Torna La Creatura Di Chrissie Hynde Con Il Miglior Disco Dagli Anni ’80! Pretenders – Hate For Sale

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Pretenders – Hate For Sale – Bmg Rights Management

Il disco ha avuto una gestazione lunghissima, prima per essere preparato e registrato, e poi, per i noti problemi legati al virus, per essere pubblicato. Hate For Sale, questo nuovo album dei Pretenders, solo l’undicesimo in una carriera ultra quarantennale, non è prolifica la ragazza, avrebbe dovuto uscire in prima battuta il 1° Maggio, poi è stato posticipato al 17 luglio, quindi ho avuto parecchio tempo per ascoltarlo e gustarlo, e azzardo subito che secondo me è uno dei loro migliori in assoluto, a livello dei primi usciti ad inizio anni ‘80. Si usa sempre il pronome loro, ma stiamo parlando della creatura personale di Chrissie Hynde, da sempre depositaria del marchio della band. Tornando alla qualità, comunque i due dischi precedenti del gruppo, Alone del 2016 e Break Up The Concrete del 2008, erano entrambi piuttosto buoni, ma questo mi sembra abbia quel quid in più. Forse perché Martin Chambers, il batterista storico della band, torna in pianta stabile in formazione, o perché il chitarrista James Walbourne, già presente nel CD del 2008 e da molti anni nei concerti del gruppo, è stato promosso a co-autore di Chrissie in tutti i 10 brani, e quindi per la prima volta da molti anni la musicista di Akron ha trovato qualcuno che ha saputo stimolare al massimo il suo estro creativo.

Non ultimo giova al risultato finale anche la brillante produzione di Stephen Street, uno dei migliori in questo ambito in Inghilterra: e anche l’apporto dei nuovi arrivati, Carwyn Ellis alle tastiere e Nick Wilkinson al basso, ha fatto sì che in questa occasione, per quanto sia innegabile quanto appena detto, non ci sia stato l’effetto Chrissie Hynde più un gruppo di sessionmen scelti dal produttore, ma quello di una vera band., dove la punta di diamante è il chitarrista James Walbourne (leader degli ottimi Rails, dove milita anche la moglie Kami Thompson, e questo fa di lui il cognato di Richard Tnompson). Ovviamente non è un fattore trascurabile dell’insieme anche la qualità complessiva delle canzoni, in gran parte di livello medio molto alto nel solito ambito pop-rock di sempre: si parte subito sparatissimi con la title track Hate For Sale, un pezzo che rende omaggio al sound di una delle band punk più amate da Chrissie, ovvero i Damned, con un brano che è energia pura, nel quale la Hynde rispolvera l’amata armonica, e nel finale, vista la grinta impiegata, ci si aspetta quasi un “Fuck Off” come ai tempi di Precious, considerando che la canzone è dedicata, come spesso succede, ad una vecchia fiamma della nostra amica, e non a Donald Trump, come qualcuno ha ipotizzato, tra sventagliate di chitarra e batteria in overdrive.

The Buzz, con riferimenti alle droghe nel testo, in un pezzo che è puro pop in excelsis deo, alla pari con i migliori del passato, con quel gusto per la melodia inconfondibile e la voce che non ha perso un briciolo di freschezza, a dispetto dei 68 anni suonati, delizioso il lavoro jingle-jangle della chitarra di Walbourne, che poi insieme al resto della band si cimenta con il classico reggae-rock Lightning Man, dedicato a band inglesi del passato come gli Specials, al musicista e produttore Richard Swift, scomparso nel 2018, a Marc Bolan (“He was a wizard and he was a my friend, he was”), tutti rollati assieme come in un’unica grande e grassa “canna”, come ha dichiarato la stessa Christie. Turf Accountant Daddy, sulla vicenda di un allibratore, musicalmente sembra una canzone dell’epoca d’oro del pop britannico sixties, e al sottoscritto ricorda tantissimo il riff e il suono d’assieme di Shapes Of Things degli Yardbirds, una vera bomba, con un Walbourne infoiato come il Jeff Beck dei tempi d’oro e anche il suono delle tastiere è molto vintage https://www.youtube.com/watch?v=1ODPgzITbQk ; non manca una splendida ballata come You Can’t Hurt A Fool, cantata divinamente dalla Hynde e con una atmosfera sonora derivata dal soul e dal R&B d’antan.

I Didn’t Know When to Stop, con riferimenti alla pittura, un’altra delle passioni di Chrissie, il tutto coniugato in un altro brano a tutto riff come ai vecchi tempi, interscambi tra solista e armonica inclusi, Maybe Love Is in NYC, è un altro di quei deliziosi mid-tempo elettroacustici, da sempre marchio di fabbrica dei Pretenders, con grande assolo di Walbourne https://www.youtube.com/watch?v=dKzh_m_EM-Y . Junkie Walk, con richiami al doloroso passato, nonostante la chitarra distorta e i ritmi spezzati, è forse l’unico brano che non mi fa impazzire, forse, I Didn’t Want to be This Lonely viceversa è un brioso rockabilly stomp degno discendente dei classici brani della band, sempre con Walbourne in grande spolvero https://www.youtube.com/watch?v=x3OdzRdTJE8 , e a chiudere l’album, solo dieci brani, poco più di mezz’ora di musica in tutto, compatta e senza sprechi, arriva Crying In Public, una soffusa e malinconica ballata, basata sul pianoforte, suonato da Walbourne, con l’aggiunta degli archi del Duke Quartet, che torna in pista a 25 anni da isle Of View. Ottimo quindi, anche se non abbondante!

Bruno Conti