Canzoni In Salsa Agrodolce Dall’Altro Emisfero! Kasey Chambers – Bittersweet

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Kasey Chambers – Bittersweet – Essence Group Music

Volendo fare un pò di sano “gossip”, Bittersweet è il primo disco di Kasey Chambers da quando si è divisa dal marito musicista Shane Nicholson, dopo le collaborazioni in Wreck & Ruin (12) http://discoclub.myblog.it/2012/10/19/australiani-di-nashville-kasey-chambers-shane-nicholson-wrec/  e nel co-intestato Rattin’ Bones (08). Kasey australiana di nascita ma girovaga per vocazione, viene da una famiglia di musicisti, suo padre Bill e il nucleo familiare furono artefici di una esperienza quinquennale con la Dead Ringer Band, che la vedeva come prima vocalist in quattro album, il migliore dei quali a giudizio della critica, Living In The Circle del ’97, la fece conoscere nel circuito delle majors ed ottenere un contratto con la Virgin Records. I primi tre album di Kasey, The Captain (00), Barricades & Brickwalls (01)e Wayward Angel (04,) di gran lunga il migliore della terna, sono ancora oggi consigliatissimi, mentre con Carnival (06) il suono diventava più pop. Dopo il citato Rattin’ Bones (con il secondo marito dell’artista)), Kasey (mamma di due figli) è artefice con il padre Bill di un progetto di brani per bambini Little Kasey Chambers & The Lost Music (09), a cui fa seguire lavori di buon livello come Little Bird (10) con ospiti eccellenti tra i quali Missy Higgins e Patty Griffin, e Storybook (11) una raccolta di canzoni di altri artisti (alcune in duetto), che hanno influenzato la carriera di Kasey.

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Bittersweet è stato registrato in una sola settimana nell’Aprile di quest’anno https://www.youtube.com/watch?v=PvTyh_AAuiU , e per la prima volta alla produzione non troviamo il fido fratello Nash, ma al suo posto Nick Didia che annovera tra le collaborazioni gente come Bruce Springsteen, Pearl Jam, Wallflowers, Powderfinger, per citarne solo alcuni,  e con il supporto di musicisti locali di lungo corso che rispondono al nome di Dan Kelly alle chitarre, Declan Kelly alla batteria, Matthew Engelbrecht al basso, la collega Ashleigh Dallas al violino, Bernard Fanning frontman del citato gruppo alternative-rock Powderfinger (una band da riscoprire), e un “cameo” del padre Bill al basso in un brano.

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Il brano d’apertura Oh Grace una bella “soulful song”, non sarebbe stata fuori posto in qualsiasi disco di Lucinda Williams, come la seguente Is God Real?, mentre Wheelbarrow è dominata da una ritmica sincopata da banjo e chitarre elettriche tiratissime https://www.youtube.com/watch?v=cONVJWISOds , passando per la collaborazione con la Dallas in I Would Do con un bel lavoro di chitarra e violino, la piacevole Hell Of A Way To Go con ritornello facilmente assimilabile, seguita da House On A Hill  una splendida ballata melodica interpretata al meglio da Kasey. Il banjo e la batteria dettano il ritmo nell’accelerato country di Stalker, seguita da una elettroacustica Heaven Or Hell dal superbo accompagnamento strumentale, e arriva il momento della traccia migliore della raccolta, la title track Bittersweet, in duetto con l’altra gloria “aussie” Bernard Fanning https://www.youtube.com/watch?v=PvTyh_AAuiU , e si tratta di una ballata pianistica rock degna dei Counting Crows più morbidi, per poi chiudere con il banjo elettrico e il violino di Too Late To Save Me, il delicato racconto di un giorno speciale in Christmas Day, e il suono agreste del bluegrass moderno di I’m Alive.

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Kasey Chambers (per chi non la conoscesse) ha talento e possiede una voce stupenda, calda e morbida (forse un filo sottile), ma che dà anima e corpo ad ogni brano, e se con il folk-rock degli esordi poteva assomigliare ad una Lucinda Williams ingentilita, col passare degli anni ha raggiunto una maturità che le permette di spaziare in diversi generi musicali. Qui da noi la conoscono in pochi (ma buoni), ma in Australia, la sua terra d’origine, è una vera e propria celebrità, e per gli appassionati dei numeri, la Chambers ha venduto 20 milioni di dischi in carriera, e sarebbe bello che qualcuno si decidesse a portarla in Italia, magari prima che il vostro umile recensore diventi troppo “vecchietto”. Attendo fiducioso!

Tino Montanari

*NDB Con questa recensione si chiude la trilogia dedicata alle uscite degli artisti australiani a cura del buon Tino (Black Sorrows, Paul Kelly & Neil Finn e Kasey Chambers). Mancherebbe il nuovo Jimmy Barnes 30:30 Hindsight, che festeggia i 30 anni di carriera solista dell’ex Cold Chisel.. Me ne occuperò io, il mese prossimo, in concomitanza con l’uscita europea del disco. Nel frattempo vi segnalo che in Australia è già disponibile anche in versioni Deluxe doppie e triple. Comunque ne riparliamo.

Bruno

Rock From Down Under. Powderfinger Golden Rule

Powderfinger Golden rule.jpgTerzo capitolo dedicato ai gruppi rock che nei vari angoli del mondo producono della buona musica e spopolano nelle classifiche dei rispettivi paesi. Dopo lo spazio dedicato ai canadesi Blue Rodeo e agli irlandesi Saw Doctors, questa volta è il turno degli australiani Powderfinger.

Già il fatto che il gruppo prenda il proprio nome dal titolo di un brano di Neil Young è quantomeno sinonimo di buoni gusti musicali, se poi aggiungiamo che questo quintetto australiano, nei sette album che comprendono la propria discografia, ha saputo spesso regalare delle emozioni a chi ascolta, è ulteriore sintomo di buone vibrazioni musicali.

Intendiamoci, i Powderfinger fanno del rock classico, diretto, due chitarre, basso, batteria, un cantante pimpante e antemico, e via pedalare, il suono è abbastanza “commerciale”, ma onesto, riffato quanto basta ma capace di ammorbidirsi in gustose power ballads.

Quello che potete vedere qui sopra è il primo singolo tratto dall’album, All of the Dreamers, un pezzo rock nel loro classico stile diretto e senza fronzoli, la voce di Bernard Fanning in evidenza, su un tappeto di chitarre e tastiere, con forti retrogusti pop, un ritornello che si può canticchiare, le chitarre che rombano di gusto, possono piacere a tutti: d’altronde se in Australia hanno venduto milioni di copie dei loro dischi un motivo ci sarà. Burn Your Name ricorda dei Simple Minds o degli U2 cresciuti a pane e radio FM a stelle e strisce, ma anche i vecchi Midnight Oil (ricordate? Quelli di Beds are Burning) del Ministro dell’Ambiente australiano, Peter Garrett, per inciso si sono riformati recentemente, sentire please.

A fight about money completa la trilogia rock iniziale, ma già comincia a “placare” i ritmi forsennati, sempre rimanendo in un ambito decisamente rock. La sparo? Mi ricorda, vagamente, ma non troppo, certe cose dei Thin Lizzy del periodo di mezzo, hard rock ma con mucho gusto. Sail the wildest stretch, hoibò, sento delle chitarre acustiche, è la prima di una serie di Power ballads che spezzano i ritmi rock ed evidenziano le qualità melodiche del gruppo, pop with brain, commerciale fin che si vuole, ma non è un delitto! Poison in your mind è una sorta di ninnananna acustica, dolce e coinvolgente. Ma non temete il rock torna, Jewel ha un incipit quasi alla AC/DC, ma come la precedente Iberian Dream evidenzia una caduta qualtitativa verso certo hard rock di maniera, c’è di peggio, però…

Think it over, mi sembra la canzone migliore dell’album, un bel brano elettroacustico in crescendo, piacevole e vagamente sognante. Senza dilungarci ulteriormente vorrei ricordarvi che esiste (se riuscite a trovarla) un edizione deluxe dell’album con allegato un secondo CD registrato dal vivo, che è stato registrato in un concerto semi-acustico (nel senso che non ci sono chitarre elettriche, ma la sezione ritmica è presente e ci da dentro, una sorta di unplugged, come al solito, niente spina ma suoni comunque rock), che vi sorprenderà piacevolmente e vi farà capire perchè ho voluto parlarvi di questa longeva band australiana, al sottoscritto piace di più dell’album “ufficiale”, peraltro rispettabile.

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Bruno Conti