Senza O Con Amici E’ Sempre Un Gran Bel Sentire! Duke Robillard And Friends – Blues Bash!

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Duke Robillard And Friends – Blues Bash! – Stony Plain

Duke Robillard è sempre una certezza, anno dopo anno continua a pubblicare nuovi album, sempre di eccellente qualità: dopo l’ottimo Ear Worms dello scorso anno, dedicato alla musica dei 60’s https://discoclub.myblog.it/2019/05/17/uno-dei-migliori-dischi-di-sempre-del-duca-duke-robillard-band-ear-worms/  e quello con le voci femminili del 2017 …And His Dames Of Rhytm, entrambi dischi collaborativi con vari ospiti, anche per questo nuovo Blues Bash, Robillard chiama a raccolta vari amici, a partire dalla sezione fiati dei Roomful Of Blues, la band che lui stesso ha contribuito a lanciare, e anche un secondo gruppo di fiatisti tra cui spiccano Al Basile e Sax Gordon, oltre all’armonicista Mark Hummel, lo specialista dello stride piano Mark Braun (Mr.B.), come Basile e Gordon presente solo in un brano, l’omaggio spiritato a New Orleans Ain’t Gonna Do It, scritta da una delle glorie della Louisiana come Dave Bartholomew e da Pearl King.

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Tra gli ospiti anche due vocalist di pregio come Michelle Williams e Chris Cote, senza dimenticare i fedelissimi della sua band Bruce Bears e Mark Teixeira, oltre ai bassisti Jesse Williams e Marty Ballou che si alternano. Il risultato, registrato in veloci sessions, ciascuna di sole otto ore, ha la spontaneità e l’immediatezza dei migliori dischi del Duke, quelli in cui ci si diverte come ad una festa (vedi titolo, che riporta anche “And Dance”) senza andare troppo alla ricerca di raffinatezze, che comunque ci sono, o di particolari sonorità filologiche, nelle quali ogni tanto Robillard indulge. Quindi l’ascoltatore è invitato a godersi dieci brani che pescano tra classici (minori, perché il nostro è un “enciclopedico” del blues) e tre sue composizioni: Do You Mean It, cantata dal bravissimo Chris Cote, è uno scintillante tuffo nel blues delle origini, scritto da Ike Turner, quanto inventava le 12 battute miste al R&R negli anni ‘50, con Robillard autore di puntuali sottolineature con la sua chitarra https://www.youtube.com/watch?v=mCRNCqusf5s , prima di lanciarsi in un proprio brano, la torrida No Time, sostenuto dall’armonica di Hummel e dal piano di Robert “Bob” Welch (non lo avevamo nominato), mentre Duke titilla la solista con libidine e classe https://www.youtube.com/watch?v=tpj1fdiO20Q .

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What Can I Do, ancora con Cote voce solista, e un gioioso e scatenato jump blues dal repertorio di Roy Milton , con le mani di Bruce Bears che volano sulla tastiera del suo piano, mentre Greg Piccolo, Rich Lataille e Doug James soffiano con forza nei loro sassofoni e Mr. Robillard guida le operazioni con la sua 6 corde; non può mancare ovviamente un bel bluesone lento di quelli intensi e magnetici, come Everybody Ain’t Your Friend, di un King che mancava alla mia raccolta, tale Al, autore di questo pezzo del 1966 dove la solista di Duke rincorre i grandi interpreti delle 12 battute, in questo caso del West Coast style, visto che King veniva da L.A. https://www.youtube.com/watch?v=ZiCBT2henHQ  Divertente e piacevole lo strumentale Chicago Blues fine anni ‘50 di Lefty Bates Rock Alley, con Robillard che si alterna con i fiati alla guida del combo, mentre nella swingante You Played On My Piano, con break jazzato del Duca, la calda voce solista è quella della deliziosa Michelle Wilson https://www.youtube.com/watch?v=ptKMvqJ3VOU , brano seguito da quella Ain’t Gonna Do It citata all’inizio, il suono del Sud che usciva dai dischi di Professor Longhair, Huey Smith e Fats Domino https://www.youtube.com/watch?v=iemoX4yzuqM , poi ancora eccellente la cover di un brano di T-Bone Walker You Don’t Know What You’re Doing, ancora con la solista di Duke e i fiati sincopati sugli scudi, nonché la calda voce di Chris Cote https://www.youtube.com/watch?v=TwYCp1aTvgg . In chiusura ci sono un paio di brani firmati dal musicista del Rhode Island, la scandita e di nuovo swingata Give Me All The Love You Got, sempre caratterizzata dal suo fraseggio pulito, poi in grande evidenza nel lunghissimo (quasi 10 minuti) strumentale Just Chillin’, che illustra il suo lato più raffinato, in un brano di jazz blues notturno, dove anche gli altri strumentisti, a partire dal sax di Greg Piccolo e dall’organo di Bruce Bears, si prendono i loro spazi https://www.youtube.com/watch?v=-pJ6m6-pcK4 . Musica senza tempo.

Bruno Conti

Se Cercate Del Buon Chicago Blues Elettrico Non Andate Oltre! Mississippi Heat – Cab Driving Man

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Mississippi Heat – Cab Driving Man – Delmark/Ird

Con espressione felice l’estensore delle note del CD dice che spesso Pierre Lacocque si è sentito una specie di turnista nella propria band e non il leader: in effetti nei Mississippi Heat nel corso degli anni sono passati musicisti come Carl Weathersby, John Primer, Deitra Farr, Billy Flynn, ed attualmente nella formazione troviamo gente come la formidabile cantante Inetta Visor, il chitarrista e cantante Michael Dotson, e come ospiti, o meglio, come membri aggiunti, il notevole bluesman Giles Corey (autore anche di dischi a nome proprio), Dave Specter alla chitarra e Sax Gordon. Il risultato è questo Cab Driving Man, un altro notevole esercizio di blues in tutte le sue forme, targato Delmark, garanzia di qualità, registrato nell’aprile di quest’anno a Chicago, proprio in una delle patrie del blues. Però, quasi a smentire quanto appena detto, Lacocque firma ben undici dei brani contenuti nel disco, e la sua armonica si sente forte e chiara, spesso spumeggiante, nel corso di tutto l’album. La sua storia ve l’ho raccontata altre volte, comunque per farla breve, nato a Gerusalemme da una famiglia di origini ebree, ma originaria del Belgio, ha girato nella sua infanzia anche per Francia e Germania, prima di risistemarsi in Belgio, esperienza che a suo dire lo ha trasformato in un bambino triste e un po’ solitario, quindi la “preda ideale” per un futuro bluesman. L’arrivo negli anni ’70 a Montreal, e poi in seguito a Chicago, sono i classici passaggi della migliore gavetta, culminata poi nel secondo passaggio dalla Windy City e la creazione della propria band, i Mississippi Heat, nel 1988, già quindi oltre i 25 anni di attività, con dodici album all’attivo, sei per la Delmark, usciti negli ultimi anni con una precisa cadenza biennale https://www.youtube.com/watch?v=hx8yS5uG7-Y , confermata anche da questo Cab Driving Man, ulteriore eccellente tassello della loro lunga storia http://discoclub.myblog.it/2015/01/01/oriundo-canadese-trasferta-nella-windy-city-mississippi-heat-warning-shot/ .

Il disco, anche grazie all’ottima scelta della sequenza dei brani, è una sorta di crescendo inarrestabile, con la poderosa voce di Inetta Visor, spesso protagonista assoluta, ma anche Dotson si difende alla grande, per sedici brani che spaziano dal blues più sanguigno a ballate quasi afterhours, passando per R&B, soul, persino un tuffo nel jazz alla Cotton Club di Cab Driving Man, dedicata alla figura e al suono di Cab Calloway, forse più legato al jazz e al cabaret, ma che apparve anche nella pellicola Blues Brothers. L’album si apre sulle classiche movenze Chicago Blues di Cupid Bound, rinvigorite da Sax Gordon e dal piano dell’ulteriore ospite Chris “Hambone” Cameron (che si alterna alle tastiere con Sumito Ariyo), ottimo il ricamo di chitarra di Michael Dotson e, manco a dirlo, la voce della Visor. Detto della deliziosa title-track, impreziosita dal lavoro di Lacoque, That Late Night Stuff è il primo di tre pezzi firmati da Dotson, anche lui voce potente ed espressiva, oltre che chitarrista dal tocco gagliardo, una canzone dove si vira verso profumi “errebi” senza perder di vista il blues. Protagonista assoluto in un “lentone” immancabile come l’intensa Flowers In My Tombstone, dove piano, chitarra, armonica e la voce della Isor sono perfetti. Nella potente Icy Blue si apprezza anche la slide dell’ospite Giles Corey, mentre la brava Inetta continua ad imperversare con la sua voce incredibile e la eccellente sezione ritmica si inventa un groove funky assai efficace. Dotson va di boogie con il suo secondo contributo, una pimpante The Last Go Round, seguita dalla atmosfere notturne di una delicata Life Is Too Short, e da una delle due cover del disco, Don’t Mess Up A Good Thing, un brano di Oliver Sain, che ricordiamo anche in una bella versione contenuta nel primo solo per la Capricorn di Gregg Allman del lontano 1973, in origine un classico del R&B per Fontella Bass, qui proposta come duetto tra la Visor e Giles Corey. 

Corey che rimane anche per la successiva Rosalie, ulteriore esempio della felice fusione tra blues e soul dei Mississippi Heat, costruita intorno ad un groove super funky del basso di Brian Quinn e della batteria di Terrence WilliamsDi nuovo blues elettrico di prima scelta per la incalzante Luck Of The Draw, dove Dave Specter aggiunge la sua pungente solista alle operazioni. Mama Kaila, di nuovo intima e delicata, cantata in maniera vellutata dalla Isor, con Lacocque e Dotson che cesellano ai rispettivi strumenti, precede la canzone manifesto dello stesso Pierre, Music Is My Life, un blues elettrico alla Muddy Waters affidato alla intensa voce della Isor, esemplare anche in Lonely Eyes, e nella successiva cover di Smooth Operator, non quella di Sade, ma un vecchio brano anni ’50 di Sarah Vaughan, dalle movenze latine. Mancano ancora l’ultimo brano cantato da Dotson, una vibrante Can’t Get Me No Traction, dove il nostro è ottimo anche alla slide e il divertente strumentale corale conclusivo Hey Pipo!, dove Pierre Lacocque può dare ampio sfoggio del suo virtuosismo all’armonica. Ancora un ottimo disco per la band di Chicago, tra le migliori nel genere.

Bruno Conti       

Una Breve E Gustosa Storia Del Blues (Rock) Su Due Dischi. Nick Moss Band – From The Root To The Fruit

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Nick Moss Band – From The Root To The Fruit – 2 CD Blue Bella Records                                                                     

Di questo corpulento signore avevo recensito nel 2011 l’ottimo Here I Am http://discoclub.myblog.it/2011/12/06/un-grosso-chitarrista-nick-moss-here-i-am/ , un album che aveva delle note di copertina firmate da Jimmy Thackery che tesseva le lodi di questo non più giovane musicista di Chicago (quest’anno sono 46), fautore di uno stile che partendo dal blues puro, con il passare del tempo, ha aggiunto elementi rock, funky, soul, southern, omaggi a Hendrix e altri rivoli di musica delle radici, creando un melting pot sonoro vario e stimolante. Da allora Nick Moss ha pubblicato altri tre album, arrivando a quota dodici (tutti pubblicati sulla propria etichetta Blue Bella): Time Ain’t Free del 2014, un recente Live And Luscious, che come lascia intuire il titolo è dal vivo e presenta anche versioni di brani che poi sono stati inseriti in questo From The Root To The Fruit. Il nuovo album è una sorta di concept album sulla storia del blues (e del rock), dalle origini (il primo disco) ai giorni nostri (il secondo CD), con deviazioni lungo il percorso anche verso sixties soul, garage e rock classico. Ovviamente a grandi linee e attraverso una serie di brani composti per l’occasione, con solo due cover e un traditional a rimpolpare il menu. Il nostro amico ha anche una eccellente band che lo accompagna, Michael Ledbetter alla chitarra ritmica e grande voce solista in molti dei brani, il tastierista Taylor Streiff e la sezione ritmica con Nick Fane al basso e Patrick Seals alla batteria. Più alcuni ospiti di pregio: Sax Gordon, ai fiati in tre brani. Jason Ricci all’armonica e David Hidalgo dei Los Lobos.

Il risultato, ancora una volta, è un disco fresco e pimpante, poderoso e rock a tratti, più rigoroso e vicino alla tradizione in altri, comunque sempre decisamente sopra la media per questo tipo di dischi, confermando Moss come uno dei migliori chitarristi attualmente in circolazione. Ci sono ben 27 brani nei due CD e quindi non ve li ricorderò tutti (o forse sì), ma vi segnalo l’uno-due iniziale, in puro Chicago style old school di Before The Night Is Through e Make Way For Me (più R&B, e con fiati aggiunti), con la bellissima voce di Ledbetter in evidenza e un sound che ricorda molto la Blues Jam at Chess dei Fleetwod Mac di Peter Green. Dead Man’s Hand, nella curva temporale del racconto, vira verso il R&R, Moss è anche voce solista (meno valido di Ledbetter) e comincia a scaldare la solista, ben coadiuvato dal piano di Streiff e dal sax di Gordon. La title-track è un blues duro e puro, con Moss che si districa con classe anche all’armonica, Haymarket Hop è uno strumentale in stile jump, divertente e scanzonato, mentre Symone è uno slow blues ben strutturato, seguita dalla latineggiante Love Me, un vecchio brano di Junior Wells. che segue il percorso temporale della narrazione, mentre Lost And Found è uno slow blues carnale ed intenso dove Moss e Ledbetter mettono in mostra il dualismo voce e chitarra, tipico di questi brani. Eccellenti anche I Dig e lo strumentale Rump Rush (sempre lato classico, siamo dalle parti di Freddie King, Magic Sam, Jimmy Dawkins); Long Tall Woman è la cover di un pezzo di Elmore James, seguita da The Woman I Love, dove si apprezza l’armonica di Jason Ricci e Walk Away, dove la chitarra con wah-wah di Moss ricorda certe sonorità alla Buddy Guy, mentre la breve traccia strumentale Cold Store conclude il primo disco e comincia ad introdurci al suono più blues-rock del secondo.

Che si apre sulle derive quasi psichedeliche di Catch Me I’m Falling e sul funky-rock sudista dell’ottima Jupiter Florida, entrambe cantate con piglio superbo da Ledbetter. Breakdown comincia ad alzare l’asticella rock e la band inizia a tirare di brutto, come ribadito nelle improvvisazioni della lunga Serves Me Right (Space Jam), grande brano dove si gustano appieno le evoluzioni della solista di Nick Moss, ma anche nello strumentale santaneggiante Ta Ta For Tay Tay e nella splendida rock’n’soul ballad Breathe Easy, dove sembra di sentire la Tedeschi Trucks Band, con tanto di voci femminili aggiunte. E quando David Hidalgo aggiunge la sua solista in Free Will si affacciano i Los Lobos più blues-rock. Grateful è un pezzo rock quasi stonesiano e in Shade Tree, di nuovo con derive soul, la voce di Ledbetter assume un timbro quasi alla Steve Winwood. Stuck ha quel’impeto garage ricordato in apertura e Stand By è un blues-rock gagliardo, quasi hendrixiano. Concludono questa fatica della Nick Moss Band il funky-rock meticciato di Speak Up e il sognante strumentale Heavy Water, dove Moss strapazza ancora una volta la sua chitarra. Bel disco, veramente variegato e ben suonato, con una nota di merito anche per la voce di Michael Ledbetter https://www.youtube.com/watch?v=g3QHVd9dH0I !

Bruno Conti

Un “Oriundo” Canadese In Trasferta Nella Windy City! Mississippi Heat – Warning Shot

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Mississippi Heat –Warning Shot – Delmark

Ci eravamo lasciati all’incirca un paio di anni fa con la pubblicazione di Delta Bound, il decimo album della loro discografia http://discoclub.myblog.it/2012/09/16/da-chicago-mississippi-heat-delta-bound/ ,  con cui festeggiavano venti anni di carriera, ed ora, puntuali come un orologio, i Mississippi Heat ne sfornano uno nuovo, Warning Shot, seguendo una cronologia quasi certosina https://www.youtube.com/watch?v=9MinKSXdsSk . La band dell’israelo-belga-canadese-americano Pierre Lacocque è sicuramente tra le migliori rappresentanti della scena musicale di Chicago e non a caso incidono da qualche tempo per la Delmark, una delle etichette più rappresentative della Wind City. Che da qualche anno a questa parte sta cercando anche di svecchiare il proprio repertorio, quindi non solo dischi di blues super tradizionale o ristampe, ma anche “nuovi” (perché definirli giovani sarebbe esagerato) musicisti che vengono lanciati nell’arena blues: giusto alcuni mesi orsono vi parlavo dell’ottimo debutto di Giles Corey, eccellente chitarrista bianco, tra blues, rock e soul, ed ora, non a caso, lo troviamo come nuova chitarra solista del gruppo. In effetti i Mississippi Heat sono una band sempre in evoluzione, con una formazione che cambia spesso, mantenendo come punti fermi giusto Lacocque, che è il leader, l’armonicista, nonché autore principale, il batterista Kenny Smith, uno dei migliori nel genere, e la vocalist Inetta Visor, dalla voce potente, duttile ed espressiva  https://www.youtube.com/watch?v=sKr375l5-wo . Negli avvicendamenti si salva anche il chitarrista Carl Weathersby, che appare come ospite alla solista in un paio di brani, mentre nuovi sono il bassista Brian Quinn, il tastierista, il bravissimo Neal O’Hara, e Sax Gordon, che aggiunge i suoi fiati per dare ulteriore pepe al suono della band. Ci sono anche un secondo chitarrista, e cantante in tre canzoni, Michael Dotson e un altro batterista, Andrew Thomas, oltre ad un terzetto di coriste di pregio: quindi, suono ancora più ricco rispetto al passato.

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Sweet Poison, che apre le operazioni, è un brano alla Elmore James, o à la Winter, se preferite, con un cattivissimo Corey alla slide, che si divide i compiti con l’armonica di Lacocque e il piano di O’Hara per ricreare un perfetto Chicago Blues, con la poderosa voce della Visor, veramente genuina, ad unire il tutto. Alley Cat Boogie, come da titolo, swinga di brutto, sulle ali del sax di Gordon, con le tre coriste che aizzano la Visor, un pianino indiavolato e l’armonica del buon Pierre, sempre sul pezzo. Come To Mama, aggiunge un sapore tra mambo, rhumba e New Orleans sound https://www.youtube.com/watch?v=yQcU-4IAzRo , con le percussioni di Ruben Alvarez che danno un tocco “esotico” al sound, mentre O’Hara raddoppia anche all’organo e Gordon ci regala un piacevole intermezzo al sax, prima di lasciare il proscenio all’armonica. I Don’t Know è una lenta ballata che ci permette di gustare appieno la vellutata voce della Isor https://www.youtube.com/watch?v=sAVRUSzGBAU , che titilla i nostri padiglioni auricolari con classe, ben sostenuta dalle tre backing vocalist, poi è il turno di Lacocque e di un assolo in punta di dita di Corey. Yeah Now Baby è decisamente più uptempo, per usare un eufemismo, e Michael Dotson assume la guida vocale del gruppo, super compatto sotto le immancabili sferzate dell’armonica, mentre Corey lavora di slide sullo sfondo. Super funky per Birthday Song, un altro esempio di New Orleans sound frenetico, con Carl Weathersby che inchioda un assolo di quelli sferzanti, in un tripudio di percussioni, basso in overdrive e voci in libertà, con sax e armonica che non fanno mancare il loro contributo.

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Nowhere To Go, è un altro classico Chicago Blues https://www.youtube.com/watch?v=XAy6fgyJmkQ , mentre Warning Shot è più swingata, con O’Hara questa volta all’organo, la Visor e le sue socie che cantano da par loro, prima che Corey, Lacocque e Gordon si sfidino nuovamente a colpi di blues https://www.youtube.com/watch?v=RSHRf-hRZqc . Swingy Dingy Baby è un eccellente shuffle, con Dotson a voce e chitarra, che riprende la guida del gruppo con grande autorità.Too Sad To Wipe My Tears è un altro lentone di quelli strappalacrime, con la Visor e l’armonica di Lacocque in bella evidenza https://www.youtube.com/watch?v=T0jaWiioC8U , mentre Recession Blues ha di nuovo quel sapore latino, cosa che non impedisce a Giles Corey di piazzarci una bella schitarrata rock-blues. Insomma, senza stare a nominarle tutte e sedici, tante sono, direi che ci siamo capiti, non manca la varietà, la classe e tutte le colorazioni del blues in questo ottimo CD dei Mississippi Heat (c’è persino una versione strumentale di Your Cheating Heart di Hank Williams, a tempo di R&B https://www.youtube.com/watch?v=jXcHEbavLUc ), se amate il genere qui c’è “trippa per gatti! (dite la verità vi mancava)!

Bruno Conti

Un Gregario Alla Ribalta. Sax Gordon – Showtime!

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Oggi doppia razione, nel Blog ne trovate anche una scritta da Marco, ma per iniziare…

Sax Gordon – Showtime! – Continental Record Services

Certo che quando ti rivolgi ai siti degli artisti per trovare delle informazioni sui loro dischi, il più delle volte sei andato nel posto al mondo dove sono meno aggiornati. Spesso e volentieri l’ultima uscita non è ancora segnalata (come nel caso di questo Showtime di Sax Gordon, ma c’è sul suo Facebook)e le notizie e le recensioni sono spesso fuorvianti e antiche, nonché prive di qualsiasi data. Per esempio l’attestato di stima della rivista Blues Revue che appare sul sito lo possiamo sottoscrivere in toto, o quasi “ One of the best and most vibrant young sax players in the business”! Direi perfetto, ma quando è stato detto? Il nostro amico, Gordon Beadle all’anagrafe e nelle note di innumerevoli dischi di blues, soul, R&B, jazz, ai quali ha partecipato, risulta nato nel 1965 e quindi oggi ha circa 48 anni, un giovane?!? Forse quando muoveva i primi passi nei dischi di Johnny Heartsman nel 1989 o suonava in alcuni dischi di Champion Jack Dupree di inizio anni ’90. Ma al di là dell’età, Sax Gordon si è costruito una notevole reputazione suonando nel corso degli anni con Duke Robillard e dal vivo con i Roomful Of Blues, in coppia con Doug James e nei dischi di Otis Grand, con la Michelle Willson (un paio di dischi molti belli negli anni ’90, recensiti da chi scrive) e con Pinetop Perkins, anche nella sezione fiati della formazione dei Blues Brothers con Matt “Guitar” Murphy, persino con Bryan Lee e Kim Wilson e in decine di altri dischi.

Ne ha fatti anche tre a nome proprio, l’ultimo Live At The Sax Blast nel 2004 e un paio precedenti per la Bullseye. Nativo di Detroit, ha suonato per molti anni nella Bay Area ma da un po’ fa parte della scena musicale di Boston e continua ad alternare il suo ruolo di sessionman, in anni recenti nuovamente con Duke Robillard, di cui è un habitué e Kenny Wayne, con il suo lavoro di solista, ossia questo nuovo Showtime. E per la serie nomen omen non occorre neppure dire quale strumento suona, possiamo solo aggiungere che è quello tenore e si diletta anche nel canto e come autore. Si è scelto anche degli ottimi chitarristi per questo CD, Jr. Watson, Matt Stubbs e il già citato Matt “Guitar”Murphy, oltre ad una sezione ritmica molto precisa e pimpante e, in alcuni brani, anche una sezione fiati numerosa, tre o quattro oltre a lui. Ovviamente in questo tipo di dischi ci “si diverte”, dalla ritmata title-track strumentale che ci porta subito in un vortice da R&B/blues-soul revue con fiati e chitarra che si scambiano assolo con abbandono impeccabile alla cover di Coldest Cat In Town di Sonny Knight, uno dei primi cantanti di rhythm and blues degli anni ’50, cantata con nonchalance anche se non in modo memorabile: tradotto, non ha una gran voce ma molto mestiere. Get Into It ci scaraventa nel sound dei Blues Brothers o dei loro antesignani, Sam & Dave, Otis Redding e la Stax tutta, con fiati all’unisono e spazio per il sax solista di Gordon e il basso di Jesse Williams che pompa, pompa, pompa!

The Way It Is è uno slow blues, nuovamente strumentale, che permette di gustare la bravura di Beadle prima e di Matt Guitar Murphy poi, mentre Big And Hot è un brano di Ed Scheer dei Love Dogs che avrebbe fatto un figurone cantato da Willy Deville ma è più che piacevole anche in questa versione. Per I Got It si riaprono le piste da ballo, honkin’ rock’n’roll molto divertente, non male anche il ballatone mid-tempo romantico Be Careful What You Wish For con Sax Gordon che gigioneggia da consumato performer qual è. La lunga Don’t mess with me torna in territori errebì divertenti e scanzonati con i fiati in grande spolvero mentre That Girl è uno strumentale grintoso e scandito, quasi rock. La conclusione è affidata a una versione dalle atmosfere notturne di Nobody’s Fault But Mine, jazzata e in formazione a quartetto con il sax e la chitarra di Guitar Murphy in evidenza.

Bruno Conti