Un Altro Disco “Nuovo” Ma Vecchio, Comunque Bello! David Clayton-Thomas – The Evergreens

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David Clayton-Thomas  – The Evergreens – Indipendent Label Services/Universal Canada                               

David Clayton-Thomas, nonostante la non più giovane età (75 compiuti lo scorso anno), continua ad avere una attività discografica intensa, si segnalano due suoi “nuovi” album recenti (anche se uno, a ben vedere, non lo è) e in ogni caso, dal 2004, quando ha abbandonato definitivamente i Blood, Sweat And Tears, ha intensificato la sua carriera solista, anche se si svolge principalmente nel mercato canadese. Accompagnato da una band di una decina di elementi, ricca di fiati, ripercorre il percorso sonoro dei B S & T, quel soul jazz-rock, con ampie spruzzate di blues e R&B, “inventato” da Al Kooper,  e che dopo un solo album, lo strepitoso Child Is Father To The Man, avrebbe lasciato in eredità proprio al suo sostituto David Clayton-Thomas, che, se possibile, lo ha ulteriormente perfezionato nel successivo album omonimo, uscito come il primo nel 1968. Clayton-Thomas, in possesso di una voce potente e duttile (completamente diversa da quella di Kooper) è stato nella formazione in tre diversi periodi, tra il 1968 e il 2004, mentre al momento il vocalist è l’ottimo Bo Bice.

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Gli ultimi album, il recente Canadiana (tutto con brani di autori appunto canadesi), ma anche i precedenti Soul Ballads, Combo e Spectrum, parlano di un cantante ancora in eccellente forma vocale, e anche se non facile reperibilità fuori dai confini nazionali, confermano questa sorta di nuova giovinezza che sta vivendo. La discografia però è un po’ confusa, perché questo The Evergreens, segnalato nelle uscite come album del 2017, leggendo le note all’interno del CD risulta registrato (e regolarmente pubblicato) tra il 2007 e il 2008. E pure il titolo confonde le idee: uno potrebbe pensare che si tratti di classici e standard della canzone americana, e invece, per una volta, le tredici canzoni portano tutte la firma di Clayton-Thomas, e gli arrangiamenti e le brillanti tastiere sono di Doug “Doc” Riley, per oltre 40 anni amico e collaboratore saltuario di David, e scomparso poco prima del completamento di questo CD, ma presente in tutti i brani meno due, e al quale il disco è dedicato. Come si diceva, il musicista canadese (ma è nato a Kingston Upon Thames, nel Surrey) ama circondarsi di formazioni molto ampie, nei credits si legge di dodici elementi, più tre cantanti aggiunte che curano le armonie vocali, e il suono è quello “classico”: fin dalla iniziale autobiografica Mornin’ Blues, che parla di essere “sixty-five and single” (nel frattempo sono passati altri dieci anni), si apprezzano i florilegi jazz del sax baritono di Vernon Dorge e della sezione fiati arrangiata da Riley, inserite nella struttura da blues afterhours del brano, dove si apprezza la voce vissuta ma ancora potente di DCT, ricca di sfumature che la avvicinano a quella di un Ray Charles bianco, con piano, sezione ritmica e fiati molto ben definiti anche da una registrazione strepitosa che permette di apprezzare anche i minimi particolari del sound.

Last Chance, con un fantastico groove di basso e batteria, si regge su ritmi quasi di samba, con le coriste che iniziano a farsi sentire, l’organo che “scivola” sullo sfondo e Dorge che passa al flauto per un assolo delizioso. La title track, che Clayton-Thomas dice nelle note essere ispirata dalla musica di Cannonball Adderley, si avvale di un bel piano elettrico e di un flicorno evocativo affidato a Bruce Cassidy, oltre che di un bel coro Gospel nel finale. Quindi musica “adulta”, raffinata, solida e onesta, magari non molto innovativa (ma chi lo è?) o trascinante, ma di gran classe; anche se la “modernità” non manca, in Blackberry Wine si ascolta un AVI, una “tromba sintetizzatore” che agisce in questo bel brano che rispolvera il soul e il R&B delle classiche ballate dei B, S & T, mentre Dancin’ To LaBelle si impadronisce di ritmi funky per un omaggio all’epoca di Lady Marmalade, anche grazie alla presenza dell’elettrica di Bernie La Barge. Surely You Know addirittura ci rimanda al classico sound dei Memphis Horns per un tuffo nel deep soul, estrinsecato in un bellissimo duetto con la brava Dione Taylor, una cantante di Toronto scoperta dal nostro. A Blues For Doc è l’omaggio a Doug Riley, una sorta di ballata “funebre”, molto intensa e commossa; non manca neppure il frenetico honky-tonk barrelhouse della scatenata Donnybrooko i ritmi afrocubani della mossa Doubletalk,  e ancora lo slow blues intenso e chitarristico di Fifteen Minutes e quello scandito da una armonica di I Can’t Complain, o la splendida ballata con uso di sax di Hell Or High Water. Insomma, ci siamo intesi, un gran bel disco “tardivo” da gustare fino all’ultima nota, e non gli manca neppure il senso dell’umorismo https://www.youtube.com/watch?v=tGkjVKEauA8

Bruno Conti

Bravo “Fortunato” E Tiene Famiglia Ma…The Lucky Peterson Band Feat. Tamara Peterson – Live At The 55 Arts Club Berlin

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The Lucky Peterson Band Feat. Tamara Peterson – Live At The 55 Arts Club Berlin – Blackbird Music -2 CD o 3 DVD/2 CD

Questa è la testimonianza di un concerto registrato nel corso di una serie di date europee culminate in una data in questo club di Berlino, dove il gruppo aveva già fatto tappa all’inizio del tour. Come capita per molti artisti neri dell’area blues (e rock, e jazz), Lucky Peterson è molto più popolare in Europa che in madrepatria, dove, peraltro, una lunga carriera lo ha inserito tra i più noti performers della seconda generazione del Blues, avviata tanti anni fa, praticamente da bambino, sotto l’ala protettrice di Willie Dixon. Forse Peterson non ha mai avuto un seguito ben definito per questa caratteristica, che per qualcuno è un pregio per altri un difetto se non una iattura, di essere contemporaneamente organista (e pianista) e chitarrista: fa bene entrambe le cose, per l’amor di Dio, ma il suo stile vaga tra Blues, soul, gospel, funky nel battito di un ciglio e non sempre trattiene la sua esuberanza, soprattutto nei dischi in studio che spesso non sono soddisfacenti.

Però, il nostro amico è stato dotato dalla natura di una bella voce, ricca di toni gospel e soul, come dimostra nella esuberante rilettura di Trouble, una bellissima canzone di Ray LaMontagne, che è il terzo brano di questo CD (o DVD), una versione tra picchi e momenti di calma e che fa seguito ad un paio di brani, I’m Back e Smooth Sailing, che ne mostrano il lato più funky, con l’organo Hammond in evidenza, alla Booker T o alla Billy Preston, con sempre presente anche l’anima più rock rappresentata dall’altro chitarrista, il canadese Shawn Kellerman (che avrà poi occasione di sfogare le sue velleità di guitar hero hendrixiano nel terzo DVD della confezione Deluxe). Quando anche Lucky Peterson imbraccia la chitarra per un lungo Blues Medley strumentale di quelli tosti, l’atmosfera del concerto si infiamma, con una sequenza di riff (tra rock e blues) che uno può divertirsi a cercare di indovinare tra mille possibilità e il suono si fa decisamente più duro con le due chitarre che si rincorrono tra loro, il tutto poi sfocia in una versione di You Shook Me, il super classico scritto dal suo mentore Willie Dixon che più che a quella di Muddy Waters si avvicina ad un composito tra quella dei Led Zeppelin e una ipotetica di Buddy Guy (con citazioni di Little Red Rooster), il brano serve anche da introduzione all’ingresso della moglie Tamara, con il colpo di teatro dei due che si incontrano a metà strada nel club.

Quest’ultima forse non è blues woman a tutto tondo ma se la cava egregiamente e poi si passa al suo funky-soul-jazz, probabilmente maturato negli anni passati alla scuola di Dallas, da cui provengono anche Roy Hargrove, Norah Jones e Erykah Badu, prima Knocking (firmata tra gli altri da Ledisi) e poi una serie di brani firmati dalla stessa Tamara Peterson spostano la barra del sound verso un funky un po’ di maniera, cantato anche bene dalla bella signora, ma un po’ anonimo. Fa eccezione un bel lentone scritto dal marito, Been So Long, con tanto di lungo scat introduttivo e improvvise accelerazioni sonore. Lost The Right che conclude la prima parte del concerto ci riporta al blues ed è cantata in duetto dalla coppia, poi si riparte più centrati sul Blues, prima più rock nella tirata Giving Me The Blues, firmata da Rico McFarland l’ex chitarrista della sua band, cantata con slancio da Peterson che pompa sul suo organo mentre Shawn Kellerman centra un bel solo.

Poi si passa alla sezione “classici”, minori, con Ta’ Ta’ You uno slow blues poderoso di Johnny Guitar Watson, It Ain’t safe dell’accoppiata Clarence Carter/George Jackson che è del sano errebì, e importanti, come I’m Ready, sempre di Willie Dixon, arrangiata per organo e sempre molto fluida, Who’s Been Talking del grande Howlin’ Wolf, in una bella versione ricca di pathos, poi passato di nuovo alla chitarra, anche slide per l’occasione, Peterson ci regala una ricca e lunga versione di I Believe I’ll Dust My Brown a metà strada tra Robert Johnson e Elmore James, senza dimenticare una succinta The World’s In A Tangle dal repertorio di Jimmy Rogers. Saltando di palo in frasca torna la consorte per Kiss di Prince e poi per una piacevole Last Night You Left, sempre firmata da Tamara, del soul jazz raffinato che prosegue con Ain’t Nobody Like You che potrebbe ricordare la “compagna di corso” Erykah Badu, anche se con una voce meno duttile, e forse sia i dieci minuti di questo brano che i 14 della successiva Real Music, più funky ma sempre troppo tirata per le lunghe fanno perdere punti al tutto. Del terzo DVD si è detto, per il resto questo primo DVD+CD di Lucky Peterson conferma ancora una volta i suoi pregi e difetti, buono ma non eccelso!

Bruno Conti