Sempre Tra Blues E Soul Il Musicista Di Boise Conferma Il Suo Valore. John Nemeth – Stronger Than Strong

John Nemeth stronger than strong

John Nemeth – Stronger Than Strong – Nola Blue Records

Nuovo album anche per John Nemeth, il cantante ed armonicista dell’Idaho, ma dal 2013 cittadino di Memphis, una delle più belle voci della scena americana tra blues e soul. Lo avevamo lasciato nel 2018 alla guida della Love Light Orchestra con un disco dal vivo Live from Bar DKDC in Memphis, TN! dove rivisitava il sound delle Big Band Blues, quelle per intenderci di Bobby “Blue” Bland e B.B. King, ma anche tante altre, dedite a quello stile di Soul Revue dove le traiettorie del Memphis Sound si intrecciano con le 12 battute classiche https://discoclub.myblog.it/2018/02/15/che-band-che-musica-e-che-cantante-divertimento-assicurato-the-love-light-orchestra-featuring-john-nemeth-live-from-bar-dkdc-in-memphis-tn/ . Ma Nemeth è anche cultore di un blues got soul, a volte esuberante e anche fiatistico, come nell’ottimo Feelin’ Freaky del 2017 https://discoclub.myblog.it/2017/06/27/blues-got-soul-da-una-voce-sopraffina-john-nemeth-feelin-freaky/ , o nel torrido Memphis Grease del 2014.

Insomma il buon John non sbaglia un disco: anche per questo nuovo Stronger Than Strong si è recato agli Electrophonic Recording Studios gestiti da Scott Bomar dei Bo-Keys, che sono gli eredi diretti degli Hi-Studios dove negli anni ‘70 a Memphis nasceva la musica di Al Green, Ann Peebles ed altri luminari, in pratica è uscito di casa e ha fatto quattro passi, per arrivare sul posto di “lavoro”, dove lo aspettavano i componenti delle sua touring band, The Blue Dreamers, una band giovane ma ricca di talenti, guidata da uno degli astri nascenti della chitarra blues&soul come John Hay, e la sezione ritmica formata dal batterista Danny Banks, e dal bassista Matt Wilson, più Nemeth che come detto è anche ottimo armonicista, il produttore Bomar è all’occorrenza tastierista di pregio, e quindi questa volta il suono è più compatto e grintoso, come testimonia subito la gagliarda Come And Take It che ci trasporta sulle rive del Mississippi per un Country Hill Blues, voce filtrata (ed è un peccato) e chitarra “sporca” per un sound alla Fat Possum https://www.youtube.com/watch?v=EE6w4tLJG64 , ribadito anche nella successiva Fountain Of A Man dove Nemeth soffia con forza nell’armonica, Banks e Wilson trovano un groove veramente cattivo e Banks strapazza le corde della sua solista, mentre John lascia anche andare in libertà la sua voce, in un brano travolgente.

Non mancano momenti più raffinati come nella cover di una vecchia B-Side di Junior Parker Sometimes, dove il nostro amico gigioneggia con la voce come lui sa fare, o rocka e rolla come nel rocking boogie della potente Throw Me In The Water dove la band va come un treno, poi passando allo shuffle targato Chicago Blues di Chain Breaker che sembra uscire da qualche vecchio vinile Chess o Delmark, ma anche dalle rielaborazioni delle 12 battute di Blues Brother (visto che anche Nemeth è un bianco) e altri di successive generazioni. E il soul mi chiederete? Ci sta, ci sta, introdotto dal basso pulsante di Wilson John Nemeth comincia a lasciare andare la sua ugola vellutata nella deliziosa Bars, dove il suo timbro tenorile è godibile come sempre, mentre Hay va di classe e finezza in un assolo cesellato; non manca una divertita I Can See Your Love Light Shine, di nuovo con il dancing bass di Wilson in azione e Banks che lo segue con le sue percussioni molto presenti, qualche accenno gospel mentre anche Hay titilla di nuovo il capo con la sua solista ricca di feeling, che poi sposta il sound verso lidi che ricordano i primi Fabulous Thunderbirds di Vaughan e Wilson, dove il blues e il rock erano parenti stretti, ma con l’aggiunta di un signor cantante che guida pure i coretti dei suoi pards nella eccellente Depriving A Love.

Work For Love, sta tra blues puro e funky, come in certe cose di un collega della stessa parrocchia musicale, Boz Scaggs, armonica pronta alla bisogna, voce felpata e sinuosa, il basso che va di groove come se il funky lo avesse inventato lui, poi arriva di nuovo Hay che completa il lavoro; e non poteva mancare una ballata sublime, come l’unico successo targato fine anni ‘50 del dimenticato Jesse Belvin, al quale Nemeth rende merito con una interpretazione da manuale del soul e del R&B di Guess Who, cantata con il cuore in mano e suonata in modo sublime dalla band di John, più l’organo di Bomar che sottolinea un assolo da urlo di Banks, che distilla di nuovo grande musica. Per concludere arrivano la deliziosa She’s My Punisher tra swing e doo-wop alla Sam Cooke e per non farsi mancare nulla anche un divertente e coinvolgente boogaloo come Sweep The Shack, di nuovo con Hay sugli scudi. Bravi tutti! L’unica nota negativa, che mi preme sempre segnalare, è la scarsa reperibilità del CD, soprattutto per noi europei (con spese di spedizione proibitive per noi europei)

Bruno Conti

Tra Soul E Blues, E Che Qualità! John Nemeth – Memphis Grease

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John Nemeth – Memphis Grease – Blue Corn Music

Sempre per il famoso assioma che sapere i nomi dei musicisti che suonano in un disco non sia importante, vediamo chi appare in questo Memphis Grease, il nuovo eccellente (e qui mi scopro subito) album di John Nemeth. Si fanno chiamare The Bo-Keys, in onore dei vecchi Bar-Kays (captata l’assonanza?) e come lascia intuire il titolo del disco vengono da Memphis; Tennessee, sono bianchi e neri, come è sempre il caso in queste formidabili formazioni e sono guidati da Scott Bomar, che è il bassista e anche il produttore, nonché quello che li ha assemblati per accompagnare Sir Mack Rice (un degno epigono Stax di Wilson Pickett, basti dire che ha scritto Respect Yourself e Mustang Sally), poi il gruppo ha proseguito registrando alcune colonne sonore tipo Hustle & Flow e Soul Men, oltre all’ottimo disco di Cyndi Lauper Memphis Blues. 

Gli altri sono anche meglio: Howard Grimes, il batterista, suonava nei dischi della Hi Records con Al Green e Ann Peebles, Mark Franklin, Kirk Smothers e Art Edmaiston erano con Rufus Thomas, Bobby “Blue” Bland e sempre Al Green, Joe Restivo e Al Gamble, sono più giovani, come Bomar, ma hanno già un pedigree notevole. Tra i vocalist coinvolti c’è anche l’ottima Susan Marshall. Se Nemeth, nativo dei dintorni di Boise nell’Idaho, ma da molti anni residente nella calda California si è trasferito a Memphis un motivo ci sarà, qualcosa che si respira nell’aria, per le vie, negli studi di registrazione. Il nostro amico, cantante ed armonicista, era già bravo di suo, come dimostrano i precedenti otto album, tra cui il notevole Name The Day, uscito nel 2010 per la Blind Pig, ma in questo album fa un ulteriore salto di qualità.

La quota blues è sempre presente, ma arricchita da una abbondante dose di soul e R&B di grande qualità, originali e cover indifferentemente, se vi sono piaciuti i dischi recenti di Boz Scaggs e Paul Rodgers, o amate gente come James Hunter, Shirley Jones, Eli “Paperboy” Reed (bravissimo, peccato lo conoscano in pochi), e quindi sia blue-eyed soul che veri soulmen di colore, non abbiate problemi, questo è il disco che fa per voi. Three Times A Fool, il brano che apre il disco, è una canzone scritta da Otis Rush, ma da come i musicisti la prendono di petto, infarcita di fiati e con ritmi errebì carnali, avreste potuto trovarla su un disco d’epoca di Albert King, magari su Stax, con l’armonica al posto della proverbiale chitarra e una voce nera come il carbone. Saranno anche “revivalisti” questi musicisti, ma viva il revival se è così bello, Joe Restivo, per non sbagliare, ci piazza comunque un assolo di chitarra di quelli tosti e tirati https://www.youtube.com/watch?v=09X2TtizZLo .

Sooner Or Later è un delizioso mid-tempo soul, con fiati sincopati e la voce vellutata di Nemeth che titilla i vostri padiglioni auricolari https://www.youtube.com/watch?v=OccUNl4EHSM , mentre Her Good Lovin’ è un funky-blues di quelli duri e puri con la chitarrina di Restivo e l’organo di Gamble che spingono la voce di John verso le vette dei grandi neri del passato, senza dimenticare di soffiare con gusto nella sua armonica. Stop, il pezzo di Mort Shuman e Jerry Ragovoy, avrebbe potuto, come Piece Of My Heart, Try, Cry Baby, Get It While You Can, far parte del fantastico repertorio di Janis Joplin, invece la cantò “solo” Howard Tate e apparve in Supersession di Al Kooper & Mike Bloomfield , Nemeth la interpreta alla grande e Restivo ci piazza pure un bel assolo di chitarra, di quelli fulminanti. If It Ain’t Broke è una ballata deep soul, di quelle da tagliarsi le vene, con il nostro John che canta come fosse Al Green reincarnato in un corpo bianco, falsetto incluso, una meraviglia.

 

I Can’t Help Myself torna verso tematiche più errebi, grinta della ritmica e dei fiati, organo e chitarra d’ordinanza e vai! Poi c’è una cosa meravigliosa: una versione di Crying, proprio quella di Roy Orbison, trasformata come solo Otis Redding o qualche altro genio dei tempi, avrebbe potuto farla ai Muscle Shoals, sul finire degli anni ’60, da brividi, sentire le liriche classiche in un ambito soul è una delizia assoluta! Anche solo per questo brano il disco varrebbe il prezzo di acquisto, ma pure il resto non scherza, My Baby’s Gone sta ancora tra blues e R&B sanguigno, con l’armonica che pennella, Testify My Love addirittura va verso il gospel più celestiale, Bad Luck Is My Name è un altro funky-blues fiatistico e sanguigno, mentre Keep The Love A Comin’, è solo un bel pezzo di blues, fatto come Dio comanda e anche Elbows On The Wheel è su queste coordinate, ritmi funky e suoni blues, con corettini immancabili, anche se siamo nelle normalità, in confronto ad alcune perle di questo Memphis Grease. Che però ha un ultimo colpo di coda, con un’altra ballata languida come I Wish I Was Home dove si gusta ancora una volta il perfetto phrasing della voce di John Nemeth, l’intonazione impeccabile, se preferite in italiano. Se vi piacciono il soul e il blues, meglio se insieme, ultimamente di dischi così belli ne escono pochi.

Bruno Conti