Anche Se “Mini” L’Unione Fa…Un Bel Disco! Mini-Mekons & Robbie Fulks – Jura

mini mekons robbie fulks jura

Mini-Mekons & Robbie Fulks – Jura – Bloodshot CD

Pubblicazione in CD a larga diffusione di un disco uscito solo in vinile lo scorso anno per il Record Store Day: Jura è una collaborazione inedita e molto particolare tra il prolifico Robbie Fulks, musicista alternative-country autore di diversi album a suo nome (e che da troppo tempo non rilascia zampate degne di nota) ed il combo anglo-americano dei Mekons, qui ribattezzati Mini-Mekons, in quanto solo cinque di essi hanno partecipato alle sessions (i più importanti, non me ne vogliano gli altri: il leader Jon Langford, la vocalist Sally Timms, l’ottima violinista Susie Honeyman, il fisarmonicista Rico Bell ed il chitarrista Lu Edmonds). E’ successo che i sei sono andati fisicamente a Jura, un’isola dell’arcipelago delle Ebridi (a Sud della Scozia), a scrivere ed incidere undici brani di puro British folk, con marcate implicazioni Irish. Jura è una piccola isola di appena 170 abitanti, con un paio di paeselli, un hotel ed una distilleria di whisky (le immagini pubblicate nel libretto del CD, con tanto di faro, mi fanno venire in mente i romanzi di Peter May), ed è famosa più che altro in quanto George Orwell vi ha completato la sua opera più famosa, 1984.

Evidentemente l’atmosfera del luogo (e magari qualche whisky) è stata di aiuto all’improvvisato supergruppo, in quanto Jura  è un dischetto davvero sorprendente, di sicuro la cosa migliore messa su disco sia da Fulks sia dai Mekons da diversi anni a questa parte: l’album dura solo 34 minuti, ma sono minuti molto intensi, nei quali i sei ci deliziano con brani di folk puro ed incontaminato, con il solo uso di strumenti a corda, fisa ed organo, ma senza sezione ritmica, dividendo le performances tra canzoni più profonde e drammatiche ed altre più scanzonate, alla stregua di veri canti marinareschi (il mare è l’argomento principale nei testi). Un disco fresco, creativo, stimolante e, soprattutto, inatteso. Introdotta da un organo quasi ecclesiastico, A Fearful Moment rivela una splendida melodia epica, con chiare influenze irlandesi ed un languido violino: un brano sorprendente, bellissimo e toccante (ricorda molto certe performances di Neil Young al pump organ). Refill cambia subito registro: trattasi di un folk-blues acustico, due chitarre, un’armonica e le voci, con un deciso cambio di registro nel ritornello; con An Incident Off St. Kitt’s siamo ancora in Irlanda, una voce circondata da strumenti a corda (c’è anche un ukulele) che suonano con grande forza, un brano semplice ma riuscito, che dimostra che siamo di fronte ad un progetto serio, non ad un divertimento estemporaneo.

Shine On Silver Seas (canta la Timms), è una struggente e malinconica ballata che dona emozioni a profusione pur solo con una chitarra ed un violino, mentre Land Ahoy!, maggiormente strumentata, è puro folk, un sea shanty limpido e cristallino, ancora con lo splendido violino della Honeyman in evidenza; e che dire di Beaten And Broken, una trascinante e coinvolgente canzone marinaresca, da canticchiare dopo mezza strofa: sembrano i Fairport Convention d’annata, quelli di dischi “di mezzo” (ma belli) come Angel Delight e Babbacombe Lee. La fluida Getting On With It affianca per la prima volta elementi western alla solita matrice Irish (l’origine, se vogliamo, è la stessa) ed il tutto, manco a dirlo, funziona a meraviglia; I Am Come Home è ancora lenta ed intrisa di malinconia, con un bel coro sullo sfondo, mentre The Last Fish In The Sea è un country-folk giusto a metà tra Gran Bretagna ed America. Il CD, ripeto, una vera sorpresa, si chiude con l’intensa I Say, Hang Him!, il classico brano che i marinai possono cantare solo dopo un’allegra bevuta in compagnia, e con Go From My Window, l’unico traditional del disco, puro folk d’altri tempi, dal pathos sempre alto e toni drammatici.

Ha fatto bene la Bloodshot a rendere disponibile questo Jura su scala più larga, sarebbe stato un vero peccato perderselo.

Marco Verdi

Novità Di Agosto Parte IIIb. Little River Band, Black Joe Lewis, Robbie Fulks, Graham Parker, Quicksilver Messenger Service, Dan Zanes, Chris Duarte, Carly Ritter, Serena Ryder

little river diamond cuts like.jpgblack joe lewis electric slave.jpgrobbie fulks gone away.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Seconda ed ultima parte delle novità di agosto, conclude la disamina delle uscite di questo mese, con gli altri titoli in uscita il 27, cioè oggi.

Tra i gruppi storici del cosiddetto AOR (Adult Oriented Rock) americano, c’erano anche i tipi della Little River Band, pur essendo australiani: il grande successo lo hanno avuto negli anni ’70 e qualche disco, tipo Diamantina Cocktail e il doppio Live Backstage pass, non erano neppure male, un rock melodico venato di country, con in evidenza la voce di Glenn Shorrock e la formazione a tre chitarre. Purtroppo il tempo passa per tutti e della formazione originale non è più rimasto nessuno, il componente più “antico” del gruppo è il bassista Wayne Nelson, americano, entrato nella formazione nel 1980, gli altri, americani pure loro, si sono tutti aggiunti nei vari reunion tour degli anni 2000. Il nuovo album Cuts Like A Diamond, esce per l’taliana Frontiers Records ed è dell’onesto rock melodico: una band australiana, composta da americani, che incide per una etichetta italiana. E’ proprio strano il mercato discografico. Nella mia veste di ex negoziante, ricordo che erano uno dei gruppi più apprezzati dai filippini (una nota di colore).

Black Joe Lewis era uno degli artisti americani che, con i suoi Honeybears, nella seconda parte della prima decade dei Noughties meglio fondeva soul e R&B, con rock e blues, alla stregua di gente come Eli Paperboy Reed, Lee Fields, Charles Bradley, Sharon Jones, tanto per citarne alcuni, più o meno influenzati dal soul. Ora, il musicista texano, lasciati sia gli Honeybears che l’etichetta Lost Highway, passa alla Vagrant con questo Electric Slave, dal suono decisamente più rock, anche se l’amore per il blues e il soul rimagono evidenti. I due produttori hanno lavorato, rispettivamente, con White Stripes, Cat Power, Modest Mouse uno, e Explosions In the Sky e Okkervil River l’altro, per cui il suono si è avvicinato al rock psichedelico, ma non mancano gli omaggi al mito James Brown in brani come Come To My Party, comunque da quello che ho sentito il disco è piuttosto buono, ricco di energia e musica di qualità. Un altro nero che alla stregua di gente come Arthur Lee, Hendrix o i Chambers Brothers sa come trattare la materia rock. Interessante.

Robbie Fulks è uno strano tipo di cantautore, sulle scene da una trentina d’anni, ma attivo discograficamente dal 1996, ogni tanto ci lascia qualche missiva del suo country alternativo e sghembo, ma molto raffinato. Gone Away Backward vede il suo ritorno alla Bloodshot, dopo sei anni di silenzio e un paio di dischi pubblicati per la Yep Rock. L’ingegnere del suono è Steve Albini, ma il suono è quello solito, acustico e influenzato da folk e country classici: bella voce, canzoni semplici ma mai banali, basate su chitarra acustica, banjo, violino, mandolino e dobro, con l’occasionale chitarra elettrica. Uno di quelli bravi.

graham parker this is live.jpgquicksilver live at the old mill 1970.jpgdan zanes elizabeth mitchell.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Un ulteriore trio di uscite eclettiche.

Graham Parker lo scorso anno si è riunito con i Rumour per realizzare con Three Chords Good uno dei migliori dischi di rock classico del 2012. Nell’occasione, per il film This Is 40 di Judd Apatow, ha registrato anche una apparizione in un piccolo locale di Los Angeles nel settembre del 2011, filmata dallo stesso regista Apatow, un brano della quale è stato pure utilizzato nel film. Ma il concerto è stato registrato tutto, e ora, nella forma del combo, DVD+Blu-Ray o viceversa, viene pubblicato dalla Shout Factory negli USA: ci sono molti brani dall’ultimo album ma anche classici della band, oltre ad un brano inedito, Sirens In the night. Molto bello. L’unico fattore negativo è che dura un’ora scarsa. Diciamo breve ma intenso, per consolarci.

A proposito di Live, la Cleopatra Records continua imperterrita a pubblicare CD di concerti inediti dei Quicksilver Messenger Service (se non avessero distribuito quel peraltro bellissimo cofanetto Anthology Box 1966-1970 sarebbe però stato meglio, visto che conteneva estratti dai vari concerti che l’ora l’etichetta sta pubblicando in versione integrale). Dopo l’ottimo doppio Live At Fillmore June 7, 1968 ora è la volta di Live At the Old Mill Tavern March 29 1970 che oltre al quartetto classico Cipollina, Duncan, Freiberg, Elmore vede in azione anche il rientrante Dino Valenti e al piano, Nicky Hopkins, e il grande James Cotton all’armonica in una gustosa jam blues finale. Purtroppo, s’ha da avere!

Dan Zanes ormai ha abbandonato i Del Fuegos da illo tempore e con la propria etichetta, la Festival Five Records, si è dedicato ad una meritoria opera di recupero delle tradizioni della musica folk e popolare americana dedicata ai dischi per l’infanzia. Lo preferivo prima ma vi segnalo comunque questo piacevole Turn Turn Turn in coppia con Elizabeth Mitchell, che comprende anche una nuova versione, rivisitata ed aggiornata ai giorni nostri, nei testi, del classico di Pete Seeger e dei Byrds.

chris duarte group live.jpgcarly ritter.jpgserena ryder harmony.jpg








 

Gli ultimi tre.

Chris Duarte è al secondo disco di quest’anno e spesso mi capita di recensirlo per Blog e Buscadero, clienti-abituali-chris-duarte-group-my-soul-alone.html, nell’occasione siamo al fatidico doppio CD dal vivo, Chris Duarte Group Live, pubblicato come di consueto dalla Blues Bureau/Shrapnel, e , stranamente, se non sbaglio, è il primo disco registrato in concerto in più di 25 anni di carriera, durante il tour giapponese del 2012. Non escludendo di occuparmene con un Post apposito mi limito a segnalare, che ad un veloce ascolto, mi sembra ottimo, nel genere (rock-blues) con cover di Dylan, Leon Russell, Freddie King, Junior Kimbrough, Coltrane e una versione monstre di People Say dei Meters di più di 10 minuti.

Carly Ritter è una nuova cantautrice che esordisce con questo CD omonimo, prodotto dal figlio di Ry Cooder, Joachim, mentre anche il babbo appare alla chitarra nell’album, a fianco di Juliette Commagere, altra scoperta del duo e del di lei fratello Robert Francis, altro ottimo chitarrista, pupillo del grande Ry che è stato il suo maestro, insieme a John Frusciante. Ma il protagonista del CD è la piacevole voce della Ritter, tra folk e canzone d’autore, in un disco pubblicato dalla storica etichetta Vanguard.

Altra voce femminile è quella della rocker canadese Serena Ryder, con tre album di studio ed un live EP già pubblicati: il nuovo Harmony era già uscito per la EMI canadese lo scorso anno, ma visto che viene pubblicato ora anche per il mercato americano, il buon Tino se ne occuperà nei prossimi giorni con recensione ad hoc. Quindi non aggiungo altro, se non che il CD mi sembra decisamente buono, considerato che è un po’ di mesi che lo sento, ed era tra i papabili tra quelli da recensire, ma per le solite problematiche di tempo era rimasto in un angolino. Rientra, tra i “ripassi” delle vacanze.

That’s all folks.

Bruno Conti