Recuperi Estivi. Un Gruppetto Di Voci Femminili 1: Sara Watkins – Young In All The Wrong Ways

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Sara Watkins – Young In All The Wrong Ways – New West

Visto che siamo in piena stagione estiva, come tutti gli anni è venuto il tempo dei “recuperi”, e quindi andiamo a recensire un po’ di quegli album che per varie ragioni, soprattutto di tempo ma anche perché ingiustamente dimenticati, non sono andati a finire sul Blog. Una serie di Post sarà dedicata ad alcuni dischi dove protagoniste sono le voci femminili, ma non mancheranno album di generi diversi, senza comunque trascurare le uscite del mese di agosto, alcune anche assai interessanti. Ma andiamo con ordine.

Oggi parliamo di Sara Watkins, cantante e violinista californiana sopraffina, che negli ultimi anni aveva momentaneamente accantonato la sua carriera solista prima per la reunion dei Nickel Creek nel 2014 http://discoclub.myblog.it/2014/05/27/ritorno-sulla-linea-tratteggiata-nickel-creek-dotted-line/ e poi nel 2015 per il delizioso quadretto d’assieme della Watkins Family Hour http://discoclub.myblog.it/2015/08/28/simpatico-affare-famiglia-amici-watkins-family-hour/. Ed ora, a quattro anni dal precedente Sun Midnight Sun, ritorna con il suo terzo album di studio, questo Young In All The Wrong Ways che ha avuto un esordio “sontuoso” nelle classifiche americane al 200° posto e la settimana successiva era già sparito, ma come sapete non è certo per questo motivo che recensiamo gli album, ci interessa la qualità e la buona musica e quelle ci sono in abbondante quantità. Si tratta del primo album con la nuova etichetta New West, ma alcune delle facce e dei nomi che la accompagnano sono quelli abituali: il fratello Sean Watkins alla chitarra, Benmont Tench, organo, piano, acustico e Wurlitzer, già presenti nei Watkins Family Hour. Più molte new entries, in rigoroso ordine alfabetico: Jay Bellerose alla batteria, il bravissimo Jon Brion a basso, chitarra e tastiere varie, Tyler Chester alle tastiere, Jim James Sarah Jarosz, vocalist aggiunti, come pure Aoife O’Donovan, Noam Pikelmy dei Punch Borthers, alla chitarra e Gabe Witcher della stessa band, che oltre a suonare decine si strumenti nel disco, ne ha curato gli arrangiamenti, la produzione ed è stato l’ingegnere del suono. E sono solo alcuni, i più conosciuti, poi ce ne sono molti altri utilizzati a french horn, arpa, cello, pedal steel, chitarre, contrabbasso (Paul Kowert, anche lui dei Punch Brothers), flauto, clarinetto, sax, una strumentazione ricchissima quindi.

Le dieci canzoni portano tutte le firma della Watkins, che ormai è diventata cantautrice a tutti gli effetti, con un album che non dimentica i vecchi amori per bluegrass e country, oltre a contenere elementi folk, ma poi spazia con eleganza in tutti gli stili, anche in ambito pop e rock (peraltro già usati con buon profitto nel disco del 2012), morbido quanto si vuole ma di buona sostanza. Prendiamo la title track che ruota attorno alla voce dolce ma grintosa della protagonista, come pure ad un suono decisamente rock, con chitarre elettriche ben presenti, una ritmica marcata e continui cambi di tempo, arrangiamenti raffinati e curatissimi di Witcher, che potrebbero ricordare sia le morbidezze di Norah Jones quanto lo stile più grintoso di Aimee Mann, o ancora della sua amica Fiona Apple,  ma pure Sarah Jarosz Aoife O’Donovan (con lei nella band I’m With Her), che curano le armonie vocali del pezzo, insomma una bella partenza. The Love That Got Away è una esile ballata che ruota attorno ad una strumentazione più parca, con piano, cello, forse un mandolino e poco altro a sostenere la deliziosa voce della Watkins, sempre sorretta da piccoli tocchi vocali aggiunti dagli ospiti. Molto bella anche la mossa One Last Time, con un po’ di picking country-bluegrass, elementi swing con il contrabbasso che guida il ritmo, la voce birichina e solare di Sara, armonie vocali deluxe, anche di Jim James, e i consueti continui cambi di tempo che tengono desta l’attenzione dell’ascoltatore, oltre a un breve assolo al violino, suo strumento di elezione. Move Me, il secondo singolo tratto dall’album, pur essendo il brano più lungo, è un’altra costruzione pop-rock di grande efficacia, e scorre con fluidità e semplicità, caratteristica di tutto l’album, improntato intorno alle grandi sensibilità dei musicisti utilizzati, qui Benmont Tench con pochi tocchi di organo rende magico un bel pezzo già dall’impianto sonoro solido, con la chitarra, presumo di Brion, a regalare grinta e spunti strumentali di gran classe.

Like New Year’s Day è un perfetto brano da cantautrice completa, una ballata avvolgente e raffinata, con una bella melodia che ti affascina e la voce che porge il testo con partecipazione e pathos, veramente bella, degna della migliore West Coast dei tempi d’oro. Say So potrebbe ricordare i Fleetwood Mac solari e californiani quando a guidare la canzone erano le voci di Christine Perfect e Stevie Nicks, pop di nuovo raffinato e di grande sostanza e con un bel crescendo incalzante, mentre Without A Word, con un piano Wurlitzer ammaliante e una chitarra acustica a guidare le linee melodiche della canzone, è una bella ballata di stampo folk-jazz, con le solite filigrane perfette della voce della Watkins, inquadrate dall’arrangiamento che ricorda i brani migliori della Norah Jones ricordata all’inizio. The Truth Won’t Set Us Free https://www.youtube.com/watch?v=9g2bQSfEswQ , malinconico racconto di un matrimonio finito male, ha però un drive sonoro movimentato, una sorta di honky-tonk country, dove il piano di Tench, il violino di Sara e una chitarra elettrica twangy alla Albert Lee o alla James Burton ci trasportano dalle parti delle Emmylou Harris Dolly Parton più pimpanti.

Per completare l’album mancano la malinconica Invisible, altra splendida ballata folkie ed intimista, di nuovo rivestita da Witcher con un arrangiamento complesso e di grande fascino, armonie vocali ad illuminarne la struttura leggermente cupa ma non triste. E per finire Tenderhearted, un brano che non sfigurerebbe nel songbook della migliore Emmylou Harris, una canzone che gli americani definirebbero “plaintive”, tradotto in italiano suona lamentoso, ma ci siamo capiti, anche se il dizionario non ci sorregge. Fino ad oggi forse il disco migliore e più completo della carriera di Sara Watkins, con tutte le sue anime musicali ben rappresentate. 

Bruno Conti

Come Quei Bei Doppi Dischi Dal Vivo Di Una Volta! Another Day, Another Time: Celebrating The Music Of Inside Llewyn Davis

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Another Day, Another Time: Inside The Music Of Llewyn David – 2 CD Nonesuch/Warner

Tutto partiva all’incirca un abbondante anno e mezzo fa, con la presentazione del film dei fratelli Coen Inside Llewyn Davis ( A Proposito Di Davis in italiano) al Festival del Cinema di Cannes del 2013. IL film era una sorta di versione riveduta e corretta della storia di Dave Van Ronk, Ramblin’ Jack Elliott e dei loro amici (qualcuno ha detto Dylan?), nella New York di inizio anni ’60, nella zona del Greenwhich Village, dove il boom della musica folk stava per esplodere in tutta la sua dirompente carica. Ma noi ovviamente non parliamo della pellicola cinematografica ma della sua bellissima colonna sonora: sul finire di quell’anno, circa tre mesi prima dell’uscita nelle sale, nel settembre del 2013, i fratelli Coen e il produtttore della musica della soundtrack, T-Bone Burnett, decidono di riunire i musicisti presenti nella colonna sonora ed altri validi alfieri, vecchi e nuovi, del filone folk, per uno storico concerto tenuto alla Town Hall di New York, il 29 settembre per la precisione, nel corso delle manifestazioni promozionali legate al lancio del film. Il tutto viene debitamente filmato (e prima al cinema e poi in DVD è uscito una sorta di documentario relativo all’avvenimento https://www.youtube.com/watch?v=-hQZyeMLMag ) e anche registrato, per la parte audio, e ora vede la luce in questo gennaio 2015 con un doppio CD pubblicato dalla Nonesuch Records di cui ora andiamo a parlare (purtroppo, come detto in altre occasioni, per questioni di diritti, essendo stati pubblicati da diverse case di produzione, non esiste una bella confezione che raggruppa i due formati). E comunque il doppio album basta e avanza.

Marcus Mumford, Oscar Isaac Another Day, Another Time the Music of "Inside Llewyn Davis"

La qualità musicale della colonna sonora era già di per sé molto elevata, ma i contenuti del doppio live, anche grazie alla partecipazione dei numerosi ospiti non presenti nella soundtrack stessa, sono ancora più eclatanti, in questa cavalcata nelle radici della musica popolare americana, ma anche nel repertorio di alcuni dei più grandi cantautori che la scena folk abbia saputo proporre, rivisitati in nuove scintillanti versioni. I primi a presentarsi sul palco sono i Punch Brothers, la strepitosa band di Chris Thile (che proprio in questi giorni presenta il nuovo album The Phosphorescent Blues), giovane talento dell’area folk-bluegrass, che, pur non avendo ancora compiuto 35 anni, ha già una discografia copiosa, con decine di album, prima a nome Nickel Creek, poi come solista e incollaborazioni varie, oltre a quelli con i Punch Brothers (dal 2006), tutti pubblicati negli ultimi venti anni: cantante, oltre che virtuoso del mandolino, Thile & Co. prima ci propongono una malinconica Tumbling Tumbleweeds, scritta da Bob Nolan dei Sons Of The Pioneers, prima di aprire le danze con la loro mossa versione di un celebre traditional come Rye Whiskey, con Thile, il violinista Gabe Witcher, il banjoista Noam Pikelny, il chitarrista Chris Eldridge e il contrabbassista Paul Kowert (tutti anche ottimi cantanti) impegnati a riversare il loro virtuosismo sul pubblico presente. Per il terzo brano, uno dei super classici della canzone americana, Will The Circle Be Unbroken, scritta negli anni ’30 da A.P. Carter della celebre famiglia, sul palco sale anche la coppia Gillian Welch e David Rawlings, per una ottima versione corale del celebre brano. In questa alternanza di classici e brani contemporanei, ma sempre inseriti nel grande filone della folk music, i due poi eseguono una loro composizione, The Way It Goes, bellissima, presente nell’album del 2011 The Harrow And The Harvest, tutt’ora l’ultimo della succinta discografia della coppia.

gillian welch old crow Another Day, Another Time the Music of "Inside Llewyn Davis"

Che rimane sul palcoscenico per unirsi all’ex Old Crow Medicine Show Willie Watson, per una superba versione di un altro capolavoro come The Midnight Special, altro brano tradizionale che molti attribuiscono a Leadbelly, ma che è stato eseguito negli anni da centinaia di musicisti, non ultimi i Creedence, la cui versione, peraltro molto bella, è forse la più conosciuta dal grande pubblico. David Rawlings esegue  un medley di I Hear Them All, brano scritto con Ketch Secor, sempre degli Old Crow, accoppiato con l’inno non ufficiale dei musicisti folk (e non) americani, This Land Is Your Land, la celeberrima canzone di Woody Guthrie che è anche l’occasione per far cantare tutto il pubblico presente (Rawlings non è un gran cantante, ma le armonie della Welch e la bontà della canzone fanno il resto). Le voci sono invece il grande pregio di un’altra coppia che si affaccia sulla scena americana, i Milk Carton Kids ci regalano una bella versione del brano New York tratta dal primo disco Prologue, impreziosita anche dagli intricati giri delle due chitarre acustiche. Ancora una coppia, le protette del produttore T-Bone Burnett, le Secret Sisters, con la dolce cantilena di Tomorrow Will Be Kinder e a seguire un altro nuovo gruppo come i Lake Street Dive, che, anche se forse perdono qualcosa nella versione acustica di Go Down Smooth, ci permettono di gustare comunque la bellissima voce della  cantante Rachael Price (e anche gli altri non scherzano http://discoclub.myblog.it/2014/03/12/raffinato-quartetto-che-voce-la-ragazza-lake-street-dive-bad-self-portraits/).

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Please Mr. Kennedy è una canzone del film, un bravo divertente interpretato da Elvis Costello, aiutato da Punch Brothers, Oscar Isaac e Adam Driver, mentre Conor Oberst (Bright Eyes) ci regala una ottima versione di un altro dei classici degli anni gloriosi del folk, Four Strong Winds che viene dal periodo ’60’s del duo canadese Ian & Sylvia (Tyson): canzone bellissima con le armonie vocali e l’accompagnamento musicale nuovamente di Gillian Welch David Rawlings, che rimangono anche per il brano scritto da Oberst, Man Named Thruth, molto nello spirito della musica di quel periodo. Colin Meloy dei Decemberists, in versione solitaria, come si confà alla serata, rilegge uno dei brani culto dell’epoca, quella Blues Run The Game, unica canzone “celebre” dello sfortunato Jackson C. Frank, uno dei “beautiful losers” per eccellenza. Meloy poi invita sul palco Gillian Welch e Joan Baez, la madrina del folk movement dell’epoca, per interpretare uno dei brani più noti della Baez stessa, Joe Hill, una delle grandi canzoni di protesta, resa in una versione emozionante a tre voci con la fisarmonica di Dirk Powell aggiunta per colorire il suono. Fine della prima parte del concerto (e del primo CD) con tre brani eseguiti dagli Avett Brothers: All My Mistakes è uno dei loro cavalli di battaglia, un brano dolcissimo e delizioso anche in versione acustica, molto bella pure la versione di un classico del country, scritta da Tom T. Hall come That’s How I Got To Memphis, con un bel crescendo coinvolgente e per finire un medley di altri due brani che confermano l’eccellenza di questa band americana che in pochi anni è diventata una delle migliori realtà in circolazione, Head Full Of Doubt/Road Full Of Promises si incastrano alla perfezione una nell’altra e il pubblico apprezza alla grande.

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La seconda parte del concerto riparte con ben tre brani cantati da Jack White, che in versione cantante folk fa un figurone: accompagnato da Lillie Mae Rische, violino e seconda voce, Fats Kaplin, banjo e chitarra, e Dominic Davis, basso, propone prima un brano della tradizione come Mama’s Angel Child, poi un brano di uno dei protagonisti del folk anni ’60 Tom Paxton, di cui riprende Did You Hear John Hurt?, un gioiellino, grazie anche alla deliziosa voce della Rische, per finire con un suo brano, We’re Going To Be Friends (così è scritto sul CD, ma mi sembra che il brano sia I Can Tell https://www.youtube.com/watch?v=nb70f4DtHdw) , molto sulla lunghezza d’onda della serata e accolto da un boato del pubblico. E’ poi il turno di Rhiannon Giddens (la multistrumentista e cantante dei Carolina Chocolate Drops, di cui sta per uscire il 10 febbraio per la Nonesuch il disco d’esordio da solista, prodotto guarda caso da T-Bone Burnett), reduce nel 2014 dalle partecipazioni ai New Basement Tapes e al tributo al Bitter Tears di Johnny Cash, ma per la serata alle prese, con la sua voce stentorea e potente, con il gospel-folk di una intensa Waterboys e poi con le derive celtiche delle impronunciabili (ma molto belle) Siomadh rud tha dhith orm/Ciamar a ni mi ‘n dannsa direach. Oscar Isaac è l’attore principale del film, ma si è scoperto anche ottimo cantante, qui, accompagnato dalle Secret Sisters e dai Punch Brothers, interpreta ottimamente Hang Me, Oh Hang Me, altro celebre brano tradizionale e uno dei migliori presenti nella colonnna sonora originale https://www.youtube.com/watch?v=X672aJ3iytY , nonché Green, Green Rocky Road una delle canzoni più note proprio di Dave Van Ronk, intorno alla cui figura è incentrata tutta le vicenda. Il primo brano di Dylan della serata Tomorrow Is A Long Time è affidato alla voce ed alla chitarra di Keb’ Mo’, a seguire, in una delle sue rarissime apparizioni live, uno dei vecchi amici di Bob, quel Bob Neuwirth tra gli interpreti principali di Renaldo & Clara, qui alla prese con un piccolo classico di Utah Phillips, Rock Salt And Nails, che molti ricordano nella versione di Steve Young, la voce è molto “vissuta”, ma la versione è decisamente bella.

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Per eseguire un altro dei classici della canzone folk delle isole britanniche Auld Triangle (anche questa presente nella soundtrack del film), molto irish (anche se tra l’ilarità del pubblico, precisano che nessuno di loro è irlandese), si presenta Marcus Mumford con tutti i Punch Brothers, in versione rigorosamente accappella, solo voci https://www.youtube.com/watch?v=9vi14x4nCpQ ; formato che prosegue anche nella successiva Didn’t Leave Nobody But The Baby, cantata dal trio Gillian Welch, Rhiannon Giddens, Carey Mulligan. Nell’ultima parte del concerto altra accoppiata inconsueta per uno dei brani più celebri del repertorio di Pete Seeger, Which Side Are You On, cantata con passione dalla strana coppia Elvis Costello e Joan Baez, con un congruo e sostanzioso accompagnamento strumentale guidato dal mandolino di Chris Thile. Baez che rimane ancora per la ripresa di un ennesimo super classico come The House Of The Rising Sun, che tutti ricordiamo per la versione meravigliosa degli Animals, ma che è sempre stata nel repertorio di tutti i grandi folksingers, da Dylan in giù, la voce non difetta certo alla nostra amica Giovanna, come dimostra in un altro bel duetto con il “giovane” Marcus Mumford, alle prese con un enesimo traditional come Give Me Conbread When I’m Hungry. Gli ultimi tre brani sono affidati proprio al leader dei Mumford And Sons, e non a caso sono tutti e tre di Bob Dylan: la prima è I Was Young When I Left Home, cantata benissimo da Marcus, che si conferma un ottimo talento, a dispetto dei tanti detrattori che si sono manifestati dopo l’enorme successo planetario e transgenerazionale (secondo l’assioma che se vende, fa musica commerciale e quindi risaputa). Fare Thee Well, cantata con Oscar Isaac, è il brano tradizionale a cui Dylan si è ispirato per scrivere proprio Farewell, la canzone che chiude il film (nella versione di Bob Dylan), mentre in questa serata speciale Mumford è accompagnato ancora una volta dai Punch Brothers https://www.youtube.com/watch?v=QyVo_AT-DYM , veri co-protagonisti del concerto. Scusate se mi sono dilungato un po’, ma il disco vale assolutamente tutti i complimenti utilizzati.

Domani ripartiamo proprio da Bob Dylan, quello nuovo, e non aggiungo altro.

Bruno Conti

Novità Di Gennaio, Parte IIC. Rainbow, Alasdair Roberts, Punch Brothers, Jessica Pratt, Natalie Prass

rainbow a light in the black

Mi ero “dimenticato” di una ulteriore ristampa in uscita in questa ultima settimana di gennaio: per chi ama il vecchio hard-rock la Universal pubblica un cofanetto A Light In The Black, 5 CD + 1 DVD, con una vasta selezione di brani, molti alternate takes e Live, tratti dal repertorio della band di Ritchie Blackmore e Ronnie James Dio, tra il 1975 e il 1984. Non è l’integrale dei dischi ufficiali, ma è composta da brani “rari” (anche se molti erano usciti nelle versioni potenziate uscite in CD) ed inediti. Pare che non tutti i fans siano rimasti completamente soddisfatti: ad esempio il DVD riporta solo una parte dell’esibizione a Donington del 1980.

CD1
  1. Black Sheep Of The Family 3:22
  2. Sixteenth Century Greensleeves 7:33
  3. Snake Charmer 4:33
  4. The Temple Of The King 4:45
  5. Tarot Woman (rough Mix) 6:06
  6. Stargazer (rough Mix) 9:09
  7. Run With The Wolf (rough Mix) 3:49
  8. Mistreated (live In Osaka, Japan / 1976) 11:10
  9. Purple Haze / White Christmas / Lazy / Man On The Silver Mountain / Blues / Starstruck (live In Osaka, Japan / 1976) 16:18
CD2
  1. Sensitive To Light (rough Mix) 3:04
  2. The Shed 4:46
  3. Rainbow Eyes (rough Mix) 7:06
  4. Jesu, Joy Of Man’s Desiring (bob Daisley Rehearsal Tape) 1:41
  5. Long Live Rock N Roll (L.A. Rehearsal / 1977) 6:57
  6. Do You Close Your Eyes (bob Daisley Rehearsal Tape) 6:19
  7. Still I’m Sad (with Organ Intro / Bob Daisley Rehearsal Tape) 10:07
  8. Gates Of Babylon 6:48
  9. Catch The Rainbow (live/1976 / With Applause) 22:02
  10. Long Live Rock ‘n’ Roll (live In Munich, Germany / 1977) 3:32
  11. L.A. Connection (live In Munich, Germany / 1977) 5:13
CD3
  1. Eyes Of The World (instrumental Outtake) 6:51
  2. Ain’t A Lot Of Love In The Heart Of Me 5:00
  3. Lost In Hollywood 4:52
  4. Danger Zone 4:30
  5. Since You Been Gone (album Version) 3:21
  6. Bad Girl 4:52
  7. Over The Rainbow / Eyes Of The World (king Biscuit Flower Hour Radio Broadcast / Live At Calderone, New York / 1979) 9:23
  8. Love’s No Friend (king Biscuit Flower Hour Radio Broadcast / Live At Calderone, New York / 1979) 8:10
  9. Ode To Joy (king Biscuit Flower Hour Radio Broadcast / Live At Calderone, New York / 1979) 5:42
  10. All Night Long (single Remix Version) 3:50
  11. Weiss Heim 5:19
  12. Stargazer (live At Donnington/1980) 8:33

CD4

  1. Midtown Tunnel Vision 4:33
  2. I Surrender (album Version) 4:03
  3. Magic 4:08
  4. Vielleicht Das Nachster Mal 3:20
  5. Jealous Lover 3:13
  6. Spotlight Kid (live At Hammersmith Odeon, London / 1981) 5:07
  7. Rule Britannia / Fire (live At Hammersmith Odeon, London / 1981) 2:50
  8. Death Alley Driver 4:45
  9. Bring On The Night (Dream Chaser) 4:06
  10. Stone Cold (album Version) 5:18
  11. Power (live In San Antonio, Tx/1982) 4:39
  12. Miss Mistreated (live In San Antonio, Tx/1982) 4:26
  13. Tearin’ Out My Heart (live In San Antonio, Tx/1982) 8:20
CD5
  1. Can’t Let You Go (album Version) 4:21
  2. Desperate Heart (album Version) 4:35
  3. Anybody There (outtake / Polar Mix) 2:51
  4. Drinking With The Devil (outtake / Different Guitar Solo) 3:43
  5. Make Your Move 5:26
  6. Snowman 4:32
  7. Street Of Dreams (album Version) 4:27
  8. Stranded (live At St. David’s Hall, Cardiff/1983 / With Applause) 5:51
  9. Power (live In Cardiff/1984) 4:30
  10. Fire Dance (live In Cardiff/1984) 4:26
  11. Fool For The Night (live At The Tokyo Budokan/1984) 3:59
  12. Difficult To Cure (live At The Tokyo Budokan) 11:17
  13. Smoke On The Water (live At The Tokyo Budokan/1984) 4:42
DVD
  1. All Night Long (live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980) 7:56
  2. Catch The Rainbow (live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980) 5:06
  3. Eyes Of The World (live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980) 1:23
  4. Lost In Hollywood (guitar Solo / Live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980) 3:32
  5. Will You Love Me Tomorrow? (live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980) 3:15
  6. Long Live Rock ‘n’ Roll (live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980 / Pt. 1) 2:29
  7. Kill The King (live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980) 3:29
  8. Long Live Rock ‘n’ Roll (live At Monsters Of Rock, Donington Park, Uk / 1980 / Pt. 2) 2:20

Finite le ristampe passiamo ad alcune delle altre novità della settimana, riservandomi una quarta parte di questa rubrica, visto che oggi è andata sul Blog anche un’altra recensione.

alasdair roberts - alasdair roberts

Di Alasdair Roberts, ottimo cantautore scozzese, vi ho segnalato sul Blog già altre precedenti uscite (ad esempio l’eccellente Alasdair Roberts and Friends, A Wonder Working Stone, del 2013 https://www.youtube.com/watch?v=oKxpVV3dO4w&x-yt-ts=1422327029&x-yt-cl=84838260 ), questo nuovo omonimo CD esce sempre per la Drag City e ha un suono più raccolto e di impronta folk rispetto al precedente dove suonavano ben tredici musicisti: un clarinetto qui, un flautino là, ma principalmente si tratta di voce e chitarra acustica. Niente video, se vi incuriosisce potete ascoltare qualcosa sul sito della Drag City http://www.dragcity.com/artists/alasdair-roberts

punche brothers phosphorecent blues

Saltando sull’altro lato dell’oceano, oggi esce anche il nuovo album dei Punch Brothers, The Phosphorescent Blues, etichetta Nonesuch, produzione di T-Bone Burnett (erano anche sia nella colonna sonora che nel concerto dedicato al film Llewyn Davis): la band del mandolinista e cantante Chris Thile ci regala ancora una volta una prova di ottimo “futuribile” bluegrass (ma non solo, c’ anche una trascrizione di Debussy).

 

Questi i titoli:

1. Familiarity
2. Julep

https://www.youtube.com/watch?x-yt-ts=1422327029&v=Ppn7eQSBdJQ&x-yt-cl=84838260
3. Passepied (Debussy)
4. I Blew It Off
5. Magnet
6. My Oh My
7. Boll Weevil
8. Prélude (Scriabin)
9. Forgotten
10. Between 1st And A
11. Little Lights

jessica pratt on your own love again natalie prass

Due voci femminili dal cognome molto simile, Pratt e Prass, ma assolutamente diverse tra loro. La prima, Jessica Pratt, con Your Own Love Again, etichetta Drag City anche per lei, viene da Los Angeles, è già al secondo CD ed ho letto ottime critiche su di lei, però non mi convince a fondo la “vocettina” sottile per quanto intrigante https://www.youtube.com/watch?v=1hLJusxYhbY, anche se musicalmente mi pare ci sia del talento https://www.youtube.com/watch?v=1_vfB9pCxIE Paragonarla a Nick Drake, Joni Mitchell e Joanna Newsom mi pare eccessivo, comunque vedremo.

Per Natalie Prass si tratta del disco di esordio, pubblicato dalla Spacebomb via Caroline/Universal, il disco è prodotto da quel piccolo genietto di Matthew E. White (anche lui in uscita a marzo con il nuovo album Fresh Blood  https://www.youtube.com/watch?v=mE5Z3Q_ZO-4 e se non lo avete cercate il precedente Big Innerun vero gioiellino!) lo stile è stato definito country-soul con implicazioni orchestrali, è il disco del mese di Uncut, ma ha avuto eccellenti recensioni da tutte le riviste specializzate https://www.youtube.com/watch?v=5MgadJlTfdk . Se ne parla da mesi

e la giovane cantante americana aprirà per Ryan Adams nell’imminente tour inglese. Anche se mi pare la qualità sià superiore a quella della Pratt (non male comunque, ribadisco), non mi pare così straordinario come viene descritto (la sua ex datrice di lavoro, Jenny Lewis, nella cui band suonava la Prass, mi sembra di un livello superiore). Ma devo ascoltarlo in modo più approfondito, anche se manca sempre il tempo.

Per oggi è tutto, domani altre novità.

Bruno Conti

 

Novità Di Febbraio Parte II. Anais Mitchell, Amos Lee, Punch Brothers, Simple Minds, Santana, Drew Nelson, Peter Hammill E… Purtroppo, Whitney Houston

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Anche questa settimana molte uscite discografiche ( o meglio la prossima), per cui senza indugio partiamo e anche questa volta il tutto diviso in due parti…

Esce il più volte annunciato e recensito nuovo album di Anais Mitchell, si chiama Young Man In America nei negozi da martedì prossimo 14 febbraio per la Wilderland Records/Audioglobe e se ne parla, appunto, un gran bene. Partecipano, tra gli altri, Todd Sickafoose che suona il contrabbasso e produce, Chris Thile al mandolino, Andrew Borger alla batteria e collaboratore di Norah Jones e Tom Waits, il chitarrista Adam Levy, anche lui collaboratore di Norah Jones e Tracy Chapman, Brandon Seabrook a banjo e chitarra, ma tra gli strumenti impiegati ci sono anche violino, fisarmonica, organo e fiati, quindi lo spettro sonoro è abbastanza ampio. Lei non ha una voce straordinaria ma molto espressiva ed è pure una grande autrice, ovvero scrive delle ottime canzoni. Vedremo se sarà bello come l’eccellente Hadestown.

As The Crow Flies di Amos Lee è un mini CD o EP se preferite, con sei brani realizzati per il precedente Mission Bell e non utilizzati. L’etichetta è sempre la Blue Note, produce Joey Burns dei Calexico e partecipa anche il batterista John Convertino dello stesso gruppo. Il disco dello scorso anno mi era piaciuto parecchio e quindi fido che anche questo sia il suo giusto compendio.

I Punch Brothers sono uno dei gruppi migliori del nuovo Bluegrass americano ( e sono, curiosamente, l’opening act del tour europeo di Amos Lee) e Who’s Feeling Young Now è il loro terzo album per la Nonesuch Records, produce Jacquire King reduce dalle collaborazioni, tra i tanti, con King Of Leon, Modest Mouse, Tom Waits e Josh Ritter. Il leader, ex Nickel Creek, è quel Chris Thile appena citato per l’album di Anais Mitchell.

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Si riparte alla grande con i cofanetti ( e a fine mese è atteso The Wall che conclude la trilogia delle ristampe dedicata ai Pink Floyd). Tra poco i Simple Minds partiranno con un tour dove riprodurranno integralmente i loro primi 5 album che però, come sapete, sono 6:

Disc 1: Life in a Day
Disc 2: Real to Real Cacophony
Disc 3: Empires and Dance
Disc 4: Sons and Fascination
Disc 5: Sister Feelings Call
Disc 6: New Gold Dream

La Virgin pubblica (una settimana prima che in Inghilterra) questo cofanetto sestuplo che si chiama X5 dove oltre agli album originali ci sono b-sides, extended versions, demos e brani dal vivo per rendere più gustoso il piatto.

La Cleopatra Records si sta costruendo una buona reputazione per una serie di novità e ripubblicazioni tra le quali spicca l’ottimo cofanetto quadruplo dei Quicksilver Messenger Service. I Box si chiamano sempre Anthology e anche questo dei Santana non sfugge alla regola ma poi non sono delle raccolte, si tratta di materiale molto raro e inedito (a parte i Bootleg). Questo nuovo album, sottotitolato 68-69 The Early San Francisco Years raccoglie materiale precedente al loro primo omonimo disco per la Columbia e contiene il seguente materiale:

DISC 1: LATIN GROOVES
1. Evil Ways (Live)
2. Soul Sacrifice
3. Jingo (Jin-Go-Lo-Ba)
4. Fried Neckbones And Some Homefries
5. Latin Tropical
6. El Corazon Manda
7. Acapulco Sunrise
8. Coconut Grove
9. Hot Tamales

DISC 2: SANTANA BLUES
1. With A Little Help From My Friends
2. Every Day I Have The Blues
3. Persuasion
4. As The Years Go By
5. Travelin Blues
6. Let’s Get Ourselves Together
7. Just Ain’t Good Enough (Live)
8. The Way You Do To Me (Live)
9. Rock Me (Live)

DISC 3: IMPROVISATIONAL JAMS
1. Santana Jam
2. Jam In G Minor
3. Jammin’ Home
4. Jam In E
5. Funky Piano (Live)
6. Santana Jam (Live)

Diciamo che i prodotti della etichetta americana non sono facilissimi da reperire in Italia, ma si trovano!

Dopo il doppio Piano, Guitar, Vox aggiungendo un Box al titolo, otteniamo un cofanetto di 7 CD con 84 brani sempre ad opera di Peter Hammill. Sempre registrato nel tour tra Giappone e Regno Unito ed edito dalla Fie Records la “fregatura” sta nel fatto che contiene anche i due dischi già editi a parte e che uscendo in una costosa e limitata tiratura di 2000 copie non sarà facile da recuperare.

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Ufficialmente escono entrambi martedì 14 febbraio per la Red House ma in effetti la IRD li ha già distribuiti in Italia negli scorsi giorni. Il primo è il nuovo disco di Drew Nelson, un cantauore del Michigan già in pista da alcuni anni e di cui bellamente ignoravo l’esistenza, ma non si può seguire tutto. Questo nuovo Tilt-A-Whirl, dopo la partecipazione a Dark River, lo proietta su tematiche roots tra Springsteen e Steve Earle. Il primo brano, addirittura, Promised Land, già dal titolo, ma anche musicalmente, mi è sembrata una outtake da The Wild, The Innocent and The E Street Shuffle. Ovviamente ci si ritorna, approfondendo, nei prossimi giorni.

Anche Little Blue Egg, con la sua bellissima copertina, esce in questi per la Red House, ma si tratta di materiale registrato ad inizio anni 2000 in quanto Dave Carter, uno dei due titolari del disco con Tracy Grammer, è in effetti scomparso nel 2002. Ma la sua “socia” sta gestendo il materiale d’archivio lasciato dal compagno di avventura e che tra il 1997 e il 2002 ha scritto brani eseguiti da Joan Baez, Mary Chapin Carpenter, Chris Smither e Lucy Kaplansky. Si tratta di musica acustica, di origine folk ma con elementi di Americana e un raro spessore qualitativo. La rivista specializzata americana Dirty Linen ha detto che “In ogni universo razionale, Carter and Grammer verrebbero citati negli stessi termini di John Lennon e Bob Dylan”. Forse è una iperbole, ma sono sicuramente bravi.

Per finire questa “puntata” vi ricordo il nuovo album dei Winterpills, si chiama All My Lovely Goners è il loro quinto (compreso un EP), edito dalla Signature Records. Tra indie-rock, rock classico e pop di squisita fattura, con intrecci vocali morbidi tra le voci di Philip Price e Flora Reed. Anche se sono di Northamptom, Massachussets il suono è quello tipico della California anni ’70 che sta tornando in grande auge di questi tempi.

A domani per le altre uscite.

Bruno Conti

P.S. Mentre scrivevo questo Post ho letto della morte di Whitney Houston e anche se musicalmente non è sulla lunghezza d’onda di questo Blog non posso negare che si sia trattato di un grande talento vocale, non per nulla era la figlia di Cissy Houston (quella delle Sweet Inspirations che cantavano con Ray Charles e Aretha Franklin, che era la sua madrina) e anche la cugina di Dionne e Dee Dee Warwick, quindi la musica scorreva nelle sue vene.

Purtroppo, negli ultimi anni, in quelle stesse vene erano scorse molte sostanze sospette e pericolose e anche se si era sottoposta a parecchie cure disintossicanti le circostanze della sua morte, avvenuta in un albergo di Beverly Hills, a poche ore dalla cerimonia dei Grammy a cui doveva partecipare, lasciano credere che evidentemente non era uscita dal tunnel. Aveva 48 anni e nella sua carriera aveva ottenuto 415 premi e aveva venduto più di 170 milioni di copie di dischi ed era nota in tutto il mondo per la sua partecipazione al film The Bodyguard, il cui singolo I Will Always Love You detiene tuttora il record di singolo più venduto nella storia da una artista femminile. Un altro record che le appartiene, curiosamente, è quello del disco gospel più di successo di tutti i tempi (con grande gioia della mamma), The Preacher’s Wife, che è anche il suo disco, forse, qualitativamente migliore, secondo chi scrive. Ma i gusti sono personali ed opinabili, quindi…

Riposa In Pace anche tu Whitney Elizabeth Houston, 9 agosto 1963 -11 febbraio 2012. Un vero peccato ancora una volta!

Una Cantante “Indipendente”. Susan James – Highways, Ghosts, Hearts & Home

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Susan James – Highways, Ghosts, Hearts & Home – Self-released

Torniamo alle voci femminili “sconosciute” e in giro ce ne sono parecchie. La nostra amica Susan James viene dall’area della California e questo Highways, Ghosts, Hearts & Home è già il suo quarto album ed è proprio bello. Niente di straordinario per carità ma indicat(issimo) per chi ama le voci femminili di qualità. Qualcuno si chiederà perché questo e non un altro e non saprei sinceramente dirvelo, forse perché nella mia avida ricerca di nomi nuovi ed interessanti questo mi è capitato tra le mani!

Breve interludio.

Qualcuno si chiede, giustamente, perché di solito parlo solo in modo positivo dei dischi e degli artisti che tratto. Non sempre, soprattutto nelle anticipazioni delle novità qualche commentino pepato mi scappa. Ma dato che in rete ci si può imbattere nei cugini, zii, nipoti, fratelli, amiche del cuore (o semplicemente fans) dei vari Drake, Lady Gaga, Britney Spears e altre tavanate immani e non avendo nè il tempo nè il modo di rispondere a questi personaggi che subito si inalberano per eventuali commenti sui loro beniamini, preferisco ignorarli, non parlarne. Se secondo un giudizio assolutamente personale qualcosa non mi piace o non mi interessa non ne parlo proprio, poi sbaglierò i giudizi dei dischi di cui parlo in termini positivi ma è un parere personale e quindi opinabile. Voi lo leggete e se non vi piace cambiate Blog, tanto è gratis. Chiaro!

Torniamo a Susan James. Genere musicale? Uhm, direi country-rock losangeleno con ampie spruzzate di vagamente morbida psichedelia sixties ma anche singer-songwriter classica stile 70’s. Capito!

No. Pensate ai I See Hawks in LA (classica band californiana di country-rock che si rifà al sound classico di Flying Burrito Brothers, Eagles, Poco, Ozark Mountain riportato ai giorni nostri) e prendete tre elementi del gruppo. Fatto. Aggiungete Danny McGough della band Shivaree e il violinista Gabe Witcher dei Punch Brothers uno dei gruppi leader del filone del neo-bluegrass.Anche il batterista DJ Bonebrake (X, Kintters). Al risultato ottenuto aggiungete una cantante con una bella voce, un bel leggero contralto che può ricordare la giovane Joni Mitchell (ma giusto un po’) o la prima Carly Simon, quelle voci limpide e naturali, calde ed espressive, da donna matura ed indipendente che oltretutto si scrive tutte le canzoni da sola…

Potreste trovarvi ad avere tra le mani un album che assomiglia molto a questo: aperto dal country-rock allegro e leggemente psych dell’iniziale Airstream Girl, una boccata d’aria californiana, dove le chitarre profumano di Byrds, il basso è netto e marcato, la batteria leggera e agile e la voce scivola su un sottofondo estremamente piacevole ma di qualità superiore. Se rallentate le atmosfere, trasformate le chitarre in acustiche, inserite un banjo che dona un’aria vagamente alla Fairport Convention prima maniera quando l’amore per la musica della West-Coast divideva il gruppo di Sandy Denny e Iain Matthews dai concorrrenti folk-rock britannnici ed otterrete questa A Weed is not a weed, impreziosito da un mandolino e dalla voce cristallina della James che si conferma vocalist di gran pregio.

Quando il violino di Gabe Witcher fa il suo ingresso il suono del brano Thank You Tomorrow ci porta proprio al country-bluegrass di gruppi come Country Gazette o Dillards ma con una voce femminile. Mi rendo conto che per molti questi rimandi a nomi “antichi” può sembrare arcano ma fate una ricerca “moderna” su Wikipedia e risolvete il problema. On your side con una chitarra riverberata, il controcanto maschile dei musicisti e la voce molto ricca di tessiture sonore della James ed una certa aura misteriosa del brano ci rimanda al suono dei cantautori più classici e ricercati. In Cold Moon On The Highway fa la sua apparizione addirittura una baritone guitar e il tempo del brano ricorda quello delle cowboy songs alla Ghost Riders con i suoi ooh-aah dei coretti e altri geniali tocchi di gusto negli arrangiamenti sempre molto raffinati e semplici al contempo.

Old Jug Song con un banjo in primo piano nella struttura della canzone e poi altri strumenti acustici che entrano mano a mano è una perfetta fusione tra folk e country. D’altronde se musicisti come Bob Weir, Lindsey Buckingham, Richard Thompson, Ryan Adams e altri l’hanno citata come una delle voci più interessanti che circola nel nuovo panorama musicale americana e poi l’hanno voluta per aprire i loro concerti un motivo ci sarà.

Sentitevi un brano come Out In The Woods che evoca passeggiate nel mitico Topanga Canyon dove Susan James vive con la sua famiglia e godetevi la voce pura e ricca di ottave della stessa che crea un’atmosfera calda ed avvolgente. Che ci volete fare il sottoscritto ha un debole per le belle voci e questa della James è proprio bella. Quello che è sorprendente è il fatto che il trascorrere degli anni non ne ha intaccato la purezza perché la “ragazza” non è più una giovanissima, la prima parte della sua carriera si era svolta negli anni ’90, poi una lunga pausa per creare una famiglia (13 anni) e il ritorno alla musica arricchita da nuove esperienze e più brava di prima.

Calling Mr.Zimmerman dove si rivolge al grande Bob per ritrovare l’ispirazione perduta “Calling Mr.Zimmerman, Please Help Me Write This Song, I always get it wrong” e la successiva Falling Waltz 2 con un evocativo violino, rivaleggiano con la produzione, la vogliamo chiamare rock, di Mrs. Joni Mitchell con quella voce eterea e terrena al contempo ed una musica complessa e meravigliosa. Due brani da antologia del perfetto singer-songwriter.

Un tuffo ancora nel folk perfetto della dolcissima How To Fix A Broken Girl che ci permette di godere ancora le grandi nuances della voce di Susan James e siamo alla conclusiva Goin’ To California che ci riporta al country-rock di inizio album. Non sarà nuovo, non sarà originale, derivativo persino ma comunque gran bella voce e belle canzoni, può anche bastare. Segnatevi il nome. In questi giorni viene distribuito anche in Europa dall’etichetta Taxim e quindi non sarà più “indipendente”.

Bruno Conti