Dalla Terra Dei Canguri Il Ritorno Di Un Chitarrista Di Quelli Tosti. Rob Tognoni – Catfish Cake

rob tognoni catfish cake

Rob Tognoni – Catfish Cake – MIG Made In Germany

Rob Tognoni, 60 anni a ottobre, italo-australiano, è uno dei punti di forza della scena rock-blues down under. 35 anni di carriera, ma solo 25 a livello discografico, con un output di pubblicazioni che oscilla a seconda delle fonti, tra i venti e venticinque album, compresi parecchi pubblicati a livello autogestito, inclusi i due recenti CD Live del 2018. Tognoni, dato il suo luogo di nascita, è noto come “The Tasmanian Devil”, per la grinta e la forza delle sue esibizioni e per il suo stile impetuoso, tanto che anche se viene catalogato come artista blues, direi che sarebbe più giusto ascriverlo alla categoria Power Trio con derive hard-rock 70’s, per quanto di buona fattura, non sarà un caso che tra le sue influenze citi Cream, Hendrix, i compatrioti AC/DC, ma anche Led Zeppelin, Deep Purple, Grand Funk, e bluesmen come B.B King, Robert Johnson, il primo Peter Green, vengono aggiunti al menu solo in seguito.

Uno dei suoi mentori in patria è stato l’eccellente chitarrista Dave Hole https://discoclub.myblog.it/2018/07/17/torna-il-miglior-chitarrista-slide-australiano-dave-hole-goin-back-down/  che lo ha aiutato ad avere il primo contratto con la Provogue nel 1995, e da allora ha pubblicato dischi anche con la Blues Boulevard e la Dixie Frog, per la quale è uscito nel 2012 Energy Red, se non ricordo male l’ultimo album che ho recensito per il Blog https://discoclub.myblog.it/2012/05/16/le-ripetizioni-giovano-rob-tognoni-energy-red/ , anche se l’ultimo album di studio “importante” è stato Birra For Lira, che fa chiaro riferimento alle sue origini italiane, e ha anche piazzato un paio di recenti collaborazioni con il buon Max Meazza. Se dovessi ricordare uno dei suoi dischi migliori magari opterei per Boogie Like You Never Did, una compilation del 2012 che fin dal titolo è una sorta di dichiarazione di intenti https://discoclub.myblog.it/2012/03/07/southern-hard-rock-rob-tognoni-boogie-like-you-never-did/ : in questo Catfish Cake, torta di pesce gatto, si fa riferimento ad uno degli abitatori abituali delle paludi del Mississippi e quindi della tradizione delle 12 battute.

Che poi nel disco viene coniugata in modo decisamente ribollente, con la ritmica rocciosa tedesca di Slawen Semeniuk basso e Mirko Kirch batteria, che picchia con criterio e i riff della chitarra di Tognoni che arrivano da destra e da manca, come nell’iniziale New Set Of Rays, un boogie cadenzato che deve parecchio a Canned Heat e al loro maestro John Lee Hooker, dove si apprezza il vocione vissuto di Rob e la sua peraltro eccellente tecnica chitarristica, che viene sottolineata dal lavoro di un organo sullo sfondo, suonato dallo stesso Tognoni. Il copione è questo, poi ci sono piccole variazioni sul tema con nel funky-blues-rock della cattiva Dealin’ At the Crossroads, dove il nostro innesta il wah-wah in onore dell’amato Jimi, o nella frenetica Captain Magic dove si va di boogie alla ZZ Top o alla Thorogood, con ottimi assoli del “Diavolo” che comincia a scaldare le corde della solista.Fat Orange Man è un roccaccio sudista di quelli duri e puri, mentre Superficial è una sorta di hard ballad con uso di organo, che poi d’improvviso accelera di botto e Rob inchioda un altro assolo di buona tecnica.

No Sleep In Hell è un altro pezzo rock classico di quelli robusti, con assolo di chitarra dove il nostro si sdoppia e raddoppia alle soliste, She Waited è un’altra ballatona, solo voce e chitarra elettrica, cantata con pathos e con lirico assolo, mentre James Brown, come da titolo, è un super funky con grande lavoro di Semeniuk al basso. Makin’ Me Live è una delle tracce dove il blues è più presente, ma sempre con forti iniezioni di rock, non particolarmente originale, e non manca neppure un altro riff’n’roll, forse in omaggio agli AC/DC nella vibrante Conspiracy Deep State e anche Outback non concede requie all’ascoltatore, sarà anche tutto registrato ad Aquisgrana in Cruccolandia, ma si respira aria di sterminate highways australiane, quando si potranno percorrere di nuovo dopo il virus, a finestrini abbassati e a tutto volume, che non manca neppure nel poderoso rock sudista della conclusiva Full Recovery, dove Tognoni e soci ci danno dentro sempre alla grande. “Forse” Tognoni non è uno raffinato, ma grinta e ritmo non mancano di sicuro in questo CD.

Bruno Conti

Le “Ripetizioni” Giovano? Rob Tognoni – Energy Red

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Rob Tognoni – Energy Red – Dixiefrog/IRD

Qualche tempo fa gli ho dedicato un Post e ora, a uscite invertite, eccomi di nuovo alle prese con lui. A distanza di pochi mesi dall’uscita di Boogie Like You Never Did, antologia tratta dagli ultimi tre album di studio pubblicati dalla belga Music Avenue, il “diavolo della Tasmania”, ovvero Rob Tognoni torna con un nuovo album, Energy Red, edito dalla francese Dixiefrog con la quale aveva già fatto il poderoso disco dal vivo Shakin’ The Devil’s Hand del 2005 (e dischi live ne sono usciti parecchi nella sua discografia). Posto che il modo ideale di ascoltare la musica di Tognoni sarebbe in un concerto o al limite in un disco live, questo nuovo CD, se siete amanti delle emozioni forti, al limite dell’hard rock, comunque in un ambito power-trio-boogie-rock con Gallagher, Hendrix, Thorogood, gli ZZtop ma anche i connazionali AC/DC nel cuore, dicevo che questo album potrebbe fare per voi.

 

Tognoni, con un cognome così è un “sudista” per forza e non solo perché viene dall’Australia; come mi è capitato di dire in altre occasioni, Dave Hole, sempre from down under, è un musicista di valore superiore sia come chitarrista che come cantante, in quell’ambito rock-blues, Rob è di grana più grossa, se Bonamassa vi sembra troppo “duro” qui addirittura eccediamo ma cionondimeno si può ascoltare con piacere. Il rock è anche il roll li troviamo in grande copia. Dalla partenza con wah-wah sparato a manetta dell’iniziale Take You Home Now si passa al boogie sudista con riff d’apertura estratto a forza dal songbook ZZtop di Boogie Don’t Need No Rest passando per la Thorogoodiana Fire From Hell. La sezione ritmica non è il massimo dell’inventiva ma picchia con gusto ed è comunque in grado di temperare i propri bollori in uno slow blues d’atmosfera come l’ottima Someone To Love dove l’organo dell’ospite Kel Robertson si affianca alla chitarra di Tognoni che dimostra di avere assimilato anche la lezione di uno Stevie Ray Vaughan o di un Ronnie Earl.

 

C’è spazio anche per i ritmi latin-rock con didgeroo al seguito di Don’t Love ma le sarabande con wah-wah di Queensland Heat sono sempre le preferite. Ma il chitarrista australiano dimostra di avere una buona tecnica anche nella hard ballad Blue Butterfly e, soprattutto, nella eccellente cover della mai dimenticata Can’t You See della grande Marshall Tucker Band, e qui la chitarra scivola libera da lacciuoli hard in puri territori southern. La cover di I Remember When I Was Young è l’occasione per conoscere un brano dei Chain storica e popolare formazione rock-blues australiana in azione nei primi anni ’70 ma assolutamente sconosciuta nel nostro emisfero. Ancora da prima viene la cover di As Tears Go By (per noi italiani Con Le Mie Lacrime) degli Stones: una ballata acustica in questa orgia di R&R? Ebbene sì, e la fa pure bene! Non contento, per la quarta ed ultima cover si cimenta anche con il repertorio dei Crowded House e con una versione acustica in solitaria della bellissima Better Be Home Soon. Evidentemente, come nei concerti c’è spazio per una parte più tranquilla, anche questo disco si riserva una oasi di tranquillità prima di ripartire con i ritmi cattivi del dittico quasi punk del finale, prima So Fuckin’ Bored e poi l’esplicativa I Wanna Play An Iggy Pop Record Today.

Bruno Conti

“Southern Hard Rock”! Rob Tognoni – Boogie Like You Never Did

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Rob Tognoni – Boogie Like You Never Did – Music Avenue/blues Boulevard

Rob Tognoni è un “sudista”, anzi più che un sudista, viene da Down Under (anche se con quel cognome!), dal Queensland dell’Australia per la precisione e ormai ha una lunga carriera alle spalle. Viene considerato un ottimo chitarrista (famiglia Dave Hole per citare un altro australiano che però, per il sottoscritto, è decisamente più bravo) ed in effetti lo è, ma il suo genere più che il consueto e canonico rock-blues o power-trio si potrebbe definire southern hard rock. Influenze blues ce ne sono ma si tramutano con una abbondante innervatura di Hendrix, Ac/dc, ZZTop, il tutto suonato a volumi “heavy” con wah-wah che spesso imperversano dalle casse dei vostri impianti, nelle cuffiette o negli stereo della macchina (dove preferite): il buon Rob, se serve, aggiunge anche quella tastiera che fa tanto hard-rock anni ’70 ma anche progressive e psych, come nella tirata Spaceman dove ci dà una dimostrazione della sua perizia chitarristica. Altrove si dedica all’arte dello strumentale come nell’iniziale Reboot o all’hard rock di maniera come in The Broken String (con citazione hendrixiana nel testo), il tutto sempre di grana un po’ grossa, ma il genere lo richiede e ha i suoi estimatori, basta sapere cosa aspettarsi.

Oltre a tutto, tra i suoi estimatori, questi titoli non risulteranno neppure nuovi: ebbene sì, questo Boogie Like You Never Did è una raccolta, sono brani tratti dai 3 album pubblicati tra il 2008 e il 2011 sempre per la Blues Boulevard, 2010dB, Capital Wah e Ironyard Revisited, basta saperlo visto che lo scoprite solo aprendo il digipack del CD. Ogni tanto, come nella bluesata, Can’t See The Smoke o nella title-track il boogie sudista alla ZZTop prende il sopravvento ma la voce, discreta ma non memorabile non aiuta, anche se la chitarra mulina sempre i suoi assoli con vigore e buona tecnica. Però ci sono anche molti brani dalle sonorità scontate e risapute come Light Of day mentre in altri momenti come nella riffata The Rain (due giri di chitarra ed è subito La Grange) si agita il piedino con piacere. Tanto per non continuare a citare titoli che non conoscete, ci siamo capiti, se amate del rock energico senza troppe finezze ma suonato con la giusta carica e dove le chitarre suonano già sentite ma sincere questo album fa per voi.

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Oltre a tutto mentre scrivo questa recensione, leggo (e sento) che è già uscito un ulteriore nuovo disco di Rob Tognoni, Energy Red, questa volta per la Dixiefrog; la formula è sempre quella ma stavolta ci sono anche alcune cover che esplicano ulteriormente i gusti del nostro axe slinger. Una Can’t You See molto “raffinata” tratta dal repertorio della Marshall Tucker Band, un omaggio ai conterranei Crowded House con Better Be Home Soon e una inconsueta acustica As Tears Go By dal repertorio degli Stones, ma già in passato Tognoni aveva infilato una cover di San Francisco in un vecchio album.

Quindi potete scegliere se acquistarli entrambi, se amate il genere o non avete gli album precedenti, oppure passare la mano, in fondo non siamo di fronte ad un disco fondamentale (o due), si può anche tralasciare, piacevole se volete passare un’oretta a fare dell’air guitar di fronte allo specchio, che è sempre uno sport casalingo!

Bruno Conti