Il Cantautore “Innamorato”! Darden Smith – Love Calling

darden smith love calling.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Darden Smith – Love Calling – Compass Records 2013

Pur non avendo mai avuto un successo commerciale enorme, Darden Smith ha trascorso la parte migliore della sua quasi trentennale carriera incidendo ogni due o tre anni un nuovo disco (questo Love Calling è il quattordicesimo), affermandosi come uno dei più coerenti cantautori texani. Nato e cresciuto in una fattoria di Brenham, Texas, Darden ha mostrato subito una buona attitudine per la musica, iniziando a scrivere canzoni fin da giovane, poi quando la famiglia si è spostata ad Houston, ha cominciato ad avere il primo vero impatto con la scena musicale di Austin, che, in quel periodo (alla fine degli anni settanta), era un via vai continuo di musicisti di ogni genere, che spaziavano dal country al rock, dal folk al blues, influenzando il giovane Smith con la musica principalmente degli Allman Brothers e Marshall Tucker Band, avendo come idolo in seguito un certo Bob Dylan. Quando comincia a diventare musicista a tempo pieno, il “nostro” suona nei locali, partecipa a vari concerti, suona con “mostri sacri” come Waylon Jennings e Willie Nelson, si fa le ossa a fare da supporto per gli Asleep At The Wheel (gruppo fra i più longevi e preparati della musica country), conosce Joe Ely e diventa grande amico di Lyle Lovett, diventando in breve tempo un nome della scena musicale texana.

Incide il suo primo album Native Soil (86) per la piccola Red Mix Record di Austin, seguito dal secondo omonimo Darden Smith (88) con musicisti di valore coinvolti tra i quali Sonny Landreth, David Halley, Nanci Griffith e Lyle Lovett. A sorpresa Darden se ne va in trasferta a Londra, e incide un disco a due con Boo Hewerdine (leader dei Bible) Evidence (89), un disco più che piacevole (non entrerà mai nella storia del rock), ma fatto con gusto, e la collaborazione inglese gli permette di acquisire quel “quid” che gli mancava per arrivare ad essere un autore nel puro senso del termine, e pubblicare al ritorno un capolavoro come Trouble No More (90), il suo lavoro più personale, intimo e riuscito (da recuperare assolutamente). Con Little Victories (94) e il seguente Deep Fantastic Blue (96), Smith si avvicina sempre di più ad un certo rock d’autore, e dopo la proposta particolare di Extra Extra (2000), una riedizione in chiave rinnovata di brani (che hanno segnato a suo giudizio la sua carriera artistica), si accasa alla Dualtone Music e sforna una triade di album a partire da Sunflower (2002), poi  Circo (2004) e Field Of Crows (2005), tutte prove convincenti, che confermano la costante vena creativa di un artista che non lascia nulla al caso. Puntualmente a distanza di due anni esce Ojo (2007) per la sua nuova etichetta Darden Music, a cui segue After All This Time (2009) una “compilation “ tratta dai suoi album precedenti, per poi arrivare a Marathon (2010), una sorta di concept album dedicato ad una cittadina del Texas, che si trova sul Rio Grande (un-secreto-ben-conservato-darden-smith-marathon.html).

Love Calling apre un nuovo capitolo nella carriera dell’artista, è il primo per la Compass Records e anche il primo registrato a Nashville, sotto la produzione di Jo Randall Stewart e Gary Paczosa, e scritto a quattro mani con importanti songwriters di Austin, Rodney Foster, Jack Ingram e i meno conosciuti (ma altrettanto bravi) Harley Allen, Gary Nicholson e Jay Clementi, e con la collaborazione di musicisti di “area” del calibro di Michael Rhodes e Byron House al basso, Pat Bergeson alle chitarre, Jon Jarvis alle tastiere, John Gardner alla batteria, Dan Dugmore alla pedal steel e alle armonie vocali Jessi Alexander e la grande Shawn Colvin ospite nella title-track.

Il madrigale parte con Angel Flight (che era apparsa anche nell’album Revival di Rodney Foster), mentre Seven Wonders è sorretta da una riuscita combinazione piano e organo, ed è seguita dalla attraente ballata Mine Till Morning con al controcanto Jessi Alexander. Better Now (scritta con Foster) è un brano vibrante, coinvolgente, dal piacevole ritornello, mentre Favorite Way (scritta con Foster e Gary Nicholson) intro strumentale con chitarra e spazzole della batteria richiama atmosfere più soffuse

Love Calling è un brano dall’aria vagamente pop, con la Colvin alle voci, Distracted mantiene un profilo prettamente acustico, mentre Reason To Live (scritta con Jack Ingram) è ricca di sfumature più complesse, con l’apporto della pedal steel di Dan Dugmore . I Smell Smoke (scritta con Jay Clementi) è un brano cantato con voce sussurrata, seguito da uno dei momenti più mossi Medicine Wheel, grazie all’azione delle chitarre e ad un piacevole refrain, per chiudere con Baltimore una ballata sontuosa, lenta e riflessiva, un po’ crepuscolare, interpretata con una voce dalla tonalità bassa, che affascina.

Le Bonus Tracks sono due brani ripresi dal vivo al SiriusXM Coffee House,  la celeberrima I Say A Little Prayer del duo Bacharach/David e la title track Love Calling in versione acustica, che vanno a chiudere superbamente un’altra prova di qualità.

Darden Smith, mi convinco sempre ad ogni nuovo disco, è il meno texano dei cantautori di questo stato, perché è un artista sublime, un’anima sensibile (in questo lavoro, sinceramente innamorato) e sempre attiva, ogni volta che deve realizzare un disco riesce facilmente a trovare la giusta alchimia, come accade puntualmente in questo Love Calling. Se vi capita tra le mani, non gettatelo via.

Tino Montanari

“Nostra Signora” Del Folk! Judy Collins – Live At The Metropolitan Museum

judy collins live at the metropolitan.jpg

 

 

 

 

 

 

Judy Collins – Live At The Metropolitan Museum – Wildflower Records 2012 – DVD – CD

Tra i pochi regali di Natale che ho ricevuto, mi fa estremamente piacere recensire questo DVD di Judy Collins  (che è stato già segnalato dal titolare del blog circa un mesetto fa con relativo video). Registrato il 16 Agosto scorso al Metropolitan Museum Of Art di New York,  nella sala dove fa bella mostra di sé il Tempio di Dendur: ed è in questa suggestiva location che la Collins (con Joan Baez e Joni Mitchell, una delle grandi voci della scena folk americana degli anni ’60 e non solo), celebra il 50° anniversario della sua carriera in uno show straordinario, con la partecipazione di vari artisti, coinvolti in duetti e nella rivisitazione di classici della musica americana.

Infatti entrano in scena, di volta in volta, chiamati dalla “musa” Judy, Ani DiFranco, in una sentita rilettura di Pastures Of Plenty di Woody Guthrie, il poco conosciuto ma bravo Kenny White in una versione di Helplessly Hoping di Crosby, Stills and Nash e in Veteran’s Day, Chris Bailey con Some Day Soon, l’amica Shawn Colvin in Since You’ve Asked, e una maestosa Moon Is A Harsh Mistress dal repertorio del leggendario Jimmy Webb. A completare la scaletta del concerto, la Collins pesca da una selezione straordinaria, con brani di Joni Mitchell (Both Sides Now), Joan Baez (Diamonds & Rust), Bob Dylan (Mr. Tambourine Man), una deliziosa Send In The Clowns tratta dal Musical di Stephen Sondheim A Little Night Musice non poteva certo mancare Suzanne del grande Leonard Cohen, eseguita al pianoforte, con relativa dedica all’autore, da lei, in un certo senso, scoperto e lanciato.

Tanto tempo è passato dai nostalgici giorni del Greenwich Village, ma la “nostra signora” Judy Blue Eyes non perde occasione di ricordare le sue origini, e fortunatamente, questo concerto è l’occasione per far rivivere ai suoi ammiratori (che spero non siano pochi) quella indimenticabile esperienza. Per chi scrive, questo è il mio “Concerto di Natale”, e sarei contento che fra tanti regali inutili, questo DVD fosse l’eccezione. Buone feste e l’augurio di un anno migliore.

Tino Montanari

“Una Signora Americana”. Shawn Colvin – All Fall Down

shawn-colvin-all-fall-down-200.jpg

 

 

 

 

 

 

Shawn Colvin – All Fall Down – Nonesuch Records 2012

Shawn Colvin originaria di Vermillion (South Dakota), è stata in gioventù una delle più celebrate cantautrici uscite dalla cosiddetta prima ondata del “new folk” (iniziata negli anni ottanta), un movimento che ha portato alla luce, fra gli altri, i talenti di Suzanne Vega e Jack Hardy. Nel 1989 con Steady On seppe meritarsi un Grammy (l’Oscar americano della musica) nella categoria di miglior esordio in ambito folk, un altro lo vincerà nel 1998 con il singolo Sunny Came Home, contenuto nell’album A Few Small Repairs, come miglior canzone dell’anno. In seguito con una stampa sempre favorevole, ha prodotto dischi di valore assoluto come Fat City (92), Cover Girl (94) uno splendido album di “cover”, il già menzionato A Few Small Repairs (95), e il più recente These Four Walls (2006).  

Il nuovo lavoro della dolce cantautrice, All Fall Down, è molto ambizioso: per confezionarlo la Colvin ha chiamato a raccolta uno stuolo di grandi nomi del rock (ma soprattutto amici), sotto il patrocinio di Buddy Miller, produttore del disco, presso lo studio del medesimo a Nashville. Shawn saggiamente ha approfittato della amicizia e disponibilità a partecipare alle sessioni di artisti come Jakob Dylan, Alison Krauss, Patty Griffin, Emmylou Harris, Bill Frisell, e musicisti del valore di Stuart Duncan al violino, Viktor Krauss al basso, Brian Blade alla batteria, Julie Miller (moglie del produttore) e le sorelle McCrary ai cori. Buddy Miller è un produttore molto esperto (ha lavorato praticamente con tutti ed è ricercato da tutti) e in questa occasione ha costruito attorno alle canzoni della sua “amica” un suono molto morbido e suadente che rispetta la natura acustica del suo “songwriting”, ma che non manca di soluzioni elettriche.

L’iniziale “title track” All Fall Down è scritta col suo partner e produttore di lunga data John Leventhal, un brano elettrico dove la voce ricorda quella di Sheryl Crow, mentre la seguente American Jerusalem, pescata dal repertorio di Rod MacDonald,  tocca il cuore, mettendo in evidenza la chitarra di Bill Frisell e il controcanto di Emmylou Harris, uno dei punti più alti del disco. Si riparte con Knowing What I Know Now, delicato brano punteggiato dal violino di Duncan, seguito da Seven Times The Charm firmato con Jakob Dylan e con Alison Krauss vocalist aggiunta. Anne of the Thousand Days è una ballata romantica che vede come autore Frisell e lo si nota per l’elegante gusto dell’arrangiamento, mentre The Neon Light of the Saints (scritta appositamente per la serie TV Treme) ha ritmo e un ritornello dinamico, con  tutte le coriste in spolvero.

Change Is on the Way scritta a due mani con Patty Griffin è un’altra delle perle del CD, una ballata sognante, e la Colvin si supera con una “performance” notevole, su un tessuto sonoro che si sviluppa con la pedal steel e il violino di Stuart. I Don’t Know You e Fall of Rome sono canzoni folkie, dalla accurata struttura armonica, con il suono magico delle chitarre di Bill Frisell e Buddy Miller. Con Up on That Hill di Mick Flannery si arriva al terzo momento “caldo” del disco (e devo dire con una certa sorpresa), in quanto Shawn va a pescare nel songbook di uno dei miei cantautori preferiti del momento (recensito sul blog la settimana scorsa in-irlanda-un-numero-1-grande-talento-mick-flannery-red-to-b.html), un brano di una bellezza disarmante (tratto da Red To Blue), una versione incantevole, un gioiello preso in prestito. La chiusura è affidata a On My Own un brano dove la Colvin ricorda persino la miglior Suzanne Vega (con cui ha condiviso gli esordi), una ballata dal suono morbido e romantico.

Ne ha fatta di strada Shawn Colvin e non sarei sorpreso se All Fall Down prendesse una “nomination” per i Grammy del prossimo anno, perché dischi coltivati e suonati con tanto amore, non possono passare inosservati alle orecchie più sensibili. Se cercate una degna “epigona” di Joni Mitchell, difficile in questo momento trovare di meglio.

Tino Montanari

Un Trio Per Giugno! Nuovi Album Per Brandi Carlile, Shawn Colvin E Mary Chapin Carpenter

brandi carlile bear creek.jpgshawn-colvin-all-fall-down-200.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Brandi Carlile – Bear Creek – Columbia – 05-06-2012

Shawn Colvin – All Fall Down – Nonesuch – 05-06-2012

Mary Chapin Carpenter – Ashes And Roses – Zoe/Rounder 12-06-2012

Visto che in questi giorni ho ricevuto le prime notizie (e altro) sulle uscite discografiche di tre delle migliori cantautrici in circolazione le condivido in anteprima con Voi.

Il 5 giugno uscirà il nuovo e quarto album di studio di Brandi Carlile Bear Creek che prende il titolo dagli studi dove è stato registrato (così ha potuto emulare il suo “idolo” Elton John che aveva fatto Honky Chateau). Sono tredici nuovi brani di cui alcuni già eseguiti dal vivo tra i quali Raise Hell, Keep Your Heart Young e il singolo That Wasn’t Me. Brandi è accompagnata dal suo gruppo abituale con i gemelli Tim & Phil Hanseroth, chitarra e basso, la batterista Allison Miller e al cello Josh Neumann. Più Dave Palmer alle tastiere e Jeb Bows al violino e mandolino. Ospite in alcuni brani Matt Chamberlain alla batteria.

Lo stesso giorno per la Nonesuch esce il nuovo Shawn Colvin All Fall Down, ottavo album in questo caso, con un parterre di ospiti impressionante: Alison Krauss, Emmylou Harris, Jakob Dylan, Mary Chapin Carpenter, Bill Frisell, Viktor Krauss, Brian Blade, Stuart Duncan, and Julie Miller, tra gli altri. C’è anche Buddy Miller che oltre a suonare e cantare, produce il disco. Sono undici brani con alcune collaborazioni interessanti: oltre alle canzoni scritte con Viktor Krauss, Jakob Dylan e Bill Frisell ce n’è una firmata con Patty Griffin e tre con John Leventhal. Sembra molto promettente! Di Shawn Colvin, sempre nella stessa data, esce anche un libro di memorie Diamond In The Rough!

Tra l’altro la Colvin proprio in questi giorni è in tour negli Stati Uniti in duo acustico con Mary Chapin Carpenter che il 12 giugno pubblicherà per la Zoe/Rounder/Universal il nuovo album Ashes and Roses. Non c’è la foto della copertina perchè nelle notizie che mi hanno dato c’è scritto “not final artwork” e quindi rispettiamo. Però vi posso dire che il CD è prodotto dalla stessa Carpenter con Matt Rollings che suona anche le tastiere, chitarre affidate come di consueto a Duke Levine, Russ Kunkel alla batteria, Glenn Worf al basso e Mac McAnally e Kim Keys alle armonie vocali. Sono tredici brani tra cui un bellissimo duetto con James Taylor Soul Companion. Come faccio a saperlo? L’ho sentito! Recensione in tempi ragionevoli, qualche giorno prima della data di uscita.

Attendiamo fiduciosi.

Bruno Conti

Patty Griffin – Downtown Church. O Forse No!

patty griffin downtown church.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Avevo esultato troppo presto, nelle classifiche Usa ogni tanto i miracoli accadono, ma non durano, dopo l’esordio al 38° posto, il disco è già precipitato in 99esima posizione, ma questo nulla toglie al suo valore. Per capire il senso del titolo di questo post andatevi a leggere quello precedente.

Grande disco, country-gospel-folk di qualità superba per una delle più bravi cantautrici americane dell’ultimo ventennio che ancora una volta dimostra che si può fare della musica emozionante e di grande impatto sonoro con pochi, decisi tratti musicali: Patty Griffin, ha radunato un gruppo di amici, cantanti e musicisti, in una chiesa presbiteriana di Nashville, “La Chiesa del Centro” del titolo e ha registrato questo disco gospel oriented ma non solo.

Sotto la guida del mai troppo lodato Buddy Miller, un piccolo genio alchimista degli equilibri sonori, ha realizzato questa serie di duetti che spaziano tra sacro e profano con assoluta leggiadria, come ha saputo fare, in territori contigui, il bravissimo Lyle Lovett. E quindi possiamo ascoltare il folk spirituale dell’iniziale House of Gold con la voce della Griffin che veleggia maestosa e autorevole à la Emmylou Harris sul tappeto raffinato e minimale creato da Miller, ma anche il rockabilly gospel trascinante di Move Up con le sorelle McCrary e i “fratelli spirituali” Miller e Jim Lauderdale a “santificare” il drive profano e irresistibile della musica.

E che dire della celestiale, Made in heaven, Little Fire, un duetto con Emmylou Harris dove le due voci si incrociano, si sovrappongono, armonizzano in un un sublime brano firmato dalla stessa Griffin che nulla ha da invidiare ai grandi classici della country music, un piccolo capolavoro che conferma la statura di autrice di questa tosta signora nativa di Old Town (un nome, un programma) nel Maine.

Non manca il classico gospel tradizionale call and response di Death’s Got A Warrant sempre in coppia con le sorelle McCoury, ma anche le variazioni sul tema come la Cooderiana (nel senso di Ry) If I Had My way, molto bluesata. Coming Home To Me è una bellissima ballata pianistica dove la la nostra Patty duetta con Julie Miller, la consorte del bravo Buddy, ancora una volta con quell’effetto avvolgente delle due voci che si rincorrono divinamente. Wade in the Water è proprio da congregazione religiosa, vi immaginate quei donnoni neri che si agitano sui banchi della loro chiesa mentre innalzano i loro inni al Signore, pregnante.

Never Grow Old è un classico brano country-folk dove Buddy Miller aggiunge la sua voce a quella della Griffin, con risultati ancora una volta rimarchevoli.

Virgen de Guadalupe con un incipit che mi ha ricordato moltissimo quello di Deportee di Woody Guthrie, è un delizioso traditional del 1500 messicano, cantato stupendamente con Raul Malo, se amate i Los Lobos più ruspanti qui c’è da godere.

I smell a rat è un ruvido blues chitarristico dove Patty Griffin arrocchisce la voce e dimostra di avere anche grinta da vendere, non dico che insidi la versione originale di Big mama Thornton, ma ci prova. Waiting for my child è un’altra splendida canzone che impreziosisce questo Downtown Church, un country-gospel intenso.

Comunque non c’è un brano scarso neanche a cercarlo col lanternino; la conclusione è affidata a una rielaborazione di un cantico di San Francesco! All Creatures Of Our God And King, solo voce e piano.

Avviso ai naviganti! Il tutto non è per nulla pretenzioso o palloso, ma godibilissimo: se vi sono piaciuti il disco di Alison Krauss e Robert Plant o la colonna sonora di Fratello Dove Sei?, qui potreste trovare un potenziale candidato per chiudere la trilogia.

Bruno Conti

Patty Griffin – Downtown Church

patty griffin downtown church.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Patty Griffin – Downtown Church

Esordio direttamente al 38° posto delle classifìche USA. Ma allora Dio esiste!

Poi ci torniamo con calma.

Bruno Conti