde On Blonde sempre di Dylan, tra quelli degli anni ’60, senza dimenticare Electric Ladyland, e citando alla rinfusa alcuni di quelli anni ’70: Exile On Main Street degli Stones, Songs In The Key Of Life di Stevie Wonder, The Wall dei Pink Floyd, Phisycal Graffiti dei Led Zeppelin, London Calling dei Clash, Quadrophenia degli Who, Live At Fillmore East degli Allman Brothers, e così via. Ma il disco dei Beatles è rimasto veramente nell’immaginario collettivo, anche se non è considerato da molti il più popolare (per quanto avendo venduto 19 milioni di copie nel mondo lo è stato), il più bello, o il più influente nella loro discografia. Probabilmente il più vario, nelle parole del loro produttore George Martin avrebbe potuto essere un fantastico album singolo, e comunque, come concordano quasi tutti, segnò, in modo splendido, l’inizio della fine della loro traiettoria musicale, anche se poi ci fu il colpo di coda di Abbey Road, il vero canto del cigno della premiata ditta di Liverpool.

Secondo molti nel doppio originale non ci sono forse canzoni epocali, ma questo vale anche per i dischi precedenti: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band non conteneva Strawberry Fields Forever Penny Lane, Magical Mistery Tour non riportava All You Need Is Love Hello Goodbye, e il doppio bianco non avrebbe avuto nei propri contenuti Lady Madonna, Hey Jude Revolution. Ma nell’album, almeno a mio parere, ci sono parecchie canzoni splendide: da While My Guitar Gently Weeps di George Harrison Happiness Is A Warm Gun di John Lennon, che è uno dei miei brani preferiti in assoluto dei Beatles, e ancora Back In The U.S.S.R, Birthday Why Don’t We Do It In the Road?, di Paul McCartney per il lato più rock della band (e anche, in parte, Everybody’s Got Something to Hide Except Me and My Monkey di John). Oltre a perle acustiche ed intimiste come Blackbird, I Will, Mother’s Nature Son Julia. Senza dimenticare piccoli capolavori come Dear Prudence, I’m So Tired Cry Baby Cry, sempre dal lato Lennon.

La “invenzione” dell’heavy metal con Helter Skelter di Paul, e la risposta al British Blues con le 12 battute di Yer Blues (poi presentata anche in TV nel Rock And Roll Circus degli Stones). Altre tre canzoni deliziose di George Harrison come Piggies, Long,Long, Long Savoy Truffle, una per facciata (senza contare le tre che gli furono scartate e appaiono negli Esher Demos, insieme a Child Of Nature di John che sarebbe diventata Jealous Guy, ma ne parliamo fra poco). Anche Ringo Starr presenta il suo primo brano come autore, Don’t Pass Me By e canta la deliziosa Good Night, che chiude il disco. E ne abbiamo saltate altre che contribuiscono alla estrema varietà del doppio, i due estremi della scala, dal collage avanguardistico di Revolution 9, al gradevole cazzeggio pop di Ob-La-Di, Ob-La-Da, per l’eterno bambino dentro di noi. Senza dimenticare altre canzoni che ci accompagnano da una vita: le vignette di The Continuing Story Of Bungalow Bill Rocky Raccoon, il raffinato e diversificato pop di Glass Onion Martha My Dear, la “strana” Honey Pie e il frammento Wild Honey Pie, oltre alla rallentata Revolution 1. Le abbiamo ricordate, alla rinfusa, tutte e 30? Direi di si; anzi no, manca Sexy Sadie, e non mi pare ce ne sia nessuna brutta. Se per caso vi manca il White Album e non volete, o non potete permettervi, per motivi economici o altro, di acquistare il lussuoso, ma costoso, box con sette dischetti, potreste “accontentarvi” della versione tripla, che contiene tutto il ben di Dio appena ricordato, con il nuovo remix 2018 curato da Giles Martin, figlio di George, e Sam Okell, oltre alla prima edizione ufficiale, nel terzo CD, dei leggendari Esher Demos, conosciuti anche come Kinfauns recordings, dal nome del bungalow nel Surrey di proprietà di George Harrison, dove i Beatles si trovarono a maggio del 1968, di ritorno dal viaggio in India, per preparare i demo delle canzoni dell’album, che poi avrebbero completato tra il 30 maggio e il 14 ottobre agli studi di Abbey Road, con qualche session tenuta ai Trident Studios (per esempio quelle per Hey Jude Dear Prudence).

Vediamo quindi quello che contiene il CD 3, brano per brano, con commenti ad hoc per le singole canzoni (chi segue i Beatles con regolarità sa che queste canzoni erano tutte già uscite in svariati bootlegs, ma a livello ufficiale e con questa qualità sonora ovviamente mai prima, a parte sette brani che erano stati inseriti nel volume 3 della serie Anthology). Sono 27 pezzi in totale, di cui 19 poi appariranno nel doppio bianco: volendo siamo di fronte ad una sorta di Unplugged ante litteram, con esibizioni meno “leccate” e studiate di quelle che verranno usate nella famosa trasmissione di MTV, senza pubblico e con una strumentazione molto meno sfarzosa e lussureggiante di quella usata nei futuri live televisivi, dove quasi c’era più gente sul palco che tra il pubblico, sto esagerando, ma non troppo. Ecco il contenuto del dischetto:

1. Back in the U.S.S.R. da potente R&R alla Chuck Berry, ad una comunque energica versione, con voce double tracked e con eco, e i coretti in omaggio ai Beach Boys, senza il verso finale sostituito dal classico cazzeggio improvvisato da McCartney
2. Dear Prudence la famosa canzone dedicata a Prudence Farrow, la sorella di Mia, che era in India a Rishikesh a “meditare” insieme ai Beatles, comunque lo si metta è un bellissimo brano, anche in questa vesta accompagnata solo da acustiche arpeggiate, dalla voce raddoppiata di John e con un finale parlato dedicato alla vicenda indiana con il Maharishi Mahesh Yogi,  a cui Lennon dedicherà anche dei versi al vetriolo in Sexy Sadie
3. Glass Onion uno dei classici divertissement e nonsense lennoniani, con parole in libertà, citazioni di altre canzoni, tipo Strawberry Fields, The Fool On The Hill, Fixing A Hole e altre, tutte inserite per confondere quelli che pensavano che i suoi brani avessero chissà quali significati reconditi,e in questo demo, sempre con voce double-tracked, manca però ancora il celebre “The Walrus Was Paul” poi inserito nella canzone finita
4. Ob-La-Di, Ob-La-Da la famosa “canzoncina” di Paul, odiata da John, e che però in questa veste acustica ha un suo fascino perverso, oltre al solito ritornello irresistibile, sempre voce raddoppiata, quasi immancabile in molti di questi demo registrati in ogni caso su apparecchi casalinghi, ma quasi professionali, di loro proprietà.
5. The Continuing Story of Bungalow Bill questa è una delle famose canzoni surreali e sardoniche di John, che prende lo spunto sempre da un fatto avvenuto durante il soggiorno in India. Il demo non è poi così differente dalla versione completa che uscirà nel White Album, con gli altri Beatles impegnati a fare le voci degli animali degli giungla, al solito divertendosi come dei matti.
6. While My Guitar Gently Weeps una delle delle più belle composizioni mai scritte da George Harrison, la melodia cristallina risalta anche in questa versione intima, solo voce e chitarra acustica e con il testo leggermente differente da quello che uscirà nella versione finale
7. Happiness is a Warm Gun tre canzoni in una, e che nella versione apparsa sul disco all’epoca presentava alcuni dei più intricati ed acrobatici intrecci vocali mai messi su disco dai tre, mentre in questo demo il brano diventa una sorta di ode a Yoko, e mancano la parte introduttiva e quella finale che l’hanno resa quel piccolo capolavoro che poi diverrà
8. I’m so tired bellissima anche in questa versione acustica e in solitaria di John, con intermezzo parlato diverso da quello poi messo nel disco.

9. Blackbird leggermente più lenta dell’originale, voce raddoppiata, ma sempre una della più belle canzoni di sempre di Paul McCartney, con un lavoro da sogno alla chitarra in fingerpicking, una meraviglia
10. Piggies un brano minore, ma delizioso e sognante, di George, purtroppo reso immortale in senso negativo dall’uso distorto che ne fecero Charles Manson ed i suoi accoliti, qui riacquista il suo tono quasi fiabesco.
11. Rocky Raccoon Paul risponde alle avventure di Bungalow Bill, con quelle di Rocky Raccoon, nella prima versione, più breve, mancano il primo e ultimo verso, ma rimane delicata e divertente al contempo
12. Julia l’ultima canzone ad essere registrata per l’album bianco, dedicata alla mamma di John, uno dei suoi brani più malinconici e struggenti, qui con i versi del testo cambiati di ordine, e con il solito call and response della sua voce raddoppiata, bellissima comunque
13. Yer Blues la risposta sardonica di Lennon al boom del british blues, quasi a voler dire, alla Pippo Baudo, “anche il blues lo abbiamo inventato noi!” Con una piccola variazione nel testo in questa versione acustica

14. Mother Nature’s Son un altro dei piccoli capolavori acustici che costellano la carriera di Sir Paul, anche se nel demo manca proprio l’intro di chitarra che era uno dei punti di forza della canzone
15. Everybody’s Got Something to Hide Except Me and My Monkey la versione acustica dell’ennesimo brano dedicato a Yoko (anche se Paul pensava che il monkey del testo facesse riferimento all’eroina) è ancora più dylaniana nell’approccio rispetto alla versione poi uscita sul doppio 
16. Sexy Sadie è l’altro brano dedicato al Maharishi, è infatti inizialmente doveva chiamarsi così, ma su richiesta di George John cambiò il titolo, mantenendo comunque il tenore antisessista della canzone che avrebbe dovuto avere, come riportato dal giornalista Mark Lewisohn, un verso piuttosto pesante che recitava testualmente  “Maharishi, you little twat/Who the fuck do you think you are?/Who the fuck do you think you are?/Oh, you cunt.” . La canzone comunque è molto piacevole anche in questa veste acustica.
17. Revolution una via di mezzo tra la Revolution elettrica e quella più rallentata e quasi country apparsa come Revolution1 nell’album. Piccoli cambiamenti nei versi e battiti di mano per segnare il ritmo. In questo caso la versione elettrica vince a mani basse.
18. Honey Pie era uno dei vari omaggi sonori allo stile music hall tipicamente britannico amato sia da John che Paul e usato nei loro dischi. Questa volta tocca a McCartney che si diverte da par suo anche nella controparte acustica della canzone, dove manca il finale, sciocchina ma piacevole. Era uno dei brani già usciti nella Anthology 3
19. Cry Baby Cry altra piccola delizia dalla penna di John Lennon. Rispetto alla versione uscita sul White Album manca la parte iniziale e la coda aggiunta poi da Paul.

20. Sour Milk Sea A questo punto partono le otto canzoni degli Esher Demos che non faranno parte del disco finale. La canzone di Harrison verrà donata a Jackie Lomax, poi utilizzata nel suo disco di esordio con Paul al basso, Ringo alla batteria, Clapton alla solista e Nicky Hopkins al piano. Questa versione acustica francamente non è memorabile, forse l’avrai scartata anch’io, però forse no.
21. Junk che è stata pubblicata sempre nel primo CD del doppio Anthology 3, è l’unico brano scartato di quelli presentati da Paul McCartney, recuperata per il primo album solista omonimo di Macca, probabilmente non avrebbe sfigurato nel doppio bianco
22. Child of Nature anche questa è una signora canzone, con una melodia memorabile di quelle di Lennon, infatti non per nulla John, cambiando il testo, la tramuterà in Jealous Guy, uno dei pezzi più belli della sua carriera solista e questa versione acustica è veramente incantevole
23. Circles qui Harrison, che l’ha scritta, si accompagna all’organo anziché alle chitarre acustiche, uno dei suoi tipici brani mistici di derivazione orientale, verrà recuperato solo nel 1982 sull’album Gone Troppo, decisamente diversa e più bella di questa che appare come demo

24. Mean Mr. Mustard
25. Polythene Pam questi due brevi brani scritti da Lennon, giustamente verranno recuperati ed inseriti nel long medley della seconda facciata di Abbey Road, la prima qui dura il doppio della versione conosciuta perché il testo viene ripetuto due volte, e francamente nel medley facevano un figurone inserite nel contesto complessivo della costruzione sonora, anche le versione acustiche sono comunque interessant,i per quanto veramente embrionali.
26. Not Guilty forse il migliore dei brani di Harrison scartati dall’album originale, anche questo è già apparso nella Anthology 3, e poi usato da George per il suo album solista omonimo del 1979. Bella versione con un notevole lavoro della chitarra acustica.
27. What’s the New Mary Jane anche questa versione già uscita nella Anthology 3, è una dei tipici brani nonsense e demenziali di Lennon. Per usare un eufemismo diciamo non memorabile, anche se è stata registrata in molte takes pure dai Beatles, o meglio da Lennon e Harrison, una appare proprio nelle Sessions per il White Album, di cui trovate il resoconto nella II parte

fine 1a parte, segue…

Bruno Conti