Se Cercate Del Buon Chicago Blues Elettrico Non Andate Oltre! Mississippi Heat – Cab Driving Man

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Mississippi Heat – Cab Driving Man – Delmark/Ird

Con espressione felice l’estensore delle note del CD dice che spesso Pierre Lacocque si è sentito una specie di turnista nella propria band e non il leader: in effetti nei Mississippi Heat nel corso degli anni sono passati musicisti come Carl Weathersby, John Primer, Deitra Farr, Billy Flynn, ed attualmente nella formazione troviamo gente come la formidabile cantante Inetta Visor, il chitarrista e cantante Michael Dotson, e come ospiti, o meglio, come membri aggiunti, il notevole bluesman Giles Corey (autore anche di dischi a nome proprio), Dave Specter alla chitarra e Sax Gordon. Il risultato è questo Cab Driving Man, un altro notevole esercizio di blues in tutte le sue forme, targato Delmark, garanzia di qualità, registrato nell’aprile di quest’anno a Chicago, proprio in una delle patrie del blues. Però, quasi a smentire quanto appena detto, Lacocque firma ben undici dei brani contenuti nel disco, e la sua armonica si sente forte e chiara, spesso spumeggiante, nel corso di tutto l’album. La sua storia ve l’ho raccontata altre volte, comunque per farla breve, nato a Gerusalemme da una famiglia di origini ebree, ma originaria del Belgio, ha girato nella sua infanzia anche per Francia e Germania, prima di risistemarsi in Belgio, esperienza che a suo dire lo ha trasformato in un bambino triste e un po’ solitario, quindi la “preda ideale” per un futuro bluesman. L’arrivo negli anni ’70 a Montreal, e poi in seguito a Chicago, sono i classici passaggi della migliore gavetta, culminata poi nel secondo passaggio dalla Windy City e la creazione della propria band, i Mississippi Heat, nel 1988, già quindi oltre i 25 anni di attività, con dodici album all’attivo, sei per la Delmark, usciti negli ultimi anni con una precisa cadenza biennale https://www.youtube.com/watch?v=hx8yS5uG7-Y , confermata anche da questo Cab Driving Man, ulteriore eccellente tassello della loro lunga storia http://discoclub.myblog.it/2015/01/01/oriundo-canadese-trasferta-nella-windy-city-mississippi-heat-warning-shot/ .

Il disco, anche grazie all’ottima scelta della sequenza dei brani, è una sorta di crescendo inarrestabile, con la poderosa voce di Inetta Visor, spesso protagonista assoluta, ma anche Dotson si difende alla grande, per sedici brani che spaziano dal blues più sanguigno a ballate quasi afterhours, passando per R&B, soul, persino un tuffo nel jazz alla Cotton Club di Cab Driving Man, dedicata alla figura e al suono di Cab Calloway, forse più legato al jazz e al cabaret, ma che apparve anche nella pellicola Blues Brothers. L’album si apre sulle classiche movenze Chicago Blues di Cupid Bound, rinvigorite da Sax Gordon e dal piano dell’ulteriore ospite Chris “Hambone” Cameron (che si alterna alle tastiere con Sumito Ariyo), ottimo il ricamo di chitarra di Michael Dotson e, manco a dirlo, la voce della Visor. Detto della deliziosa title-track, impreziosita dal lavoro di Lacoque, That Late Night Stuff è il primo di tre pezzi firmati da Dotson, anche lui voce potente ed espressiva, oltre che chitarrista dal tocco gagliardo, una canzone dove si vira verso profumi “errebi” senza perder di vista il blues. Protagonista assoluto in un “lentone” immancabile come l’intensa Flowers In My Tombstone, dove piano, chitarra, armonica e la voce della Isor sono perfetti. Nella potente Icy Blue si apprezza anche la slide dell’ospite Giles Corey, mentre la brava Inetta continua ad imperversare con la sua voce incredibile e la eccellente sezione ritmica si inventa un groove funky assai efficace. Dotson va di boogie con il suo secondo contributo, una pimpante The Last Go Round, seguita dalla atmosfere notturne di una delicata Life Is Too Short, e da una delle due cover del disco, Don’t Mess Up A Good Thing, un brano di Oliver Sain, che ricordiamo anche in una bella versione contenuta nel primo solo per la Capricorn di Gregg Allman del lontano 1973, in origine un classico del R&B per Fontella Bass, qui proposta come duetto tra la Visor e Giles Corey. 

Corey che rimane anche per la successiva Rosalie, ulteriore esempio della felice fusione tra blues e soul dei Mississippi Heat, costruita intorno ad un groove super funky del basso di Brian Quinn e della batteria di Terrence WilliamsDi nuovo blues elettrico di prima scelta per la incalzante Luck Of The Draw, dove Dave Specter aggiunge la sua pungente solista alle operazioni. Mama Kaila, di nuovo intima e delicata, cantata in maniera vellutata dalla Isor, con Lacocque e Dotson che cesellano ai rispettivi strumenti, precede la canzone manifesto dello stesso Pierre, Music Is My Life, un blues elettrico alla Muddy Waters affidato alla intensa voce della Isor, esemplare anche in Lonely Eyes, e nella successiva cover di Smooth Operator, non quella di Sade, ma un vecchio brano anni ’50 di Sarah Vaughan, dalle movenze latine. Mancano ancora l’ultimo brano cantato da Dotson, una vibrante Can’t Get Me No Traction, dove il nostro è ottimo anche alla slide e il divertente strumentale corale conclusivo Hey Pipo!, dove Pierre Lacocque può dare ampio sfoggio del suo virtuosismo all’armonica. Ancora un ottimo disco per la band di Chicago, tra le migliori nel genere.

Bruno Conti       

Un “Oriundo” Canadese In Trasferta Nella Windy City! Mississippi Heat – Warning Shot

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Mississippi Heat –Warning Shot – Delmark

Ci eravamo lasciati all’incirca un paio di anni fa con la pubblicazione di Delta Bound, il decimo album della loro discografia http://discoclub.myblog.it/2012/09/16/da-chicago-mississippi-heat-delta-bound/ ,  con cui festeggiavano venti anni di carriera, ed ora, puntuali come un orologio, i Mississippi Heat ne sfornano uno nuovo, Warning Shot, seguendo una cronologia quasi certosina https://www.youtube.com/watch?v=9MinKSXdsSk . La band dell’israelo-belga-canadese-americano Pierre Lacocque è sicuramente tra le migliori rappresentanti della scena musicale di Chicago e non a caso incidono da qualche tempo per la Delmark, una delle etichette più rappresentative della Wind City. Che da qualche anno a questa parte sta cercando anche di svecchiare il proprio repertorio, quindi non solo dischi di blues super tradizionale o ristampe, ma anche “nuovi” (perché definirli giovani sarebbe esagerato) musicisti che vengono lanciati nell’arena blues: giusto alcuni mesi orsono vi parlavo dell’ottimo debutto di Giles Corey, eccellente chitarrista bianco, tra blues, rock e soul, ed ora, non a caso, lo troviamo come nuova chitarra solista del gruppo. In effetti i Mississippi Heat sono una band sempre in evoluzione, con una formazione che cambia spesso, mantenendo come punti fermi giusto Lacocque, che è il leader, l’armonicista, nonché autore principale, il batterista Kenny Smith, uno dei migliori nel genere, e la vocalist Inetta Visor, dalla voce potente, duttile ed espressiva  https://www.youtube.com/watch?v=sKr375l5-wo . Negli avvicendamenti si salva anche il chitarrista Carl Weathersby, che appare come ospite alla solista in un paio di brani, mentre nuovi sono il bassista Brian Quinn, il tastierista, il bravissimo Neal O’Hara, e Sax Gordon, che aggiunge i suoi fiati per dare ulteriore pepe al suono della band. Ci sono anche un secondo chitarrista, e cantante in tre canzoni, Michael Dotson e un altro batterista, Andrew Thomas, oltre ad un terzetto di coriste di pregio: quindi, suono ancora più ricco rispetto al passato.

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Sweet Poison, che apre le operazioni, è un brano alla Elmore James, o à la Winter, se preferite, con un cattivissimo Corey alla slide, che si divide i compiti con l’armonica di Lacocque e il piano di O’Hara per ricreare un perfetto Chicago Blues, con la poderosa voce della Visor, veramente genuina, ad unire il tutto. Alley Cat Boogie, come da titolo, swinga di brutto, sulle ali del sax di Gordon, con le tre coriste che aizzano la Visor, un pianino indiavolato e l’armonica del buon Pierre, sempre sul pezzo. Come To Mama, aggiunge un sapore tra mambo, rhumba e New Orleans sound https://www.youtube.com/watch?v=yQcU-4IAzRo , con le percussioni di Ruben Alvarez che danno un tocco “esotico” al sound, mentre O’Hara raddoppia anche all’organo e Gordon ci regala un piacevole intermezzo al sax, prima di lasciare il proscenio all’armonica. I Don’t Know è una lenta ballata che ci permette di gustare appieno la vellutata voce della Isor https://www.youtube.com/watch?v=sAVRUSzGBAU , che titilla i nostri padiglioni auricolari con classe, ben sostenuta dalle tre backing vocalist, poi è il turno di Lacocque e di un assolo in punta di dita di Corey. Yeah Now Baby è decisamente più uptempo, per usare un eufemismo, e Michael Dotson assume la guida vocale del gruppo, super compatto sotto le immancabili sferzate dell’armonica, mentre Corey lavora di slide sullo sfondo. Super funky per Birthday Song, un altro esempio di New Orleans sound frenetico, con Carl Weathersby che inchioda un assolo di quelli sferzanti, in un tripudio di percussioni, basso in overdrive e voci in libertà, con sax e armonica che non fanno mancare il loro contributo.

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Nowhere To Go, è un altro classico Chicago Blues https://www.youtube.com/watch?v=XAy6fgyJmkQ , mentre Warning Shot è più swingata, con O’Hara questa volta all’organo, la Visor e le sue socie che cantano da par loro, prima che Corey, Lacocque e Gordon si sfidino nuovamente a colpi di blues https://www.youtube.com/watch?v=RSHRf-hRZqc . Swingy Dingy Baby è un eccellente shuffle, con Dotson a voce e chitarra, che riprende la guida del gruppo con grande autorità.Too Sad To Wipe My Tears è un altro lentone di quelli strappalacrime, con la Visor e l’armonica di Lacocque in bella evidenza https://www.youtube.com/watch?v=T0jaWiioC8U , mentre Recession Blues ha di nuovo quel sapore latino, cosa che non impedisce a Giles Corey di piazzarci una bella schitarrata rock-blues. Insomma, senza stare a nominarle tutte e sedici, tante sono, direi che ci siamo capiti, non manca la varietà, la classe e tutte le colorazioni del blues in questo ottimo CD dei Mississippi Heat (c’è persino una versione strumentale di Your Cheating Heart di Hank Williams, a tempo di R&B https://www.youtube.com/watch?v=jXcHEbavLUc ), se amate il genere qui c’è “trippa per gatti! (dite la verità vi mancava)!

Bruno Conti

Da Chicago, Mississippi Heat – Delta Bound

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Mississippi Heat – Delta Bound – Delmark 

Mi sono già occupato altre volte dei Mississippi Heat in passato, e non ovviamente con minacce mafiose come potrebbe far pensare l’incipit, ma in modo assolutamente benefico e positivo. Il gruppo ruota intorno alla figura di Pierre Lacocque, armonicista per eccellenza e giramondo per estrazione. Nato in Israele, ha vissuto anche in Belgio, poi a Chicago, in Canada e nuovamente a Chicago dove ha scoperto il Blues nella figura del grande armonicista Big Walter Horton. Come molti altri è arrivato alla musica professionale all’inizio degli anni ’90, dopo avere fatto il ricercatore in altri settori per parecchi anni: ma la passione per la musica era un istinto insopprimibile e da allora è diventata anche la sua uncia attività. Il gruppo festeggia quest’anno i venti anni di attività e questo è il loro decimo album. Quattro per la Van Der Linden Records negli anni ’90, un paio per la Crosscut e dal 2005 incidono per Delmark, una delle etichette storiche del Blues di Chicago.

Nel corso degli anni la formazione ha avuto vari cambiamenti prima di stabilizzarsi in quella attuale, ma proprio per questo Delta Bound che è una sorta di celebrazione del gruppo, sono tornati molti dei musicisti che si sono avvicendati lungo il percorso. E quindi abbiamo la possibilità di ri-ascoltare Deitra Farr, la cantante originale dei primi 3 CD e presente in tre brani in questo dischetto, in alternanza con l’attuale vocalist, Inetta Visor, entrambe sono in possesso di una voce potente ed espressiva, più matura, forse, quella della Farr, ma comunque tra il meglio che sia possibile ascoltare oggi come voci femminili nell’ambito Blues. Tornano anche Billy Flynn che era il primissimo chitarrista della formazione e Carl Weathersby, che ufficialmente non ha mai fatto parte del gruppo ma è presente come ospite in molti dischi. A proposito di ospiti, non si può fare a meno di notare anche la presenza di Chubby Carrier, grande fisarmonicista Zydeco che infiamma con la sua presenza, un tuffo nella Lousiana con una sgargiante e carnale New Orleans Man che permette di gustarne i pirotecnici virtuosismi, che si affiancano alla voce calda ed avvolgente della Visor. Voce che caratterizza il sound della band forse ancora più  dell’armonica di Lacocque, peraltro sempre presente e incisiva, come nell’iniziale Granny Mae dove duetta con la pungente chitarra di uno dei due solisti del gruppo, Billy Satterfield. Quando canta Deitra Farr, come nell’ottima Look-a-Here, Baby, forse aumenta ulteriormente la quota blues più tradizonale della formazione e c’è spazio anche per il pianino di Johnny Iguana (i nomi sono un programma), che si alterna alle tastiere con l’ottimo Chris “Hambone” Cameron.

Quando è il turno della chitarra di Billy Flynn di affiancare l’armonica di Pierre nel classico slow blues di My Mother’s Plea non si può non notare la coesione e la potenza del gruppo, uno dei migliori combo attualmente in attività nella Windy City. L’unica cover del disco è una grintosa versione del super classico Don’t Let Me Misunderstood, dove Inetta Visor rivaleggia con la potenza vocale di Eric Burdon e Carl Weathersby è ovunque con la sua solista tiratissima, senza dimenticare gli interventi misurati dell’armonica. Ma sono tutti molto bravi, anche la sezione ritmica di Joseph Velez al basso e Kenny Smith (l’altro componente “anziano” della band) ha un tiro poderoso. E sono anche in grado di essere felpati e misurati come nel blues after hours di Padlock Blues o nel train classico di What’s Happenin’ To Me, cantato ancora dalla Farr, con il pianino scatenato di Cameron in primo piano. In Goin’ To St. Louis, con il vibrafono dell’ospite Kenneth Hall in evidenza, si toccano anche sognanti atmosfere tra jazz e soul. Ma fondamentalmente, come dicono le parole di Sweet Ol’ Blues cantata dalla Farr, “Sono felice che tu sia mia amico. Sei il mio fidato compagno, ora – si, amico mio, e per sempre nel mio cuore”. E se non è una dichiarazione d’amore questa?  

Un album di Blues come ormai se ne fanno pochi, caldo, vibrante e ben suonato, tra i migliori della loro carriera.

Bruno Conti