Una Piccola Grande Band (E Qualche Amico) Conferma Il Proprio Valore Con Un Album Eccellente! Session Americana – North East

session americana north east

Session Americana – North East – Appaloosa/Ird

I Session Americana sono una sorta di fluttuante collettivo folk-rock, nato a Cambridge, Massachusetts nel 2004, per suonare in serate informali nei pub e nei locali della città: il fondatore Sean Staples, che poi per problemi di salute ha lasciato la band nel 2010, Ry Cavanaugh, che suona di tutto e di più, ma principalmente chitarre acustiche, banjo, basso, mandolino e tastiere, Jimmy Fitting, armonica, fondatore dei Fort Apache Studios ed ex membro dei Treat Her Right, Dinty Child, altro polistrumentista impegnato a fisarmonica, piano, mandocello, banjo e mandolino, Billy Beard alla batteria, Kimon Kirk al basso, ma di recente, per questo album, è rientrato in formazione Jon Blistine, mentre Jefferson Hamer, che aveva prodotto il precedente Great Shakes  , questa volta non è della partita. Ma con la formazione collaborano moltissimi altri musicisti: mi è capitato di vederli dal vivo a Pavia nel 2015 nel tour per questo album https://discoclub.myblog.it/2015/05/08/sorta-moderna-nitty-gritty-dirt-band-musica-solare-deliziosa-session-americana-pack-up-the-circus/ e c’era con loro Laura Cortese al violino e voce, per questo disco come voci femminili troviamo la bravissima Kris Delmhorst che ha co-prodotto l’album con Cavanaugh), la moglie di quest’ultimo Jennifer Kimball, ex delle Story, Rose Polenzani, Ali McGuirk, altra eccellente vocalist, Merrie Amsterburg, cantautrice che opera nell’area di Boston, dove vive la band.

E se non bastasse c’è anche una consistente pattuglia di maschietti, Zak Trojano, anche alle chitarre, con Duke Levine e Peter Linton, Dietrich Strause, tutti che si alternano come voci soliste nelle 14 canzoni  del CD, con il solo Cavanaugh che ne canta due. Questo è il settimo album ufficiale della band , ma ci sono anche alcuni live e antologie ufficiose limitate, si tratta, come lascia intuire il titolo, di brani che provengono dal repertorio di artisti originari del Nord Est degli Stati Uniti, da quelli celeberrimi ad altri meno noti: intanto lasciatemi dire subito che il disco è bellissimo, estremamente vario, pensate ad un incrocio tra roots music e folk, il lato meno country della Nitty Gritty, elementi blues e rock, insomma in una parola, e ci mancherebbe, visto il nome della band, Americana music, il tutto suonato con una leggiadria ed una perizia musicale, e soprattutto vocale, quasi disarmante, se l’aggettivo non fosse inflazionato direi delizioso. Il primo brano è di James Taylor, che tutti associano alla California, ma viene da Boston, Riding On A  Railroad, una canzone dal capolavoro Mud Slide Slim, cantata da Cavanaugh con la Delmhorst, con Levine al dobro e Jim Anick al violino, che ci fa capire subito la qualità della musica, fedele all’originale ma al contempo calda ed avvolgente grazie agli arrangiamenti  raffinati, con la voce di Ry che ricorda moltissimo Taylor. La bellissima You’ll Never Get To Heaven è del compianto Bill Morrissey, folksinger del Connecticut che però anche lui operava nell’area del Massachusetts, un brano malinconico che racconta della disperazione dello spopolamento delle piccole città, cantata con grande partecipazione da Trojano, sempre con le armonie della Delmhorst.

Il nome Charles Thompson forse ai più non dice molto, ma se vi dico Black Francis dei Pixies? I Session Americana reinterpretano, con vigore e rigore folk ,una corale Here Comes Your Man, cantata da Fitting, con Delmhorst, Child e Kimball, e uno sfarfallio in crescendo di banjo, mandolino e chitarre. Meno noto prodotto della zona è Amy Correia, ma la sua You Go Your Way è il veicolo perfetto per la bella voce bluesy di Rose Polenzani, così come la malinconica e notturna (manco a dirlo) The Night di Mark Sandman dei Morphine, ben si attaglia a quella intensa di Ali McGuirk, brano soffuso suonato in punta di dita, con Fitting splendido all’armonica e che sembra quasi una canzone, bella, di Norah Jones. Trip Around The Sun è un brano di Al Anderson degli NRBQ, Stephen Bruton e Sharon Vaughn, scritto per Jimmy Buffett e Martina McBride, una bellissima ballata country cantata da Merrie Amsterburg, Dim All The Lights è l’unica canzone scritta in solitaria da Donna Summer (!), anche lei nativa di Boston, cantata da John Powhida, concittadino della Summer, molto bella pure questa, con doppio mandolino e armonica in evidenza, Roadrunner è proprio il celebre brano di Jonthan Richman, che per l’occasione diventa un rustico country-bluegrass con banjo, mandola e banjo, sempre vivace e coinvolgente, cantata da Dinty Child.

Anche Patty Griffin, da Old Town, Maine, contribuisce con un pezzo, la delicata Goodbye, temi la nostalgia e il desiderio, cantata divinamente da Jennifer Kimball, mentre l’ignoto a me Chris Pappas vede la propria Driving cantata da Jon Blistine, altra canzone malinconica che si apre in una melodia da grandi orizzonti, suonata splendidamente dalla band. Merrimack County è una delle canzoni più belle di Tom Rush, un pezzo quasi dylaniano che il batterista Billy Beard inquadra perfettamente, e poi tocca alla bravissima Kris Delmhorst alle prese con Air Running Backwards, oscura, ma molto bella, canzone di tale Chandler Travis, che è l’occasione per gustarsi una delle più belle voci del cantautorato femminile americano. Una concessione alle canzoni celebri arriva con la versione di Coming Around Again di Carly Simon, che cantata da Cavanaugh diventa di nuovo quasi un brano alla James Taylor, con mandola, chitarre, violino, armonica e tastiere in bella evidenza, oltre alle proverbiali armonie vocali dei Session Americana, che ci congedano da questo incantevole album con una ultima piccola delizia, la piacevole I’m A Fool, un brano “pop” dei Letters To Cleo cantato da Dietrich Strause, con Jeffrey Foucault al dobro. Tutto molto bello e consigliato vivamente.

Bruno Conti

Un Bellissimo Tributo…Made In Italy! When The Wind Blows -The Songs Of Townes Van Zandt

when the wind blows the songs of townes van zandt

VV.AA. – When The Wind Blows: The Songs Of Townes Van Zandt – Appaloosa/IRD 2CD

Ogni tanto anche in Italia, in campo musicale, sappiamo fare le cose per bene: When The Wind Blows è uno splendido tributo alle canzoni del grande Townes Van Zandt, songwriter texano scomparso ormai da più di vent’anni ma ancora di enorme importanza ed influenza per molti, ed è stato fortemente voluto da Andrea Parodi, che ha prodotto il doppio CD (32 canzoni, due ore di musica) insieme a Jono Manson, musicista americano ma che ultimamente è spesso coinvolto in progetti “nostrani”. Ed il disco, oltre ad essere molto bello ed a comprendere il meglio del songbook di Van Zandt, è caratterizzato dalla presenza di un cast internazionale di livello eccelso, con diversi nomi di alto profilo ed altri meno conosciuti, ma sempre nel nome della professionalità e della grande musica; l’unica cosa in cui il doppio CD è un po’ carente e nelle informazioni, dato che mancano i sessionmen presenti nei vari pezzi, e le liner notes si limitano ad una presentazione (in inglese) del Townes Van Zandt Festival che si svolge ogni anno a Figino Serenza, nel comasco. *NDB Comunque proprio a quel link contenuto nel libretto http://townesvanzandtfestival.com/index.php/cd trovate tutte le informazioni sui musicisti che suonano nell’album, brano per brano).

L’album parte con la splendida Snowin’ On Raton, affrontata da Jaime Michaels con piglio da vero countryman, limpida e deliziosa; non conoscevo Luke Bolla, ma la sua Heavenly Houseboat Blues (con Paolo Ercoli) è davvero riuscita, una ballata acustica cristallina, suonata e cantata in maniera emozionante, ed anche lo svedese Christian Kjellvander non lo avevo mai sentito, ma credetemi se vi dico che Tower Song è da brividi, solo voce e chitarra ma un feeling “alla Chip Taylor” ed un timbro caldo e profondo. Ecco arrivare un tris d’assi, uno dietro l’altro: il grande Terry Allen si fa sentire ormai di rado, ed è un vero peccato in quanto è ancora in forma smagliante, e la sua White Freightliner Blues è solida, ritmata ed elettrica; anche Joe Ely ha diradato di molto la sua produzione negli ultimi anni, ed è dunque un piacere sentirlo tonico ed in palla nella toccante If I Needed You, mentre Thom Chacon conferma il suo ottimo momento con una Still Looking For You folkeggiante e bellissima. Non mi metto a citare tutti i partecipanti per non dilungarmi, ma mi limito a quelli che raggiungono o sfiorano l’eccellenza (e già questi non sono pochi): il bravo Slaid Cleaves ci regala una Colorado Bound per voce e strumenti a corda molto suggestiva, Andrea Parodi fa sua con piglio sicuro la nota Tecumseh Valley traducendola liberamente in italiano (non mi sembra che Townes citasse Genova ed Alghero…), ma fornendo una delle prove migliori e più creative del lavoro, mentre David Corley, con una voce a metà tra Van Morrison e Tom Waits tira fuori una To Live Is To Fly decisamente intensa.

My Proud Mountains nelle sapienti mani dei Session Americana è puro folk (con un ottimo crescendo strumentale), la bella voce di Kimmie Rhodes, accompagnata solo dallo splendido pianoforte di Bobbie Nelson (sorella di Willie), fa un figurone in Catfish Song, mentre il sempre più bravo Sam Baker (autore anche del disegno in copertina) dà il suo contributo con una struggente e quasi fragile Come Tomorrow; il primo CD termina con Malcolm Holcombe alle prese con una Dollar Bill Blues dal sapore western. Il secondo dischetto comincia con l’ottimo Jono Manson che rilascia una limpida e countreggiante At My Window, seguito dal redivivo Chris Jagger (fratello di Mick) che ci delizia con Ain’t Leavin’ Your Love, in puro stile folk-blues. Tra gli highlights da segnalare una drammatica Highway Kind ad opera di Chris Buhalis, la vibrante Flyin’ Shoes da parte di Radoslav Lorkovic, emozionante (e che pianoforte) ed una roccata ed energica Loretta, affidata a James Maddock, sempre più bravo anche lui. Non conosco Jeff Talmadge, ma la folkie I’ll Be Here In The Morning affidata a lui è scintillante, a dir poco, così come la profonda Lungs nelle mani di Richard Lindgren, mentre l’attore e cantante Tim Grimm fa sua Colorado Girl con classe e feeling. Waiting Around To Die, uno dei pezzi più cupi di Townes, è perfetta per Michael McDermott, ed il capolavoro assoluto del texano, Pancho & Lefty, una delle più belle canzoni di sempre in assoluto, viene affrontata con bravura e rispetto dal newyorkese Paul Sachs, una rilettura lenta nella quale la melodia risalta in tutta la sua bellezza. Chiude Jack Trooper, figlio di Greg, con il puro folk dal sapore quasi irlandese di Our Mother The Mountain.

Un tributo eccellente quindi, realizzato in maniera professionale e contraddistinto dal grande amore e rispetto dei partecipanti per la figura di Townes Van Zandt, il tutto senza protagonismi e, per citare un brano del grande texano, “for the sake of the songs”.

Marco Verdi

Una Sorta Di Moderna Nitty Gritty Dirt Band, Musica Solare E Deliziosa! Session Americana – Pack Up The Circus

session americana pack up the circus

Session Americana – Pack Up The Circus – Continental Song City / Ird

Come minacciato e promesso, eccomi a parlarvi dei bravissimi Session Americana, visti e sentiti domenica scorsa 3 maggio al Bar Trapani in quel di Pavia, con tanta bella gente e la presenza di personaggi famosi della musica italiana roots, come l’amico Ed Abbiati dei Lowlands, il chitarrista Maurizio “Gnola” Glielmo (è uscito in questi giorni il nuovo album della Gnola Blues Band, Down The Line), Veronica Sbergia e Max De Bernardi dei Red Wine Serenaders, e meno famosi come il sottoscritto e il titolare di questo blog, ma tutti abbiamo apprezzato con gusto la serata.

I Session Americana sono una “all-star-band” che si è formata a Boston nel 2004, iniziando il loro percorso con canzoni country tradizionali e brani classici della tradizione “bostoniana”, andando poi a rileggere pagine di autori come Jimmy Ryan, Mark Sandman (Morphine) e Dennis Brennan. Il loro debutto discografico avviene con Table Top People Vol. 1 e 2 (05), seguito a breve da The Blue Void Trilogy (06) e Table Top People Vol. 3: Beertown (07) che li porta ad avere una certa visibilità e diventare band di supporto di artisti quali Patty Griffin, Peter Wolf e Bill Janovitz dei Buffalo Tom tra gli altri. In seguito la formazione del Massachusetts pubblica una serie di album che vedono alternarsi diversi collaboratori, a partire da Diving For Gold (09), la registrazione di un Live (11), lo splendido Love And Dirt (13), fino ad arrivare a questo nuovo lavoro Pack Up The Circus (con cui si sono fatti notare anche dalle nostre parti), prodotto dalla brava Anais Mitchell.

session americana 1 session americana 2

Il nucleo base attuale della formazione (quello che si è esibito in questo mini-tour) è composto da Ry Cavanaugh alle chitarre, Billy Beard alla batteria, il polistrumentista Dinty Child al banjo, mandolino, organetto e fisarmonica, Kimon Kirk al basso, Jim Fitting all’armonica (componente con Beard anche dei Treat Her Right, storica band i Boston e “antenati” dei Morphine), e la brava italo-americana Laura Cortese al violino, e li vede proporre una musica che spazia dal folk al country, dal soul al bluegrass (con una delicata spruzzatina di jazz), ricca di armonie vocali (cantano tutti), alternando brani classici della tradizione americana, e brani originali composti da alcuni componenti della band.

session americana live session americana 4

Il viaggio “circense” del nuovo album inizia con il gradevole folk-pop della title track Pack Up The Circus, per poi passare alle atmosfere soul di Willing To The Lucky, il delicato swing diYou Always Hurt The One You Love, impreziosito dalle note della tromba e clarinetto, alla tenue ballata folk It’s Not Texas, e cambiare ancora ritmo con la trascinante Vitamin T, dai sapori “caraibici” . Il delicato violino della Cortese introduce una struggente ballata come All For You, per poi ritornare a percorrere i sentieri dello swing con Time Winds Me Up con l’armonica di Fitting in evidenza, alla marcetta Country & western di una piacevole Notary Public, andando a chiudere con due splendide ballate folk, la sognante Mighty Long Time dove spicca la lap-steel di Child, e il solenne incedere di una corale Dark Clouds, fatta su un tessuto di violini e fiati, che cala il sipario su un meraviglioso spettacolo sonoro.

La Session Americana è uno straordinario collettivo di musicisti, che oltre a quelli citati in queste righe annovera: Jon Bistine, Dietrich Strause, Jefferson Hamer, Alec Spiegelman, Adam Moss, Zachariah Hickman, Charlie Rose, Duke Levine, Eliza Carthy e Jennifer Kimball ( delle Story, nonché moglie di Cavanaugh, tanto per non fare torti), un gruppo che in patria ha ricevuto numerosi premi e nomination, diventando per l’area “bostoniana” una vera e propria istituzione. I loro spettacoli dal vivo sono travolgenti, con un vecchio microfono sul tavolo e i musicisti intorno che, a turno, intrecciano voce e strumenti (come se un gruppo di amici si trovasse a suonare insieme), con un mix di brani originali e cover d’autore di Gram Parsons, Emmylou Harris, Little Feat https://www.youtube.com/watch?v=buQ5OGvgDQg  (a Pavia hanno chiuso con una spettacolare versione di Pancho & Lefty del compianto Townes Van Zandt) https://www.youtube.com/watch?v=h_GuW2y_r3E , creando nel pubblico un’atmosfera di forte complicità e divertimento reciproco. Per chi ama il genere una formazione assolutamente da scoprire, che gestisce la sua musica come un continuo “happening”, con canzoni nel segno della tradizione popolare americana, ma contaminate in parte da sonorità moderne e altre volte recuperando i suoni “vintage” delle radici. Vivamente consigliato!

Tino Montanari

“Americana “ All’Olandese ! Point Quiet – Ways And Needs Of A Night Horse

point quiet way and needs

Point Quiet – Ways And Needs Of A Night Horse – Continental Record Service / Ird

Era dai tempi di Gullit, Rijkaard e Marco Van Basten che non mi entusiasmavo per degli olandesi, mi succede ora a distanza di anni dopo l’ascolto di questi sconosciuti Point Quiet. Il debutto di questa formazione avviene però sotto la sigla White Sands con Deseronto (07), undici canzoni lente e malinconiche di buona qualità (con influenze alt-country), a cui segue il cambio di nome e l’uscita dell’omonimo Point Quiet (11), con brani di frontiera e musiche da “noir di paese” https://www.youtube.com/watch?v=zcP7gJo4GLg , fino ad arrivare, dopo quattro anni di concerti sparsi per il mondo, a questo nuovo lavoro Ways And Needs Of A Night Horse, formato da una serie di canzoni che parlano di perdite, speranza e fiducia, brani che esplorano il lato oscuro del genere “americana”. La perfetta fusione di questa band è composta dal cantante paroliere Pascal Hallibert (fondatore del gruppo, ma già sulla scena con altre formazioni) alle chitarre, mandolino e organo, e da altri quattro musicisti olandesi che rispondono al nome di Hans Custers al contrabbasso e trombone, Daan Van Diest alla batteria e percussioni, la dolce Simone Manuputty al violino e viola, e il bravissimo polistrumentista Jan Van Bijen a suonare di tutto, pedal steel, dobro, banjo, mandolino, armonica, vibrafono, fisarmonica e altro.

white sands deseronto point quiet point quiet

Queste “esigenze notturne” del cavallo, simbolo ricorrente nelle copertine dei Point Quiet, iniziano con la meravigliosa title-track Ways And Needs Of A Night Horse, una ballata di frontiera intrisa di fisarmonica e violino, accompagnata dalla voce profonda e malinconica di Hallibert https://www.youtube.com/watch?v=ZdLo0yUXH4k , proseguono con Run All You Want con ancora il violino in evidenza, cambiando poi ritmo con l’irresistibile country-rock di NY Or Not NY, mentre The Man I Once Was e Trembling Stars ricordano a chi scrive le note avvolgenti dei Tindersticks, che fanno da preludio alla struggente melodia di Told. Il percorso riparte con il violino e i toni acustici di una The West Wind e dall’armonica “Morriconiana” di una sofferta Threnody, transitando per un’altra sontuosa ballata come Bright As City Lights, agli archi cameristici di una dolente Horses, con al controcanto Simone Manuputty, andando poi a chiudere il tutto (con riferimento al brano di apertura), con le note di una strumentale Maneras Y Necessidades in perfetto stile Calexico.

Point-Quiet01 point quiet live

La musica dei Point Quiet è una miscela assai riuscita di atmosfere notturne https://www.youtube.com/watch?v=gk87YPEGQZQ  che richiamano formazioni come gli Spain, i citati Tindersticks, ed i poco conosciuti scozzesi Bathers, con aggiunte sonorità desertiche di gruppi storici quali  Giant Sand, Willard Grant Conspiracy e ovviamente i Calexico, che si traduce in questa serie “scintillante” di undici brani, che si fondano sulla voce amichevole e calda del frontman Pascal Hallibert, e sulla bravura di musicisti che fanno una musica appassionata (su tutti Jan Van Bijen e Simone Manuputty), perfettamente inserita nel genere americana, e con questo lavoro Ways And Needs Of A Night Horse, dimostrano che la buona musica non ha confini, e può arrivare anche dal paese dei “tulipani”, e (con nostalgia) del trio Gullit, Rijkaard e Van Basten. (*NDB mi scuso con i non milanisti!)

Tino Montanari

NDT: Faccio appello all’amico Paolo Pieretto del Bar Trapani, se riesce a portarli a suonare nel suo locale a Pavia, dove recentemente si sono visti i Session Americana, eccellente formazione statunitense dell’area del Massachusetts, di cui vi consiglio caldamente l’ultimo album Pack Up The Circus (distribuito in Italia sempre dalla Ird e di cui andremo a parlare prossimamente sul Blog), ed in generale tutta la loro discografia.