Dischi Dal Vivo Da 4 Stellette, Come Se Ne Fanno Pochi! Lee Clayton – Live At Rockpalast

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Lee Clayton – Live At Rockpalast – CD+DVD Repertoire

Sono passati più di 30 anni dagli eventi (musicali) raccontati in questo Live, e almeno 20 dalle ultime prove discografiche degli anni ’90 (anche se nel 2008 ha postato un suo video in solitaria su YouTube, solo voce e chitarra, di We The People, un brano nuovo, piuttosto bello, peraltro disponibile solo per il download, pare dalla sua base di Nashville, dove dovrebbe vivere tuttora, tutto molto “misterioso”), ma la sua musica, sentita oggi ha ancora un fascino inalienabile.

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Lee Clayton, considerato uno degli originatori del fenomeno “outlaw country”, soprattutto per quella canzone manifesto chiamata Ladies Love Outlaws, portata al successo da Waylon Jennings nel 1972, occhio alla cronologia, e che sarebbe apparsa nel suo primo album omonimo del 1973, uscito su etichetta MCA. Clayton, giustamente, è conosciuto (purtroppo non abbastanza) per quella fantastica trilogia di album pubblicati dalla Capitol tra il 1978 ed il 1981, soprattutto quello di mezzo, Naked Child, un disco elettrico e visionario come pochi, nelle liste dei migliori dell’anno della critica in quel periodo, con un suono dove l’outlaw country conviveva con un rock chitarristico ad altissima gradazione, impersonificato dalla figura del chitarrista irlandese Philip Donnelly, già con Donovan negli anni precedenti, e presente anche in Border Affair e nel successivo The Dream Goes On, che con la sua solista dai suoni acidi, taglienti e lancinanti, in quel periodo era uno degli axemen più ricchi di inventiva in circolazione. Nel disco di studio del ’79, erano presenti anche Klaus Voorman (il vecchio bassista della Plastic Ono Band) e Tony Newman (già con Jeff Beck e David Bowie, ora residente a Nashville, con cinque figli, di cui tre fanno i batteristi, perbacco!), una sezione ritmica che rese, soprattutto la prima facciata di quel disco, quasi perfetta.

Lee Clayton forse (anzi sicuramente) non è mai stato un grande vocalist, con quel suo cantar parlando che poteva avvicinarlo, per certi versi, a Lou Reed, uno che di chitarristi “bravini” ne ha sempre avuti e in seguito al James McMurtry del periodo in cui David Grissom era il suo solista, ma ovviava con una serie di canzoni che pur facendo della laconicità del canto una delle sue armi, avevano anche melodie ed arrangiamenti che molti contemporanei dell’epoca si sognavano, non per nulla anche il giovane Bono lo definì “l’unico cantante country che mi ha influenzato”, frase famosa riportata anche all’interno del ricco libretto nella confezione CD+DVD che racconta con dovizia di particolari e ricordi quel leggendario tour europeo, e che forse il buon Paul Hewson dovrebbe continuare a seguire, ma trattasi di altra storia.

Il sottoscritto confessa (ma è anche un merito) di averlo visto due volte dal vivo in quel periodo, come spalla di McGuinn e Hillman al Palalido di Milano e di supporto a Commander Cody al Venue di Londra: grandi concerti, come questo ripreso per il Rockpalast alla Markthalle di Amburgo il 9 gennaio del 1980, senza Klaus Voorman, ma con il bassista e conterraneo di Donnelly, Colin Cameron (peraltro presente in Border Affair) a sostituirlo. Il suono è comunque turbolento e fantastico, con la solista di Philip Donnelly, co-protagonista alla pari del concerto, che inanella una serie quasi infinita di soli incredibili, soprattutto in 10,000 Years/Sexual Moon, nella devastante The Dream Goes On, che sarebbe apparsa sul disco omonimo solo l’anno successivo, nella cavalcata fremente della fantastica, per mancanza di altri aggettivi, I Ride Alone (uno dei brani più belli di quegli anni e di sempre), una gagliarda Saturday Night Special, ripresa anche a fine concerto, l’intermezzo country (?!?) con Ladies Love Outlaws e If You Can’t Touch Her At All, un successo per Willie Nelson.

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Senza dimenticare la loureediana Tequila Is Addictive, le folate R&R di Draggin’ Them Chains (anche quella presente solo l’anno successivo su The Dream Goes On, il disco più violento, ma sempre eccellente, della trilogia) e della tiratissima The Road, con l’incedere maestoso della batteria di Newman, sempre impegnatissimo a percuotere con vigore il suo strumento. Ottima anche la dylaniana The Road, con Clayton pure all’armonica e la dolce My True Love, uno dei rari momenti di quiete del concerto, aldilà dell’intermezzo country. Ma sinceramente non c’è una canzone scarsa in quella serata, un concerto imperdibile per chi vuole conoscere uno dei personaggi più misconosciuti di quel periodo, anzi se ancora non li avete e riuscite anche a trovare il doppio CD, già fuori produzione, che raccoglie i 3 dischi in studio di quel triennio, Border Affairs:The Capitol Years, vi fareste solo del bene. Se questo è country datemene decine di dischi così! A ben pensarci questo Live è uno di quelli da 4 stellette.

Bruno Conti

Due Grandi Chitarristi Al Prezzo Di Uno! Gary Moore – Blues For Jimi

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Gary Moore – Blues For Jimi – CD DVD o Blu-Ray – Eagle Rock 25-09-2012

E’ passato circa un anno e mezzo dalla scomparsa di Gary Moore, avvenuta nel febbraio 2011, e proseguono le pubblicazioni di materiale inedito dal vivo da parte della Eagle Rock (in attesa di un eventuale album di studio postumo che pare fosse quasi pronto al momento della morte). Dopo il Live At Montreux 2010 esce ora questo Blues For Jimi che è la registrazione di un concerto tenuto al London Hippodrome (che è un famoso locale e non l’ippodromo di Londra, come mi è capitato di leggere) il 25 ottobre del 2007 in occasione delle manifestazioni per la ripubblicazione di Live At Monterey di Jimi Hendrix nel quarantennale della nascita degli Experience. In quella serata Gary Moore e il suo gruppo, con Darrin Mooney (ex Primal Scream) alla batteria e Dave Bronze al basso (già con Robin Trower, Procol Harum, Dr.Feelgood e il Clapton anni ’90 di From The Cradle) eseguono solo materiale hendrixiano e per tre brani, nella fase finale del concerto, si riunisce per l’ultima volta, la seconda versione degli Experience, quella con Billy Cox al basso e Mitch Mitchell alla batteria, che morirà poi nel 2008 proprio alla fine dell’Experience Hendrix Tour di quell’anno.

 

Gary Moore non è abitualmente considerato un epigono di Hendrix quanto piuttosto di Albert King per il Blues (ma ha suonato anche con l’altro King, B.B.) e soprattutto di Peter Green, il suo grande mentore, oltre naturalmente al suo lungo sodalizio con il grande amico Phil Lynott, leader dei Thin Lizzy dei quali ha fatto periodicamente parte. Ma nella sua carriera, iniziata nell’Irlanda di fine anni ’60, con il blues-rock psichedelico degli Skid Row e poi proseguita con il proto hard-rock di Grinding Stone, primo album solista del 1973, dove alla seconda chitarra c’era anche Philip Donnelly, grande chitarrista che ha suonato con Donovan, Townes Van Zandt e soprattutto nei bellissimi dischi di Lee Clayton, dove, se siete amanti della chitarra potreste avere delle belle sorprese, fine della digressione, dicevo che dopo Grinding Stone ha suonato del jazz-rock con i Colosseum II e poi si è dato ad un rock “duretto” che gli ha dato la fama ma non lo soddisfaceva completamente, tanto da tornare al Blues negli anni ’90 soprattutto nella formula del power-rock trio. Questa serata è l’occasione per tornare a Hendrix, musicista visto nella Belfast della sua adolescenza e che evidentemente deve avere lasciato delle tracce indelebili nella formazione musicale del giovane Gary, che una quarantina di anni dopo ha l’occasione per rendere omaggio al grande chitarrista di Seattle.

 

 

Premetto che sto recensendo Blues For Jimi qualche settimana prima dell’uscita e quindi non ho avuto l’occasione di vedere la versione video ma il CD audio basta e avanza e molti lettori so che sono ancora fedeli a questo formato e non amano DVD e Blu-Ray per ascoltare la musica. La qualità del suono è eccellente e la scelta del repertorio ha privilegiato i brani più celebri del repertorio di Jimi, come è giusto che sia per una serata celebrativa, i brani più “oscuri” si possono riservare per altri occasioni: e quindi, con il pedale del wah-wah quasi sempre innestato, si parte con una tripletta da sogno, Purple Haze, Manic Depression e Foxy Lady. Per una volta non è necessario illustrare la eccelsa qualità di queste canzoni, Gary Moore è in ottima serata a livello vocale e non sarò certo io a dovervi magnificare le sua qualità di chitarrista, assolutamente in grado di rendere onore a colui che tuttora viene considerato, a ragione, il più grande chitarrista della storia della musica rock, un uomo venuto da un altro universo. La serata scorre con The Wind Cries Mary, I Don’t Live Today, una non meglio identificata My Angel, Angel, una tiratissima Fire introdotta brevemente da Moore con i suoi modi spicci da irlandese e poi il trio di brani registrati con Cox e Mitchell, una lunga versione di Red House, dove il blues hendrixiano raggiunge il suo apice, Stone Free e Hey Joe, da dove tutto cominciò. Per il gran finale il gruppo ritorna per l’immancabile Voodoo Chile (Slight return). Tutto molto bello, solo un piccolo appunto, niente Little Wing?

Bruno Conti

P.s. Il video di YouTube viene dal Giappone perché laggiù Blues For Jimi esce una settimana prima per la Watd Records e anche in versioni CD+DVD e CD+ Blu-Ray, son forti ‘sti giapponesi!