Uno Strepitoso Omaggio Ai Tre “Re” Inglesi Della Chitarra. Joe Bonamassa – British Blues Explosion Live

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Joe Bonamassa – British Blues Explosion Live – 2 CD – 2 DVD-  Blu-ray  Mascot/Provogue – 18-05-2018

Toh, un nuovo Joe Bonamassa, strano! Sono già passati quasi quattro mesi dall’ottimo Black Coffee, il disco con Beth Hart https://discoclub.myblog.it/2018/01/21/supplemento-della-domenica-di-nuovo-insieme-alla-grande-anteprima-nuovo-album-beth-hart-joe-bonamassa-black-coffee/  e “finalmente” il chitarrista di New York pubblica un nuovo album. Ironie a parte, in effetti questa è l’unica critica che si possa fare al nostro amico: ha questa malattia, la “prolificità”, e la deve curare in qualche modo, quindi pubblica dischi a raffica in modo compulsivo, però  spesso anche belli. E British Blues Explosion  Live fa parte di questa categoria: per la verità il disco era atteso da tempo, essendo stato registrato nel 2016, ma poi nel frattempo il buon Joe non è stato con le mani in mano, e oltre al disco con Beth, sono usciti il Live acustico alla Carnegie Hall, quello con i Rock Candy Funk Party, la reunion dei Black Country Communion, e di riflesso l’omaggio alla musica inglese dell’epoca d’oro del blues (rock) britannico era stata accantonato. Solo 5 date tenutesi nel luglio del 2016 durante il breve tour inglese, delle quali il concerto di Greenwhich è stato registrato e filmato, e questo è il risultato. Si diceva un omaggio agli eroi del giovane Bonamassa, quando si avvicinava per la prima volta alla musica, che era quella che arrivava dalla Gran Bretagna sul finire degli anni ’60, e soprattutto a tre grandissimi chitarristi, Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page. E per l’occasione il gruppo di Bonamassa torna ad un formato più ristretto, niente coriste, fiati e ospiti assortiti, solo il classico quintetto con  Michael Rhodes (basso), Reese Wynans ( tastiere), Anton Fig (batteria) e il concittadino (ma ora vive a L.A. a due passi da Joe) Russ Irwin, new entry per l’occasione (chitarra ritmica e armonie vocali).

Il disco uscirà il 18 maggio in vari fomati, ma noi lo abbiamo ascoltato in anteprima per voi ed ecco il resoconto, decisamente positivo. Siamo nel cortile dell’Old Royal Naval College di Greenwhich, nei sobborghi di Londra, è il 7 luglio del 2016, quindi ufficialmente è estate anche in Inghiltera, e si entra subito in argomento con un classico medley del Jeff Beck Group, il primo singolo Beck’s Bolero e Rice Pudding da Beck-Ola, con Bonamassa inizialmente alla slide e una band potente e competente alle spalle, ci mettono subito di buon umore, blues-rock di gran classe, con l’ottimo Wynans all’organo a spalleggiare la Gibson di Bonamassa che volteggia da par suo, un lungo strumentale da urlo di una decina di minuti per aprire le operazioni. Che proseguono, senza soluzione di continuità, con Mainline Florida, un brano forse non conosciutissimo di Eric Clapton, era su 461 Boulevard, l’album del 1974 (quindi non solo anni ’60 nel concerto), con il classico suono di Manolenta dell’epoca, rock ma con mille nuances complementari, ovviamente la chitarra è sempre al centro della scena. Poi arriva Boogie With Stu, da Phisycal Graffiti dei Led Zeppelin, con il terzo della triade, Jimmy Page, a ricevere il suo giusto omaggio: brano registrato nel 1971 ma pubblicato solo nel 1975, altro pezzo diciamo “minore”, che come prevede il titolo ruota intorno al piano, per un bel boogie vecchia scuola, cantato a due voci con Irwin, che siede lui stesso alla tastiera, e notevole assolo di Bonamassa nella parte centrale.

Let Me Love You Baby è un pezzo di Willie Dixon, ma la facevano Buddy Guy, Stevie Ray Vaughan, ancora Jeff Beck, e nel British Blues pure Chicken Shack e Bloodwyn Pig, il primo blues classico della serata, con Irwin che dà una mano sostanziale a livello vocale e un assolo misurato di chitarra di grande feeling e tecnica di Joe. Ancora da Beck-Ola troviamo una poderosa  Plynth (Water Down The Drain), con la Les Paul di Bonamassa in grande spolvero, mentre Fig picchia di gusto, e a seguire dallo stesso album di Beck ancora Spanish Boots. Altro pezzo di una potenza devastante, se rock deve essere che rock sia . Double Crossing Time era sul classico John Mayall’s Bluesbreakers With Eric Clapton, una rarissima collaborazione come autori tra I due, il primo grande lento della serata e qui si gode; da 461 Ocean Boulevard arriva per il party time del concerto una ondeggiante Motherless Children, di nuovo con la voce di Irwin in bella evidenza e la Telecaster di Bonamassa splendida protagonista. Poi è tempo per i Cream, omaggiati con una gagliarda SLAWBR, ovvero She Walks Like A Bearded Rainbow, uno dei pezzi più psichedelici del trio inglese.

Altro grandissimo medley, dal songbook dei Led Zeppelin, prima una ottima Tea For One e poi un altro slow blues da sballo I Can’t Quit You Baby, versione con assolo  fantasmagorico, giocato anche su toni e volumi, come dicono a Bologna “socc’mel” se suona, potrà esservi simpatico o meno, ma la qualità e il feeling non si discutono. Little Girl e Pretending non sono certo tra i brani più memorabili di Clapton, comunque dal vivo fanno sempre la loro porca figura, e si voleva scegliere qualcosa di inconsueto nel repertorio di Enrico. Poi Bonamassa si omaggia da solo con un medley di brani del proprio  repertorio, lo strumentale Black Winter e la sua versione di Django, in tributo a Reinhardt. Per finire la serata, in un tripudio di wah-wah ed effetti a go-go, altro momento topico con una versione extralarge di How Many More Times, solo quei quasi 20 minuti di goduria assoluta dedicati al capolavoro di Page e soci, con citazioni del British Blues, tra cui The Hunter dei Free. E se non bastasse, in uno strano DVD extra con una unica bonus track, da una serata al Cavern di Liverpool, ecco arrivare la cover di Taxman dei Beatles. L’ho già detto e mi ripeto, per me finché li fa così belli, Joe Bonamassa di dischi può farne quanti ne vuole.

Bruno Conti