Cassaforte Sulla Sabbia! Prego?!? Great Big Sea – Safe Upon The Shore

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Great Big Sea – Safe Upon The Shore – Warner Music Canada

Ogni tanto in rete si trovano degli esempi di umorismo involontario quando i programmi di traduzione istantanea si sbizzarriscono in ilari alzate d’ingegno: certo che da “Sicuro sulla riva” a “Cassaforte sulla spiaggia” c’è una leggerissima differenza.

Comunque niente paura, in ogni caso stiamo parlando del nono album di studio (live, DVD e compilations escluse) dei Great Big Sea, canadesi di Newfoundland che approdano a questo Safe Upon The Shore dopo 17 anni di onorata carriera. Ricca di soddisfazioni nel loro paese d’origine (dove l’album, uscito a metà luglio, è andato direttamente al 2° posto delle classifiche canadesi) e negli States, un po’ più di culto, ma sempre apprezzati a livello critico, nel vecchio continente. Questo album (sempre ammesso che qualche volonterosa etichetta lo pubblichi pure da noi) non farà nulla per cambiare lo cose, ma rimane comunque un bel sentire.

I Great Big Sea che fin dal loro apparire con un omonimo album nel 1993, seguito dagli ottimi Up nel 1995 e Play nel 1997, si sono prefissati di realizzare una sorta di ibrido tra le “sea shanties” che pescano a piene mani dalla musica popolare delle loro zone che deriva dal folk britannico, irlandese e francese tradizionale unito a un rock, quasi punk, grintoso, veloce, antemico anche facilmente assimilabile ma suonato con grande glasse e gusto, una sorta di Pogues misti ai Waterboys della “Big Music” di Mike Scott con abbondanti spruzzate di country, bluegrass e musica popolare americana.

Ebbene direi che in questo nuovo album ci sono riusciti alla perfezione. Lasciate le virate pop-rock dell’ultimo Fortune’s Favour si sono lanciati decisamente verso lidi (o spiagge) più orientate alla roots music e sotto la produzione di Steve Berlin (in libera uscita dai Los Lobos) e registrando questo materiale tra St.John nel Newfoundland canadese e le “paludi” della Lousiana e di New Orleans, hanno realizzato, forse, il loro miglior album.

Già dall’iniziale Long Life (where did you go) con la slide fantastica dell’ospite Sonny Landreth ad impreziosire le trame sonore dell’ottimo Sean Mc Cann, uno dei tre leader e vocalist del gruppo, per intenderci quello con la voce più roca e vissuta, si respira ottima musica.

Alan Doyle, quello con la voce più antemica e da hit singles, canta l’ottimo singolo Nothing But A Song e qui i pugnettini in concerto inevitabilmente si alzeranno.

Se vogliamo, i nostri amici canadesi e in particolare Alan Doyle sono anche un po’ ruffiani e si tengono stretti i “vicini Americani” nella quasi traditional Yankee Sailor (con flautini, fisarmoniche, violini e mille altri strumenti del folk) e un testo che recita “You say America is beautiful /And I sure hope you’re right/ If I could see you across the water/ I’d say America is beautiful tonight” senza neppure sembrare troppo retorici.

Good People è una piacevole country-folk song di Sean McCann con delle pregevoli armonie vocali, che non aggiungerà nulla al canone del genere ma è assai ben eseguita e si lascia ascoltare con piacere mentre Dear Home Town con un tema di armonica ricorrente è una collaborazione con il connazionale Randy Bachman (proprio quello di Guess Who e Bachman Turner Overdrive) e Alan Doyle rivela le sue abilità pop rinforzate dalle virtù orecchiabili di Bachman. Over The Hills And Far Away è un tradizionale celtico arrangiato dal terzo vocalist del gruppo, Bob Hallett, polistrumentista di classe, che in questo brano e nell’album in generale si cimenta con accordion, concertina, whistle, armonica, bouzouki, mandolino, violino, banjo e cornamuse, alla faccia dell’ecelettismo e canta pure bene!

Il co-autore con Alan Doyle di Hit The Ground and Run non è un omonimo è proprio “quel” Russell Crowe, e sapete una cosa? Si tratta di un fantastico e travolgente bluegrass con il gruppo che diverte e si diverte alla grande con un frenetico tourbillon di voci e strumenti nella migliore tradizione del genere. Safe Upon The Shore uno straordinario brano cantato a cappella da Doyle e dal gruppo si inserisce in quel gruppo di canzoni dedicate al mare nel corso degli anni e cha fa onore al loro nome, non è un antico canto perso nelle nebbie del tempo ma una canzone scritta oggi per rinverdire una grande tradizione.

Have A Cuppa Tea è una cover dal repertorio del Kink Ray Davies, che subisce piacevolmente il trattamento GBS per trasformarsi in un divertertente brano che avrebbe potuto tranquillamente far parte del repertorio della Albion Dance Band, folk rock allo stato puro. Wandering Ways che viaggia a mille all’ora avrebbero potuto farla i Pogues ma la trovate in questo album e non per questo è meno bella e coinvolgente.

Follow me back è una sonnacchiosa ballata cantata da Hallett in duetto con la cantante Jeen O’Brien e francamente mi sembra abbastanza superflua. Road to ruin è un altro invito alle danze celtiche, vogliamo chiamarla giga?

L’ultima cover è fantastica: già si trattava di un traditional riarrangiato e infatti all’inizio mi sono detto, ohibò ma questa la conosco! In effetti si tratta di Gallows Pole, firmata Page-Plant faceva il suo figurone su Led Zeppelin III, non potendo competere con la potenza della batteria di Bonham i Great Big Sea la buttano sul folk ma poi non resistono al ritmo irresistibile del brano e ci regalano un finale travolgente.

Finale leggero con la piacevole I Don’t Wanna Go Home. Al solito le versioni per iTunes hanno un paio di bonus tracks tra cui una ottima Protest song. Non salveranno la crisi mondiale del disco ma quei tre quarti d’ora di buona musica sicuramente te li regalano.

Bruno Conti