La Seeger Sessions Band Italiana? Forse. Sicuramente Buona American Music Made In Italy! The Mama Bluegrass Band – Living In A B Movie

2729-the-mama-bluegrass-band-living-in-a-b-movie-20131217003905

Mama Bluegrass Band – Living A In B Movie – Rocket Man/Volo Libero/Ird

Ebbene sì, sono italiani anche loro, anzi lombardi, ma vengono dal nord, Cantù e dintorni, sono in metà di mille (come da foto, qui sotto) e sono molto bravi!

mama bluegrass band on stage

Per la verità quelli accreditati nel libretto del CD (un bel digipack), sono “solo” sette, come formazione originale, più sei ospiti a rotazione nei quattordici brani del dischetto, 11 canzoni a firma di Marco Andrea “Francis” Carnelli,  la voce solista, una She Hits Me a firma dell’eccellente chitarrista Davide Peri (un piccolo maghetto alle chitarre elettriche, acustiche e slide), la divertente Like Bud Spencer and Terence Hill, autori Carnelli e il bassista Lorenzo Marinoni, mentre l’unica cover porta la firma di Blind Willie Johnson, ed è una vibrante versione del classico Soul Of A Man (che dava anche il titolo ad un bellissimo film di Wim Wenders, nella serie creata da Martin Scorsese per onorare una delle musiche “popolari” americane più genuine, il Blues).

mama bluegrass band 1

Nell’album troviamo musica americana, country, bluegrass, roots music, folk, ma anche tanto rock, influenzato dallo Springsteen delle Seeger Sessions (come hanno ricordato in qualche intervista), quello che a sua volta rendeva omaggio alle radici della musica americana nelle sue mille sfaccettature http://www.youtube.com/watch?v=OYrxiAlp5iY  e che ha pure generato tanti cosiddetti springsteeniani. Per rendersene conto basta ascoltare la travolgente traccia d’apertura, The Same Soup, tra banjo, violino, chitarre elettriche ed acustiche, piano, una sezione ritmica serratissima, si respira un’aria che sta a metà tra il Bruce di Greetings o di The Wild, The Innocent… e le arie irlandesi rivisitate che sono la base della musica country e bluegrass americana, oltre al blues ed ad una sana aura da bar band o forse più da festa paesana, dove ci si deve divertire, ma facendo però della buona musica http://www.youtube.com/watch?v=Kq1ErorZEoI .

mama bluegrass band 2

Ed in questo CD ce n’è tanta. Non vi tedierò con la dietrologia sul titolo del disco, Living In A B Movie, si intuisce facilmente, negli “scritti” che ci sono in rete (forse instradati da quanto dice il comunicato stampa della casa) sembra che sia il fattore saliente di questo disco: ma la già citata Soul Of A Man, un vibrante omaggio, sotto forma di canzone http://www.youtube.com/watch?v=NNYOPASD5gE , a Raging Bull, il celebre film di Scorsese su Jack La Motta, e il citato, divertente e divertito, omaggio ai western di Bud Spencer e Terence Hill, anche a livello musicale, non sembrano indicare una pellicola di serie B, ma una raccolta di canzoni dove la qualità va a braccetto con la voglia di fare muovere i piedi agli ascoltatori, anche tra le quattro pareti di case potete inscenare qualche square dance o fare della sana air guitar quando la solista sale al proscenio.

mama bluegrass band 3

Se serve una armonicista, come nella coinvolgente I Got To Go, aggiiungono il bravo Davide Speranza, ed il risultato ottenuto è dell’ottimo country-gospel, arricchito anche dalla corpose armonie vocali del gruppo. Ma nel disco c’è spazio per Lullaby, un brano che potrebbe ricordare il Bromberg folk di Mr.Bojangles, influenzato dalla musica tradizionale e con il violino ad interagire con chitarre acustiche e la fisarmonica di Stefano Gulani (altro elemento portante del sound della band)  o per la canzone d’autore a più voci, come nella conclusiva e corale Take Me To The Water dove alla voce di Carnelli si aggiungono quelle di Cesare Nolli e Daniele Tenca. Ora non sto a citarvi tutti i brani del disco, ma la qualità è sempre molto elevata, tra fughe di violino e banjo, qualche citazione del southern rock più vicino al country (qualcuno si ricorda i Cooder Browne, una oscura band texana della seconda metà anni ’70, che fondeva questi vari elementi con ottimi risultati? No eh, peccato!).

Questo Living In A B Movie comunque ve lo segnalo e ve lo consiglio (e non è il primo che hanno fatto, se volete andare a ritroso, ne trovate altri tre http://www.mamabluegrass.com/), secondo il sottoscritto anche la Mama Bluegrass Band fa parte di quella categoria, che mi piace ricordare, degli “italiani per caso, ma americani nel cuore”, e cominciano a essercene tanti in Italia.

Bruno Conti

Ma Bruce Ci Darà Ancora La Luce? Bruce Springsteen – Wrecking Ball

bruce springsteen wrecking ball.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Bruce Springsteen – Wrecking Ball – Columbia – 06-03-2012

Il titolo del Post lo capiranno in America? Facezie a parte, a pochi giorni dall’uscita del nuovo album di Bruce Springsteen Wrecking Ball quattro parole in libertà le voglio dire anch’io, oltre a quello che avevo già esternato giorni orsono nelle Anticipazioni. Intanto il disco, risentito dopo una decina giorni, conferma la prima impressione: dischi come Born To Run, Darkness, The River o anche Nebraska non ne farà più e questo è pacifico da parecchi anni. Dal vivo rimane intoccabile, una vera forza della natura, e le sue opere di studio si seguono non solo per fede, passione e riconoscenza ma anche perché rimane uno dei migliori cantautori degli ultimi 40 anni (il prossimo anno) e come lui ce ne sono pochi in giro. Se non avesse fatto tutti quei dischi citati prima (ma anche i primi due), le nuove uscite sarebbero nettamente superiori al 90% di quello che esce oggi, ma purtroppo (o per fortuna) li ha fatti e quindi bisogna rassegnarsi a confrontare ogni nuova fatica discografica con il passato.

Questo Wrecking Ball mi sembra il migliore dei dischi di Bruce degli anni ’00, intanto a livello testi è sempre “incazzato come una biscia” per usare una perifrasi, e in questo nuovo disco fonde le arie proto-irlandesi e folk delle Seeger Sessions con il suo rock classico e una ballata memorabile (tra un attimo), ma…quel produttore, Ron Aiello, dove diavolo l’hanno scovato? E’ una domanda retorica, ovviamente lo so, nelle buste delle figurine Panini! Mi dicono di no, è il produttore del disco di Patty Scialfa del 2007 Play As It Lays (ah bè, allora). E che altro? Camera Can’t Lie, Ashley Tesoro, Allison Iraheta, Jeremy Riddle, Vanessa Amorosi, la Moshav Band e ha vinto un paio di Grammy con i Jars Of Clay. Apperò! Ma chi glieli consiglia? Il suo parrucchiere, la sua casa discografica o i suoi figli? Mah, mistero!

E nonostante questo, come dicevo prima,il disco non è poi così malvagio: anche con quell’intermezzo rap nel bel mezzo di Rocky Ground che gettando il produttore dalla finestra probabilmente diventerà un bel brano in crescendo vagamente gospel per i concerti dal vivo o il singolo di apertura, We Take Care Of Our Own una canzoncina leggera e radiofonica (d’altronde se vuole farsi sentire nell’America del mainstream qualche concessione la deve fare). Anche l’arrangiamento di Land Of Hope Of Dreams, che è l’ultimo brano in cui possiamo sentire un assolo di Clarence Clemons e quindi ci doveva essere, ebbene l’arrangiamento con l’aggiunta di drum machine, tante tastiere e “troppe” voci gospel non regge il paragone con la versione dal vivo, che questa volta già conosciamo e quindi si può confrontare.

Rimangono tante belle canzoni, una splendida come Jack Of All Trades assolutamente all’altezza delle cose più belle scritte da Bruce nel passato: 6 minuti da memorizzare che iniziano con un leggero spruzzo di elettronica ma poi si sviluppano in una bellissima ballata pianistica in crescendo, dove entrano via via, l’organo, la batteria, una sezione di fiati magica, una tromba nitida d’ordinanza (Curt Ramm), gli archi della New York String Section che si dividono la scena con la chitarra e la tromba nel finale del brano; il produttore, dopo aver fatto partire il loop elettronico deve essere andato a bersi un bel caffè e lascia spazio alla voce dolente e maschia del nostro amico che quando canta questi brani qualche brividino lungo la schiena me lo fa sentire ancora. Molto bella anche la cupa This Depression scandita dall’incedere inesorabile della batteria di Max Weinberg e con la chitarra dell’ospite Tom Morello a disegnare un assolo futurista nella parte centrale (però uno si chiede, con tre chitarristi in formazione ce ne voleva uno esterno? Evidentemente sì) assolutamente valido e pertinente.

Come pure pertinente è il folk trascinante della “nerissima” (come umore) Death To My Hometown quella più vicina allo spirito delle Seeger Sessions con flautini, violini e voci a volontà che accantonano per un momento il sound della E Street Band. Che è comunque presente con metà delle sue forze, Van Zant (solo armonie vocali e il mandolino nel brano 13), Weinberg, Patti Scialfa, “i nuovi” Soozie Tyrell e Charlie Giordano (ma niente Bittan, Tallent e Lofgren) che con violino, tastiere e fisa formano il ponte verso i musicisti delle Seeger Sessions come Art Baron, Clark Gayton, Lisa Lowell, Ed Manion, Cindy Mizelle, Curt Ramm. Oltre al citato Morello ci sono il batterista Matt Chamberlain che faremmo prima a dire con chi non ha suonato ma diciamo, brevemente i Pearl Jam, molto con Tori Amos, Edie Brickell e nella band del Saturday Night Live. L’altro brano dove appare Clarence Clemons è la trascinante Wrecking Ball un brano tipico dell’opera springsteeniana fino all’immancabile countdown e con la sezione fiati in fibrillazione, anche questa probabilmente farà un figurone dal vivo ma anche nella versione in studio la sua porca figura la fa, bello l’intermezzo di violino nella parte centrale. Mi piacciono anche You’ve Got It e We Are Alive accomunate entrambe da un attacco solo voce e chitarra ma che poi si dipanano in modo assolutamente antitetico, rock e con slide d’ordinanza e fiati al seguito la prima, folk e molto sobria la seconda. 

Anche Shackled and Drawn con la sua fisarmonica e i suoi ritmi paesani viene di filato dal filone popolare delle Seeger sessions con ampio uso di armonie vocali e tanta energia. E per citarle tutte (escluse le due bonus dell’edizione Deluxe, Swallowed Up e American Land) rimarrebbe Easy Money che ha solo il titolo in comune con il famoso brano di Rickie Lee Jones ma per il contenuto musicale si allinea sempre al filone del brano precedente. Niente capolavoro quindi ma un disco onesto, addirittura buono, dove aldilà dello sparare sul produttore che poi non è che sia responsabile di chissà quali sfracelli (ma qualcuno sì) ci possiamo godere il nostro amico Bruce ancora una volta.

I “puristi” del passato storceranno il naso ma andranno, fedelmente, a vedere i concerti, per gli altri il “solito vecchio” Boss che a tratti ci illumina ancora!

Bruno Conti