Ci Dà Dentro La Ragazza! Sarah Borges & The Broken Singles – Love’s Middle Name

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Sarah Borges & The Broken Singles – Love’s Middle Name – Blue Corn CD

Sarah Borges, rocker in gonnella proveniente dal Massachusetts, è in giro dal 2005, anno in cui pubblicò il suo debut album Silver City, al quale sono seguiti una manciata di lavori tutti all’insegna di un rock’n’roll sanguigno e diretto, con una spruzzata di country ogni tanto. Le sue influenze infatti sono eterogenee, vanno da Dolly Parton agli X, da Merle Haggard ai Blasters, e la sua grinta è sempre venuta fuori sia su disco che nelle esibizioni dal vivo. Qualcuno l’ha paragonata a Lucinda Williams con i Georgia Satellites come backing band, e la similitudine non è così campata per aria, ed io aggiungerei che, alla fine dell’ascolto della sua ultima fatica intitolata Love’s Middle Name (registrata come sempre insieme al suo gruppo, The Broken Singles), altri due nomi che mi sono venuti in mente sono i Lone Justice ed i Del-Lords.

L’ultima band non l’ho citata a caso, in quanto il produttore di questo disco è proprio Eric “Roscoe” Ambel, che di quella band era leader e chitarrista, e che è l’elemento perfetto per la musica della Borges, in quanto riesce a donare alle canzoni, già belle grintose di suo, un suono tosto e prettamente basato appunto sulle chitarre. Love’s Middle Name ha un sound secco, quasi basico: due chitarre (Sarah e Roscoe), un basso (Binky) ed una batteria (Phil Cimino), e solo occasionalmente un pianoforte, suonato anch’esso da Ambel. Puro rock’n’roll, con alcuni (pochi) momenti più meditativi, qualcosa di country ed una grinta da fare invidia ad un toro: e d’altronde Sarah non è nata ieri, e Roscoe è uno che questa musica la mangia a colazione. House On A Hill ha un attacco alla Tom Petty, una rock song chitarristica diretta e vibrante, ma anche godibile dalla prima all’ultima nota. Mi viene in mente anche la Linda Ronstadt degli anni settanta, una che a grinta dava dei punti a diversi uomini.

Lucky Rocks è un pezzo potente dal riff insistito, tutto costruito intorno alle chitarre (ottimo l’assolo), l’elettroacustica Oh Victoria è più cantautorale e ricorda maggiormente lo stile della Williams, ma con Let Me Try It riprende alla grande il mood rocknrollistico: riff alla Rolling Stones, batteria granitica e Sarah che approccia il tutto con vigore e senso del ritmo. Anche Are You Still Takin’ Them Pills non abbassa la guardia, l’arrangiamento è più acustico ma la ritmica è sempre sostenuta, Get As Gone Can Get aumenta ancora i giri, ennesima rock’n’roll song secca e coinvolgente, con Ambel che duetta anche vocalmente con Sarah. Grow Wings è sempre elettrica, ma il passo è lento e qui le somiglianze con Lucinda sono più evidenti, Headed Down è velocissima e travolgente, siamo quasi in territori punk, anche se la voce della Borges stempera un po’ la tensione. L’album si chiude con il pop-rock elettrico di Girlie Book, altro pezzo diretto e fruibile, e con I Can’t Change It, una ballatona rock di buon livello che mette da parte per un attimo il ritmo per lasciare spazio al songwriting.

Se durante le vostre giornate vi capiterà di avere mezz’oretta libera, questo disco la riempirà a dovere.

Marco Verdi