Uno Degli Ultimi “Fuorilegge”… Scott McClatchy – Six Of One

scott mcclatchy six of one

Scott McClatchy – Six Of One – Lightning In A Bottle Records

Eccone un altro che dall’inizio dell’avventura di questo Blog colpevolmente non abbiamo mai censito. Stiamo parlando di Scott McClatchy, rocker di Philadelphia che inizialmente ha fatto per un certo periodo il band leader nel gruppo degli Stand, per poi trasferirsi a New York inventandosi una carriera come chitarrista, fatto che lo ha messo in contatto con alcuni musicisti della grande mela, come Scott Kempner (Del Lords), Dion e Willie Nile. Il suo esordio da solista avviene con il positivo Blue Moon Revisited , con uno stile che accomuna rock , folk e spruzzate di country, con John Fogerty e Bruce Springsteen nel cuore, seguito da Redemption (02) che è ancora meglio, un disco dal suono brillante tra acustico e elettrico, suonato in modo splendido da alcuni musicisti di rilievo tra i quali i citati Scott Kempner e Willie Nile (con una stratosferica versione di The Weight della Band). Con Burn This (06) il livello non scende di un centimetro dai due lavori precedenti, un suono come al solito specificamente roots, con le immancabili “street songs” e la preziosa cover che rimanda ancora a Springsteen, con una torrenziale No Surrender, per poi arrivare al seguente A Dark Rage (10) dove McClatchy si innamora dei gruppi irlandesi e mischia il suo rock con i suoni folk, album dove si trovano una poco nota Sally MacLelanne dello “sdentato” Shane MacGowan dei Pogues e una American Land del Boss in una versione da Temple Bar di Dublino.

A dieci anni di distanza dal precedente (ha avuto gravi motivi di salute, infatti gli è stato diagnosticato un cancro), ritorna a farsi sentire con questo nuovo Six Of One, composto da una dozzina di canzoni “democraticamente” suddivise in sei brani originali e in sei immancabili cover d’autore (Graham Parker, Stephen Stills, Steve Forbert, Robbie Robertson, Butch Walker e Ben Nichols dei Lucero), suonate al meglio con il contributo di ospiti quali Eric Ambel e Scott Kempner ( in pratica ha riunito i Del Lords), e Tommy Womack. Si capisce immediatamente il suono dall’iniziale Rock & Roll Romeo, un brano rock corale esuberante degno del miglior Southside Johnny, per poi andare a recuperare un piccolo classico di Tony Johnson Midnight In Memphis (segnalo una versione di Bette Midler nel film musicale The Rose), che viene riproposta al meglio con largo uso di fiati e cori del periodo, mentre la seguente Wedding Day Dance mischia folk e country in modo brillante (unica pecca nel ritornello assomiglia un po’ troppo a Blowin’ in The Wind di Dylan), e ancora andare a rispolverare dal secondo album di Graham Parker una Heat Treatment che viene riletta pari pari all’originale, dove, come allora, è impossibile non muovere il piedino.

Si riparte con una dolce Break Even, una nuova composizione voce e chitarra che dà la misura della bravura di McClatchy, seguita da una intrigante variante di Judy Blue Eyes di Crosby, Stills & Nash, che diventa Suite Laura Blue Eyes, rivoltata come un calzino e divisa in due parti, parte come folk acustico e termina come rock elettrico (geniale). Un omaggio anche per un grande autore come Ben Nichols dei Lucero, con una sontuosa versione di Smoke (la trovate su 1372 Overton Park (09), per poi arrivare ad una Ophelia, che non ha bisogno di presentazioni, uno dei più grandi successi della Band, molto simile all’originale e come sempre suonata con grande feeling dai musicisti, a supporto della voce di Scott. Ci si avvia alla fine del lavoro con il rock urbano di Prayers, con un violino che impazza nella parte finale https://www.youtube.com/watch?v=XJBX7x3jnws , a cui segue il suono “garage” di una sorprendente Summer Of ‘89 recuperata dall’album The Spade (11) del poco conosciuto Butch Walker, e il sano rock’n’roll alla Little Steven di una infuocata Roving Eye, e andare a chiudere con una bellissima Grand Central Station di Steve Forbert (recuperatela su Alive On Arrival (78)), una grande “ballad” eseguita con chitarra, armonica, e voce da Scott, che spazia su un tessuto melodico immediato.

Dopo vari ascolti, questo Six Of One può essere defnito il “Santo Graal” per gente che oltre a Bruce Springsteen ha sugli scaffali CD di Southside Johnny, Little Steven, Willie Nile (già citati), e aggiungerei anche Joe Grushecky, Scott Kempner, Nils Lofgren e altri, e per un “tipo” che in una ventina d’anni abbondanti di carriera ha sfornato solamente 5 dischi, non è certamente un demerito. Come è certo che i dischi di Scott McClatchy non cambieranno la vita di nessuno, ammesso che si riescano a recuperare, sarebbe riduttivo e ingeneroso non dargli la possibilità di almeno un ascolto, in quanto tutta la sua produzione, che spazia tra rock, folk, country, e irish-sound, ha un suono elettricoacustico decisamente ben impostato, che per chi scrive non ha niente da invidiare a tanti sopravvalutati “rockers”. Provare per credere!

Tino Montanari

Novità Di Gennaio, Parte IIB. John Martyn, Standells, Shadows Of Knight, Winter/Cotton/Waters, Lone Bellow, Scott Kempner, Bettye Lavette, Howlin’ Rain

john martyn piece by piece john martyn sapphire

Continuiamo a oltranza con le uscite discografiche di questa ultima settimana di Gennaio 2015. Ancora alcune ristampe e pubblicazioni di materiale inedito pescato da polverosi archivi. Partiamo da John Martyn: la Universal, dopo il box integrale degli Island Years e il cofanetto quadruplo, The Best Of Island Years, con una selezione del materiale inedito contenuto in quello da 18 dischetti, ora continua a pubblicare i singoli album nelle versioni doppie Deluxe:

Sapphire è il disco del 1984, potenziato da un secondo CD di Alternate Takes, un brano non presente nell’album originale e tre brani dal vivo a Amburgo nel 1986 https://www.youtube.com/watch?v=wsFO-FVjpEc .

CD1
1. Sapphire
2. Over The Rainbow
3. You Know
4. Watching Her Eyes
5. Fisherman’s Dream
6. Acid Rain
7. Mad Dog Days
8. Climb The Walls
9. Coming In On Time
10. Rope-Soul’d

CD2
1. Sapphire
2. Over The Rainbow
3. You Know
4. Watching Her Eyes
5. Fisherman’s Dream
6. Acid Rain
7. Mad Dog Days
8. Climb The Walls
9. Coming In On Time
10. Rope-Soul’d
11. Love In Your Life
12. Fisherman’s Dream
13. Mad Dog Days
14. Fisherman’s Dream

Piece By Piece è il disco del 1986 e contiene nel secondo CD sette versioni alternate, una traccia non presente nell’originale e altri sette brani dal vivo del concerto ad Amburgo del 1986 https://www.youtube.com/watch?v=rvqTUhovRaU .

CD1
1. Nightline
2. Lonely Love
3. Angeline
4. One Step Too Far
5. Piece By Piece
6. Serendipity
7. Who Believes In Angels
8. Love Of Mine
9. John Wayne

CD2
1. Lonely Love
2. Angeline
3. Piece By Piece
4. Serendipity
5. Who Believes In Angels
6. Love Of Mine
7. John Wayne
8. Tight Connection To My Heart (Has Anybody Seen My Love)
9. Piece By Piece
10. Love Of Mine
11. Nightline
12. Serendipity
13. Angeline
14. John Wayne
15. Tight Connection To My Heart (Has Anybody Seen My Love)

Il suono è quello terribile anni ’80, ma la classe di John Martyn a tratti si percepisce comunque.

standells live on tour shadows of knight live 1966

Sempre per i completisti, la Sundazed pubblica due CD di materiale dal vivo, mai pubblicato prima, registrato nei lontani anni ’60. The Standells Live On Tour ’66 viene da un concerto registrato alla Università del Michigan, con attrezzature professionali (per l’epoca) https://www.youtube.com/watch?v=ENOjxMvy1Cw  e ha il seguente contenuto:

1. Introduction
2. Mr. Nobody
3. Good Lovin’
4. Why Did You Hurt Me
5. Sunny Afternoon
6. Gloria
7. Why Pick On Me
8. Please, Please, Please
9. Midnight Hour
10. Sometimes Good Guys Don’t Wear White
11. Dirty Water

Il materiale degli Shadows Of Knight viene da un concerto registrato al Cellar di Chicago, rimasterizzato da due bobine d’epoca miracolosamente riapparse a quasi 50 anni dalla data dell’esibizione (qualcosa era già apparso nel 1992 sempre la Sundazed, ma qui è stato aggiunto altro materiale. Questo il contenuto:

1. Everybody Needs Somebody to Love

https://www.youtube.com/watch?v=7DaHSnTFa8w
2. Don’t Fight It
3. Got My Mojo Working
4. Any Way That You Want Me
5. Gospel Zone
6. Got To Get You Off My Mind
7. It Takes A Long Time Comin’
8. Hey Joe

https://www.youtube.com/watch?v=AShfPk2w3Xg
9. Tomorrow’s Gonna Be Another Day
10. Peepin’ and Hidin’
11. Let It Rock
12. Willie Jean
13. Spoonful
14. Oh Yeah

https://www.youtube.com/watch?v=zVSCD57U2UY
15. Dark Side
16. Gloria

Le due band americane erano tra le migliori nel garage psichedelico di quell’epoca (come testimoniato nel celebre Nuggets) per cui i collezionisti avranno di che gioire.

winter cotton-waters

Questo doppio, infine, viene da quei concerti semiufficiali, tratti da broadcast radiofonici, in particolare questo concerto tenuto alla Boston Music Hall nel 1977, tratto dal tour di Muddy Waters per promuovere l’album Hard Again, il primo pubblicato dalla Blue Sky, lo vede affiancato dal suo “produttore” Johnny Winter e da James Cotton all’armonica, senza dimenticare Pinetop Perkins Bob Margolin https://www.youtube.com/watch?v=zcG4rNrbKQM . Con qualche intervista aggiunta questo è il resoconto della serata radiofonica:

Tracklist
CD1:
1. The Blues Had A Baby And TheyNamed It Rock ‘N’ Roll
2. Deep Down In Florida
3. Hideaway
4. You’ve Got To Love Her With A Feeling
5. Sweet Home Chicago
6. Rocket 88
7. Help Me
8. How Long?

CD2:
1. Instrumental
2. Mama Talk To Your Daughter
3. Mannish Boy
[Encore]
4. WBCN DJ Talks and Interviews Pinetop Perkins
5. You Don’t Have To Go
6. Got My Mojo Working
7. WBCN DJ Interview w/ Waters, Cotton and Winter

https://www.youtube.com/watch?v=zFEWn602qwE

lone bellow then came the morning

Veniamo ad un po’ di altre novità discografiche (non ristampe), in uscita sempre da domani martedì 27. I Lone Bellow avevano pubblicato un ottimo album omonimo d’esordio un paio di anni, ora tornano con questo secondo disco Then Came The Morning, sempre per la Descendant Records, che conferma quanto di buono si era detto per il precedente https://www.youtube.com/watch?v=1CKS7qWayDk . La formazione è sempre la solita: Zach Williams (guitar, lead vocals), Kanene Donehey Pipkin (mandolin, vocals), Brian Elmquist (guitar, vocals), con molti musicisti aggiunti ed il disco è prodotto da Aaron Dessner dei National, qui lo potete ascoltare http://www.npr.org/2015/01/18/377502471/first-listen-the-lone-bellow-then-came-the-morning (fino a che non lo tolgono) . Poi https://www.youtube.com/watch?v=1CKS7qWayDk. Mi sembra molto bello: in Europa esce il 3 febbraio.

scott kempner live on blueberry hill

La discografia solista di Scott Kempner (ex Dictators e Del-Lordsè veramente scarna: un disco nel 1992, Tenement Angels, ristampato nel 2011, e uno, Saving Grace, nel 2008, da allora c’è stata la reunion dei Del-Lords che ha fruttato un album Elvis Club, uscito nel 2013. Quindi i fans di Scott leggeranno con piacere dell’uscita di questo Live On Blueberry Hill (dalla zona di St. Louis in cui è stato registrato il concerto, il locale in effetti si chiama Cicero’s): l’altra notizia è che però la serata a cui risale la registrazione è del 1993, anche se vede la luce solo oggi per la prima volta, su etichetta MRI Music. Quindi non di facile reperibilità.

bettye lavette worthy

Nuovo album anche per Bettye LaVette, esce in Inghilterra per la Cherry Red Records, e vede ricostituirsi il sodalizio con Joe Henry (che aveva già prodotto nel 2005 il bellissimo I’ve Got My Own Hell To Raise): tra gli autori dei brani Dylan che firma Unbelievable, in origine su Under The Red Sky, Jagger-Richards Complicated, i Beatles Wait, oltre allo stesso Joe Henry, Mickey Newbury e la coppia Beth Nielsen Chapman/Mary Gauthier che firma la title-track. Questa è la lista completa dei brani:

DISC ONE: CD
1. UNBELIEVABLE
2. WHEN I WAS A YOUNG GIRL 
3. BLESS US ALL 
4. STOP 
5. UNDAMNED 
6. COMPLICATED 
7. WHERE A LIFE GOES 
8. JUST BETWEEN YOU AND ME AND THE WALL YOU’RE A FOOL 
9. WAIT
10. STEP AWAY 
11. WORTHY
Per la gioia di grandi e piccini (ma non dei nostri portafogli, visto che si parla di un prezzo intorno ai 30 euro) ne esiste anche una versione Deluxe doppia, con un DVD allegato, che riporta un concerto registrato al Jazz Café di Londra nel luglio 2014, e si tratta di un set completo, come potete leggere qui sotto:
DISC TWO: DVD
1. THE WORD 
2. EVERYTHING IS BROKEN
3. YOUR TIME TO CRY
4. THEY CALL IT LOVE 
5. JOY
6. HEART OF GOLD
7. DON’T LET ME BE MISUNDERSTOOD 
8. EITHER WAY WE LOSE 
9. BLACKBIRD 
10. MY MAN – HE’S A LOVING MAN 
11. LIKE A ROCK 
12. HEAVEN (THE CLOSEST I’LL GET) 
13. SLEEP TO DREAM 
14. I DO NOT WANT WHAT I HAVEN’T GOT
Sembra che, nonostante il prezzo, valga la pena di cercare questa edizione, considerando che in DVD della grande cantante soul non esiste nulla.
howlin rain mansion songs
Loro, gli Howlin Rain, un disco dal vivo, Live Rain, l’hanno appena pubblicato nel 2014, ma a sorpresa esce subito un nuovo disco di studio, Mansion Songs, etichetta Easy Sounds (anche questo quindi non sarà facilissimo da trovare) e nelle parole del leader della band Ethan Miller (nonché l’unico che appare in tutti i dischi della formazione) dovrebbe essere il primo di una trilogia. Attualmente gli Howlin Rain, visto che i Black Crowes sono in pausa indefinita, sono una delle migliori band americane di rock classico, magari insieme ai Drive-by-Truckers, e da quello che ho ascoltato il disco mi sembra ottimo. Verificate… https://www.youtube.com/watch?v=zrMb-4KhsIE e  https://www.youtube.com/watch?v=sX_JK1CtK3c

Per oggi è tutto, ma domani si continua.

Bruno Conti

Alla Fiera Del Riff: Scott Kempner e Eric “Roscoe” Ambel Di Nuovo Insieme! Del-Lords – Elvis Club

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Del-Lords – Elvis Club – Megaforce (USA)/Blue Rose (EU)

Il detto “It’s Only Rock’n’Roll”, abusato ma sempre valido, e anche quello del sommo vate Muddy, “The Blues Had A Baby And They Named It Rock’n’Roll”, si applicano alla perfezione al nuovo album dei redivivi Del-Lords (ma anche a quelli vecchi), senza peraltro dimenticare la roots music, il rockabilly, il country punk e delle ballate da leccarsi i baffi. Originari di New York, negli anni ’80 erano stati la risposta al Paisley Underground proveniente dall’altra costa, al cowpunk, al country & rock desertico e psichedelico di gente come Green On Red, Dream Syndicate, fino a spingersi ai Giant Sand o ai Thin White Rope, e andando a ritroso, il protopunk dei New York Dolls o dei Dictators, di cui Scott Kempner era stato uno dei membri fondatori. Ma nella prima incarnazione del gruppo, quella di Frontier Days e Johnny Comes Marching Home (dischi che rivaleggiavano con la migliore produzione di Springsteen o di Petty di quegli anni), c’era spazio anche per il sound sixties, ora jingle-jangle alla Byrds, ora rock & pop bluesato alla Creedence, ma anche alle fabbriche di riff degli Stones e dei Beatles, riunite in una unica formazione dai Flamin’ Groovies della prima metà anni ’70.

Quando arrivano sulla scena con il primo album del 1984, c’erano altri revivalisti diversi in circolazione, come i Cramps, i Fleshtones, o i primissimi Blasters che erano più legati al punk o al R&R, mentre i Del-Lords sapevano suonare anche dell’energico power-pop, oltre al rock e agli altri generi citati: Scott Kempner voleva una formazione dove tutti e quattro i componenti fossero anche cantanti, una sorta di versione rock dei Beach Boys della costa Est, riveduta e corretta, ma l’intenzione era quella. Come spesso capita poi la realtà, almeno agli inizi, aveva superato addirittura questa idea. Purtroppo l’avventura è durata solo 6 anni e quattro album ed è rimasta un po’ sconosciuta al grande pubblico, anche se brani come Get Tough, la ballata Livin’ On Love, Burning In The Flame Of Love, il loro più grande successo (?!), la byrdsiana Shame On You o Double Life, un chiaro omaggio a Shake Some Action, sentiti ancora oggi fanno sempre la loro bella figura, come un po’ tutta la produzione. Il gruppo si sciolse nel 1990 e Scott Kempner, nel 1992, pubblicò il suo disco di esordio, Tenement Angels, che sembrava indicare la strada per una gloriosa carriera solista. Peccato che il suo secondo album, Saving Grace, uscirà solo nel 2008, tra l’indifferenza, purtroppo, di quasi tutti. Quindi perché non ripristinare la sigla Del-Lords? I rapporti con Eric Ambel, che nel frattempo si è trasformato anche in eccellente produttore, sono rimasti ottimi, sulla scia delle ristampe dei quattro album, usciti proprio nel 2008 a cura della American Beat, e con la formazione originale, iniziano a lavorare su un EP, poi uscito, un po’ clandestinamente, come Under Costruction (titolo quanto mai profetico) nel 2010 e ripartono con alcune date dal vivo (le prime da oltre vent’anni), prima negli Stai Uniti e poi sette concerti in Spagna, dove sono rimasti molto popolari.

La “costruzione” ha richiesto 3 anni (d’altronde con questa crisi dell’edilizia), ma, a maggio di quest’anno, finalmente, esce questo nuovo Elvis Club, che, sin da titolo, non ha nulla da invidiare ai dischi del passato. Kempner, come di consueto, scrive quasi tutti i brani, Eric “Roscoe” Ambel suona la solista e produce da par suo, il batterista Frank Funaro, picchia con trasporto sui suoi tamburi, l’unico che non è della partita è il bassista Manny Caiati (diventato avvocato nel frattempo), che era presente all’inizio della reunion, ma nel disco è stato sostituito, in modo spero indolore, da Michael Duclos (e da molti altri utillizzati nei vari brani del CD). Tocchi di tastiere ed armonica rendono più armonioso il sound, il resto lo fanno le canzoni, undici nuovi brani e una cover di Neil Young, Southern Pacific, presente in un album non particolarmente amato, per usare un eufemismo, del canadese, vale a dire Re-ac-tor, ma era uno di quelli che si salvava.

Il riff’n’roll domina nell’album, a partire dall’inizio gagliardo di When The Drugs Kick In che ti mette subito di buon umore, con la voce di Kempner che mi ha sempre ricordato, per oscuri motivi, quella di Jorma Kaukonen, almeno a livello di timbro vocale (forse per l’emissione nasale), coretti, chitarre tra jingle-jangle e rock più tirato ma sempre gloriosamente “pop”, nella migliore accezione del termine. Impressione confermata dalla grintosa Princess, ancora più tirata e rocciosa, sempre con le consuete aperture melodiche impiegate con grande classe. Chicks, Man! ci riporta al country punk bluesato dei primi dischi, impersonificato dalla slide di Ambel, ben coadiuvato dall’acustica di Kempner che rafforza il ritmo forsennato della batteria di Funaro e canta sempre alla grande. Flying l’ha scritta ancora Scott ma è il veicolo perfetto per la voce di Roscoe Ambel che, curiosamente, anche in questo caso, sembra quella di un gemello separato alla nascita di Jeff Lynne, meno dotato vocalmente (questo particolare non è mai stato tra gli atout di Eric, ma rimedia abbondantemente con le chitarre), ma in un mood alla Travelin’ Wilburys, con tanto di armonica (Nate Schweber) e armonie vocali da sballo, con le chitarre che sono pronte a riffare di brutto. All Of My Life è la prima delle bellissime ballate presenti in questo Elvis Club, forse la migliore, acustiche ed elettriche quasi twang, un organo hammond piazzato nel posto giusto, molto romantica. 

Everyday, Kempner l’ha scritta con Dion Dimucci, proprio quello dei Belmonts dei bei tempi andati, molto sixties, ricorda le cose migliori di Nick Lowe o dei Rockpile (ma anche qualcosa dei Beatles), con delle armonie vocali perfette da “pure pop for now people” e delle bellissime chitarre arrangiate deliziosamente. Me And The Lord Blues, cantata ancora da Ambel, dimostra che con gli anni non si sono ammorbiditi per nulla, quando è il caso le chitarre ruggiscono ancora, come dimostra il poderoso assolo di wah-wah nella parte finale del brano, il manico c’è sempre. Letter (Unmailed) è un’altra ballatona di quelle strappacuori, acustica e dolce ma con un bel chitarrone che cesella le fasi salienti e l’organo d’ordinanza che torna a farsi vivo, per l’occasione c’è pure un pianoforte. Damaged è rock’n’roll puro, come ai vecchi tempi, Blasters e l’Elvis del titolo nei cuori, leggerina ma molto piacevole, chitarre e pianino malandrino sugli scudi. You Can Make A Mistake One Time, voce distorta e ritmi da hard rockers cattivi quali sono stati, per l’unica collaborazione tra Kemper ed Ambel. Silverlake è un’altra ballata, ma di stampo più elettrico, con le solite belle melodie che si ascoltano con grande piacere. Conclude la già citata Southern Pacific, una canzone tipica di Neil Young nel repertorio con i Crazy Horse, ritmi galoppanti e chitarre fumiganti per uno dei pochi brani che si salvava su Re-ac-tor, apparsa poi in versione differente anche in A Treasure e qui resa in modo gagliardo dai Del-lords, che ci regalano uno dei migliori dischi di rock di questo 2013, fino ad ora.

Bruno Conti 

Per L’Occasione, Meglio In Compagnia Che Sola! Carla Olson – Have Harmony Will Travel Vol.1

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Carla Olson – Have Harmony Will Travel Vol. 1 – Continental Coast/CRS/Ird 2013

Chi, come colui che vi scrive, ha amato i Textones, band degli anni ’80 nata dalla scena musicale di Los Angeles, non  può non provare piacere per il ritorno alla ribalta di Carla Olson, un personaggio quasi carismatico del rock californiano degli ultimi quarant’anni. La produzione di questa leggendaria “rockeuse” si è sempre mantenuta ad alti livelli qualitativi. Se l’apice della sua carriera l’ha toccato come “front woman” dei suddetti Textones (Phil Seymour, David Provost, Kathy Valentine, George Callins), con lo splendido album Midnight Mission (84), bissato da Cedar Creek (87) e da una raccolta Through The Canyon (89), la sua attività non ha poi conosciuto cedimenti, diventando una “musicista di culto”, ma lontana dal raggiungere lo “status” di rockstar. Non posso dimenticare il sodalizio con l’ex Byrds Gene Clark (che poteva far rinverdire in chiave più rock i fasti del duo Emmylou Harris-Gram Parsons) e che ha prodotto album come So Rebellious A Lover (87), e non posso neppure scordare la lunga collaborazione, iniziata alla fine degli anni ’90, con l’ex Bluesbreakers e Stones Mick Taylor, concretizzata in un eccellente live Too Hot For Snakes (91). Dopo l’esordio solistico Carla Olson (88), la buona armonia tra i due è continuata con Within An Ace (93) e proseguita anche in Reap The Whirlwind (94), mentre The Ring Of Truth (2001) e Dark Horses (una compilation del 2008)sono i lavori dell’ultima decade, oltre al live inedito del 2008 con i Textones, Detroit ’85: Live And Unreleased.  

Questi deliziosi duetti di Have Harmony Will Travel prodotti e curati dalla stessa Olson, vedono il supporto strumentale di ottimi musicisti come Clem Burke, Cindy Cashdollar, Tom Fillman, Rick Hemmert, Tom Morgan Jr., Pat Robinson, Greg Sutton suoi amici da sempre, e vengono eseguiti con artisti del calibro di Peter Case, Richie Furay (Poco), Scott Kempner, John York (Byrds), Rob Waller (I See Hawks in L.A.), James Intveld, Gary Myrick e la cantante country Juice Newton. L’iniziale You Can Come Crying To Me esce dalla penna di Radney Foster, un brano in mid-tempo ritmato in duetto con Juice Newton, seguito dal vocione di Rob Waller in Look What You’ve Done con Carla al controcanto, mentre Love’s Made A Fool Of You di Buddy Holly, viene eseguita in perfetto stile Roy Orbison da James Intveld. La nota Keep Searchin’ (We’ll Follow The Sun) di Del Shannon, vede un inaspettato Peter Case in una versione “beatlesiana” anni ’60, cui fa seguito una ballata di Chris Jagger (il fratello meno noto di Mick), Still Waters cantata e suonata dalla Olson con Gary Myrick, mentre She Don’t Care About Time del suo vecchio “pard” Gene Clark trova le antiche armonie dei Poco nella voce di Richie Furay.

Il sax di Tom Morgan Jr. introduce All I Needed Was You di Little Steven, e pare di vedere salire sul palco la mitica E-Street Band con la voce di Scott Kempner (dei grandi Del Lords), cui fa seguito la dolce The First In Line, scritta ai tempi da Paul Kennerley per la reunion degli Everly Brothers ed eseguita in duetto con John York, nei Byrds nel ’68-’69. Con il blues di Stringin’ Me On del songwriter e chitarrista James Intveld, Carla ritorna ai suoi antichi amori musicali, in coppia con Juice Newton, mentre Upon A Painted Ocean, viene ripescata dal vasto repertorio di PF Sloan (vi dice niente Eve Of Destruction di Barry McGuire? E’ stato anche uno dei pochi ai quali un collega illustre come Jimmy Webb ha dedicato un brano, P.F. Sloan appunto) sempre in duetto con York, seguita da 8:05 dei Moby Grape ed eseguita da Peter Case, molto sixties. Chiude la versione di un brano di Don Williams Till The Rivers All Run Dry, dal ritmo trascinante, eseguita alla perfezione da Rob Waller,

Per Carla Olson gli anni non sembrano passare, stessa grinta e classe degli importanti esordi con i Textones, una voce di grande personalità (per il sottoscritto tra Chrissie Hynde e Patti Smith), certificata da questo lavoro Have Harmony Will Travel, dove si mette anche al servizio degli altri e  che non solo conferma la classe e la continuità di questa cantante, autrice e chitarrista in grado come poche di nobilitare la figura del rock al femminile, ma che testimonia, una volta di più, la caratura di questa bionda e affascinante signora texana.

L’uscita ufficiale del disco è il 16 aprile, ma in Italia già circola.

Tino Montanari