Sempre Più Bravo, Da Conoscere! Seth Walker – Gotta Get Back

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Seth Walker – Gotta Get Back – The Royal Potato Family

Non so dirvi se Seth Walker viva ancora a New Orleans, ma il musicista della North Carolina, che ha girato anche per Tennessee e Texas nel suo vagabondare musicale, è certamente ancora influenzato dai suoni della Crescent City. Nel ruolo del produttore c’è stato un avvicendamento; nell’ottimo disco precedente Sky Still Blue era Oliver Wood dei Wood Brothers ,in questo nuovo Gotta Get Back è Jano Rix (strano, sempre dei Wood Brothers! http://discoclub.myblog.it/2015/12/27/recuperi-sorprese-fine-anno-2-peccato-conoscerli-the-wood-brothers-paradise/ ), mentre Oliver appare solo come voce di supporto e co-autore in un paio di brani. Naturalmente è presente anche il fratello Chris Wood al basso, e a proposito di famiglie musicali nel disco appaiono anche il babbo, la mamma, lo zio di Walker, tutti impegnati a vari strumenti a corda, dal cello a violini vari, con appunto il padre Scott che ha curato anche gli arrangiamenti di archi.

Seth è un ottimo chitarrista elettrico e acustico, come ha dimostrato nei precedenti dischi, più orientato al blues abitualmente, ma molto eclettico nel suo stile, che ingloba appunto le 12 battute, il funky e il soul di New Orleans, ma anche elementi jazz, folk, country, tutte le musiche ascoltate in famiglia nel corso degli anni https://www.youtube.com/watch?v=e3VYeq2czK8 . Il nuovo disco è stato registrato in giro per gli States, Seth, con l’immancabile cappellino in testa, ha girato dal North Carolina al New Jersey, passando per i Southern Ground Studios di Nashville, di proprietà di Zac Brown: tra i musicisti impiegato, oltre ai nomi ricordati, anche il tastierista Kevin Anker, di recente all’opera nell’ultimo Fabulous Thunderbirds, Matt Glassmeyer ai fiati, Steve Mackey al basso elettrico (Dolly Parton, Tinsley Ellis, Allison Moorer e nei dischi precedenti di Walker), Chris Wood, che usa il contrabbasso di solito, Derrek Phillips alla batteria (già sentito con Mike Farris, Charlie Hunter e fa parte con Mackey della touring band del nostro).. Anche Gary Nicholson, che firma con Seth cinque brani, è una presenza importante. Insomma se vi è piaciuto l’ultimo Wood Brothers Paradise (a me parecchio http://discoclub.myblog.it/2014/09/01/rock-blues-soul-miscela-perfetta-seth-walker-sky-still-blue/ ) qui sarete parimenti soddisfatti: i primi due pezzi sono quelli più legati al sound di New Orleans, il bayou funky della ritmata High Time, tra un frizzante pianino, organo, basso molto presente, l’acustica anche in fase ritmica e l’elettrica di Walker usata con parsimonia, ma anche Fire In The Belly, che fin dal titolo rievoca immagini sonore alla Neville Brothers, ma pure Radiators e Subdudes, con la solista che comincia a farsi più cattiva e tagliente https://www.youtube.com/watch?v=n3TYgW9Ye_M . Back Around è un gospel soul, siamo sempre musicalmente nel Sud, ma ci si sposta verso un sound ancora più nero, tra battiti di mani, le solite tastiere, armonie vocali deliziose, e una melodia che mi ha ricordato certe cose del miglior Stevie Wonder anni ’70, quando era tra i più bravi in circolazione!

E pure Call My Name non scherza quanto a contenuti soul, tocchi deliziosi delle immancabili tastiere, la bella voce di Seth Walker (non lo avevamo ancora detto?), una delicata melodia che ci delizia i padiglioni auricolari, con il babbo che cura il sontuoso, ma non invadente, arrangiamento di archi e splendide armonie vocali, con nel finale un breve solo di chitarra di gran classe. Anche Movin’ On è molto bella, tra R&B, qualche tocco caraibico e jazzy, armonie doo-wop, a dimostrazione che nella discoteca di famiglia si ascoltava molta buona musica, sembra quasi un pezzo del Paul Simon più ritmato. Way Past Midnight sposta l’asse verso blues, R&R e tocchi country-gospel-rockabilly, molto coinvolgente, con organo vintage, piano e sezione ritmica molto indaffarati; Home Again, più intima e raccolta, è un gospel-folk (?), con acustica pizzicata, contrabbasso e intricate armonie vocali. Anche The Sound Of Your Voice, uno dei pezzi più belli del disco, ha questa aria da brano da cantautore folk, ma con uno splendido e avvolgente arrangiamento di archi del babbo Scott, che poi si apre nel finale con l’ingresso della ritmica e di alcuni splendidi interventi di un organo notturno, fantastico. Turn This Thing Around è un delizioso doo-wop semiacustico, a dimostrazione dell’estrema varietà del disco, subito seguita da Dreamer, a cavallo tra Caraibi e New Orleans soul, sempre con le tastiere, piano elettrico e organo, usate in modo splendido. Gotta Get Back, la canzone, miscela folk, country e degli inserti di fiati, con abilità sopraffina, anche gli archi e il contrabbasso di Chris Wood contribuiscono alla estrema raffinatezza della canzone. Manca Blow Wind Blow, solo l’acustica e la voce di Walker https://www.youtube.com/watch?v=Tdiy5gq0CXQ , con gli archi dei familiari a incorniciare quello che è un album veramente bello.

Bruno Conti

Recuperi (E Sorprese) Di Fine Anno 2. Un Peccato Non Conoscerli: The Wood Brothers – Paradise

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The Wood Brothers – Paradise – Honey Jar Records

Vi offro una carota di fine anno: ma a differenza di quella di fronte al ciuccio nella copertina di Paradise, nuovo e nono album dei Wood Brothers, non è irraggiungibile, tutt’altro. Anzi, se amate la buona musica, e in questo disco ce n’è tanta, dovete fare il possibile per recuperarlo. I fratelli Wood sono due: Chris, anche contrabbassista con Medeski, Martin & Wood, trio di chiara impronta jazz e Oliver, chitarrista, cantante e produttore (recentemente con Shemekia Copeland per l’ultimo album http://discoclub.myblog.it/2015/09/21/la-piu-bianca-delle-cantanti-nere-recenti-shemekia-copeland-outskirts-of-love/ , ma ha prodotto anche molti dei precedenti e nel 2014 l’eccellente disco di Seth Walker http://discoclub.myblog.it/2014/09/01/rock-blues-soul-miscela-perfetta-seth-walker-sky-still-blue/). A completare la formazione, quello che loro definiscono il terzo fratello (da cinque anni con loro), Jano Rix, a batteria, percussioni e tastiere. Il genere, oltre al rock, blues e soul ricordati nel titolo del Post su Walker, incorpora anche elementi di roots music, o Americana se preferite, e New Orleans sound mediato dall’ottica più rock dei Little Feat. E in questo album anche sprazzi di rock psichedelico fine anni ’60, alla Traffic, band in cui militava l’omonimo Chris Wood. Quindi, se vogliamo, lo stile si potrebbe avvicinare, anche grazie all’uso dei fiati in alcuni dei brani, a quello della Tedeschi-Trucks Band, band con cui Oliver ha spesso collaborato in passato, e i cui titolari, Derek Trucks alla alide, e Susan Tedeschi alla voce, sono presenti come ospiti in Never And Always, una di quelle ballate gospel profane, fintamente pigre e ciondolanti, con l’acustica e il contrabbasso dei Woods e la voce deliziosa di Susan ad evocare quelle calde atmosfere di certe canzoni della Band, fino alla esplosione breve e ficcante della slide di Trucks. 

Anche Raindrop, con i suoi ritmi funky e frastagliati, evoca sia il sound della succitata Band quanto il suono dei gruppi della Louisiana, grazie ai fiati, il trombone in particolare, che si insinuano nel groove poderoso della batteria e del basso di Chris Wood, per la prima volta alle prese con uno strumento elettrico in questo album, e anche la chitarra di Oliver ha la giusta quota di cattiveria, per non parlare delle voci delle McCrary Sisters. Ma “ecletticità” è la parola d’ordine di questo disco: in American Heartache, cantata a due voci dai fratelli Woods, si respira, anche grazie all’armonica dylaniana di Chris, profumo della grande musica americana evocata dal titolo del brano e Oliver rilascia anche un breve e ficcante assolo https://www.youtube.com/watch?v=F1eZqp-Bd3Y . Per non parlare di quella splendida e malinconica ballata che risponde al nome di Two Places, una canzone che parte piano sull’onda di una chitarra acustica, poi lentamente entrano tutti gli strumenti, una rullata di balleria e un colpo di basso, poi scivola dentro un evocativo Hammond e poi arrivano, in questo continuo crescendo, i fiati e tutto si rivela nel suo magico splendore. Ancora diversa la tirata e bluesata iniziale Singin’ To Strangers, di nuovo vicino allo spirito di Dylan e la Band https://www.youtube.com/watch?v=6WidA1yJBGU , grazie di nuovo all’armonica e al lavoro delle chitarre, magistralmente arrangiate, mentre Susan Tedeschi (o sono le McCrary?) presta nuovamente la sua voce per le perfette armonie vocali e Oliver inchioda un altro breve solo dei suoi, e sembra anche di ascoltare i vecchi Delaney & Bonnie, con il loro rock got soul.

Touch Of Your Hand. cantata da Chris Wood, con il classico risuonare del suo contrabbasso a contraddistinguerla, come pure il twangin’ evocativo delle chitarra di Oliver, ha anche tratti di country desertico e anomalo nel suo DNA, mentre Without Desire con il suo serpentino e sinuoso incedere ha stampato New Orleans nel biglietto da visita, tra chitarre, organi e fiati che si dividono equamente gli spazi con la chitarra di Oliver, un solista non esplosivo ma dalla tecnica e dal feeling magnifici. Come conferma, a proposito di serpenti, il R&R à la Little Feat, della vorticosa Snake Eyes, sempre arricchita dalle efficaci armonie vocali di tutto il gruppo, in cui anche Jarno Rix ha la sua parte https://www.youtube.com/watch?v=E7XOBPTI1Iw . Probabilmente, come ha detto il gruppo, alla riuscita di questo Paradise ha contribuito il fatto che i membri della band, vivendo ora tutti a Nashville, hanno potuto scrivere insieme i brani del disco. Come conferma la splendida River Of Sin https://www.youtube.com/watch?v=aLwGosdeiv8 , un’altra ballata jazzata dove si apprezzano il piano e l’organo di Rix che conferiscono un’aria old style, quasi alla Randy Newman, a questa delicata ode al peccato, sempre impreziosita da un cesellato lavoro vocale, in questo caso delle McCrary Sisters. Ho dimenticato qualcosa? Ah sì, manca la dolce e bucolica Heartbreak Lullaby, una piccola delizia folk ed acustica che completa la tavolozza di colori usata per questo Desire, prendere appunti di fine anno, please!

Bruno Conti

Sulla Strada Americana Del “Soulful Folk-Rock” D’Autore! Brigitte DeMeyer – Savannah Road

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Brigitte DeMeyer – Savannah Road – BDM Music

Dopo Kris Delmhorst, Robyn Ludwick e Jennifer Castle, ecco un’altro nome da aggiungere alla vostra lista di “female singer-songwriters” di talento e qualità da seguire: è quello di Brigitte DeMeyer nata nel Michigan da immigrati (madre tedesca e padre belga), ma cresciuta nella California del sud, in possesso di una voce bella, intensa e seducente (per certi versi “simile” a quella di Sheryl Crow, ma anche Bobbie Gentry è un nome da spendere e pure Marshall Chapman, take a look https://www.youtube.com/watch?v=6I2ytZnx6yE), che giunge con questo nuovo Savannah Road al suo sesto album solista. Figlia girovaga di un marinaio, Brigitte dopo un lungo peregrinare si è infine stabilita a San Francisco per intraprendere la carriera di musicista, incidendo il primo disco, Another Thousand Miles (01) una valida proposta country-soul che le ha permesso subito di farsi conoscere e apprezzare; il secondo Nothing Comes Free (03) orientato più verso il blues e il soul le ha ampliato orizzonti e consensi, il terzo Something After All (06) proponeva una sorta di country-roots, con il supporto di grandi nomi, tra i quali Steve Earle, Buddy Miller e Daniel Lanois, per poi arrivare con gli ultimi due lavori, The Red River Flower (09) e Rose Of Jericho (11) https://www.youtube.com/watch?v=6I2ytZnx6yE https://www.youtube.com/watch?v=wMAwcVB9JXc , a proporre una nuova “miscellanea” di generi che spaziava tra country e bluegrass, blues e soul, e anche un pizzico di gospel.

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In Savannah Road (il titolo è stato ispirato dal libro My Cross To Bear di Gregg Allman) tutti i brani sono scritti dalla DeMeyer e la maggior parte in collaborazione con il veterano cantautore Will Kimbrough (ben dieci) https://www.youtube.com/watch?v=mYi78JWzkho  che l’accompagna anche, alla chitarra acustica, banjo e pedal steel e con il valido apporto di musicisti di “area” quali il produttore degli album precedenti Brady Blade , qui alla batteria e percussioni, Jeff Coffin al clarinetto, Ricky Davis alla chitarra slide, Chris Donohue al basso, Jimmy Wallace al pianoforte e tastiere, Guthrie Trapp al mandolino e le McCrary Sisters (sentite ultimamente nel disco Sky Still Blue di Seth Walker dove appare anche Brigitte) che danno un tocco di soul e blues, alle armonie vocali.

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Le “strade” si aprono dinnanzi a noi con la title track Savannah Road, una brano dalle atmosfere vicine al famoso Paris Texas di Wim Wenders, seguita dall’arpeggio di una delicata canzone d’amore come Say You Will Be Mine, una ballata semiacustica, Boy’s Got Soul, cantata con forte emozione da Brigitte, mentre Please Believe Me è un blues “fumoso” del delta, e Big Man’s Shoes è viceversa un motivo delicato e gentile, sostenuto dal clarinetto di Jeff Coffin. Dopo una brevissima sosta la strada riprende con una bellissima Conjure Woman, una canzone dalla fascinosa linea melodica guidata dalla pedal steel di Kimbrough, le note sensuali di Honey Hush, il country alla Julie Miller di Worker, passando per le struggenti note di Home Ground, e un brano stile Motown, Lightnin’ Poor, con le armonie soul delle sorelle McCrary.

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Si arriva (purtroppo) alla fine della strada con la semi-acustica Simmer Right, con un formidabile coro “gospel”, un blues (rubato dai solchi di una Bonnie Raitt d’annata) come Build Me A Fire e una ballata scesa dai monti Appalachi, My Someday , con il banjo e l’armonica di Will a chiudere un lavoro che colpisce direttamente al cuore (sicuramente ciò che ha ispirato il grande Gregg Allman a chiederle di aprire i suoi concerti).

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Non avete nulla della signora Brigitte DeMeyer?, Questa è l’occasione migliore per fare la sua conoscenza, in fondo la buona musica richiede qualche sacrificio e un pizzico di coraggio anche da chi acquista i CD, per quanto ci riguarda la ricerca continua…!

Tino Montanari

Rock, Blues E Soul, Una Miscela Perfetta! Seth Walker – Sky Still Blue

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Seth Walker – Sky Still Blue – Royal Potato Family

Quando ascolti un album come questo Sky Still Blue ti verrebbe da dire “non solo Blues”, ma poi riflettendo, in effetti è blues, o quantomeno una musica chiaramente influenzata dalle classiche 12 battute https://www.youtube.com/watch?v=P9eZLvPNJaU . Anche se risulta mediata dalle esperienze musicali e di vita di Seth Walker, uno che in una carriera che ormai si estende su quasi due decadi e otto album (con questo) pubblicati, ha portato la sua musica dalla natia North Carolina al Texas, Austin, dove è vissuto per oltre dieci anni, poi a Nashville e infine a New Orleans, dove vive da un paio di anni e questo disco è stato registrato. Walker ha uno stile, sia vocale che chitarristico, molto laconico, mi verrebbe da dire una sorta di JJ Cale in trasferta in Louisiana, con questa resa sonora molto laidback, però ricca di nuances jazzate, à la Mosè Allison, se fosse stato un chitarrista, ma anche Charles Brown e Ray Charles, per volare alti e visto che siamo da quelle parti.

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La classe ovviamente non è quella ma Walker si difende alla grande, aggiungendo una quota funky della Crescent City, un pizzico di soul e gospel, grazie alla presenza delle McCrary Sisters, e, con l’aiuto di Oliver Wood, dei Wood Brothers, che produce, suona la seconda chitarra e si è portato il fratello Chris (Medeski, Martin & Wood) con il suo contrabbasso, oltre a una cinquina di canzoni, firma questo disco, molto raffinato e da centellinare negli ascolti, Sicuramente contribuiscono alla riuscita di questo bel dischetto anche Gary Nicholson, presente come autore in un paio di brani e che aveva prodotto il precedente Time Can’ t Change, oltre a partecipare anche a Leap Of Faith, entrambi gli album registrati in quel di Nashville https://www.youtube.com/watch?v=e3VYeq2czK8 , e che meritano, se volete approfondire, la vostra attenzione. Delbert McClinton, che ha partecipato all’ultimo album citato, quello del 2009, è un fan e ne ha cantato le lodi, le riviste americane, di settore e non, giustamente lo portano in palmo di mano, e Seth Walker in questo disco fa di tutto per meritarsi tutti i complimenti ricevuti.

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Lo fa senza sforzo apparente, con un lavoro che mette a frutto tanti anni di carriera e dove confluiscono le influenze citate prima, a cui si aggiungono le sue passioni per T-Bone Walker e Stevie Ray Vaughan, due musicisti che stanno agli antipodi.  Walker non è un cantante formidabile, ma assai interessante, la chitarra viaggia sempre su traiettorie inconsuete, tra jazz, blues e certo blue-eyed soul dalle fragranze delicate, anche gli altri musicisti utilizzati sono perfetti nei loro compiti, dalla sua road band, Steve McKey, basso e Derrick Phillips alla batteria, oltre a Jano Ritz che nei Wood Brothers suona la batteria, ma qui si inventa tastierista deluxe, a organo, piano e piano elettrico. E poi le undici canzoni sono veramente belle: che siano lo swampy blues, molto New Orleans, della deliziosa Easy Come, Easy Go, con la voce di supporto di Brigitte De Meyer, il titillante pianino di Ritz e la chitarra insinuante e magica dello stesso Walker, oppure il blues sanguigno (che non manca nell’album e nella precedente produzione del nostro amico) della potente Trouble (Don’t Want No), che ci fa capire perché il primo brano nel repertorio di inizio carriera di Seth era Cold Shot di SRV https://www.youtube.com/watch?v=XlMoAZ7mczE .

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Nel disco troviamo anche lo slow blues, virato gospel, quasi una magica ballata, di Grab Ahold, con le armonie vocali delle sorelle McCrary e un breve inserto di scat voce-chitarra https://www.youtube.com/watch?v=ihLg49jPdkY . Per non parlare (ma invece parliamone, perché no?) di una Another Way, tra funky moderato, quasi blue-eyed soul, alla Steely Dan, con un bel pianino elettrico a duettare con la chitarra  e lo strano R&B “valzerato” (ma esiste?) e acustico di Tomorrow, sempre raffinatissimo. All That I’m Askin’ alza la quota funky, aggiunge la tromba di Ephraim Owens, mette in evidenza il contrabbasso di Wood e ci aiuta a tuffarci nei meandri di New Orleans, con un sound comunque decisamente jazzato.

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High Wire, che cita il titolo dell’album nel testo, è una ballata da after hours che scorre sulle note dell’organo e della voce più laidback che mai di Walker, che si cimenta anche in un breve solo all’acustica. Ancora una meravigliosa e vellutata ballata, For A Moment There,  questa volta ricca di soul e con il contrappunto ancora delle bravissime McCrary Sisters, seguita dall’unica cover del disco, un Van McCoy di epoca pre-disco, Either Way I Lose, che diventa blues notturno, quasi minaccioso, con un notevole lavoro alla solista di Seth Walker. Chitarra ancora molto presente nel blues-gospel dell’intensa Jesus (Make My Bed), cantata benissimo e con grande partecipazione https://www.youtube.com/watch?v=YKG_-hnuo5w , come pure la dolcissima Way Too Far, che conclude in gloria questo piccolo gioiellino: veramente bravo!

Bruno Conti