Vecchie Glorie 1. Pete Brown & Phil Ryan – Road of Cobras

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Pete Brown & Phil Ryan – Road of Cobras – Proper/Ird

Chi è costui? O anche chi era costui? (era un po’ che non lo dicevo!). Propenderei per la prima domanda visto che questo gentiluomo inglese è ancora vivo e vegeto e il giorno di Natale compirà 70 anni! Allora chi è? La firma Bruce/Brown vi dice nulla?

Esatto, si tratta proprio dell’esimio paroliere dei Cream e poi della carriera solista di Jack Bruce, quello che ha scritto I Feel Free, White Room, Sunshine of your love (questa firmata pure da Eric Clapton) ma anche la meravigliosa Theme From An Imaginary Western per Jack Bruce (grande versione dei Mountain) con cui ha firmato gli interi album Songs for a Taylor, Harmony Row e Into The Storm, uno più bello dell’altro.

Come se tutto questo non bastasse è stato anche il fondatore dei due gruppi che vedete qui sopra: Pete Brown & His Battered Ornaments, autori di due ottimi album di blues-jazz-rock fiatistico ed entrati nella storia anche perché il giorno prima del concerto gratuito dei Rolling Stones ad Hyde Park in memoria di Brian Jones il resto del gruppo ha estromesso Brown dalla formazione, non solo, non contenti di tutto ciò hanno anche cancellato tutte la parti vocali già incise dallo stesso Brown per il secondo album Mantlepiece. Alla faccia dell’ammunitamento! (In quel gruppo militavano ottimi musicisti, a partire dal futuro Colosseum Dick Heckstall-Smith passando per il chitarrista Chris Spedding). Imperturbabile (almeno mi immagino) Pete Brown ha fondato i Piblokto! più rock-blues oriented, senza i fiati con Jim Mullen, futuro chitarrista dei Brian Auger’s Oblivion Express e con Morrissey (non quello), Dick il sassofonista, nel duo Morrissey-Mullen autori di un ottimo jazz-rock. A un certo punto alla fine della carriera dei Piblokto entra in formazione anche il tastierista Phil Ryan che farà in tempo ad incidere un solo singolo prima dello scioglimento del gruppo.

Se volete i dischi di entrambi i gruppi si trovano in due ottimi twofer della BGO che raccolgono le discografie complete delle formazioni dove ha militato Pete Brown.

Se vi state chiedendo perché mi sono dilungato in questo excursus nel passato e temete che possa avere a che fare col fatto che potrebbe non esserci molto da dire su questo disco avete indovinato! O meglio ci sarebbe, ma forse è meglio non farlo. Comunque qualche breve cenno lo merita e non è proprio così orribile. Per gli amanti del genere e collezionisti può essere interessante, gli altri meglio alla larga!

Già ma che genere è? Il solito di quarant’anni fa però annacquato in una simil fusion-jazz-rock-blues alquanto blanda, quasi vicina a certo smooth-jazz (che ha i suoi estimatori e quindi questo disco un suo pubblico potrebbe averlo).

Il nostro amico non aveva una voce fantastica già ai tempi (e quindi capite il perché dell’estromissione) però era adeguata ed era un grande autore di testi ed occasionalmente della musica nonché come Mayall un ottimo bandleader capace di guidare nei propri dischi fior di musicisti.

Anche questo Road of Cobras in questo senso non tradisce le aspettative: alcuni brani sono di buona qualità, ad esempio l’iniziale Flag A Ride, con Mick Taylor alla chitarra solista e Clem Clempson alla seconda chitarra, oltre ad un’ottima sezione fiati, Phil Ryan alle tastiere e una sezione ritmica di valore. Ma aldilà del tipo di suono, ci sono le due vocalists, le voci femminili, Helen Hardy e Rietta Austin (che sarebbero anche brave), che sono ovunque, irritanti in un modo incredibile, coprono la voce di Brown e sbucano da ogni piega degli arrangiamenti spesso in primo piano. In Between Us a duettare con Pete Brown c’è Maggie Bell (la gloriosa voce degli Stone the Crows, la Janis Joplin inglese) che con mio grande rammarico (lo so il tempo passa!) sembra un’ottima anziana cantante, una vecchia gloria appunto, ma non più la forza della natura che era un tempo (non è la regola, Van Morrison e Tom Jones, coetanei, anzi anche più anziani, hanno ancora una voce della Madonna!). In questo brano ci sono anche Jim Mullen alla chitarra e Annie Whitehead al trombone, il tutto molto picevole per carità ma non è che mi fanno stracciare le vesti.

Insomma ci siamo capiti, Mick Taylor torna in un brano 13th Floor, Clem Clempson e Jim Mullen sono presenti in altri tre o quattro brani, le due voci femminili continuano a imperversare in quasi tuttile canzoni, finché nell’ultima, jazzata, Couldn’t We Try Again? Helen Hardy viene promossa a voce solista per duettare con Brown con ottimi risultati, ma allora ditelo!

Che altro? What Else? come direbbe l’ottimo George. C’è anche un duetto con l’inossidabile Arthur Brown (questo è proprio lui, quello di Fire e non sono parenti) e con le immancabili coriste c’è una overdose di voci in Sneaky Spot Trading Man (vi risparmio la battuta crudele).

Boh, fate un po’ voi! Io la buona volontà ce l’avevo messa. I due CD della BGO ve li consiglio caldamente, questo meno (gli avvisi per i naviganti non sempre segnalano bel tempo, servono anche per evitare le piccole calamità).

Bruno Conti