Si Conferma Una Delle Cantautrici Più Lucide, Brave E Coinvolgenti In Circolazione. Shelby Lynne – Shelby Lynne

shelby lynne shelby lynne

Shelby Lynne – Shelby Lynne – Everso Records/Thirty Tigers – 17-04-2020

Come è capitato di scrivere in passato sul Blog parlando di altri dischi di Shelby Lynne, la cantante di Quantico, Virginia, oltre ad essere una interprete in possesso di una delle più belle voci della scena musicale americana, è anche una cantautrice di grande spessore, con una lunga carriera alle spalle, iniziata nel lontano 1988, il cui ultimo capitolo in solitaria era l’eccellente I Can’t Imagine del 2015, ma che poi nel 2017 ha pubblicato in coppia con la sorella Allison Moorer un raffinato disco di cover di altri autori (con un solo brano firmato dalle due) https://discoclub.myblog.it/2017/08/12/un-ottimo-esordio-per-due-promettenti-ragazze-shelby-lynne-allison-moorer-not-dark-yet/ . Pochi mesi fa la Moorer ha rilasciato un bellissimo e sofferto album intitolato Blood che per la prima volta toccava esplicitamente la loro drammatica storia familiare https://discoclub.myblog.it/2019/11/18/un-disco-bellissimo-nato-in-conseguenza-di-uninfanzia-terribile-allison-moorer-blood/ , ora è il turno di Shelby di presentarci la sua nuova fatica discografica, dal titolo semplice ma significativo di Shelby Lynne. Il disco prende spunto, ed è stato in parte registrato, durante le riprese del film indipendente When We Kill The Creators, non ancora uscito e realizzato dalla regista, sceneggiatrice e paroliera Cynthia Mortsua attuale compagna, che è stata co-autrice con la Lynne di circa metà delle liriche delle canzoni incluse nell’album https://www.youtube.com/watch?v=1ut_5lqS4ro : per la realizzazione la stessa Lynne ha poi registrato quasi tutte le parti musicali, suonando piano, chitarra, basso, batteria, tastiere, persino il sax , lasciando solo le principali parti delle tastiere a Mimi Friedman, Ed Roth, Billy Mitchell e soprattutto Benmont Tench. 11 canzoni in tutto, registrate in diversi periodi, di cui più della metà durante le riprese del film, nel quale Shelby appare anche come attrice.

Strange Things apre splendidamente le operazioni, un brano intenso e variegato, cantato con grande partecipazione, e con un tema musicale che mi ha ricordato a tratti la melodia di Ballad Of A Thin Man di Bob Dylan, con un suono caldo ed avvolgente; I Got You, con la voce della Lynne potenziata dal multitracking, ha un profumo blue eyed soul, ritmato ma soffice, sempre con la bella voce della nostra amica che naviga su un tappeto di tastiere e una sezione ritmica in parte sintetica ma “umana”. Love Is Coming è più notturna e soffusa, rarefatta, con la musica che risalta più per sottrazione, affidandosi soprattutto all’uso della voce, protagonista assoluta, Weather è una ballata pianistica classica, direi confidenziale, con tocchi quasi di gospel profano, voci di supporto appena accennate ma decisive, e un crescendo sempre affascinante della elegante vocalità di Shelby. Revolving Broken Heart, quasi sussurrata, si avvale dell’uso di una chitarra acustica, di piano e tastiere e le solite stratificazioni vocali che creano una atmosfera intima e raffinata, quasi privata, dove i sentimenti sono dolorosi e quasi malinconici, splendida. Off My Mind, ricorda quelle interpretazioni classiche di cantanti come Dusty Springfield o Laura Nyro, bianche ma che amavano molto la musica nera, e anche la Lynne dimostra di saper maneggiare con maestria la materia.

Don’t Even Believe In Love rimane sempre in questo ambito, ma con una maggiore scansione ritmica, il soul di Memphis incontra il country e l’Americana, in una ballata mid-tempo dal sottile fascino “sudista” dove l’interpretazione vocale è ancora una volta superba, e mi sentirei di azzardare (anche se non ho le note) che l’organo è quello magistrale di Benmont Tench. Sempre sofferta e rarefatta anche My Mind’s Riot dove la Lynne mette a nudo i suoi sentimenti in un brano dove la chitarra acustica e il piano vengono raggiunti da un sassofono suonato con grande perizia dalla stessa Shelby, che poi ci regala una ballata magnifica, solo voce e piano, la superba ed assertiva Here I Am, quasi desolata ma con sentori di speranza, che quasi essudano dalla interpretazione maiuscola, vulnerabile, ma ricca di forza. The Equation, con i suoi quasi sette minuti, è il brano più lungo dell’album, sempre giocato sull’interscambio tra una chitarra acustica, pianoforte ed organo, ma anche con una chitarra elettrica che incombe sullo sfondo e poi irrompe nell’arrangiamento complesso del brano, meno lineare, più intricato e tortuoso del resto del disco, che si chiude con Lovefear (tutto attaccato), un breve sketch di 1:40 ancora dai retrogusti errebì e che conferma il pregevole valore complessivo di questa nuova fatica della Lynne.

Esce domani, venerdì 17 aprile.

Bruno Conti

Un Disco Bellissimo Nato In Conseguenza Di Un’Infanzia Terribile. Allison Moorer – Blood

allison moorer blood

Allison Moorer – Blood – Autotelic/Thirty Tigers CD

Anche la bella e brava Allison Moorer, sorella di Shelby Lynne https://discoclub.myblog.it/2010/05/19/un-disco-di-gran-classe-shelby-lynne-tears-lies-and-alibis/  nonché ex moglie di Steve Earle ed attuale fidanzata di Hayes Carll, ha ormai superato il ventennio di carriera, e a quattro anni dal suo ultimo lavoro Down To Believing https://discoclub.myblog.it/2015/04/02/pene-damor-perduto-ritorno-alle-origini-del-suono-allison-moorer-down-to-believing/  (ma in mezzo c’è stato il bel disco di cover inciso insieme alla Lynne Not Dark Yet https://discoclub.myblog.it/2017/08/12/un-ottimo-esordio-per-due-promettenti-ragazze-shelby-lynne-allison-moorer-not-dark-yet/ ) ha deciso di consegnarci il suo album più personale in assoluto. Blood è infatti un’opera autobiografica che accompagna il libro di memorie dallo stesso titolo scritto dalla cantautrice dell’Alabama, un volume nel quale Allison racconta senza censure o limitazioni di alcun tipo gli anni tremendi della sua infanzia, durante i quali lei e la sorella Shelby erano in balia di un padre alcolizzato ed aggressivo: un periodo fatto di abusi e violenze domestiche che è culminato con la terribile scena dell’omicidio della madre da parte del genitore ed il suo conseguente suicidio. Avvenimenti che avrebbero potuto portare all’instabilità se non addirittura alla follia più di una persona, ma sia Allison che Shelby si sono dimostrate persone forti ed equilibrate, ed ora la minore delle due sorelle ha deciso che è arrivato il momento di togliere il velo da quei tragici anni.

Non so il libro, ma l’album Blood è un lavoro davvero ispirato e splendido, un disco in cui Allison affronta senza paura i suoi demoni e si mette a nudo in dieci canzoni di un’intensità rara, dieci capitoli di una sorta di autobiografia musicale che la nostra affronta con l’aiuto del suo abituale produttore e chitarrista Kenny Greenberg (i due suonano l’80% degli strumenti, tra chitarre, pianoforte, steel e basso), il batterista Evan Hutchings e la nota violinista Tammy Rogers. Allison però non ce l’ha con i suoi genitori (più che altro col padre, dato che anche la madre è una vittima), anzi li omaggia con una bellissima foto di famiglia riprodotta all’interno della confezione in digipak del CD e, come ha lei stessa dichiarato in una recente intervista, con questa doppia operazione libro-disco cerca in un certo senso la redenzione per il padre. Tra i dieci brani, otto sono nuovi di zecca mentre due erano già apparsi (in versione ovviamente diversa) in album precedenti della cantante dai capelli rossi, dei quali uno, Cold Cold Earth, addirittura sul suo secondo lavoro The Hardest Part del 2000 (come ghost track), a dimostrazione che Allison aveva già da tempo queste canzoni dentro di lei. Il CD si apre con Bad Weather, una splendida ballata dal passo lento dotata di un motivo toccante e di ampio respiro, interpretata dalla Moorer con il giusto pathos e con un arrangiamento classico basato su chitarre e steel. Cold Cold Earth, ispirata agli ultimi momenti di vita dei genitori, è un profondo e struggente slow dal sapore folk, con il violino della Rogers a fendere l’aria ed Allison che canta davvero con il cuore in mano https://www.youtube.com/watch?v=cOGOQpngdAo .

Nightlight è un delizioso bozzetto costruito intorno alla voce della protagonista e ad una chitarra acustica pizzicata (e con un’altra melodia cristallina), alle quali si aggiungono una steel lontana, la sezione ritmica discreta ed anche una malinconica tromba, ed è seguita da The Rock And The Hill, un brano più mosso ed elettrico, una rock ballad affrontata da Allison con il solito approccio elegante, servita da un accompagnamento potente e con un coinvolgente crescendo ritmico https://www.youtube.com/watch?v=GIYXMzahgxM . I’m The One To Blame è un testo che Shelby ha trovato nella 24 ore del padre, scritto da lui, ed al quale la Lynne ha aggiunto la musica (e vengono i brividi soltanto a leggere il titolo, “Sono Io Quello Da Incolpare”, sapendo ciò che è successo dopo), e vede la Moorer sola con la sua chitarra, per un brano intenso e sincero fino al midollo https://www.youtube.com/watch?v=St0SqBGUa6M , così come Set My Soul Free, che pur essendo leggermente più strumentata mantiene una certa drammaticità di fondo (ed il feeling dell’autrice fa il resto), mentre The Ties That Bind non è quella di Springsteen ma è comunque un brano davvero stupendo, sfiorato dal country e dotato di una melodia di quelle che colpiscono dritto al cuore: probabilmente la migliore del disco. La grintosa e roccata All I Wanted (Thanks Anyway), trascinante e cantata veramente bene, confluisce direttamente nella title track (che era già apparsa in Down To Believing), ancora acustica e decisamente profonda, la quale a sua volta precede la conclusiva Heal, scritta a quattro mani con Mary Gauthier (un’altra che sa cosa sono il dolore e la sofferenza), una magnifica ballata sotto forma di preghiera che mette la parola fine ad un album tanto intenso e personale quanto splendido.

Marco Verdi

Un Tributo Splendido Anche Se Tardivo! Strange Angels: In Flight With Elmore James

strange angels in flight with elmore james

Strange Angels: In Flight With Elmore James – Sylvan Songs/AMPED CD

Trovo abbastanza scandaloso che non fosse mai uscito prima d’ora un tributo fatto con tutti i crismi alla figura del grande Elmore James, uno dei bluesmen più leggendari della storia, uno che ha suonato con Robert Johnson e Sonny Boy Williamson, e che ha praticamente inventato la tecnica slide nel suonare la chitarra, influenzando generazioni di musicisti a venire (tra i quali gente del calibro di Eric Clapton, Peter Green, Brian Jones, Duane Allman, Stevie Ray Vaughan, Johnny Winter e Sonny Landreth). Ci ha dovuto pensare la piccola Sylvan Songs (?) a riparare al torto, mettendo a punto questo splendido Strange Angels: In Flight With Elmore James, un omaggio fatto in grande stile, con una serie di ospiti di alto profilo, che si sono mossi tra l’altro a titolo gratuito, in quanto il ricavato delle vendite andrà a finanziare MusiCares e la Edible Schoolyard NYC, un progetto grazie al quale a giovani studenti viene insegnato a coltivare la terra ed a prendersi cura di giardini situati nei cortili delle scuole, avvicinandoli così al mondo della natura. Strange Angels, come ho già detto, è un album strepitoso, nel quale tutti i partecipanti si sono esibiti al meglio delle loro possibilità, fornendo diverse prestazioni da antologia, ben coadiuvati da una house band da sogno, formata da una serie di musicisti dal pedigree eccezionale.

Troviamo infatti in studio, tra i tanti (i partecipanti si alternano nei vari brani), G.E. Smith, storico chitarrista del Saturday Night Live ed in seguito nelle touring bands di Bob Dylan e Roger Waters, Doug Lancio, per anni nella band di John Hiatt e recentemente con Patty Griffin e Tom Jones, Viktor Krauss, fratello di Alison e membro della sua band, Rick Holmstrom, attuale bandleader di Mavis Staples, Rudy Copeland, pianista di Solomon Burke e Johnny “Guitar” Watson, John Leventhal, stimato musicista e produttore nonché marito di Rosanne Cash, Charlie Giordano, tastierista della E Street Band, Jay Bellerose, il batterista preferito da Joe Henry, Larry Taylor, ex bassista dei Canned Heat e più di recente con Tom Waits, e Marco Giovino, ex membro dei Band Of Joy di Robert Plant, nonché produttore del tributo. E non li ho neanche citati tutti. L’album parte con Can’t Stop Loving You, che inizia subito con una slide lancinante (Lancio, quindi lancio-nante…), un ritmo vivace e la gran voce di Elayna Boynton, una giovane e brava soul singer: pochi secondi e siamo subito “dentro” al disco (peccato che il brano duri poco più di due minuti) La grandissima Bettye LaVette (che ha in uscita un disco di covers di Bob Dylan, non vedo l’ora) aggredisce subito Person To Person con la sua vocalità strepitosa, una potenza seconda forse solo a Mavis Staples, ed il gruppo la segue con un suono “grasso” e coinvolgente. Rodney Crowell non è mai stato associato al blues, ma ha una classe che gli permette di adattarsi al meglio anche in questa veste: Shake Your Money Maker è uno dei classici assoluti di James, e Rodney ne fornisce un’interpretazione fresca e saltellante, quasi rockabilly, doppiato alla grande dalla slide di Lancio, che si conferma uno dei protagonisti del CD.

Tom Jones è tornato tra noi, in termini di qualità musicale, da diversi anni, e la sua rilettura di Done Somebody Wrong è poderosa e piena di feeling, con la sua formidabile voce al servizio di un suono sporco al punto giusto: qui Lancio non c’è, ma Holmstrom e Taylor (che oltre ad essere bassista suona anche la slide) coprono benissimo la sua assenza. Sapevo che Mean Mistreatin’ Mama sarebbe stato un highlight assoluto già quando ho letto che era stata affidata a Warren Haynes e Billy Gibbons, ma non pensavo ad un tale grado di splendore: sia Warren che Billy si cimentano alla slide (Haynes è anche voce solista), ed il duello finisce in parità, ma non con uno 0-0 con poche emozioni, ma bensì un 3-3 spettacolare, con pali, traverse ed occasioni salvate sulla linea; la goduria è completata da Mickey Raphael, la cui armonica abbandona il tono country che ha di solito con Willie Nelson e si avvicina allo stile di Charlie Musslewhite. Dust My Broom è forse il brano più celebre di James (ne ricordo una versione indimenticabile negli anni novanta fatta da Willy DeVille, con Fabio Treves all’armonica, al vecchio City Square di Milano), e qui è affidato a Deborah Bonham, sorella di John (e quindi zia di Jason): forse non ha la stessa potenza vocale di quella che aveva il fratello ai tamburi, ma è comunque davvero brava (e vogliamo parlare di come suona la band?); It Hurts Me Too è un altro superclassico, ed alla slide troviamo ancora l’immenso Warren Haynes, che però stavolta cede il microfono a Jamey Johnson, e la coppia funziona eccome, ed in più abbiamo una incredibile jam finale, che rende la canzone tra le più riuscite del disco.

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Le sorelle Allison Moorer e Shelby Lynne dopo il bel disco in duo dell’anno scorso ci hanno preso gusto http://discoclub.myblog.it/2017/08/12/un-ottimo-esordio-per-due-promettenti-ragazze-shelby-lynne-allison-moorer-not-dark-yet/ , anche se all’apparenza le loro voci non si adattano a brani blues di questa forza: infatti la loro Strange Angels è arrangiata in maniera più leggera, quasi jazzata, anche se l’esito finale è sì discreto, ma meno convincente del resto. La cura Taj Mahal ha fatto bene a Keb Mo’, che si destreggia splendidamente con Look On Yonder Wall, suonata in maniera elettroacustica, con l’aggiunta di una fisarmonica che dona più colore al suono, proprio come avrebbe fatto il vecchio Taj. Mollie Marriott, figlia di Steve (Small Faces e Humble Pie), non la conoscevo http://discoclub.myblog.it/2017/12/15/una-figlia-darte-un-po-tardiva-mollie-marriott-truth-is-a-wolf/ , ma è molto brava e con un timbro vocale vicino a quello di Bonnie Raitt (una che in questo disco ci sarebbe stata alla grande), e la sua My Bleeding Heart è decisamente godibile; Chuck E. Weiss è un fuori di testa, ma quando canta è serissimo, anche se la sua presenza in Hawaiian Boogie, in cui si limita a borbottare qualche “Oh Yeah!” e “Boogie!” ed a grattare sulla washboard, è impalpabile, ma il pezzo è comunque trascinante. Addi McDaniel è una attrice ed anche cantante, e la sua Dark And Dreary è una vera sorpresa, un folk-blues-jazz molto raffinato, con tanto di violino, fisa e banjo: grande classe. Chiude l’album lo strumentale Bobby’s Rock, con la house band protagonista, per l’occasione autoribattezzatasi Elmore’s Latest Broomdusters Broomdusters era il nome dato alla backing band di James), un rock-blues solido e vibrante, con Lancio e Holmstrom sugli scudi. Un tributo dunque imperdibile, che sicuramente figurerà tra i dischi blues dell’anno.

Marco Verdi

Un Ottimo “Esordio” Per Due Promettenti Ragazze! Shelby Lynne & Allison Moorer – Not Dark Yet

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Shelby Lynne & Allison Moorer – Not Dark Yet – Silver Cross/Thirty Tigers CD – 18-08-2017

Non tutti sanno che Shelby Lynne ed Allison Moorer, oltre ad essere due belle ragazze (anzi donne, dato che vanno entrambe per la cinquantina) e due brave cantautrici, sono anche sorelle: infatti il nome completo della Lynne è Shelby Lynn Moorer http://discoclub.myblog.it/2010/05/19/un-disco-di-gran-classe-shelby-lynne-tears-lies-and-alibis/ . A parte queste considerazioni di parentela, le due musiciste hanno sempre condotto due carriere parallele, con alterne soddisfazioni e senza mai neppure rischiare di diventare delle superstars al livello, per esempio, di una Trisha Yearwood o di una Reba McEntire: troppa qualità nella loro musica, e troppo poche concessioni al pop che a Nashville spacciano per country, anche se la Lynne qualcosa negli anni, ad inizio carriera, ha concesso (ed infatti ha venduto più della sorella, che ha sempre mantenuto la barra dritta, proponendo un country di stampo cantautorale di ottimo livello http://discoclub.myblog.it/2015/04/02/pene-damor-perduto-ritorno-alle-origini-del-suono-allison-moorer-down-to-believing/ ). Un disco insieme però non lo avevano mai fatto, almeno fino ad ora: Not Dark Yet è infatti il primo album di duetti delle due sorelle, che hanno deciso per questo loro “esordio” di riporre le rispettive penne (tranne in un caso) e di omaggiare una serie di autori da loro amati, scegliendo nove brani molto eterogenei, canzoni di provenienza non solo country, ma anche rock, folk e addirittura grunge (e privilegiando titoli tutt’altro che scontati), arrangiando il tutto in maniera raffinata e con sonorità pacate, gentili e meditate, a volte quasi notturne, con le due voci al centro di tutto ed un accompagnamento sempre di pochi strumenti.

E per quanto riguarda la scelta dei musicisti sono state fatte le cose in grande: la produzione è infatti nelle mani del bravo Teddy Thompson (figlio di Richard e Linda), che ha riunito una superband formata da Doug Pettibone e Val McCallum alle chitarre (entrambi a lungo con Lucinda Williams), Don Heffington e Michael Jerome alla batteria, Taras Prodaniuk al basso e soprattutto il formidabile Benmont Tench (degli Heartbreakers di Tom Petty, ma che ve lo dico a fare?) protagonista in quasi tutti i brani con il suo splendido pianoforte, essenziale per il suono di questo disco, a volte quasi al livello delle voci delle due leader. Il resto lo fanno le canzoni e la bravura di Shelby ed Allison nell’interpretarle, a partire dall’iniziale My List, un brano della rock band di Las Vegas The Killers: non conosco l’originale, ma qui siamo di fronte ad una intensa ballata, intima e toccante, con le due voci che si alternano fino all’ingresso della band, momento in cui il suono si fa pieno e con il predominio di piano, chitarre ed organo, davvero una bellissima canzone. Every Time You Leave è un brano dei Louvin Brothers, affrontato in modo classico, voci all’unisono ed arrangiamento di puro ed incontaminato stampo country, sullo stile del trio formato da Emmylou Harris, Dolly Parton e Linda Ronstadt, ancora con uno splendido pianoforte; Not Dark Yet è una delle più grandi canzoni degli ultimi vent’anni di Bob Dylan, ed è materia dunque pericolosa: le due ragazze scelgono intelligentemente di non variare più di tanto l’arrangiamento, lasciando il mood malinconico dell’originale ma rendendo l’atmosfera meno cupa ed accelerando leggermente il ritmo.

E poi una grande canzone, se sei bravo, resta sempre una grande canzone. I’m Looking For Blue Eyes è un’altra intensa slow ballad scritta da Jessi Colter, ancora con piano, chitarra e le due voci in gran spolvero; splendida Lungs, di Townes Van Zandt, una western tune perfetta per le due sorelle, con lo spirito del grande texano presente in ogni nota, un uso geniale del piano e l’atmosfera tesa e drammatica tipica del suo autore, mentre The Color Of A Cloudy Day è il brano più recente della raccolta, essendo del duo marito e moglie Jason Isbell/Amanda Shires, ed è l’ennesima bellissima canzone del CD, anzi direi una delle più belle, con una melodia di cristallina purezza: complimenti per la scelta. Silver Wings di Merle Haggard è forse la più nota tra le cover presenti, e le Moorer Sisters la trattano coi guanti di velluto, mantenendo arrangiamento e melodia originali ma aggiungendo il loro tocco femminile, mentre Into My Arms è una sontuosa ballata di Nick Cave (apriva il bellissimo The Boatman’s Call), riproposta con grande classe e finezza, e con una dose di dolcezza e sensualità che obiettivamente al songwriter australiano mancano. Il CD, che è quindi tra le cose migliori delle due protagoniste, si chiude con una sorprendente Lithium dei Nirvana, che è il brano più elettrico della raccolta anche se siamo distanti anni luce dal suono di Cobain e soci (ed è comunque la scelta che mi convince meno), e con Is ItToo Much, unico brano nuovo scritto dalle due, un pezzo notturno e suggestivo il cui suono a base di chitarra sullo sfondo e pianoforte cupo fa venire in mente le atmosfere di Daniel Lanois: un finale che, oltre a confermare la bontà del disco, dimostra che se volessero le due sorelle potrebbero bissare con un intero album di brani autografi dello stesso livello.

Esce il 18 Agosto.

Marco Verdi

“Pene D’Amor Perduto”, Un Ritorno Alle Origini Del Suo Suono! Allison Moorer – Down To Believing

allison moorer down to believing

Allison Moorer – Down To Believing – Entertainment One

Allison Moorer è una delle più interessanti cantautrici americane. Con Down To Believing giunge al nono album della sua carriera. Allison è anche stata la moglie di Steve Earle, fino a che nel marzo del 2014 Earle non ha annunciato che i due si erano divisi. Di solito le cose andrebbero tenute separate, ma visto che il nuovo album, in un certo senso, è la cronaca del divorzio tra i due,  in quella categoria di dischi che si chiamano “divorce album”, dopo che la stessa Allison ha dichiarato che non essendo lei capace di scrivere canzoni in seconda persona, come un osservatore esterno, ma ama scrivere brani ispirati alla sua vicenda umana ed amorosa, il disco è diventato la storia di questa dolorosa vicenda; prima di lei, penso a Rosanne Cash in passato, o Kathleen Edwards in tempi più recenti, altre hanno raccontato le cosiddette “pene d’amor perduto” (perché a differenza di Shakespeare, non finisce bene). Condizione certo non necessaria per incidere un buon disco, ma evidentemente la Moorer voleva mettere in versi e musica quello che stava succedendo. Con ottimi risultati. La brava e gentile Allison è rimasta fedele al suo stile che coniuga da sempre country e rock, ma il risultato non si ascrive tout court, come si potrebbe pensare, al country-rock, ma è una fusione dei due stili, con ampi innesti di folk e una facilità di scrittura vicina al pop più raffinato, punto che la accomuna alla sorella Shelby Lynne (di cui è atteso, con impazienza da chi scrive, il nuovo album, I Can’t Imagine, previsto per inizio maggio) https://www.youtube.com/watch?v=ehAsS8BPUD4 .

La Moorer non ha, forse, una voce bella e completa come la sorella https://www.youtube.com/watch?v=WfKpF_YLgQ4 , ma comunque più che adeguata alla bisogna, espressiva ed energica, quando occorre, come nell’iniziale, eccellente sferzata rock di Like It Used To Be, con la pioggia di chitarre acustiche ed elettriche, soprattutto le seconde, poste in primo piano dal produttore Kenny Greenberg (di nuovo alla “guida” dopo aver prodotto i primi due dischi della Moorer) https://www.youtube.com/watch?v=QvBvph2ssLI . O Thumderstorm/Hurricane, una sorta di scura e drammatica ballata percorsa da una spruzzata di archi che rendono avvolgente il suono, e con le chitarre elettriche, suonate dallo stesso Greenberg che la punteggiano con veemenza, oltre ad Allison, che la canta con grande verve vocale https://www.youtube.com/watch?v=xiXo1WbziSA . I Lost My Crystal Ball è la prima delle canzoni che avvicinano la sua recente vicenda, attraverso la metafora di questa palla di cristallo che si trasforma in una palla da demolizione la Moorer racconta, in modo semisarcastico, dell’effetto devastante che la stessa ha avuto nella sua vita https://www.youtube.com/watch?v=29ApPZg6b88 , Greenberg le cuce addosso un altro arrangiamento molto carico, elettrico, ma ricco di particolari, dove primeggiano i musicisti che suonano nell’album, dallo stesso Kenny Greenberg impegnato all’acustica, oltre che alla solista, a Dan Dugmore, alla steel, mandolino e 12 corde, Chad Cromwell, batteria e Michael Rhodes, basso,  tutti impegnati anche nella title-track Down To Believing, una ballata umbratile e malinconica che cerca di esorcizzare le ferite attraverso un afflato melodico che è figlio del più classico suono country ed è cantato con voce vulnerabile, ma anche assertiva, dalla brava Allison https://www.youtube.com/watch?v=V3CxTZhYbug .

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Che spesso si fa aiutare anche da altri autori, i più noti, oltre a Greenberg, Angelo Petraglia, Keith Gattis e Audley Freed, ma il merito sostanziale della riuscita del disco va soprattutto alla Moorer, che nei cinque anni passati dal precedente Crows, evidentemente aveva radunato molte idee poi messe in pratica in questo CD. Tear Me Me Apart, di nuovo con una bella grinta rock nello svolgimento dei temi o If I Were Stronger che approccia queste storie di amori che finiscono sotto la forma di una bella ballata pianistica, poi abbellita dalle fioriture degli arrangiamenti di Greenberg, nel giusto mix tra un suono più pop e commerciale e le esigenze della canzone d’autore https://www.youtube.com/watch?v=wIaisYn2k5s . Wish I, con la sua lista di desideri sciorinati senza vergogna https://www.youtube.com/watch?v=m6BZNqHs2Ck , è un altro tassello di questo viaggio verso la guarigione, cantato con la solita passione e forse un pizzico di romanticismo di troppo, che però non guasta, ottimo l’arrangiamento con le chitarre sempre sugli scudi.

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Molto bella anche la più raccolta Blood, una sorta di moderna country folk ballad, con la sua weeping steel guitar, che esamina il rapporto con la sorella Shelby https://www.youtube.com/watch?v=x5DaFddnrcs  o Mama Let The Wolf In, il “vaffanculo” a quel “Big Bad Motherfucker” che è la malattia autistica che affligge il figlio di 5 anni John Henry, avuto con Steve Earle, e che è il motivo per cui vive a New York, città dove risiede anche il padre, il brano ha un suono elettrico quasi alla Creedence https://www.youtube.com/watch?v=n6WUj-ceuLc , e non è un caso che la cover scelta dalla Moorer, su istigazione della sua etichetta, sia la splendida Have You Ever Seen The Rain, una delle più belle canzoni di sempre https://www.youtube.com/watch?v=YUmmrn8vdlk , che fonde in modo mirabile country e rock, come in fondo è riuscita a fare anche Allison Moorer, in questo bel album, caldamente consigliato agli amanti del cantautorato femminile.

Bruno Conti

Piccoli, Ma Buoni! Thalia Zedek Band – Six e Shelby Lynne – Thanks

thalia zedek six

Thalia Zedek Band – Six – Thrill Jockey Records

Shelby Lynne – Thanks – Everso Records

Parafrasando il famoso detto “Pochi, Ma Buoni” eccoci a parlare di due EP, quindi piccoli nel formato, ma assolutamente buoni nel contenuti.

Torna dopo breve tempo dall’ultima sua uscita dello scorso anno Via, http://discoclub.myblog.it/2013/03/20/dal-post-punk-alla-via-dark-thalia-zedek-band-via/ , Thalia Zedek, una tipa che dopo aver suonato con i Dangerous Birds, Uzi, Live Skull, Come (il gruppo di maggior successo) si è ritagliata una sua personale carriera, con una manciata di dischi a suo nome, di cui questo EP, come da titolo, contiene 6 brani, e quindi, ovviamente (alla Catalano) Six.

thalia zedek

Thalia come al solito si appoggia alla sua attuale band, composta da Winston Braman al basso, Jonathan Ulman alla batteria e percussioni, David Michael Curry alla viola, e il bravissimo Mel Lederman al pianoforte, per una musica che racchiude il lirismo che l’ha sempre contraddistinta.

Apre il blues rabbioso e disperato di Fell So Hard, uno dei pezzi più belli del mini-album https://www.youtube.com/watch?v=CvGReT6D5BY , seguito da momenti più riflessivi come la cantilena melodica Julie Said, lo strumentale solo con arpeggio di chitarra di Midst, i suoni decisi e impetuosi di Dreamalie, o brani più classici come Flathand cantata in duetto con Hilken Mancini, fino ai sette minuti della conclusiva Afloat, un brano “dark” intimista e ricco di oscurità.

Come sempre la voce di Thalia Zedek è riconoscibile e caratteristica, a tratti roca e dura, a volte melodiosa, in canzoni dove pianoforte e viola si aggiungono a distorsioni e riff di chitarra, oltre a batterie martellanti ed evoluzioni di violino, per un lavoro crudo e grintoso.

Se entrerete nella musica della Zedek (spero in molti), Thalia vi porterà in un viaggio lungo e oscuro dentro la vostra anima, ma ne varrà sicuramente la pena, perché scoprirete un EP di non facile ascolto, ma di indubbio fascino.

shelby lynne thanks

La seconda signora risponde al nome di Shelby Lynne (sorella di Allison Moorer, maritata con Steve Earle), ad inizio carriera era partita come una country-singer di modeste ambizioni, ma in seguito ha saputo reinventare se stessa ed il suo repertorio con un disco importante come I Am Shelby Lynne (99) che le valse la vittoria al Grammy Award(come miglior artista esordiente), a cui fecero seguito altre buone prove come ad esempio Just A Little Lovin’ (2008), un tributo a Dusty Springfield.

shelby lynne grammy

Dopo, forse, il suo disco più personale Revelation Road (2012), ed un Live uscito in vari formati http://discoclub.myblog.it/2013/01/16/una-bella-voce-femminile-on-stage-shelby-lynne-cd-dvd-live/ , si ripresenta con questo EP, Thanks, che consta di cinque pezzi registrati in proprio, con musicisti di valore come Michael Jerome, il batterista, tra gli altri, di Richard Thompon e John Cale, Ed Maxwell al basso, Ben Peeler al mandolino e chitarra e la leggendaria cantante (e anche pianista per l’occasione) Maxine Waters, un mini album dove lap steel, organo e pianoforte fanno da tappeto sonoro a canzoni dalle marcate influenze blues e country-gospel.

shelby lynne thanks 1

Il brano iniziale Call Me Up, dal ritmo sostenuto, è proprio un country-gospel con tanto di coro d’ordinanza https://www.youtube.com/watch?v=qGhgCENXiXQ , a cui fanno seguito una Forevermore con la lap steel del co-produttore Ben Peeler in spolvero, il blues gospel di una Walkin’ cantata con l’anima nera di Mahalia Jackson, la ballata fascinosa e lenta This Road I’m On https://www.youtube.com/watch?v=vDyuoSvmgxk  e la conclusiva title track Thanks, una preghiera declamata con fervore dalla sorella più brava della famiglia Moorer.

E’ un peccato constatare che Shelby Lynne e altre artiste della sua generazione (mi viene in mente Joan Osborne) debbano ricercare nuovi stili musicali per uscire dal quasi anonimato, ed essere considerate solamente “oggetto di culto”. In ogni caso una chance a questo EP fareste bene a darla, in quanto Shelby Lynne è una Dusty Springfield dei nostri giorni (e per chi scrive) anche più sexy e provocatoria.

Tino Montanari

Novità Di Settembre Parte Ia. Neko Case, North Mississippi Allstars, Volcano Choir, Reckless Kelly, Sweet Relief III

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E siamo arrivati anche a settembre: consueta lista delle uscite previste per domani, martedì 3 settembre (le date che leggete abitualmente sul Blog, sono indicative e sono quelle segnalate da case discografiche, etichette e siti degli artisti, per cui può capitare che i CD siano in circolazione anche prima di quella data, ma in modo diciamo non ufficiale). Questa settimana escono anche le due ristampe di Mike Oldfield, Crises e Five Miles Out in vari formati, di cui cui vi avevo parlato già nel lontano giugno, dell’ottimo Okkervil River avete letto ieri, esce pure un CD+DVD, DVD o Blu-Ray di Bryan Adams, Live At Sydney Opera House, il nuovo Over The Rhine, Meet Me At The Edge Of The World, di cui vi ha parlato chi scrive, il doppio Rarities di Rod Stewart e altri dischi, tipo Nine Inch Nails e John Legend, che non rientrano nel target del Blog. Più parecchie altre novità interessanti che trovate divise in due parti, come sta diventando abitudine consolidata.

Neko Case era all’incirca da quattro anni, dai tempi di Middle Cyclone, che l’aveva portata nei Top 5 delle classifiche di Billboard, che non pubblicava un nuovo album. Anni che sono stati ricchi di problemi, tra cui una leggera forma di depressione, anche causata dal ricordo macerato per le perdite dei genitori e dell’amata nonna che erano state accantonate e in questo disco vengono affrontate di nuovo con forza. Già il titolo, lunghissimo, è indicativo, The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You. Perchè vedete due diverse copertine? Perché anche la Anti non si è tirata indietro da questa “sciagurata” abitudine della doppia versione, normale e Deluxe, ma in un disco singolo, una con tre brani in più dell’altra, molto più costosa e anche, in questo caso, con copertine e confezioni diverse. Per il resto il disco mi sembra molto bello, con la partecipazione di membri assortiti di Los Lobos, Calexico, My Morning Jacket, Camera Oscura e componenti  vari del suo “secondo gruppo”, i New Pornographers, con cui ha cantato in cinque album, oltre ai sei da solista, un paio di Live e molte collaborazioni, e la Case si conferma una delle cantautrici più brave ed eclettiche in circolazione.

Dopo l’ottimo Keys To The Kingdom del 2011 temp-086ee697a949edee280239fe48ea96b8.html, e “decine” di progetti collaterali, tornano i North Mississippi Allstars con un nuovo album di studio, World Boogie Is Coming, sempre per la loro etichetta Song Of The South e con la partecipazione, come è consuetudine nei loro dischi, di molti ospiti, da Lightnin’ Malcolm, Duwayne e Garry Burnside, Kenny Brown, Alvin Youngblood Hart, Sharde Thomas, Chris Chew, Sid e Steve Selvidge, financo Robert Plant, ma all’armonica, nei due brani iniziali. Consueto, ma sembre benvenuto, album di southern rock blues elettrico.

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Seconda “terzina” di uscite.

I Volcano Choir sono l’ennesimo gruppo di Bon Iver (o meglio di Justin Vernon), oltre agli Shouting Matches, di cui qualche mese fa era uscito il debutto Grownass Man. Repave è il secondo disco per questa sigla, dopo Unmap del 2009, che vede insieme Vernon con alcuni componenti di The Collections Colonies Of Bees, per un sound più “rude” e sperimentale rispetto al suo moniker da solista, differente anche dal semi rock-blues diretto, in trio, degli Shouting Matches. L’etichetta è la Jagjaguwar, file under alternative indie-rock-

E i Reckless Kelly dei fratelli Braun sotto cosa li cataloghiamo? Alternative country-rock. Ah, va bene. Oppure anche come “bravi”, semplicemente. Long Night Moon. che esce per la loro No Big Deal Records. dovrebbe essere l’undicesimo disco, compresi i Live, e li conferma tra i migliori eredi della grande tradizione del country-rock classico misto al southern rock del loro Texas natio, con tante chitarre e belle canzoni dalle armonie irresistibili.

Quella dei dischi della serie Sweet Relief, per la raccolta di fondi per la ricerca sulla sclerosi multipla, giunge al terzo capitolo, dopo il disco dedicato a Victoria Williams, affetta dalla malattia e il secondo, con le canzoni dello scomparso Vic Chesnutt. Questa volta, per Sweet Relief III: Pennies From Heaven il tema del disco ruota intorno alle canzoni sull’aiuto e l’assistenza a chi ha bisogno e c’è la solita pattuglia di ottimi cantanti sul CD distribuito dalla Vanguard:

Ron Sexsmith                  Pennies From Heaven

Shelby Lynne                  Brother Where Are You

Sam Phillips                     Big Spender

k.d. lang                           How Did You Find Me Here

Ben Harper                      Crazy Love

Genevieve Toupin            Heart Of Gold

Joseph Arthur                   If I Needed You

Rickie Lee Jones              Surfer Girl

Tina Schlieske                  With A Little Help From My Friends

Victoria Williams               Change Is Gonna Come

She & Him                         King Of The Road

Eleni Mandell                    I’ll Be Home

Jackson Browne               Don’t Let Us Get Sick

Per una buona causa e l’occasione per i fans di alcuni cantanti presenti di arricchire la loro collezione.

Domani il seguito delle uscite del 3 settembre.

Bruno Conti

Una Bella Voce Femminile “On Stage” – Shelby Lynne CD+DVD Live

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Shelby Lynne – Live – Everso Records  – Deluxe Edition CD/DVD – Disponibile anche una versione 2 CD + 2 DVD Revelation Road De Luxe Edition con un DVD documentario extra e il CD Revelation Road con 5 tracce acustiche bonus

Shelby Lynne è una singer songwriter originaria della Virginia, di Quantico e per chi non lo sapesse, nella vita reale è la sorella maggiore di Allison Moorer maritata Earle (Steve), con una onesta ventennale carriera alle spalle, certificata da un buon numero di album pubblicati che l’attestano come una veterana della scena di Nashville. Shelby (molto carina come la sorella), non è un’artista country nel senso stretto del termine, perché la sua musica tocca anche il blues, il soul, il roots rock, il pop raffinato, persino il western swing, e questo suo eclettismo, pur in presenza di riconosciute grandi potenzialità, è stata forse la ragione delle sue difficoltà ad imporsi al grande pubblico. La svolta è arrivata con I Am Shelby Lynne (1999) un album di country got soul sofisticato, che l’ha portata ai Grammy (ed ha venduto come tutti i suoi dischi precedenti messi insieme), bissato dallo splendido Just A Little Lovin’ (2008) ispirato alla sua passione per una cantante inglese, la bionda Dusty Springfield (oggi ormai quasi dimenticata, ma non in Inghilterra e dai buongustai della musica), sino ai più recenti Tears, Lies and Alibis (2010) e Revelation Road (2011).

(*NDB. Breve intermezzo. Visto che chi scrive abitualmente su questo Blog ama moltissimo la voce (e tutto il resto di Shelby Lynne) vi inserisco il link se volete andare a rileggere la recensione di Tears, Lies And Alibis index-1.html Bruno.)

E proprio in seguito alla promozione del tour di Revelation Road, la cantante americana incide il suo primo lavoro dal vivo (anche se c’era già stato un DVD nel 2007), registrato al famoso McCabe’s di Santa Monica. il 19 Maggio del 2012, e nelle 18 tracce del CD, la Lynne. davanti ad un pubblico estremamente preparato, ripropone in versione “solo acustica” brani del suo più recente repertorio, e Shelby supera a pieni voti l’esame, dimostrando tutta la sua bravura nell’esecuzione di Lead Me Love, Even Angels, Heaven’s Only Days, Leavin’, Life Is Bad, e la stupenda Your Lies. Il formato DVD allegato in questa Deluxe Edition, testimonia anche visivamente tutto questo mostrandola pure in un magico concerto londinese, tenuto nella straordinaria cornice e atmosfera della Union Chapel, il 25 Febbraio dello stesso anno.

Certi artisti non hanno bisogno di sfornare capolavori su capolavori, non necessitano ogni volta di rivoluzionare il proprio stile per convincere critica e appassionati, Shelby Lynne fa parte di questa categoria di autori, ed è impossibile non amarla, specialmente dopo l’ascolto di questa performance live, dove si presenta da sola, voce e chitarra, splendida nella sua nudità artistica, mentre snocciola i propri brani all’adorante platea. Consigliato a tutti coloro che non disdegnano un certo songwriting di classe e per niente scontato, e cosa non trascurabile la signora è affascinante, e per chi scrive, la migliore della famiglia.

Tino Montanari

Novità Di Novembre (E Altro) Parte III. Allan Taylor, Radiators, Southside Johnny, Scott Walker, Judy Collins, Great Big Sea, Devotchka, Kirsty McGee, Shelby Lynne, Alicia Keys, Mumford and Sons, Elvis Costello, Rage Against The Machine, Eccetera

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Pensavo di avere esaurito la disamina di tutto il materiale in uscita nel mese di novembre (e qualcosa che come sempre era sfuggito) e invece mi sono accorto che c’era ancora moltissimo che bolliva in pentola a livello discografico, per cui passiamo alle uscite del 27 novembre (e altro).

Quel cofanettino che vedete effigiato qui sopra è l’ultima opera di Allan Taylor (che peraltro ha anche registrato per l’occasione un nuovo album che uscirà nel 2013). Il titolo del doppio CD è Down The Years I Travelled e prende il titolo dall’unico brano nuovo contenuto in questa antologia rimasterizzata, tratta dal materiale registrato negli anni ’80 e ’90 e che non ha mai avuto una grande distribuzione. La Stockfish Records provvede a renderlo di nuovo disponibile. Non è forse il meglio in assoluto della produzione del grande cantautore folk britannico che risiede nei suoi dischi usciti in origine per la United Artists e ristampati in CD dalla BGO, ma se volete scoprire una delle voci più interessanti e poco conosciute della scena inglese si può iniziare anche con questo album. Tra i musicisti coinvolti ci sono anche Chris Leslie e Martin Allcock dei Fairport Convention, Rick Kemp degli Steeleye Span e altri altrettanto validi anche se meno conosciuti. Oltre al meglio della produzione di quel ventennio ci sono anche un paio di cover di qualità come Don’t Think Twice di Dylan e Across The Borderline della coppia Hiatt-Cooder. Il disco sarebbe uscito da oltre un mesetto ma il problema sta proprio nella reperibilità e nel prezzo sostenuto, in virtù di una bella confezione con libretto di 60 pagine. Oltre una 30ina di euro per 21 canzoni in effetti non è poco. 

I Radiators (From New Orleans) sono da sempre una delle mie formazioni preferite del sottobosco (di classe) della musica americana: degni “confratelli”, con gli Amazing Rhythm Aces, del filone che ha dato vita a formazioni come i Little Feat e la Band, il gruppo è sempre stato tra i protagonisti principali dell’annuale New Orleans Jazz and Heritage Festival che si svolge nella città della Louisiana. Parrebbe che questo The Last Watusi sia il loro canto del cigno dopo 33 anni di onorata carriera: registrato al Tipitina nel corso di 3 serate il 9 10 e 11 giugno del 2011, questo triplo CD raccoglie il meglio della loro produzione e un paio di cover ben scelte, come You Aint Goin’ Nowhere di Bob Dylan e Brand New Tennesse Waltz di Jesse Winchester. Grande band e grande concerti, dopo la vendita sul loro sito sarà disponibile anche attraverso i soliti canali di vendita nei prossimi giorni su etichetta Radz Records.

Credo che l’ultimo disco non dico orecchiabile ma ascoltabile di Scott Walker sia stato The Climate Of Hunter del 1984, che si potrebbe paragonare (spannometricamente) a un disco “complicato” di David Sylvian, però suonato con Mark Knopfler, Mark Isham, Peter Van Hooke, il batterista di Van Morrison, ma anche il noto sassofonista e improvvisatore free jazz Evan Parker e Billy Ocean, quello del tema del film Il gioiello del Nilo. Quindi sacro e profano per uno che ha iniziato negli anni ’60 in un gruppo, i Walker Brothers, dove nessuno si chiamava Walker di cognome e non erano neppure fratelli, però facevano della musica pop eccellente come The Sun Ain’t Gonna Shine Anymore. Poi una prima carriera solista più sofisticata e dedicata alla divulgazione diretta e indiretta in lingua inglese dell’opera di Jacques Brel, ma non solo ovviamente. Una reunion “laboriosa” dei Walker Brothers. Che dopo Climate Of Hunter ha portato, una decina di anni dopo ad un disco come Tilt con citazioni di Pasolini e la musica di alcuni brani (va bene, uno) che veniva paragonata al frinire delle zampette di un insetto (giuro). Quella categoria di musica che rimanda (per avere un’idea di cosa aspettarvi) al Peter Hammill più criptico con i Van Der Graaf o al Captain Beefheart di Trout Mask Replica, insomma dischi che non si ascoltano proprio tutti i giorni ( e neppure tutti gli anni). Questo nuovo Bish Bosh (titolo che nella interpretazione dello stesso Walker ha tre significati diversi, uno dei quali coinvolge il pittore fiammingo ma potrebbe essere anche “lavoro fatto) non scherza neppure lui con brani intitolati Epizootics, Corps de Blah e la epica (oltre 20 minuti) SDSS1416+138 (Zercon A Flagpole Sitter) che coinvolge le coordinate di piccole stelle lontane e il buffone di corte di Attila, per riassumere molto. Ma anche un brano come The Day “The Conducator” Died (An XMas Song) che racconta la storia della morte di Ceausescu avvenuta il giorno di Natale del 1989. A parte questo brano che ha qualcosa dell’epica natalizia di certe musiche hollywoodiane, il resto (per quello che ho potuto sentire velocemente) coinvolge le atmosfere musicali sopraccitate e molto altro, musica colta e complessa. Insomma non è musica facile che uno non sempre riesce a sentire, bisogna entrare nello stato d’animo giusto, quelle due volte l’anno (anche se la trovo affascinante, come pure il personaggio). Il tutto uscirà il 4 Dicembre per la 4AD in CD o vinile.

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Il primo titolo di questo trittico è uscito da qualche tempo, gli altri due sono in uscita in settimana.

Quel Southside Johnny & The Asbury Jukes Men Without Women Live 7-2-11 Asbury Park NJ, in teoria è uscito già da tempo (la scorsa estate, a giugno)), però è disponibile per la vendita solo sul loro sito oppure per il download digitale su Leroy Records. Si tratta. come vedete, della registrazione di un concerto tenuto lo scorso anno a casa loro, quando in una serata hanno eseguito interamente l’album di Little Steven Men Without Women più tre brani del loro repertorio a conclusione dello show. Strana scelta, ma questo è. Inutile dire che la reperibilità non è massima, ma era giusto segnalarlo per i fan.

Il Live At The Metropolitan Museum of Art di Judy Collins esce in questi giorni per la propria etichetta, la Wildflower Records, sia in CD che DVD. Una performance ripresa dalla TV americana per ricordare i 50 anni di carriera anche della grande “Judy Blue Eyes” con molti classici, tra cui Both Sides Now, Diamonds And Rust, Helplessy Hoping, Mr. Tambourine Man, Moon Is Harsh Mistress, Send In The Clowns, Pastures Of Plenty e la partecipazione di Shawn Colvin, Ani DiFranco, Kenny White e Jimmy Webb.

XX dei Great Big Sea ovviamente non è un film hardcore ma ricorda i 20 anni della loro carriera in una doppia antologia tratta dal meglio dei loro 10 dischi e 2 DVD. Pubblicato dalla loro etichetta e dalla Warner Music Canada da qualche settimana, ha questo contenuto:

Disc 1 – Pop

Track listing

  1. “Born to Believe”  – 3:45 (Previously Unreleased)
  2. “What Are You At”  – 3:10 (From Great Big Sea)
  3. Run Runaway”  – 2:50 (From Up)
  4. “Goin’ Up”  – 3:11 (From Up)
  5. When I’m Up (I Can’t Get Down)”  – 3:23 (From Play)
  6. Ordinary Day”  – 3:09 (From Play)
  7. “How Did We Get From Saying”  – 3:47 (From Play)
  8. Consequence Free”  – 3:14 (From Turn)
  9. “Feel It Turn”  – 3:47 (From Turn)
  10. “Boston and St. John’s”  – 3:47 (From Turn)
  11. “Sea of No Cares”  – 3:41 (From Sea of No Cares)
  12. “Clearest Indication”  – 4:12 (From Sea of No Cares)
  13. “When I Am King”  – 2:31 (From Something Beautiful*)
  14. “Something Beautiful”  – 3:47 (From Something Beautiful*)
  15. “Love Me Tonight”  – 4:12 (From Fortune’s Favour)
  16. “Walk On The Moon”  – 3:35 (From Fortune’s Favour)
  17. “Live This Life”  – 4:39 (Previously Unreleased)
  18. “Nothing But A Song”  – 3:02 (From Safe Upon The Shore)
  19. “Long Life (Where Did You Go)”  – 3:11 (From Safe Upon The Shore)
  20. “Let My Love Open The Door”  – 4:16 (Previously Unreleased)

Disc 2 – Folk

Track listing

  1. “Heart of Hearts”  – 4:09 (Previously Unreleased)
  2. “Great Big Sea / Gone By The Board”  – 3:36 (From Great Big Sea)
  3. “Donkey Riding”  – 2:22 (From Play)
  4. “A Boat Like Gideon Brown”  – 2:54 (From Sea of No Cares)
  5. “Dancing With Mrs. White”  – 2:06 (From Up)
  6. “General Taylor”  – 2:55 (From Play)
  7. “Come And I Will Sing You”  – 3:43 (From The Hard and the Easy)
  8. “Ferryland Sealer”  – 3:17 (From Turn)
  9. Lukey”  – 3:23 (With The Chieftains. From Fire in the Kitchen)
  10. “Captain Wedderburn”  – 3:37 (From Turn)
  11. “Captain Kidd”  – 2:50 (From The Hard and the Easy)
  12. “Le Bon Vin”  – 3:08 (Previously Unreleased)
  13. “England (Live)”  – 4:45 (From Courage & Patience & Grit)
  14. “Old Black Rum”  – 2:29 (From Up)
  15. “The Night Pat Murphy Died”  – 3:00 (From Play)
  16. “River Driver”  – 3:03 (From The Hard and the Easy)
  17. “Mary Mac”  – 2:33 (From Up)
  18. “Excursion Around The Bay”  – 2:28 (From Great Big Sea)
  19. “Josephine The Baker”  – 4:35 (Previously Unreleased)
  20. “Good People”  – 2:34 (From Safe Upon The Shore

 

Volendo, ne esisteva anche una versione in cofanetto quadrupla prenotabile sul loro sito, che è andata esaurita, che conteneva anche un terzo CD con altri 20 brani e un DVD con documentario sulla loro carriera, più libro e memorabilia vari.

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Altro terzetto di materiale non di facilissima reperibilità.

Il Live With The Colorado Symphony dei Devotchka è stato registrato il 18 febbraio del 2012 alla Boettcher Concert Hall di Denver con la partecipazione della Colorado Synphony Orchestra ed è “uscito” per la Cicero Recordings il 13 novembre scorso. Questi i brani contenuti:

Tracks
1. The Alley
2. The Clockwise Witness
3. Along the Way
4. The Common Good
5. You Love Me
6. All the Sand in All the Sea
7. Firetrucks on the Broadwalk
8. Comrade Z
9. Undone
10. Queen of the Surface Streets
11. We’re Leaving
12. Contrabanda
13. The Enemy Guns
14. How it Ends  

Kirsty McGee è una cantautrice inglese sconosciuta ai più, ma molto brava, che ha già pubblicato, per varie etichette, 6 album, tra cui un Live, e vari singoli ed EP, dal 2000 ad oggi. Questo nuovo Contraband esce per la Hobopop Recordings dopo un periodo difficile durante il quale, a causa di una depressione, aveva pensato di abbandonare la musica. Folk gentile e musica raffinata, una bella voce e tante belle canzoni per una cantrautrice che si colloca in quella nicchia dove opera anche gente come Boo Hewerdine, Eddi Reader, Karine Polwart e altri nomi “minori” del panorama elettroacustico inglese. Una di quelle brave “beautiful losers” che tanto piacciono a chi scrive su questo Blog.

Altra “grande” voce (di quelle che ti mandano i brividi lungo la schiena), questa volta americana, è quella di Shelby Lynne: con la sorella minore, Allison Moorer spesso citata e recensita su quest pagine virtuali, la Lynne, da qualche tempo, i dischi se li pubblica in proprio sulla etichetta Everso Records (e spesso se li suona anche da sola). Revelation Road, dello scorso anno era un piccolo gioiellino dominato dalla sua bellissima voce, come il precedente Tears, Lies And Alibis e anche il disco natalizio, Merry Christmas, non era male (per non parlare del tributo alle canzoni di Dusty Springfield, Just A Little Lovin’, del 2008, che mi era piaciuto moltissimo). Ora esce questo CD+DVD che riporta due diverse registrazioni dal vivo effettuale nel 2012, in solitaria. Shelby Lynne Live contiene nel CD il Live At McCabe’s, registrato a maggio di quest’anno e già disponibile per il download e il DVD del Live At The Union Chapel del 25 febbraio scorso. Proprio per i maniaci ci sarebbe anche una versione Deluxe di Desolation Road, che vedete qui sotto…

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che oltre ai due dischetti contiene anche una versione ampliata del disco dello scorso anno con 5 bonus tracks e un secondo DVD con un documentario con il Making of dell’album. Dovrebbe costare una cinquantina di euro e non essere molto facile da trovare. Mentre la versione doppia esce anche in questi giorni in Europa distribuita dalla benemerita Proper Records (che annuncia in questi giorni, la prossima uscita, a metà febbraio, credo il 13, del nuovo album di Richard Thompson Electric, attesissimo da chi vi scrive)! Non c’entra niente ma volevo segnalarvelo.

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Tre “piaceri proibiti”.

Alicia Keys in teoria non c’entra nulla con i contenuti di questo Blog, ma visto che il vostro solerte recensore spera sempre che la diva del “nu soul” prima o poi si redima (come è successo per il recente bellissimo disco di Joss Stone, un’altra con una gran voce) vi segnalo l’uscita del nuovo disco per la Sony Bmg, si chiama Girl On Fire e non si è redenta come testimoniano i duetti con Nicky Minaj e Jamie degli XX. Però c’è anche un duetto con Maxwell e alcune belle ballate pianistiche non troppo tamarre che ne segnalano il talento (mi ricordo sempre una sua esibizione live, credo al live Earth del 2007, dove cantava una fantastica versione di Gimme Shelter degli Stones “disintegrando” Mister Nicole Kidman, Keith Urban)! Comunque il suo primo disco e l’MTV Unplugged non sono dei brutti dischi. Essendosi sposata tale Swiss Beatz i nostri gusti musicali direi che non coincidono.

Per la serie i dischi inutili esce una compilation per la Universal, curata dallo stesso Elvis Costello, che si intitola In Motion Pictures e contiene brani, tutti editi, tratti da colonne sonore varie. Mah! Questo è piacere proibito, perché bisogna essere proprio masochisti per comprarlo (però molte delle canzoni sono bellissime, poche balle!).

Infine, per chi ama i dischi di canzoni natalizie, ne viene pubblicato uno Christmas Rules, già uscito come Holidays Rules per il mercato americano da qualche settimana, ed ora disponibile anche da noi per la Hear Music/Universal (in origine su Starbucks), che, detto fra noi, non è per niente male, sia per i brani, 17, tutti nuovi, che per molti dei musicisti impegnati:

01 fun.: “Sleigh Ride”
02 The Shins: “Wonderful Christmastime”
03 Rufus Wainwright with Sharon Van Etten: “Baby, It’s Cold Outside”
04 Paul McCartney: “The Christmas Song (Chestnuts Roasting on an Open Fire)”
05 Black Prairie: “(Everybody’s Waitin’ for) The Man With the Bag” [ft. Sallie Ford]
06 The Civil Wars: “I Heard the Bells on Christmas Day”
07 Calexico: “Green Grows the Holly”
08 AgesandAges: “We Need a Little Christmas”
09 Holly Golightly: “That’s What I Want For Christmas”
10 Irma Thomas with the Preservation Hall Jazz Band: “May Everyday Be Christmas”
11 Heartless Bastards: “Blue Christmas”
12 Eleanor Friedberger: “Santa Bring My Baby Back to Me”
13 Fruit Bats: “It’s Beginning to Look a Lot Like Christmas”
14 Y La Bamba: “Señor Santa”
15 The Punch Brothers: “O Come, O Come, Emmanuel”
16 The Head & the Heart: “What Are You Doing New Year’s Eve”
17 Andrew Bird: “Auld Lang Syne

Sulla carta non è male, e anche a sentirlo non fa schifo, tirate fuori le renne!

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Della serie come comprarsi sempre la stesse cose, ma in diverse versioni, e inc…rsi come l’automobilista di Gioele Dix, escono questi due manufatti. Il primo, in DVD o Blu-Ray, sempre dei Mumford and Sons (quindi non è per la qualità dei contenuti musicali, anzi) si chiama The Road To Red Rocks (Live In Concert), Universal Music, e testimonia il concerto dal vivo tenuto nel famoso anfiteatro del Colorado e gli annessi e i connessi della serata, 81 minuti in tutto, esce il 27 novembre, cioè domani. Ma il 4 dicembre esce Babel (Gentlemen Of The Road Edition) che oltre all’ultimo disco della band inglese, nella versione DEluxe con 15 brani, contiene anche il DVD The Road To Red Rocks e pure la versione audio in CD, quindi un bel triplo per i vostri regali natalizi. Nel senso che lo regalate o ve lo fate regalare.

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Sempre a proposito di cofanetti, domani ne escono altri tre interessanti.

Il primo è lo stesso disco, ma in due versioni differenti, sempre per il ventennale dall’uscita originale: si tratta del disco d’esordio omonimo dei Rage Against The Machine che ora si chiama XX (sempre inteso come numero e non come genere). La versione “normale” è tripla e contiene nel primo CD il disco originale rimasterizzato con tre tracce dal vivo bonus, il secondo contiene i demos, incisi nel 1991, che fruttarono alla band il contratto con la Epic, dodici canzoni in tutto, mentre il terzo dischetto, un DVD, riporta il concerto tenuto il 6 giugno del 2010 al Finsbury Park di Londra, più tutti i video del gruppo più altri brani registrati dal vivo. La versione Deluxe che supererà o si aggirerà intorno al classico ed immancabile centone (forse un po’ meno questa volta) di queste edizioni, oltre ai dischi menzionati conterrà anche un secondo DVD dal vivo con il primo concerto in assoluto del gruppo e altre live clips di brani registrati tra il 1991 e il 1994, oltre al vinile rimasterizzato, libretto e poster gigante.

Invece per la serie un cofanetto non si nega a nessuno (per fortuna) la Freud Records, ?!?, distribuisce la “definitive edition” di un disco cult dell’epoca “punk e precursori”, ovvero L.A.M.F. (Like a Motherfucker) degli Heartbreakers o meglio Johnny Thunders and The Heartbreakers (da non confondere con quelli di Tom Petty). Ben 4 CD, libretto di 44 pagine e tutto questo “Bendidio” per una band il cui motto era “Born To Lose”:

Disc 1: ‘L.A.M.F. – the lost ’77 mixes’ Recompiled in 1994, as Johnny Thunders and the Heartbreakers.
Born To Lose, Baby Talk, All By Myself, I Wanna Be Loved, It’s Not Enough, Chinese Rocks, Get Off The Phone, Pirate Love, One Track Mind, I Love You, Goin’ Steady, Let Go, Can’t Keep My Eyes On You, Do You Love Me.

Disc 2: ‘L.A.M.F.’ The original Track Records LP restored.
Restored at last! The ‘muddy’ version without the mud – how they wanted it to sound! Replica sleeve wallet.
Born To Lose, Baby Talk, All By Myself, I Wanna Be Loved, It’s Not Enough, Chinese Rocks, Get Off The Phone, Pirate Love, One Track Mind, I Love You, Goin’ Steady, Let Go.

Disc 3: ‘L.A.M.F. – the demo sessions’ Three sessions in ‘76 and ‘77, including tracks with Richard Hell.
I Wanna Be Loved (mix 2), Pirate Love, Goin’ Steady, Flight, Born To Lose, Can’t Keep My Eyes On You, It’s Not Enough, I Love You, Take A Chance, Do You Love Me, Let Go, Chinese Rocks, Born To Lose.

Disc 4: ‘L.A.M.F. – the alternative mixes’ 21 mixes from the epic sessions at five top London studios
Born To Lose, Born To Lose, Baby Talk, Baby Talk, All By Myself, All By Myself, It’s Not Enough, It’s Not Enough, Chinese Rocks, Get Off The Phone, Pirate Love, Pirate Love, One Track Mind, One Track Mind, I Love You, Goin’ Steady, Goin’ Steady, Let Go, Let Go, Can’t Keep My Eyes On You, Do You Love Me.

Anche per oggi, piatto ricco, o se preferite la faccio corta, perché poi mi scappano delle mini-recensioni in virtù del fatto che non sono sicuro di riuscire a ritornarci (spesso non è detto) ma abbiamo concluso.

Bruno Conti

Una Bella Serata Tra Amici, Vecchi E Nuovi, In Quel Di Austin, TX. Johnny Cash – We Walk The Line

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 Johnny Cash – We Walk The Line A Celebration Of The Music Of Johnny Cash – Sony Legacy CD/DVD o Blu-Ray

Se ne parlava da mesi, ve lo avevo anticipato in modo definitivo il 27 luglio, ora è disponibile, per cui parliamone!

20 Aprile 2012, Moody Theatre, Austin, Texas, un gruppo di musicisti di diversa provenienza (tra poco li vediamo) si unisce per festeggiare l’80° Anniversario della nascita di Johnny Cash, che paraltro non è, né il 20 aprile, giorno del concerto e neppure il 7 agosto, giorno di uscita ufficale dei dischetti, bensì il 26 febbraio, ma non stiamo troppo a sottilizzare.

Sono sul palco Don Was, al basso e direttore musicale, Buddy Miller e Greg Leisz a tutti i tipi di chitarre, dall’Inghilterra via Austin Ian McLagan alle tastiere e Kenny “picchiaduro ma non solo” Aronoff alla batteria. Non male! Subito li raggiunge sul palco per dare il via alle operazioni l’attore Matthew McConaughey. All’inizio l’avevo scambiato per John Carter Cash, ma troppo bello ed atletico non poieva essere lui, comunque poco male, McConaughey si rivelerà un “host” simpatico e competente, facendosi anche una cantatina che si trova tra gli extra del DVD. Quindi dà il via al concerto e sul palco sale la prima cantante:

1) Brandi Carlile -Folsom Prison Blues

Nel corso della serata si esibiranno anche alcuni musicisti che sinceramente non so quale grado di empatia abbiano con la musica di Johnny Cash, ma sicuramente la cantante di Ravensdale, Washington, anche se tutti la accostano alla scena di Seattle (dove ha iniziato la carriera), è una che è sempre vissuta a pane e Johnny Cash, tanto che già a 8 anni cantava con la mamma Tennessee Flat Top Box e Folsom Prison Blues è sempre stato uno dei cavalli di battaglia del suo repertorio live. Con quel gruppo alle spalle è difficile fare male e Brandi (vestita come the Woman In Black) ci mette grinta e passione confermandosi una delle voci più interessanti dell’attuale panorama musicale americana. Grande versione con Buddy Miller e Greg Leisz che cominciano a macinare note con le loro chitarre, ben supportati dall’organo inossidabile di Ian McLagan.

2) Andy Grammer – I Get Rhythm

Questo belloccio californiano è uno dei primi misteri della serata, ma evidentmente, come nel caso del tributo a Dylan di inizio anno, l’industria discografica si para il culo inserendo anche qualche giovanotto di belle speranze. Certo, con tutti i miliardi di musicisti al mondo che potevano eseguire questo brano, Andy Grammer non sarebbe stata la mia prima scelta e forse neppure la millesima, ma, ripeto, con quei musicisti alle spalle è difficile fare male, e il nostro amico se la cava discretamente.

3) Amy Lee – I’m So Lonesome I Could Cry

Altra scelta misteriosa. La ex e ora nuovamente cantante degli Evanescence, così, a occhio, non si sembra una grande appassionata di Cash. E infatti quella che viene presentata come la sua canzone preferita di Cash, in effetti è un brano di Hank Williams, che però faceva parte del suo repertorio. Una struggente ballata country con weeping steel guitar viene cantata peraltro in modo più che rispettoso e degno da Amy Lee.

4) Buddy Miller – Hey Porter

Qui le cose cominciano a farsi serie. Eseguita come Ry Cooder avrebbe fatto se l’avessero invitato per suonare Get Rhythm. Byddy Miller si conferma uno dei pilastri della musica “roots” americana!

5) Shelby Lynne – Why Me Lord

Non le avranno dato il Grammy per nulla. Shelby Lynne alle prese con uno dei brani gospel-country più belli mai scritti da Kris Kristofferson, ancora una volta incanta con la sua voce calda, potente ed espressiva.

6) Pat Monahan – Help Me Make It Through The Night

Ancora un brano di Kristofferson per la voce solista dei Train, che non vedrei male in futuro alle prese con questo tipo di repertorio perché la canta veramente bene, grande voce e grande interpretazione.

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7) Shelby Lynne & Pat Monahan – It Ain’t Me Babe

Gli ultimi due cantanti ascoltati, uniscono le forze per un duetto in uno dei brani di Bob Dylan che Johnny Cash amava di più, quasi sempre eseguita in coppia con la moglie June Carter. Bellissima versione, con un arrangiamento maestoso ed avvolgente, poi in crescendo, probabilmente frutto della mente di Don Was (vedremo cosa riuscirà a fare con il nuovo Van Morrison, che sarà prodotto da lui), in ogni caso gran bella canzone.

8) Jamey Johnson & Kris Kristofferson – Sunday Morning Coming Down

Ancora un duetto e ancora una canzone di Kris Kristofferson, in coppia con una delle forze emergenti della nuova musica country di qualità, per cantare una delle canzoni che hanno fatto la leggenda di Johnny Cash. Ci voleva coraggio per cantare alla televisione americana nel 1970 “Wishing, Lord, That I Was Stoned”, ma che bella canzone ragazzi! Anche in questa versione lenta ed intensa non perde un briciolo del suo fascino, la voce di Kristofferson sempre più “spezzata”, ma mai vinta, sorretta dal baritono poderoso di Johnson, bella accoppiata.

9) Carolina Chocolate Drops – Jackson

Questi sono i giovani che ci piacciono, alle prese, nel loro inconfondibile stile, con un altro dei classici della coppia John & June. Che dire? Bravi, sempre più bravi!

10) Rhett Miller – Wreck Of The Old 97

E il leader degli Old 97’s cosa potevano invitarlo a cantare? Giovanile d’aspetto, ma i 40 li ha passati, Rhett Miller (non è parente di Buddy), da solo o con il suo gruppo è uno dei migliori musicisti della nuova scena alternative country americana e lo conferma anche in questa serata con una versione sparatissima di questo brano da cui ha preso il nome il suo gruppo.

11) Ronnie Dunn – Ring Of Fire

Questo brano l’avrei fatto cantare da qualcun altro, ma devo ammettere che l’ex metà di Brooks & Dunn realizza una versione di buon spessore, con le immancabili trombe mariachi affidate a una coppia di “ragazze messicane”. L’omaggio della Nashville più tradizionale alla musica di uno dei “fuorilegge” di quella scena.

12) Shooter Jennings & Amy Nelson – Cocaine Blues

I due figli d’arte ci regalano una bella versione, gagliarda e grintosa, di uno dei brani che erano sul leggendario At Folsom Prison. Shooter Jennings è sempre bravo, la figlia di Willie Nelson non la conoscevo, ma buon sangue non mente. E poi, ripeto, con quella house band chiunque farebbe un figurone.

13) Lucinda Williams – Hurt

Il brano di Trent Reznor dei Nine Inch Nail è stato uno degli ultimi capolavori del Johnny Cash interprete, nella sua serie degli American Recordings, la voce dolente e sofferta di Lucinda Williams, manco a dirlo, è perfetta per questo brano. Uno degli highlights del concerto.

14) Iron & Wine – Long Black Veil

Altra ottima scelta nell’ambito dell’alternative country (e non solo) è quella di Sam Bean, ovvero Iron & Wine. In una parola, stupenda!

15) Kris Kristofferson – Big River

Torna il grande Kris per rendere il favore. Johnny Cash oltre a cantare alla grande le canzoni degli altri ne scriveva molte belle anche lui. Questo ne è un limpido esempio, proprio una di quelle del classico boom chicka boom, e con la band in grande spolvero, bella anche la interpretazione di Kristofferson!

16) Sheryl Crow – Cry Cry Cry

Lei è come il prezzemolino, c’è sempre, però è brava e questo brano le calza proprio a pennello, gli anni passano ma quando vuole (e può) la classe non manca, ottimo ed abbondante.

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17) Willie Nelson & Sheryl Crow – If I Were A Carpenter

Sheryl Crow rimane e arriva uno dei più grandi amici di Cash, per una versione di un altro dei suoi grandi classici in duetto con la moglie June. Scritta da Tim Hardin, era stata pubblicata come singolo dalla Columbia nel 1969 (nel libretto del doppio, che è formato CD, quindi piccolo e non ingombrante, trovate anche tutte le altre informazioni sulle versioni originali, data ed eventuale album dove appariva). Mickey Raphael si aggiunge all’armonica e la coppia, con la super band alle loro spalle, realizza una versione da sogno di questa stupenda canzone. Non sempre e comunque amo quello che Willie Nelson produce ma quando la ispirazione lo coglie è sempre un grande.

18) Willie Nelson, Kris Kristofferson, Shooter Jennings, Jamey Johnson – Highwayman

Degli originali ne sono rimasti solo due, ma Shooter sostituisce il babbo Waylon Jennings con grande piglio e il vocione di Jamey Johnson sostituisce Johnny Cash con bravura per un brano che ci avvicina alla conclusione del concerto con un altro degli highlights della serata.

19) Full Ensemble – I Walk The Line

Tutto il cucuzzaro sul palco per il gran finale con una versione country-folk di un superclassico che vede tutti i musicisti alternarsi sul palco.

E qui finisce il concerto nella versione CD per restare negli 80 minuti canonici di durata (anche qualcosa meno). Ma negli extra del DVD oltre alla esibizione di Matthew McConaughey che recita e canta The man comes around, c’è anche una eccellente I Still Miss Someone di un ancora ispirato Willie Nelson, registrata durante le prove. Una serie di brevi interviste con tutti i partecipanti inframmezzate da qualche breve filmato preso dai suoi special televisivi, che proseguono nel segmento definito Walking The Line: The Making Of A Celebration. Un piccolo appunto: ma niente Rosanne e John Carter Cash? E pure Carlene Carter?

Per parafrasare il famoso “poeta televisivo” Paolo Bonolis, visto che a parte il promo iniziale YouTube non ci viene in soccorso, Ove possibile, s’ha da avere!

Bruno Conti