L’ex Bambino Prodigio Del Blues Conferma Il Suo Talento! Ryan Perry – High Risk, Low Reward

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Ryan Perry High Risk, Low Reward –  Ruf Records

Alzi la mano chi di voi si ricorda il nome di Ryan Perry? Io in particolare lo ricordo perché una dozzina di anni fa avevo recensito il debutto della Homemade Jamz Blues Band Pay Me No Mind, uscito appunto nel 2008 per la NorthernBlues Music: si trattava dell’opera prima di questo trio di fratelli che veniva da Tupelo, Mississippi, in cui il più “vecchio” era proprio Ryan, che di anni ne aveva 16, e cantava e suonava la chitarra, mentre il fratello Kyle che suonava il basso ne aveva 14 e la sorella Tanya, la batterista, ben 9 (!!). Ma i tre erano già veramente bravi, il disco aveva una freschezza invidiabile, e anche i suoni erano comunque per certi versi “contemporanei”, con Ryan che suonava una muffler guitar, “fatta in casa”, assemblandola utilizzando pezzi di marmitta recuperati da vecchie automobili Ford, che contribuivano a quel sound ruvido e crudo figlio del blues più genuino.

Ryan era in possesso di una bella voce già allora, e oggi è anche migliorata, dopo una dozzina di anni on the road, migliaia di concerti più o meno fino al 2015 (ma il gruppo dovrebbe essere ancora in attività) e tante apparizioni a fianco di nomi importanti (non ultima quella nel disco tributo a Chuck Berry di Mike Zito)! Il contratto da solista per la Ruf (che se la batte con la Mascot/Provogue per chi mette sotto contratto o “arraffa” più chitarristi) gli ha permesso di acquistare una Gibson Les Paul nuova fiammante, con la quale appare sulla copertina dell’esordio High Risk, Low Reward, dove forse di rischi ne hanno corsi pochi, ma le ricompense per gli ascoltatori sono peraltro molteplici: il suono molto professionale a tratti entra in una comfort zone fin troppo rassicurante, ma d’altra parte ci sono alcuni brani dove Ryan scatena tutta la potenza di suono del suo stile spumeggiante e ricco di feeling e tecnica. Prendiamo la versione fantastica del classico del blues Evil Is Going On di Howlin’ Wolf via Willie Dixon, una cover “hendrixiana”, dove Perry innesta il pedale del wah-wah e non prende prigionieri in una rilettura gagliarda che sono sicuro Jimi avrebbe approvato, cantata con voce scura e potente, sostenuto dalla sezione ritmica guidata dal bassista Roger Inniss, che è anche il produttore del disco, mentre dietro la batteria siede la giovane e brava batterista inglese Lucy Piper, rodata da alcuni Blues Caravan dell’etichetta Ruf.

Per il resto si spazia in tutte le gradazioni del Blues: da quello raffinato e ricercato della fluida Ain’t Afraid To Eat Alone dove la solista scorre che è un piacere, in modo sinuoso e con retrogusti jazzy, mentre Homesick vira verso un funky lite anni ‘70, sempre suonato con grande padronanza anche se un po’ di maniera. Anche Pride ha questo approccio laidback e pigro, tra blue eyed soul e derive pop, con la chitarra che comunque cerca di vivacizzare il tutto; A Heart I Didn’t Break è più mossa e incalzante sempre “moderna” e con spunti più rock. Estremamente piacevole anche la cover di Why I Sing The Blues, il classico di B.B. King dove si coglie qualche analogia anche con il Gary Clark Jr. più spensierato, benché a tratti manchi un po’ di nerbo, One Thing’s For Certain introduce qualche elemento R&B su una base rock, il tutto cantato e suonato in modo eccellente, ma non mi convince appieno.

High Risk, Low Reward è viceversa uno dei brani più convincenti, grintoso e carico, con una atmosfera sospesa e minacciosa e folate di chitarra distorta e cattiva, Changing è una ballata solenne, quasi notturna, con un lavoro di fino della solista che però non decolla del tutto, lasciando alla lancinante Oh No il compito di esplorare le 12 battute più classiche in un intenso crescendo che ci porta ad un breve assolo di buona fattura. Del brano di Howlin’ Wolf abbiamo detto, manca per concludere il CD un altro brano potente come Hard Times che va a toccare le contraddizioni e le sfide dei tempi duri dell’America di oggi, e qui Perry lascia andare di nuovo la potenza della sua Gibson. Consigliato, sia pure con qualche piccola riserva espressa nella recensione, comunque uno bravo!

Bruno Conti