Terza Uscita Annuale Del “Bisonte”, In Attesa Dei Botti Finali! Neil Young & Crazy Horse – Return To Greendale

neil young return to greendale

Neil Young & Crazy Horse – Return To Greendale – Reprise/Warner 2CD – 2LP – Deluxe 2CD/2LP/BluRay/DVD Box Set

Da artista che annuncia mille progetti per poi rimandarne più della metà, quest’anno Neil Young è diventato quasi affidabile (ho detto quasi). Sarà perché si è reso conto di non essere più un giovincello (ha compiuto 75 anni proprio in questi giorni), fatto sta che il rocker canadese nel corso del 2020 ha pubblicato finalmente il leggendario album inedito Homegrown, l’instant-EP acustico The Times, il disco dal vivo di cui mi accingo a parlare, e tra pochi giorni sarà la volta del tanto atteso secondo volume degli archivi a ben undici anni dal primo, sulle cui discutibili modalità di commercializzazione tornerò a tempo debito.

neil young after the gold rush 50

Non solo, perché a dicembre uscirà una deluxe edition per i 50 anni di After The Gold Rush (invero piuttosto magra), e per l’anno prossimo sono già in programma un altro live per febbraio (Way Down In The Rust Bucket, registrato nel 1990) e più avanti un concerto acustico del 1971 intitolato Young Shakespeare, la ristampa del rarissimo EP El Dorado del 1989 e, pare, un altro disco dal vivo con i Promise Of The Real (per non parlare dell’annunciato progetto Bootleg Series che dovrebbe riguardare altri concerti del passato, con la copertina originale dell’edizione pirata dell’epoca ma con il suono potenziato). Oggi mi occupo del nuovo episodio delle “Performance Series” di Young, ovvero del live Return To Greendale, registrato il 4 settembre del 2003 all’Air Canada Center di Toronto insieme ai Crazy Horse, durante il tour in supporto all’album Greendale, un concept ambizioso che narrava le vicende degli abitanti di un’immaginaria cittadina sulla costa della California, una storia con risvolti ambientali ed ecologisti che però attirò su Neil parecchie critiche: il nostro fu infatti accusato di aver pubblicato un disco noioso, pretenzioso, prolisso e poco ispirato, ed alcuni arrivarono anche a definirlo il suo peggior lavoro con i Crazy Horse (dimenticandosi forse dell’esistenza di Re-ac-tor e Life), provocando la sua profonda delusione in quanto si trattava di un progetto al quale teneva particolarmente.

A me Greendale era invece piaciuto, al punto che lo avevo addirittura messo tra i dieci migliori album del 2003 (ammetto però che non è tra i dischi di Neil che ascolto più di frequente), e quindi ho accolto con favore anche la pubblicazione di questo doppio CD dal vivo, che esce anche come doppio LP ed in formato box set con entrambe le configurazioni audio, un BluRay con le immagini dello stesso concerto ed un DVD con il “making of” del Greendale originale (già uscito nel 2003): questa volta ho optato per la versione “semplice” in CD, dal momento che il box non offre granché in più e costa pure caro (circa 100 euro). Return To Greendale presenta le stesse dieci canzoni del disco in studio, che veniva suonato per intero tutte le sere nella prima parte dello show, e devo dire che i vari brani ne escono addirittura migliorati: d’altronde sappiamo che i Crazy Horse hanno sempre suonato meglio dal vivo (e molto spesso le loro incisioni in studio sono comunque in presa diretta), ma lo stesso Neil appare più convinto e concentrato, cosa che si riflette nelle canzoni che ne escono arricchite e nel suono che appare più grintoso e coinvolgente.

E non è una questione di improvvisazione, dal momento che i vari pezzi sono riproposti abbastanza in linea con le loro versioni originali (infatti Greendale durava 78 minuti e questo live 81, che è la ragione per cui è doppio). Neil è accompagnato come al solito da Frank “Poncho” Sampedro (però al piano elettrico e non alla chitarra ritmica, e d’altronde sul Greendale originale il buon Poncho manco c’era) e dalla sezione ritmica di Billy Talbot e Ralph Molina, con l’aggiunta ai cori delle Mountainettes, ovvero l’ex moglie di Neil Pegi Young, Twink Brewer, Nancy Hall e Susan Hall; durante lo show tra un brano e l’altro c’erano anche gli interventi di un gruppo di attori che recitavano parti della trama di Greendale, ma per fortuna qui ce li hanno risparmiati. (NDM: siccome non sono mai contento, e dato che sul doppio CD di spazio ne avanzava a iosa, non mi sarebbe dispiaciuto ascoltare il concerto completo. Nella fattispecie la serata in questione si era chiusa con una sequenza formata da Hey Hey, My My, Sedan Delivery, Down By The River, Powderfinger, Prisoners Of Rock’n’Roll, Cinnamon Girl e Fuckin’ Up).

L’inizio dello show è molto piacevole con la cadenzata Falling From Above, un country-rock ruspante nello stile di pezzi leggendari come appunto Powderfinger, melodia diretta ed orecchiabile, Neil che soffia dentro all’armonica e la sua chitarra che vola libera nel vento per quasi otto minuti. Double E è un rock-blues decisamente sanguigno e coinvolgente dal ritmo sostenuto, un riff insistito ed il nostro che inizia a maltrattare la sua Old Black come da prassi, mentre Devil’s Sidewalk è rock’n’roll alla maniera del Cavallo Pazzo, chitarra in primo piano con il tipico botta e risposta tra la voce di Young ed i suoi riff per uno dei pezzi più trascinanti del progetto (e sinceramente non ricordavo un avvio così roccato e potente sul Greendale originale). Leave The Driving è cadenzata e distesa, con un’armonica bluesy ed uno sviluppo strumentale molto discorsivo, e precede Carmichael, primo di tre brani che superano i dieci minuti: questa è una fulgida rock ballad con una parte chitarristica tutta da godere, grazie a Neil che svolge un lavoro splendido suonando con il suo abituale feeling che sopperisce ad una tecnica un po’ grezza.

L’acustica e delicata Bandit, che vede Young da solo sul palco per un momento di quiete fra cantato e talkin’ (ma la chitarra sembra quasi scordata), porta ad un altro dei brani centrali del doppio: Grandpa’s Interview, altra rock song intensa e profonda con un lirismo chitarristico ed un tocco che si riconoscono dopo due note, tredici minuti di puro godimento musicale, non importa che il brano non abbia una melodia ben definita. La breve e toccante ballata Bringin’ Down Dinner, con Neil all’organo, prelude ai dodici minuti di Sun Green, vibrante rock song dal motivo forse già sentito ma con un approccio decisamente trascinante, che ad un certo punto diventa quasi un boogie. A conclusione del doppio CD abbiamo la straordinaria Be The Rain, una di quelle cavalcate elettriche travolgenti che hanno fatto la fortuna del connubio Neil Young/Crazy Horse, corredata da un ritornello irresistibile: un brano che ha le stimmate del classico. Un ottimo live quindi, che rivaluta un album, Greendale, secondo me ingiustamente bistrattato e che prepara il palato al volume due degli archivi younghiani.

Che, almeno per il momento, saranno un privilegio per pochi.

Marco Verdi

Un Disco Di Una Bellezza Rara! Brandi Carlile – By The Way, I Forgive You

brandi carlile by the way

Brandi Carlile – By The Way, I Forgive You – Elektra/Warner CD

Recensione tardiva di un disco uscito lo scorso mese di Febbraio (il classico caso di: lo fai tu – lo faccio io – non lo fa nessuno), ma talmente bello da meritarsi l’inclusione nella mia Top Ten di fine 2018. Brandi Carlile da quando ha iniziato a pubblicare dischi nel 2005 non ha mai sbagliato un appuntamento, ma fino ad oggi non aveva mai pareggiato la bellezza del suo secondo lavoro, The Story (2007), un album eccellente che contava su una serie di canzoni bellissime, a partire dalla magnifica title track, uno dei brani migliori in assoluto del nuovo millennio a mio parere. Give Up The Ghost (2009) era ottimo, ma non al livello di The Story, ed i seguenti Bear Creek (2012) e The Firewatcher’s Daughter (2015), pur validi, erano un gradino sotto (mentre l’unico disco dal vivo di Brandi, Live At Benaroya Hall With The Seattle Symphony, pur avendo ottenuto critiche contrastanti a me era piaciuto tantissimo). Lo scorso anno la songwriter originaria di Ravensdale (un sobborgo di Seattle) ci aveva regalato lo splendido Cover Stories, una sorta di auto-tributo per il decennale di The Story, in cui le canzoni del suo secondo album venivano rivisitate da una serie di artisti famosi, il tutto a scopo benefico. Quella esperienza deve aver fatto bene a Brandi, in quanto il suo nuovo album, By The Way, I Forgive You, è un disco davvero splendido, con dieci canzoni una più bella dell’altra, un lavoro ispiratissimo che personalmente colloco sullo stesso piano di The Story. L’album, che vede la nostra affrontare i brani con il consueto approccio folk-rock, vede alla produzione una “strana coppia” formata dall’onnipresente Dave Cobb e da Shooter Jennings, e proprio il suono è uno dei punti di forza del CD.

Infatti alcuni brani si differenziano dal classico stile di Cobb, fatto di suoni scarni e dosati al millimetro, quasi per sottrazione, in quanto ci troviamo spesso immersi in sonorità decisamente più ariose, anzi direi quasi grandiose, ma senza essere affatto ridondanti: un termine di paragone potrebbe essere il suono dei Fleet Foxes, folk elettrificato e potente dal forte sapore emozionale. E Brandi, forse spronata da questo tipo di sonorità, tira fuori alcune tra le sue performance vocali migliori di sempre, con un’estensione da paura; tra i musicisti, oltre ai due produttori (Cobb alla chitarra e Jennings curiosamente al piano ed organo, evidentemente deve aver imparato qualcosa anche da mamma Jessi Colter), troviamo i soliti collaboratori sia della Carlile (i gemelli Phil e Tim Hanseroth, co-autori anche di tutte le canzoni) che di Dave (il batterista Chris Powell), mentre ai cori partecipano Anderson East in un brano e le Secret Sisters in un altro, e due pezzi hanno un arrangiamento orchestrale ad opera del grande Paul Buckmaster (noto per le sue collaborazioni, tra gli altri, con Elton John, del quale Brandi è una nota fan), qui alla sua ultima collaborazione essendo scomparso nel Novembre del 2017. Il disco (a proposito, il bel ritratto di Brandi in copertina è stato eseguito da Scott Avett, proprio il leader degli Avett Brothers) inizia alla grande con Every Time I Hear That Song, una splendida ballata di ampio respiro, dall’incedere maestoso ed una melodia da pelle d’oca, con un arrangiamento semi-acustico e corale di sicuro impatto (il testo tra l’altro contiene la frase che intitola l’album).

The Joke è il primo singolo, ed è una scelta per nulla commerciale: si tratta infatti di un’intensa ballata pianistica, cantata dalla Carlile in maniera straordinaria, con un toccante motivo di pura bellezza, impreziosita da una leggera orchestrazione e da un crescendo strumentale emozionante. Hold On Your Hand è una folk song che inizia in modo quasi frenetico, con Brandi solo voce e chitarra, poi nel refrain entrano gli altri strumenti ed i cori, e ci ritroviamo di nuovo in mezzo a sonorità grandiose, atipiche per Brandi (e qui vedo parecchie somiglianze con i già citati Fleet Foxes), ma il ritornello è di quelli che colpiscono da subito, grazie anche al contributo essenziale dato da un coro di sette elementi (tra cui Brandi stessa, i due Hanseroth ed Anderson East). The Mother è dedicata dalla Carlile alla figlia Evangeline, avuta tramite inseminazione artificiale dalla sua compagna, e vede una strumentazione più raccolta, un folk cantautorale puro e cristallino, tutto giocato sulla voce, un accompagnamento molto classico ed un motivo anche stavolta splendido; la lenta Whatever You Do è dominata dalla voce e dalla chitarra di Brandi, poi a poco a poco entra il piano (Shooter si rivela un ottimo pianista), altre due chitarre e la sezione ritmica, ma il tutto assolutamente in punta di piedi, ed anche gli archi di Buckmaster accarezzano la canzone con estrema finezza.

Fulron County Jane Doe è più diretta e solare, ha perfino un feeling country (un genere poco esplorato da Brandi negli anni), e degli accordi di chitarra elettrica che curiosamente rimandano alla mitica For What It’s Worth dei Buffalo Springfield: la Carlile canta al solito in maniera impeccabile ed il brano risulta tra i più godibili. Sugartooth è l’ennesima fulgida ballata di un disco quasi perfetto, un lento dall’approccio rock, con uno scintillante arrangiamento basato su piano e chitarre ed il consueto refrain dal pathos incredibile; stupenda anche Most Of All, un altro pezzo dalla struttura folk e con una linea melodica fantastica, il tutto eseguito con un’intensità da brividi: anche questa la metto tra le mie preferite. Il CD, una vera meraviglia, si chiude con la spedita Harder To Forgive, altro pezzo folkeggiante, cantato alla grande ed arrangiato ancora in maniera corale ed ariosa (ancora similitudini con lo stile del gruppo di Robin Pecknold), e con Party Of One, un finale pianistico ed intenso, che ha dei punti di contatto con le ballate analoghe di Neil Young.

A quasi un anno di distanza dalla sua uscita By The Way, I Forgive You rimane un disco splendido, e fa parte di quei lavori che continuano a crescere ascolto dopo ascolto.

Marco Verdi

pegi young

P.S: a proposito di voci femminili (e di Neil Young), vorrei ricordare brevemente Pegi Young, scomparsa il primo Gennaio all’età di 66 anni dopo una battaglia di un anno contro il cancro. Nata Margaret Morton, la figura di Pegi è sempre stata legata a doppio filo a quella del grande musicista canadese, al quale è stata sposata per quasi quaranta anni prima che il Bisonte prendesse la classica sbandata della terza età per l’attrice Daryl Hannah.

Dal punto di vista musicale Pegi, che è stata in diverse occasioni in tour con il marito come corista, non ci lascia certo delle pietre miliari, ma una serie di onesti lavori di soft rock californiano https://discoclub.myblog.it/2014/12/08/laltra-meta-della-famiglia-o-piu-pegi-young-the-survivors-lonely-crowded-room/ : l’ultimo, il discreto Raw, è del 2017. Nel 1986 Pegi è stata anche la fondatrice con il famoso consorte della Bridge School, un istituto per la cura dei bambini con gravi tare fisiche e mentali (la coppia ha avuto due figli, entrambi con seri problemi: Ben è affetto da paralisi cerebrale, Amber da epilessia) https://discoclub.myblog.it/2011/10/04/25-anni-di-buone-azioni-e-di-belle-canzoni-the-bridge-school/ .

Vorrei ricordare Pegi con la bellissima Unknown Legend del marito Neil, brano che apriva l’album Harvest Moon nel 1993 e che era a lei ispirato: infatti quando i due si conobbero nel lontano 1974 lei lavorava come cameriera in un diner vicino al ranch di Young.

Novità Di Novembre Parte III. Who, Mary Black, Kate Rusby, Neal Casal, Dirk Hamilton, Bill Labounty

who quadrophenia.jpgwho quadrophenia 2cd.jpg3853_pete_townshend.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Questa settimana iniziamo la disamina delle uscite di martedì 15 novembre con il pezzo forte, la riedizione di Quadrophenia degli Who. Come vedete ne usciranno due versioni (più il vinile) mentre la terza è un intruso che sarà pubblicato a fine mese per il “Black Friday”, il giorno del vinile.

Il box Super Deluxe conterrà (leggo): Disc 1&2 – The Original Album 2011 Remaster

Disc 3&4 – 25 Demo Tracks, questi i brani:

Disc three – the demos

1.
The Real Me (demo)

2.
Quadrophenia – Four Overtures (demo)

3.
Cut My Hair (demo)

4.
Fill No. 1 – Get Out and Stay Out (demo)

5.
Quadrophenic – Four Faces (demo)

6.
We Close Tonight (demo)

7.
You Came Back (demo)

8.
Get Inside (demo)

9.
Joker James (demo)

10.
Punk (demo)

11.
I’m One (demo)

12.
Dirty Jobs (demo)

13.
Helpless Dancer (demo)

Disc four – the demos

1.
Is It In My Head (demo)

2.
Any More (demo)

3.
I’ve Had Enough (demo)

4.
Fill No. 2 (demo)

5.
Wizardry (demo)

6.
Sea & Sand (demo)

7.
Drowned (demo)

8.
Is It Me (demo)

9.
Bell Boy (demo)

10.
Dr Jimmy (demo)

11.
Finale-The Rock (demo)

12.
Love Reign O’er Me (demo)

Disc 5 Versione 5.1 di “solo” 8 brani del disco in dolby surround.

Libro Deluxe di 100 pagine in hardback con un nuovo saggio scritto da Pete Townshend e fotografie, testi, note e latro materiale inedito oltre a presentazione brano per brano dei 25 demo.

45 giri 7″ con 5.15 e Water

Poster 20″x30″ e sei inserti facsimile raccolti in una confezione.

Leggevo proprio dalla confezione per cui sono informazioni precise. Naturalmente la confezione è molto bella e molto costosa.

Per chi vuole spendere meno esce anche una versione doppia Deluxe con l’album originale rimasterizzato e 11 demo inediti, questa la tracklist:

Disc: 1
1. I Am The Sea
2. The Real Me
3. Quadrophenia
4. Cut My Hair
5. The Punk And The Godfather
6. I’m One
7. The Dirty Jobs
8. Helpless Dancer
9. Is It In My Head?
10. I’ve Had Enough
11. 5:15
12. Sea And Sand
13. Drowned

1. Bell Boy – Who
2. Doctor Jimmy – Who
3. The Rock – Who
4. Love Reign O’er Me
5. The Real Me (demo) – Who
6. Cut My Hair (demo) – Who
7. Punk (demo) – Who
8. Dirty Jobs (demo) – Who
9. Is It In My Head (demo) – Who
10. Any More (demo) – Who
11. I’ve Had Enough (demo) – Who
12. Drowned (demo) – Who
13. Is It Me? (Demo)
14. Doctor Jimmy (Demo)
15. Love Reign O’er Me (Demo)

Il 29 novembre (che è un martedì, anche se dovrebbe essere il Black Friday!) in Italia uscirà quel 10″ di Townshend chiamato The Quadrophenia Demos 1 con 6 tracce, queste:

Side One:
The Real Me / Demo
Cut My Hair / Demo
Punk / Demo

Side Two:
Dirty Jobs / Demo
Is It In My Head? / Demo
Anymore / Demo

Il secondo volume uscirà ad aprile per il Record Store Day.

bill labounty time starts now.jpgdirk hamilton.jpgneal casal.jpg

 

 

 

 

 

 

 

E’ già uscito da qualche giorno, ma pochi se ne sono accorti perché è stato pubblicato solo dalla Rhino francese questo bellissimo Box di 4 CD di Bill Labounty uno dei più bravi (e sconosciuti) vocalist americani apprezzato da uno sparuto manipolo di fans sparsi per il tutto il mondo. Contiene 70 brani, di cui 18 demos inediti, 5 brani dall’album di debutto di Bill Promised Love mai uscito in CD e il meglio della sua produzione tratta da tutti gli album della sua discografia con presentazione delle tracce a cura dello stesso Labounty in un libretto di 16 pagine. Tra i musicisti che appaiono nel cofanetto questi “illustri sconosciuti”, James Taylor, Larry Carlton, Jeff Porcaro, Willie Weeks, Steve Lukather, Lenny Castro, Robbie Dupree (altro grande cultore sconosciuto di questo stile raffinato, che per mancanza di migliori termini definirei “blue-eyed soft soul and jazz” con risvolti californiani), Patti Austin, Jennifer Warnes, Steve Gadd e molti altri. Sciambola!

Un altro grandissimo cantautore americano, che da qualche anno svolge la sua attività anche e soprattutto in Italia, è Dirk Hamilton. E infatti il nuovo Thug Of Love Live viene distribuito in esclusiva per il mercato italiano dalla IRD (è già uscito questa settimana). Si tratta di un doppio, CD+DVD edito dalla Acoustic Rock Records, che festeggia i fasti di Thug Of Love, uno dischi più belli del 1980 (quarto della sua discografia): riproposto in tre concerti tenuti a Dozza, Modena e Cologne a marzo dello scorso anno per il 30° anniversario dal disco originale. Particolare non trascurabile il contenuto di CD e DVD è diverso perché è tratto dalle tre diverse date: quindi un totale di 24 brani. Nell’ultimo brano del CD How Do You Fight Fire appaiono come ospiti Graziano Romani, Massimo Mantovani e Max Marmiroli. Sarebbe d’uopo procurarsi anche l’originale ristampato in CD dalla Wounded Bird nel 2007 e, perché no, i due precedenti, altrettanto stupendi Meet Me At The Crux e Alias I ristampati dalla Akarma. Purtroppo il primo You Can Sing On The Left Or Bark To The Right non è mai stato fatto in CD (credo) e il mio disco originale, prestato ad un “presunto” amico non mi è più stato restituito, ciulato come direbbe Massimo Boldi! Pensate che In Wikipedia non c’è neppure una voce dedicata a Dirk Hamilton. I dati sul nuovo disco sono esatti visto che li ho letti proprio dal CD e non da comunicati stampa.

Il nuovo Neal Casal (lui c’è in Wikipedia), Sweeten The Distance, esce sempre il 15 per la Fargo Records. E’ il 12° della sua carriera, più 2 raccolte e tre dischi con gli Hazy Malaze. Ora che i Cardinals di Ryan Adams di cui era il leader e con cui ha pubblicato 5 dischi si sono sciolti, è libero di riprendere la sua carriera solista.

mary black stories from the steeples.jpgkate rusby while mortals.jpgpegi young.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Tre voci femminili. Torna, dopo una pausa che durava sei anni, la grande cantante irlandese Mary Black con un nuovo album Stories From The Steeples pubblicato dalla Blix Streets Records in Inghilterra e dalla 3ù Records in Irlanda. Per curiosità ero andato a vedere se il disco fosse uscito prima sul mercato irlandese e fosse già in classifica ma non c’era ancora. In compenso, con grande piacere, ho visto che l’ultimo Christy Moore Folk Tale ha esordito al 3° posto delle charts e la settimana in corso era al 6° lottando eroicamente con Justin Bieber, Rhianna, David Guetta e Co che sono tutti alle sue spalle. Se volete curiosare le classifiche di tutto il mondo questo è il link http://www.lanet.lv/misc/charts/. Nel disco di Mary Black appaiono come ospiti Imelda May, Finbar Furay e Janis Ian.

Altra grande vocalist britannica è Kate Rusby, questo While Mortals Sleep, edito come sempre dalla Pure Records, è il secondo capitolo decicato a brani “stagionali”, di tipo natalizio per intenderci, ma non solo. Sono canzoni e carole, quindi sempre musica tradizionale folk per la brava Kate accompagnata dalla sua band più un quintetto di fiati. Il primo volume si chiamava Sweet Bells.

La terza copertina è quella di Bracing For Impact il nuovo disco di Pegi Young questa volta con i Survivors. Che non comprendono mister Neil Young in formazione, anche se nel disco, pubblicato dalla Vapor Records, c’è! Il gruppo comprende Spooner Oldham alle tastiere, Rick Rosas al basso, Kelvin Holly alla chitarra e Phil Jones alla batteria. Produce Pegi con l’aiuto di Elliot Mazer e “lui” ha scritto Doghouse dove canta le armonie vocali e suona l’armonica, nonché la chitarra elettrica in Lie e Song For A Baby Girl e nuovamente l’armonica in Number 9 Train. Nel disco, che non è male, ci sono anche le ottime Watson Twins alle armonie e una versione della famosa I Don’t Want To Talk About It scritta da Danny Whitten per il primo Crazy Horse dove la seconda voce è quella di Chandra Wilson. Ma mi rendo conto che il disco si compra perché c’è dentro Neil Young e anche se non ci fosse per il legame di parentela, quantomeno per curiosità.

Fine della prima parte (oggi ci sono dei problemi con il Blog).

Bruno Conti