Sempre Più Strani! Sparrow And The Workshop – Crystals Fall

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Sparrow and the Workshop – Crystals Fall – Distiller Records

Prosegue la ricerca di gruppi sempre più “strani” e oscuri. Questi dovrebbero chiamarsi in italiano, più o meno, La Bottega del Passero, sono un trio formato da uno scozzese, un gallese e un’americana di origine irlandese che come hobby ha lo “Stone Skimming” (il sasso che scivola, quando eravate ragazzini o anche adesso vi sarà capitato di lanciare un sasso levigato su una superficie d’acqua e vedere quante volte rimbalza, di questo si tratta, Jill O’Sullivan si è pure piazzata terza al campionato del mondo, sezione femminile).

Già, ma chi è Jill O’Sullivan? Un attimo di pazienza! E’ la cantante, violinista e, quando serve, chitarrista acustica del gruppo; con lei suonano, Nick Packer, bassista e all’occorrenza chitarrista elettrico (più la seconda che il primo) e il batterista e secondo cantante, Gregor Donaldson. Non saprei dirvi che genere fanno, rock sicuramente, potrei azzardare folk-rock, acid folk-rock, tentiamo? Si inseriscono in quel filone di gruppi, dai Fleet Foxes ai Mumford and sons, che idealmente si rifanno alla musica di anni ’60 e anni ’70, probabilmente inconsciamente senza averla mai sentita, ma forse sì. E quindi nomi come i Fairport Convention di Sandy Denny o i Jefferson Airplane di Grace Slick ti vengono subito in mente. D’altronde se in quegli anni potevano esistere gruppi come gli Incredible String Band o i Pearls Before Swine cosa volete che possa succedere dei Sparrow and The Workshop? Al massimo che facciano della buona musica!

E sapete una cosa? Sono pure bravi, tutto funziona alla perfezione come nell’officina di un passerotto (traduzione alternativa): hanno fatto due EP, Sleight of Hand e Into The Wild che sono stati ripresi nella loro interezza con l’aggiunta di due brani, remixati e trasformati in questo album d’esordio Crystals Fall.

Si parte dai gentili toni folk dell’iniziale Into The Wild, ma subito Packer inizia a mulinare la sua chitarra elettrica, Jill O’Sullivan inizia a scaldare i polmoni con grande vigore, la batteria segue tempi quasi militari e le storie si fanno subito vagamente gotiche, “Porta via il mio cuore, così io posso essere libera”, urla Jill nel finale, ma con garbo, quello non manca mai, non sono sguaiati o pedo-metallari. Anche l’inizio del secondo brano, Blame it on me evoca subito atmosfere Zeppeliniane, che si placano quasi all’istante, e la bella voce della O’Sullivan si libra serena sulle sciabolate di chitarra e batteria con un piccolo aiuto vocale di Donaldson, la chitarra poi si lancia in un breve assolo grintoso e celtico al tempo stesso e di nuovo la musica si fa tranquilla nello spazio di un nanosecondo. I will break you, occhio anche ai titoli, segue territori più folk-rock, sempre con la bella voce della cantante in evidenza, d’altro canto è lei la stella! Comunque è sempre presente questo dualismo piano e forte nella loro musica, un po’ come per i Mumford and Sons, momenti delicati, crescendi, improvvise esplosioni sonore, ritorno alla quiete, la teoria del grunge applicata, con migliori risultati (Ok, con le dovute eccezioni), al folk-rock. Anche Mercenary parte con un tempo folk vagamente da valzer, la voce della O’Sullivan si intreccia con quella di Donaldson in modo tranquillo, ma anche stavolta non ce la fanno, verso i due minuti, batteria e chitarra prendono di nuovo il sopravvento, però rimane un episodio minore.

Crystals con le sue chitarre vagamente country&western ma con retrogusti psichedelici e acidi e le due voci che si sovrappongono avrebbe potuto essere un brano dei Jefferson Airplane, con la Jill O’Sullivan che sfodera una grinta vocale alla Grace Slick ammirevole, sono suggestioni ma rendono la vita migliore.

Swam Like Sharks è un duetto fantastico, con la voce piana e tranquilla di Donaldson che interagisce in modo perfetto con quella, questa volta angelica, della O’Sullivan, una bella slide impreziosce il tessuto sonoro del brano, una perfetta esecuzione di cosa si intende per folk-rock, lezione numero uno. Last Chance con ritmi galoppanti vagamente messicani o anche morriconiani, ancora tocchi gotici da murder ballad e il cantato nuovamente all’unisono dei due cantanti è una piacevole variazione sul tema.

I temi western del brano precedente rimangono anzi si acuiscono nella successiva Devil Song che viaggia a ritmi forsennati e “diabolici” watch?v=ck1R5APpS0k. The Gun avrebbe potuto essere I Got You babe se Sonny & Cher avessero fatto musica folk, leggera e spensierata, ma deliziosa. Broken Heart, Broken Home altro titolo maledetto, con il violino della O’Sullivan per la prima volta in decisa evidenza è un’altra piccola perla del loro bouquet musicale watch?v=EcX7-alFpbk mentre Medal Around Your Neck torna a quelle tematiche musicali alla Jefferson o Fairport, una voce femminile in evidenza una maschile di supporto e ritmi musicali sghembi e frammentati sempre a cavallo tra rock e folk.

In A Horse’s Grin torna questo dualismo tra rallentamenti e ripartenze che costituisce l’essenza della loro musica, la batteria più che tenere il ritmo, galoppa, d’altronde di cavalli si parla. You’ve Got It All termina la procedure su una nota di delicatezza, un altro duetto tra le due voci del gruppo, ma non vi preoccupate non ce la fanno a stare tranquilli, dopo meno di un minuto, il tempo di scaldare l’ugola, la bravissima Jill O’Sullivan ci regala una ulteriore prova delle sue capacità vocali notevoli.watch?v=yjxUSz1ewQU

Solito discorso, niente di nuovo sotto il sole, tutto già sentito, quello che volete, ma fatto tutto estremamente bene. Un altro nome da tenere d’occhio. Vai col video (ma tra le righe, in tutti i sensi, ne trovate molti altri).

Bruno Conti