The Best Of 2017: Altre Riviste Internazionali – Billboard, Classic Rock, The Guardian, New York Times, Nme, Rolling Stone

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Ero indeciso se dare un seguito al Post sul http://discoclub.myblog.it/2017/12/16/the-best-of-2017-il-meglio-delle-riviste-internazionali-mojo-q-magazine-e-uncut/  di qualche giorno fa, visto che secondo me non si tratta in generale di classifiche molto eccitanti, ma visto che ormai è una tradizione annuale del Blog vi propongo una carrellata abbreviata, solo i primi cinque posti, relativa ad alcune delle altre principali riviste internazionali, musicali e non, ancora disponibili in formato cartaceo. Qualche segnalazione interessante, ma veramente poche, ci scappa sempre. Partiamo con Billboard.

Billboard Top 5 Album of 2017

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1. Kendrick Lamarr – Damn.

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2. SZA – CTRL

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3. Lorde – Melodrama

4. Jay-Z – 4:44

5. Khalid – American Teen

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Classic Rock Best Of 2017

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1. Queens Of The Stone Age – Villains

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2. Black Country Communion – BCCIV

https://www.youtube.com/watch?v=SC9xfk2cMwk

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3 Foo Fighters – Concrete And Gold

https://www.youtube.com/watch?v=8TsNkgW2ox0

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4. Robert Plant – Carry Fire

https://www.youtube.com/watch?v=9nNHMu0-jW8

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5. Anathema – The Optimist

https://www.youtube.com/watch?v=8y1ROzCUpbU

 

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The Guardian Top 5 Of 2017

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1. St. Vincent – Masseducation

2. Kendrick Lamar – Damn.

3, SZA – CTRL

4. Lorde – Melodrama

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5. Perfume Genius – No Shape

 

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The New York Times Jon Pareles 5 Top Albums

1. St. Vincent – Masseducation

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2. Residente – Residente

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3. Moses Sumney – Aromanticism

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4. Julien Baker – Turn Out The Lights

https://www.youtube.com/watch?v=MdBu21i9aEE

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5. Bjork – Utopia

 

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The New Musical Express 5 Best Albums Of The Year

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1. Lorde – Melodrama

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2. Wolf Alice – Vision Of A Life

3. Kendrick Lamar – Damn.

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4. Father John Misty – Pure Comedy Uno dei dischi migliori del 2017.

https://www.youtube.com/watch?v=WfnXM_DmEzo

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5. LCD Soundsystem – American Dream

 

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Rolling Stone Top 5 Best Of 2017

1. Kendrick Lamar – Damn.

2. Lorde Melodrama

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3. U2 – Songs Of Experience Non un brutto album dopotutto

https://www.youtube.com/watch?v=nd_EYo96lmo

4. Kesha – Rainbow

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5. LCD Soundsystem – American Dream

Alla prossima classifica.

Bruno Conti

Best Of 2015, Riviste Americane: Rolling Stone, SPIN, Newsweek, TIME

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Proseguiamo con la disamina dei migliori dischi del 2015 secondo la stampa internazionale, vediamo cosa hanno detto le riviste americane (due musicali e due no, manca Billboard, non ho ancora visto la loro lista, mi riservo di aggiungerla in un secondo momento). Non è che qui si vada molto meglio rispetto ai gusti del Blog, ma per documentazione ecco i Top 10 di quattro riviste (di più non ne reggo). Partiamo con Rolling Stone, ogni tanto mi scappa qualche momento!

Rolling Stone Top 10 2015

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1) Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly

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2) Adele – 25 

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3) Drake – If You’re Reading This It’s Too Late

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4) D’Angelo & The Vanguard – Black Messiah (anche questo sarebbe del 2014, uscito il 15 dicembre), ma visto che non è male

5) The Weeknd – Beauty Behind The Madness

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6) Courtney Barnett – Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit

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7) Jason Isbell – Something More Than Free (gran bel disco)

8) Lin-Manuel -Miranda – Hamilton An American Musical (Original Broadway Cast Recording) (mai sentito, e da quello che ho letto forse è meglio, in Europa uscirà solo a febbraio del 2016, un musical doppio tra pop e hip-hop, uhm…)

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9) The Arcs – Yours, Dreamily (questo devo risentirlo attentamente, perché non mi sembra male)!

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10) Blur – The Magic Whip

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La classifica di Rolling Stone è meno peggio di quello che mi aspettavo, passiamo a Spin: qui ovviamente siamo nell’alternative più spinto (con una eccezione), posizioni dalla 10 alla 1.

10. Alex G – Beach Music

9. Shamir – Ratchet

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8. Kacey Musgraves – Pageant Material (questo lo abbiamo pure recensito sul blog http://discoclub.myblog.it/2015/09/18/ultimi-ripassi-fine-estate-bella-brava-texana-kacey-musgraves-pageant-material/

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7. Deerhunter – Fading Frontier

6. Waxahatchee – Ivy Tripp

5. Vince Staples – Summertime ’06

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4. Tame Impala – Currents

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3. Jamie xx – In Colour

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2. Courtney Barnett – Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit

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1. Kendrick Lamar – To Pimp a Butterfly

Passiamo a due riviste storiche, non nell’ambito musicale, vediamo cosa dicono Newsweek e TIME.

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Ecco la Top 10 di Newsweek:

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1. The Amazing, Picture You (Partisan) (Non sapevo che la band svedese avesse fatto un nuovo album, ero rimasto a quello del 2012 http://discoclub.myblog.it/2012/01/02/dopo-jonathan-wilson-continua-la-rivincita-della-psichedelia/, bellissimo, quindi queste liste di fine anno sono sempre utili, ora indagherò ulteriormente, ma a un primo ascolto mi pare eccellente, grande psichedelia e West Coast dalla Svezia, alla pari delle migliori cose di Jonathan Wilson)!

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2. Courtney Barnett, Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit (Mom + Pop)

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3. Leon Bridges, Coming Home (Columbia) (E bravi quelli di Newsweek, tre album su tre veramente belli, l’anno scorso la classifica non era così interessante, anche questo di Leon Bridges lo avevo notato e non avevo approfondito, invece merita, sentire per credere, eccellente soul music nella migliore tradizione del genere).

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4. Car Seat Headrest, Teens of Style (Matador)

5. Dead Ghosts, Love and Death and All the Rest (Burger Records) (dei canadesi che fanno psych rock-garage anni ’60, interessanti anche questi)

6. Dilly Dally, Sore (Partisan) (non è che mi piace tutto, se no avrei chiesto di lavorare per Newsweek, potevo anche fare a meno del ritorno del grunge).

7. Drenge, Undertow (Infectious Music)

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8. Father John Misty, I Love You, Honeybear (Sub Pop)

9. Carly Rae Jepsen, E•MO•TION (School Boy/Interscope)

10. Lady Lamb, After (Mom + Pop)

Confesso che sono andato a curiosare anche nel resto della classifica, ma non è così interessante, comunque la migliore classifica che ho visto fino ad ora. Vediamo ora quella di TIME, molto meno “interessante”, almeno per me.

TIME Top 10

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1. Wildheart, Miguel

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2. No Cities to Love, Sleater-Kinney

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3. To Pimp a Butterfly, Kendrick Lamar

4. E•MO•TION, Carly Rae Jepsen

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5. Holding Hands With Jamie, Girl Band

6. Pageant Material, Kacey Musgraves

7. Sometimes I Sit and Think, And Sometimes I Just Sit, Courtney Barnett

8. Break Stuff, Vijay Iyer Trio

9. In Colour, Jamie xx

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10. The Blade, Ashley Monroe

Direi che anche per oggi è tutto, alle prossime classifiche.

Bruno Conti

Succedeva Esattamente 50 Anni Fa, Oggi! Bob Dylan Goes Electric At Newport Folk Festival

E qualcosa cambiò, non tutto: “Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità”. No, quello era l’uomo sulla Luna, ma l’effetto fu quasi parimenti dirompente!

E sette giorni prima era uscita Like A Rolling Stone, la più bella canzone di tutti i tempi (secondo Rolling Stone)!

Sarà pure la cover più vista del mondo, ma è veramente una brutta versione. Scusate, era questa!

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2014, Liste Di Fine Anno. Riviste Americane: Rolling Stone, Billboard, Spin

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Proseguiamo con le liste dei migliori dischi del 2014, mentre procede lo spoglio delle liste ricevute da alcune band e solisti “italiani per caso”, dovrebbe essere pronto per il fine settimana, vediamo, nel frattempo, visto che ieri ho saltato, oggi le tre principali riviste musicali americane insieme. Partiamo con Rolling Stone che, rispetto ai migliori dell’anno sulla sponda britannica, riserva qualche sorpresa.

Rolling Stone 10 Best Albums Of The Year

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1) U2 – Songs Of Innocence Ohibò, me lo hanno stroncato ovunque e qui è addirittura al primo posto! E non è finita, guardate chi c’è al n°2!

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2) Bruce Springsteen – High Hopes E lo troverete anche nella lista di Ed Abbiati, Lowlands, con spiegazione del perché.

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3) The Black Keys – Turn Blue Questo e il CD di Springsteen sono nella lista anche dei peggiori dell’anno della rivista Spin, una di quelle che pubblica anche questa gradatoria, magari alle fine dei post dedicati ai migliori ne pubblico, per curiosità, pure uno sui presunti peggiori.

4) St. Vincent – St. Vincent

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5) Miranda Lambert – Platinum Questo è l’unico disco country (mi sembra, a memoria) visto nei migliori dell’anno, dovendo scegliere avrei preferito la collega nelle Pistol Annies, Angaleena Presley, con l’ottimo American Middle Class http://discoclub.myblog.it/2014/11/10/cognome-importante-pero-parenti-angaleena-presley-american-middle-class/.

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6) Charli XCX – Sucker Mi sembrava strano che fin qui le classifiche fossero relativamente buone, un po’ di “sano” electropop ci mancava!

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7) Lana Del Rey – Ultraviolence Questo viene classificato come Art Pop, ma la parrocchia mi pare quella.

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8) Run The Jewels – Run The Jewels 2 Anche l’hip-hop latitava, ma i votanti di Rolling Stone rimediano.

9) Mac De Marco – Salad Days Già apparso in una lista inglese, questo signore canadese non mi sembra proprio il miglior cantautore dell’anno, anche se, come dicevo nell’altro post, non è malaccio.

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10) Taylor Swift – 1989 Era quasi inevitabile. Capisco nelle classifiche di vendite (o meglio, come diceva Ferrini a Quelli della notte, non lo capisco ma mi adeguo), ma addirittura tra i migliori dischi dell’anno? E lo troverete, a sorpresa, in una lista di un sito musicale dove mai avrei pensato di trovarlo.

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Ecco la lista di Billboard, la rivista più istituzionale del settore, proprio quella delle classifiche, con qualche sorpresa.

Billboard 10 Best Album Of The Year – Critics’ Picks

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1) Taylor Swift – 1989

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2) Run The Jewels – Run The Jewels 2

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3) Sam Smith – In The Lonely Hour Questo sarebbe il “nuovo soul”, 176 milioni di contatti su YouTube https://www.youtube.com/watch?v=pB-5XG-DbAA, devo ammettere che c’è molto di peggio in giro, però…

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4) Jenny Taylor – The Voyager Questo, per esempio, è un bel disco, e sì quello sullo sfondo è proprio Ryan Adams

https://www.youtube.com/watch?v=jlUXexTAye0

http://discoclub.myblog.it/2014/08/07/jenny-senza-johnny-jenny-lewis-the-voyager/

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5) Ed Sheeran – X

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6) Bleachers – Strange Desire ??? Mai sentito, piacevole comunque https://www.youtube.com/watch?v=ldk2pLyVZ4c

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7) Lykke Li – I Never Learn La signorina sarebbe anche brava, anche se non sono ancora riuscito ad inquadrare quale genere faccia https://www.youtube.com/watch?v=RNa060RGEMo

8) Aphex Twins – Syro

9) The War On Drugs – Lost In The Dream Rolling Stone fino ad ora è l’unico che non lo ha inserito nei Top 10, comunque confermo, il disco è veramente bello e anche dal vivo non scherza(no) https://www.youtube.com/watch?v=XF7ttxjgWeo

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10) Freddie Gibbs & Madlib – Pinata Ancora un disco hip-hop, quest’anno (per fortuna) pochi nelle liste dei migliori di fine anno.

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Anche i critici della Bibbia americana del rock alternativo americano hanno dovuto soccombere, ancora una volta il disco dell’anno è quello della creatura di Adam Granduciel Lost In the Dream

Spin 10 Best Albums of 2014

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1) The War On Drugs – Lost In The Dream

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2) Parquet Courts – Sunbathing Animal

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3) Run The Jewels – Run The Jewels 2

4) Jenny Lewis – The Voyager

5) Caribou – Our Love

6) Sun Kil Moon – Benji

7) Future Islands – Singles

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8) Tinashe – Aquarius Un bel boh, ammetto l’ignoranza, genere non soul, addirittura R&B. Bravissima, sembra Rihanna, mah…https://www.youtube.com/watch?v=NFa98Al2Kf4

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9) Tune-Yards – Nikki Nack

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10) The New Ponrographers – Brill Bruisers Non riesco a farmeli piacere del tutto, ci canta anche Neko Case, che è una delle mie preferite tra le voci delle ultime generazioni, ma spesso sono troppo dispersivi, a cavallo di mille generi, fin troppo pop, ma fanno parte dei miei “piaceri segreti”, sono bravi https://www.youtube.com/watch?v=9SaHXd4RhDs

Anche per oggi è tutto, vediamo se riesco a preparare per il fine settimana il best of dell’anno 2014 compilato da alcuni artisti, in ogni caso domani recensione dell’ultima raccolta di Mary Black, ci vediamo!

Bruno Conti

 

 

Il Supplemento Della Domenica: “C…o Che Bello”! John Mellencamp – Plain Spoken

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John Mellencamp – Plain Spoken – Republic/Universal – 23/09/2014

“C…o Che Bello”! Sono le prime due parole che mi sono venute in mente all’ascolto di questo nuovo, ventiduesimo, album di John Mellencamp (perché, che bello non si può dire? E’ osceno?). Facezie a parte, il nuovo album del Puma esce, assolutamente a sorpresa, a soli due mesi dall’uscita di Trouble No More Live At Town Hall: un colpo doppio al cuore dei fans, prima un disco dal vivo, atteso e mai pubblicato in passato, e poi uno nuovo di zecca, che è anche tra i più belli degli ultimi tempi e in assoluto, nella sua discografia. D’altronde, in un certo senso, lo avevano fatto intendere le parole utilizzate nell’intervista concessa a Rolling Stone sul finire dello scorso anno: la casa è vuota (parlando della mega magione vicino a Bloomington, Indiana, dove vive), nessuno risponde al richiamo “dov’è papà”, da quando non ci sono più. la moglie Elaine, da cui ha divorziato nel 2011, e anche gli ultimi due figli, Hud e Speck, ora al college, se ne sono andati; John si aggira tra le stanze dell’abitazione con aria malinconica (un brutto colpo per uno che si era autodefinito Mr. Happy Go Lucky) e quindi evidentemente ha avuto parecchio tempo per meditare e scrivere queste bellissime dieci canzoni che compongono Plain Spoken. Oddio, a voler essere cattivi, Mellencamp si era subito consolato per la separazione (o era già successo prima?), presentandosi alla data di luglio del 2011, in Italia, a Vigevano, in compagnia dell’attrice Meg Ryan, però sembra essere finita anche quella relazione (pure se la foto di copertina del CD è sua), quindi buttiamoci sul lavoro.

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Contrariamente a quanto si era letto sulla stampa, T-Bone Burnett questa volta non produce, limitandosi ad un ruolo “esecutivo” e a suonare la chitarra nel disco, lasciando il pallino della produzione allo stesso Mellencamp. Il risultato ci riporta al suono classico, dopo una serie di dischi che avevano attinto molto alle grandi tradizioni del blues, del folk e del country primigenio, con un sound volutamente scarno ed austero: comunque Life, Death, Love And Freedom e No Better Than This erano due fior di dischi (e nel frattempo è uscito il progetto Ghost Brothers Of Darkland County e John prosegue anche con la sua attività di pittore). Sarà quel che sarà, ma questo nuovo Plain Spoken ci riporta in parte alle sonorità roots e Americana di dischi come The Lonesome Jubilee Big Daddy, forse non sarà così bello, ma quasi ci siamo. L’umore è quello pensoso della ballata, forse il mezzo più adatto per rendere l’attitudine leggemente amara e risentita che aleggia in questi brani. Anche se John, vicende familiari a parte, dovrebbe essere più che ottimista, in considerazione del fatto che la Universal/Republic gli ha rinnovato il contratto discografico “a vita”, in un certo senso, finche morte non ci separi, forse un altro dei motivi per cui si è sentito in dovere di pubblicare subito un album nuovo. Circondato dai fedelissimi Mike Wanchic e Andy York alle chitarre e strumenti a corda in generale, e dalle acquisizioni più recenti, come l’ottima violinista Miriam Sturm, Troye Kinnett alle tastiere e fisa, più la sezione ritmica di John Gunnell al basso e Dane Clark alla batteria, il Coguaro dimostra ancora una volta perché è uno dei migliori cantautori americani di sempre, parte di quella pattuglia che partendo da Springsteen e Seger, e con l’aggiunta di Petty e dello stesso Mellencamp, ha regalato alcune delle pagine migliori del rock americano degli ultimi 40 anni, roots e non roots che sia la loro musica.

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Insomma, se la solitudine e l’amarezza hanno questi effetti sulla sua musica non gliene auguriamo, ma ne godiamo i risultati. I titoli delle canzoni sono esplicativi in questo senso: a partire daTroubled man, aperta da un delicato arpeggio di chitarra acustica, poi viaggia serenamente sulle note del violino della Sturm, mentre Gunnell e Clark accarezzano i loro strumenti, il nostro canta con una convinzione che non difettava certo negli ultimi dischi, ma qui è più inserita nella tradizione delle suoi migliori brani, dove la melodia regna sovrana https://www.youtube.com/watch?v=3oEquZwvG0k . Sometimes There’s God, con il suo approccio elettro-acustico, tra chitarre acustiche ed elettriche, mandolino e tocchi di pianoforte, con il violino che lavora sullo sfondo, il tutto che rinnova i fasti delle canzoni del periodo d’oro anni ’80, ci riporta a quella voce, roca ed espressiva come poche, non potentissima, ma unica e subito riconoscibile, un vecchio amico che non puoi fare a meno di amare. The Isolation Of Mister, ennesima ballata uggiosa, ma il tempo è quello, conferma questa ritrovata vena: non sembra, non me ne intendo della parte dell’autore, ma evidentemente non deve essere facile scrivere sempre delle belle canzoni, qualche volta la Musa si posa su di te, e tutto funziona, “solite” chitarre acustiche, un organo che scivola che è un piacere e  il suono dell’armonica, con un breve intervento quasi dylaniano, a suggellare il risultato. Ovviamente il nostro amico si “incazza” ancora, The Company Of Cowards è uno dei suoi brani “politici”, leggermente più mosso dei precedenti, le chitarre acustiche sono più vivaci, la sezione ritmica batte il tempo con più vigore e Mellencamp si infervora ancora una volta, estraendo nuovamente l’armonica, che irrobustisce ulteriormente il tessuto sonoro della canzone. Tears In Vain, con due twangy guitars in azione e la solita armonica, potrebbe quasi uscire da Scarecrow, un brano incalzante, si potrebbe parlare di rock? Ma sì!

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E siamo solo a metà. In The Brass Ring ci parla ancora di questo suo umore poco propenso all’ottimismo e alla positività: “Questo mondo che ho visto qui non è mai giusto, così lasciatemi con i miei dispiaceri!”, e noi lo lasciamo, però ci gustiamo questa ennesima bella canzone, sempre del filone di quelle più mosse, rock è una parola forte, però le chitarre si fanno sentire e la sezione ritmica è più in evidenza che in altri momenti. Forse manca quel piccolo quid di maggiore varietà per inserire Plain Spoken tra le sue opere più riuscite, questo lo dirà il tempo, ma al sottoscritto piace. Freedom Of Speech è una folk tune che viaggia solo sulle note del violino della Sturm, una fisarmonica appena accennata e una chitarra acustica, pochissimi elementi ma che rendono funzionale il messaggio sociale del brano. Blue Charlotte è una delle love songs del canone mellencampiano, ritornello cantabile, violino ricorrente, chitarre discrete ma incisive e una breve, deliziosa, parte centrale strumentale, con il buon John che ci rende edotti delle vicende di questa Charlotte.The Courtesy Of Kings è un bel valzerone rock che potrebbe quasi uscire dai solchi di Blonde On Blonde di Dylan, uno degli eroi di Mellencamp, che estende la sua influenza nel tempo e che ci regala una delle pagine migliori di questo disco. Che affida la sua conclusione all’altro brano espressamente politico di questa raccolta, Lawless Times, il brano più rock-blues del CD, con la slide a segnare il tempo e l’armonica che fa sentire il suo lamento per l’ultima volta https://www.youtube.com/watch?v=g6k-dOF8K5U .

Quindi? Quindi…esce martedì 23 settembre, giudicate voi, io la mia opinione ve l’ho detta e visto che è ripartito, me lo risento!

Bruno Conti

Il Meglio Del 2013: Una Rivista E Un Sito Americani – Rolling Stone e American Songwriter

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Proseguendo con le liste di fine anno dei migliori dischi del 2013 approdiamo a Rolling Stone magazine e al sito di American Songwritwer (fratelli di sangue del nostro Blog)! Iniziamo con Rolling Stone (se cliccate sul link, potete vedere quella completa dei 50 sul loro sito, come al solito cerco di mettere solo le copertine dei dischi che non sono già apparsi in altre liste (più o meno, i Vampire Weekend vanno come il pane in tantissime classifiche):

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1. Vampire Weekend – Modern Vampires of the City
2. Kanye West – Yeezus
3. Daft Punk – Random Access Memories

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4. Paul McCartney – New Bravi! Anch’io più lo sento e più mi piace http://www.youtube.com/watch?v=5CfLUmVso30 magari non lo metterei nei primi dieci o quindici ma nei cinquanta sì!
5. Arcade Fire – Reflektor Moolto soppravalutato anche se non così brutto come mi era parso ai primi ascolti.
6. Queens of the Stone Age – …Like Clockwork Anche questo c’è in quasi tutte le liste

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7. Lorde – Pure Heroine Boh? Questo è tutto l’album, compresa Royals, giudicate voi http://www.youtube.com/watch?v=Tf5tR6d9Yao
8. The National – Trouble Will Find Me
9. Arctic Monkeys – AM

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10. John Fogerty – Wrote a Song for Everyone E’ un bel disco, però io preferisco le versioni originali, questa con i Dawes lo è (bello anche il loro Stories Don’t End), quindi http://www.youtube.com/watch?v=g2a_6CjCuzg

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11. Parquet Courts – Tally All the Things That You Broke Questo, ammetto, devo approfondire, qui c’è un concerto dal vivo, se volete gradire http://www.youtube.com/watch?v=2rEwOhbSbeI

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12. Jake Bugg – S/T Rolling Stone ha inserito nella classifica il primo disco omonimo del 2012, ma nel frattempo è uscito Shangri La che mi sembra decisamente migliore dell’esordio, anche se continua a non sembrarmi questo fenomeno imperdibile della “nuova” musica inglese, meglio gli Strypes, però… http://www.youtube.com/watch?v=p4wTRbW0aos

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13. Disclosure – Settle Un po’ di musica danzereccia
14. Drake – Nothing Was The Same E ancora. Continuo a preferire Nick (Drake), anche se è morto da 39 anni!

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15. Atoms for Peace – AMOK Mah, secondo me Thom Yorke non fa un disco veramente bello da parecchi anni http://www.youtube.com/watch?v=DpVfF4U75B8

I pareri sono assolutamente personali e forse per questo mi trovo molto con quello che dice:

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Anche qui se cliccate sul link li trovate tutti e cinquanta.

 

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01. Jason Isbell: Southeastern Disco assolutamente sottovalutato, molto bello. Amanda Shires, la nuova moglie di Isbell, a sua volta ottima cantante e violinista, appare solo in un brano, ma deve avere contribuito a dargli la serenata che prima mancava (oltre ad un passaggio in una clinica per un po’ di “rehab”). Non si nota che il disco non sia stato prodotto da Ryan Adams come previsto inizialmente, sarebbe stato un bel match. Nel filmato da Letterman c’è anche lei, bella e brava http://www.youtube.com/watch?v=nFOH_joT31U

patty griffin american kid
02. Patty Griffin: American Kid Altro gran disco che entrerà nei miei “recuperi” di fine anno per la classifica dei migliori del 2013. Ospite nel disco in tre pezzi, quel “figo” di Robert Plant, in attesa di riprendere entrambi l’avventura con i Band Of Joy http://www.youtube.com/watch?v=uMswPuc2QyQ

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03. Phosphorescent: Muchacho

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04. Guy Clark: My Favorite Picture of You E pure questo non scherza http://www.youtube.com/watch?v=6wjDbPvEFKM con una foto di copertina che emoziona!

john murry graceless age
05. John Murry: The Graceless Age

the national trouble will find me
06. The National: Trouble Will Find Me

kacey musgraves same trailer
07. Kacey Musgraves: Same Trailer, Different Park Questo è l’unico che non conosco bene, avevo notato l’aspetto fisico, so che fa musica country, ho sentito qualcosa, approfondirò, anche se il fatto di essere stata in tour con Lady Antebellum non deponeva a suo favore http://www.youtube.com/watch?v=kQ8xqyoZXCc

paul mccartney new deluxe
08. Paul McCartney: New In due classifiche diverse http://www.youtube.com/watch?v=9NAA6ZK4uNk

elvis costello wise up ghost
09. Elvis Costello and The Roots: Wise Up Ghost Per me una mezza delusione, ad altri è piaciuto (lo troverete in un’altra delle prossime liste): forse mi ero abituato troppo bene http://www.youtube.com/watch?v=9lfhafgiONU

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10. Sarah Jarosz: Build Me Up From Bones

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11. Bill Callahan: Dream River

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12. Vampire Weekend: Modern Vampires Of The City

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13. Emmylou Harris and Rodney Crowell: Old Yellow Moon Molti lo hanno “massacrato” o quasi perchè si aspettavano di più, per chi scrive un Signor Album (tutto maiuscolo) cantanti così bravi non ne fanno più molti, un’altra è la ex moglie di Crowell, Rosanne Cash, che a metà di gennaio pubblicherà il nuovo album The River And The Thread, ne parliamo a breve http://www.youtube.com/watch?v=skF8HFlj3FY

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14. Ashley Monroe: Like A Rose Anche questo forse non lo avrei inserito tra i primi 15, però la ragazza è brava e con le Pistol Annies rende di più, però come dimostra questo mini concerto la Monroe ha la stoffa della country singer http://www.youtube.com/watch?v=xoMzPhYYIsM

avett brothers magpie deluxe
15. The Avett Brothers: Magpie and the Dandelion Questo, forse, meritava la Top 10, ma comunque è tra i migliori dischi dell’anno http://www.youtube.com/watch?v=1Pi0fyfkt1w

Questo è il link del sito http://www.americansongwriter.com/ , uno dei migliori che parla della “nostra” musica, forse lo avevo già messo in passato, ma come si dice “repetita iuvant”!

Queste “classifiche” di fine anno possono anche essere l’occasione per scoprire qualche disco che magari vi era sfuggito durante il 2013, oppure qualche minuto di sano cazzeggio, per oggi è tutto.

Alla prossima.

Bruno Conti

Best Of 2012! Il Meglio Della Stampa Internazionale 3: “I Classici” Rolling Stone & BBC

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Terzo capitolo dedicato al meglio del 2012 visto dalla stampa internazionale (e non solo, visto che la BBC non si può certo definire una rivista, ma è sicuramente un classico). La copertina di Rolling Stone non è di buon auspicio per i lettori di questo Blog, ma al primo posto c’è lui, il Bruce Springsteen con Wrecking Ball!

Rolling Stone’s Top 50 Albums of 2012

  • 01. Wrecking Ball – Bruce Springsteen
  • 02. Channel Orange – Frank Ocean
  • 03. Blunderbuss – Jack White
  • 04. Tempest – Bob Dylan
  • 05. The Idler Wheel is Wiser Than the Driver of the Screw and Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do – Fiona Apple
  • 06. good kid, m.A.A.d city – Kendrick Lamar
  • 07. Here – Edward Sharpe and the Magnetic Zeroes
  • 08. Uno – Green Day
  • 09. Celebration Rocks – Japandroids
  • 10. Psychedelic Pill – Neil Young

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E al decimo posto c’è Neil Young, e in mezzo Dylan, Jack White (un nome ricorrente), Fiona Apple e Edward Sharpe. Pensavo peggio per il vecchio Rolling Stone (cinque titoli che posso condividere)!

Lo stesso non posso dire, sorprendentemente, della BBC. Va bene che si sono “modernizzati”, ma così mi pare troppo, comunque:

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1) Kendrick Lamar – good kid, m.A.A.d. city

2) Frank Ocean – Channel ORANGE

3) Dexys – One Day I’m Going to Soar

4) Jessie Ware – Devotion

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5) Totally Enormous Extinct Dinosaurs – Trouble

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6) Death Grips – The Money Store

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7) Busy Signal – Reggae Music Again

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8) David Byrne and St Vincent – Love This Giant

9) Alt-J – An Awesome Wave

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10) Alabama Shakes – Boys & Girls

L’ultimo l’avrei messo (lo metterò) anch’io, nell’aggiunta, insieme a Sister Sparrow & The Dirty Birds, ma molti per me sono degli “illustri”(?!?) sconosciuti.

Alla prossima.

Bruno Conti

Non Sono Le Quattro Di Vivaldi, Ma Anche Queste “Stagioni” Piacciono! Paul Kelly – Spring And Fall

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*NDB In considerazione del fatto che i “miei collaboratori” ultimamente sono particolarmente prolifici, molte delle ultime uscite discografiche (soprattutto tra i cosiddetti “carbonari”) passano velocemente alla sezione recensioni, come nel caso di questo nuovo Paul Kelly, domani i Departed (spesso quando nessuno ne ha ancora parlato in Italia). Quindi la parola a Tino e la ricerca continua sempre.

Paul Kelly – Spring And Fall – Gawd Aggie Recordings – 2012

Tra i tanti piaceri musicali del vostro umile recensore (che si diletta a scrivere piacevolmente su questo blog), vi è anche quello di far conoscere artisti meritevoli, in questo caso l’australiano Paul Kelly, una gloria nazionale in patria (attivo fin dal 1974), ma al di fuori di “Down Under” lo conoscono in pochini (ma buoni). Vediamo di rimediare. Sesto di nove figli, Paul nasce ad Adelaide nel 1955 e dopo la scuola alla Christian Brothers School (dove impara a suonare la tromba), si trasferisce a Melbourne, dove la fiorente scena musicale dei pub gli permette di farsi notare con un suo gruppo, i The Dots, e di incidere i primi due album, Talk e Manila, dove si intravede un talento in gestazione, ma già con il seguente Post la versione australiana di Rolling Stone lo premia come miglior disco del ’85. A quel punto Kelly forma una nuova band (Coloured Girls) e incide Gossip (86,) straordinario doppio album, una raccolta di 24 canzoni che cementano la sua reputazione come cantautore di livello assoluto, seguiranno poi Under The Sun (88), So Much Water So Close To Home (89), Comedy (91), Hidden Things (92) incisi con la storica formazione dei The Messengers.  E ancora, negli anni seguenti, altri dischi splendidi per quanto sottovalutati, ad esempio Deeper Water (95), (probabilmente il suo capolavoro), sino ad arrivare a questo 19° lavoro in studio, Spring And Fall (preceduto da un megabox di 8 CD di materiale dal vivo inedito).

Paul Kelly, accompagnato dal noto produttore australiano e polistrumentista GregJ” Walker e dal nipote Dan Kelly alle chitarre, ha registrato l’album in un paese isolato tra le colline di Victoria, e come ospiti utilizza altri validi musicisti, tra i quali ricorderei i fratelli Dan e Peter Luscombe al pianoforte e batteria, Attila Kuti al violino, e le coriste, Laura Jean, nonché le bravissime sorelle Linda e Vika Bull. La particolarità del disco, una specie di “concept album”, è che si tratta di canzoni d’amore, (ognuna con collegamenti con il brano che segue), e tutto l’album nel suo insieme è una storia d’amore. Si inizia con una dolcissima New Found Year, seguita dal valzer cadenzato di When a Woman Loves a Man valorizzato dall’armonica, mentre For The Ages è un brano pop leggero ma elegante. Gonna Be Good , Someone New e Time And Tide sono da catalogare alla voce “ballate”, cantate al meglio da Paul, e hanno un calore che non è facile riscontrare nei dischi di oggi. L’influenza di Dylan si fa sentire in Sometimes My Baby, e a seguire una Cold As Canada dalla struttura melodica di grande impatto, e l’armonica dona nuovamente spessore ad una grande canzone che cattura sin dal primo ascolto, mentre I’m On Your Side dalla ritmica dolce, ha le chitarre sempre in evidenza. None of Your Business Now inizia con la voce in falsetto, poi entrano il violino e il dobro che accompagnano il brano verso i binari della musica tradizionale americana, e il disco si chiude con una pacata Little Aches And Pains con spunti di chitarra e slide, mentre una notevole “ghost track” (ormai quasi una regola) dimostra ulteriormente il valore di questo “veterano”.

Anche in questo Spring And Fall, composto da dodici canzoni scritte scrupolosamente dall’autore, si nota una vena compositiva invidiabile, dove le semplici ballate rendono piacevole l’ascolto e la pacata tonalità di Paul Kelly, ben si adatta agli arrangiamenti, retti principalmente dal suono della chitarra e dall’uso dell’armonica a bocca, strumento troppo spesso dimenticato negli ultimi tempi.

In definitiva un disco di pregevole fattura, ben confezionato (ma per ora di difficile reperibilità), che ci mostra un autore che ancora dopo 30 anni di carriera ha molte frecce al suo arco e che propone musica di qualità; chissà che al buon Kelly con questo CD (che non farà rimpiangere i soldi spesi), dai toni autunnali e per cuori ricettivi e sensibili, arrivi una certa visibilità e il meritato successo.

Tino Montanari

NDT.: Una menzione per la bellissima copertina di Peter Salmon-Lomas!

Un Disco “Minore E Perduto” Di Uno Dei Grandi Della Chitarra! Peter Green Splinter Group – Blues Don’t Change

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Peter Green Splinter Group –  Blues Don’t Change – Eagle Rock/Edel

Se vi capita di scorrere le classifiche sui 100 più grandi chitarristi rock di tutti i tempi che, periodicamente, sia Rolling Stone che Guitar Player pubblicano, Peter Green è sempre presente, addirittura in quella pubblicata da Mojo nel 1996 era al terzo posto. Nell’ultima di Rolling Stone del 2011 era comunque ancora ad un rispettabile 58° posto. Ovviamente (e giustamente) al 1° posto c’è sempre Jimi Hendrix e così sarà, presumo e spero, per l’eternità, anche se leggendo i commenti di lettori e fans (pirla) qualcuno si lamenta sempre. Forse perché nelle classifiche non appaiono Madonna o il chitarrista, se esiste, degli One Direction? Tornando a bomba, chi vi scrive ha sempre considerato Green uno dei grandissimi dello strumento e per il periodo 1967-1970 sarei propenso ad essere d’accordo con la rivista Mojo.

Ma come me la pensavano anche Gary Moore, BB King, Jimmy Page e Eric Clapton (suo predecessore nei Bluesbreakers di Mayall) che ne hanno sempre lodato il tono vellutato e dolce con quel magico vibrato. Tra i suoi fan ci sono anche Joe Perry, Steve Hackett e Andy Powell dei Wishbone Ash. Per proprietà transitiva, attraverso le storie di Page, anche Rich Robinson dei Black Crowes lo considera tra i grandi chitarristi. E, casualmente, mentre facevo delle ricerche per la recensione di Alvin Lee, mi sono imbattuto in una intervista dove anche Lee esprimeva la sua incondizionata ammirazione dicendo che Green era uno dei pochi chitarristi che quando faceva un assolo addirittura abbassava il volume della chitarra. E che dire di Santana che ha costruito parte dell’inizio della sua carriera su Black Magic Woman? Se vi capita di mettere le mani sul triplo CD Live At Boston Tea Party dei Fleetwood Mac, registrato nel febbraio del 1970, non lasciatevelo sfuggire perché in quel breve periodo Peter Green a livello creativo, secondo me, era addirittura superiore a Hendrix, poi omaggiato nell’orgia wah-wah di The End Of The Game dello stesso anno. Purtroppo quella fase della sua carriera, per le noti vicissitudini legate alla sua salute mentale, ha avuto un brusco stop e non si è mai ripetuta.

Ci sono stati vari tentativi di “ritorni”, un primo tra il 1979 e il 1984, ed un secondo, più riuscito, tra il 1997 e il 2003, con lo Splinter Group. Qui, coadiuvato da Nigel Watson, anche lui alla chitarra e seconda voce e agli inizi con Cozy Powell alla batteria, Green ha vissuto una fase della sua carriera dedicata al Blues primo amore: la chitarra raramente rilasciava “soli” degni della sua reputazione, la voce ormai era quello di un “vecchio” bluesman, un po’ spenta ma vissuta come quella dei musicisti neri da lui tanto ammirati. Questo Blues Don’t Change fa parte di quel periodo, pubblicato in origine nel 2001, veniva venduto solo sul suo sito e ai concerti (ma ha circolato), ora la Eagle Rock lo rende disponibile regolarmente ad un prezzo speciale.

Non è un disco da emozioni forti ma si lascia ascoltare in modo piacevole, sono quasi tutti classici del blues: da una ripresa del suo cavallo di battaglia, I Believe My Time Ain’t Long, un brano di Elmore James che era stato il primo singolo dei Fletwood Mac nel 1967, passando per Take Out Some Insurance dove Green si cimenta anche all’armonica, e ancora Honey Bee con una bella slide acustica, una energica Litte Red Rooster cantata da Watson.

Ogni tanto la voce si spezza e si riprende, come all’inizio di Don’t Start Me Talking. In Nobody Knows You When You’re Down And Out, cantata da Watson ma che potrebbe essere una sorta di metafora sulla vita di Peter Green, c’è un ottimo lavoro delle tastiere di Roger Cotton e in Help Me Through The Day la solista di Green si libra liricamente in ricordo dei vecchi tempi. Notevole anche una acustica e intensa Crawling King Snake. Per chi ama il blues e soprattutto quello che molti (a partire dal suo bassista John McVie) considerano il più grande chitarrista blues bianco, ovvero Peter Green, un disco non memorabile ma onesto e un po’ malinconico ricordando quello che fu!

Bruno Conti       

I 100 Più Grandi Chitarristi Secondo Rolling Stone, Ieri E Oggi

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Una bella classifica anche il giorno di Natale per digerire tacchini, capponi, zamponi, capitoni e quant’altro. Ieri (ovvero come era nel 2003):

1 Jimi Hendrix
2 Duane Allman of the Allman Brothers Band
3 B.B. King
4 Eric Clapton
5 Robert Johnson
6 Chuck Berry
7 Stevie Ray Vaughan
8 Ry Cooder
9 Jimmy Page of Led Zeppelin
10 Keith Richards of the Rolling Stones
11Kirk Hammett of Metallica
12 Kurt Cobain of Nirvana
13 Jerry Garcia of the Grateful Dead
14 Jeff Beck
15 Carlos Santana
16 Johnny Ramone of the Ramones
17 Jack White of the White Stripes
18 John Frusciante of the Red Hot Chili Peppers
19 Richard Thompson
20 James Burton
21 George Harrison
22 Mike Bloomfield
23 Warren Haynes
24 The Edge of U2
25 Freddy King
26 Tom Morello of Rage Against the Machine and Audioslave
27 Mark Knopfler of Dire Straits
28 Stephen Stills
29 Ron Asheton of the Stooges
30 Buddy Guy
31 Dick Dale
32 John Cipollina of Quicksilver Messenger Service
33 & 34 Lee Ranaldo, Thurston Moore of Sonic Youth
35 John Fahey
36 Steve Cropper of Booker T. and the MG’s
37 Bo Diddley
38 Peter Green of Fleetwood Mac
39 Brian May of Qeen
40 John Fogerty of Creedence Clearwater Revival
41 Clarence White of the Byrds
42 Robert Fripp of King Crimson
43 Eddie Hazel of Funkadelic
44 Scotty Moore
45 Frank Zappa
46 Les Paul
47 T-Bone Walker
48 Joe Perry of Aerosmith
49 John McLaughlin
50 Pete Townshend
51 Paul Kossoff of Free
52 Lou Reed
53 Mickey Baker
54 Jorma Kaukonen of Jefferson Airplane
55 Ritchie Blackmore of Deep Purple
56 Tom Verlaine of Television
57 Roy Buchanan
58 Dickey Betts
59 & 60 Jonny Greenwood, Ed O’Brien of Radiohead
61 Ike Turner
62 Zoot Horn Rollo of the Magic Band
63 Danny Gatton
64 Mick Ronson
65 Hubert Sumlin
66 Vernon Reid of Living Colour
67 Link Wray
68 Jerry Miller of Moby Grape
69 Steve Howe of Yes
70 Eddie Van Halen
71 Lightnin’ Hopkins
72 Joni Mitchell
73 Trey Anastasio of Phish
74 Johnny Winter
75 Adam Jones of Tool
76 Ali Farka Toure
77 Henry Vestine of Canned Heat
78 Robbie Robertson of the Band
79 Cliff Gallup of the Blue Caps
80 Robert Quine of the Voidoids
81 Derek Trucks
82 David Gilmour of Pink Floyd
83 Neil Young
84 Eddie Cochran
85 Randy Rhoads
86 Tony Iommi of Black Sabbath
87 Joan Jett
88 Dave Davies of the Kinks
89 D. Boon of the Minutemen
90 Glen Buxton of Alice Cooper
91 Robby Krieger of the Doors
92 & 93 Fred “Sonic” Smith, Wayne Kramer of the MC5
94 Bert Jansch
95 Kevin Shields of My Bloody Valentine
96 Angus Young of AC/DC
97 Robert Randolph
98 Leigh Stephens of Blue Cheer
99 Greg Ginn of Black Flag
100 Kim Thayil of Soundgarden

E di quella pubblicata nello scorso novembre nel numero con in copertina Jimi Hendrix, la Top Ten:

1. Jimi Hendrix
2. Eric Clapton
3. Jimmy Page
4. Keith Richards
5. Jeff Beck
6. B.B. King
7. Chuck Berry
8. Eddie Van Halen
9. Duane Allman
10. Pete Townshend

E il resto lo potete andare a vedere qui 100-greatest-guitarists-20111123.

Prima che lo chiediate, niente Danny Gatton e Roy Buchanan, niente Warren Haynes e neppure Joe Bonamassa, Gary Moore, Steve Morse, Jorma Kaukonen, Jeff Healey, Alvin Lee, Eric Johnson, Robben Ford, Steve Howe, Allan Holdsworth per nominare i primi che mi vengono in mente. Robert Johnson nel centenario dalla nascita scende dal 5° al 71° posto. Due donne in classifica, Bonnie Raitt all’89° posto e Joni Mitchell al 75° che è sicuramente una delle più grandi cantautrici di tutti i tempi ma come chitarrista forse sarebbe più giusto porla al 750° posto e non si sarebbe lontani pensando a tutti i nomi che mancano. E cose vogliamo dire di Paul Simon al 93°, Lou Reed all’81° e John Lennon al 55°? Sono inseriti per i loro meriti tecnici o per quanto sono stati importanti nella storia della musica rock? Se vale il secondo criterio allora sono fin troppo in basso in caso contrario non mi pare il caso! Non per nulla gli “assoli migliori” di chitarra (se li vogliamo chiamare così) nei Beatles non li facevano né Lennon e neppure Harrison ma Paul McCartney che non per questo entra nella Top 100 dei migliori chitarristi.

Idem per Johnny Ramone 28° e Randy Rhoads al 36° (per quanto quest’ultimo dimenticandoci dei nomi citati prima, forse, nei Top Players potrebbe entrarci). Nel frattempo mi è venuto in mente anche niente Mike Bloomfield. Insomma è un giochino divertente per passare una giornata (magari quella di Natale o una qualsiasi di queste festività) a giocare a cerca l’errore e verso gli ultimi posti della classifica ce ne sono alcuni che gridano vendetta. Come aveva ricordato giustamente David Fricke che è uno dei pochi giornalisti di Rolling Stone (forse l’unico) di cui ogni tanto condivido i giudizi, una volta che hai inserito Jimi Hendrix al 1° posto poi tutti gli altri li puoi ruotare a piacimento o tutti a pari merito al 2° posto!

Bruno Conti